Money.it: C’è ancora il Grande Reset?

Ho pensato di colmare il vuoto lasciato in questo periodo di interruzione che stiamo usando per modificare alcune cose importanti nella struttura del sito, nella struttura tecnologica, in modo da avere una gestione più efficiente, più economica e modificare magari un pochino il modello di funzionamento di Mazzoni News e nel fare contenuti per la Legione naturalmente, come avevo anticipato e per ringraziare anche tutti coloro che nel frattempo hanno donato e che quindi sono i benvenuti, ho pensato di pubblicare alcuni contenuti che non sono di Mazzoni News propriamente.

Sono interviste che ho fatto con altri canali su YouTube ma che non ho mai proposto qui, magari alcuni di voi li hanno già visti quindi possono saltare oppure rivederli con la trascrizione, per altri potrebbe essere l’occasione di vedere alcune informazioni che non ho trattato sul canale. Perciò in questo video vi propongo l’ultima intervista che ho fatto col canale Money.it e poi vi proporrò nelle prossime due settimane anche contenuti fatti con il vaso di Pandora che non ho mai proposto su Mazzoni News.   

Intervista con Money.it sul Grande Reset 

Ho pensato di colmare il vuoto lasciato in questo periodo di interruzione che stiamo usando per modificare alcune cose importanti nella struttura del sito, nella struttura tecnologica, in modo da avere una gestione più efficiente, più economica e modificare magari un pochino il modello di funzionamento di Mazzoni News e nel fare contenuti per la Legione naturalmente, come avevo anticipato e per ringraziare anche tutti coloro che nel frattempo hanno donato e che quindi sono i benvenuti, ho pensato di pubblicare alcuni contenuti che non sono di Mazzoni News propriamente.

Sono interviste che ho fatto con altri canali su YouTube ma che non ho mai proposto qui, magari alcuni di voi li hanno già visti quindi possono saltare oppure rivederli con la trascrizione, per altri potrebbe essere l’occasione di vedere alcune informazioni che non ho trattato sul canale. Perciò in questo video vi propongo l’ultima intervista che ho fatto col canale Money.it e poi vi proporrò nelle prossime due settimane anche contenuti fatti con il vaso di Pandora che non ho mai proposto su Mazzoni News.   

Intervista con Money.it sul Grande Reset 

[Fabio Frabetti – Money.it]

Buonasera amici di Money.it, ben trovati e ben trovato a Roberto Mazzoni in collegamento dagli Stati Uniti. Ciao Roberto.

[Roberto Mazzoni]

Buongiorno a tutti, ben trovati.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Allora, ci facciamo una domanda sul titolo “C’è ancora il grande reset?” Vorrei partire però magari anche dal chiederti un tuo pensiero, una tua opinione su quanto sta accadendo in Medio Oriente, perché la situazione precipita sempre di più, perché oggi c’è un bilancio pesantissimo dell’attacco israeliano in Libano, mentre stiamo parlando si rasentano quasi 300 morti, stando chiaramente a quelle che sono le fonti anche libanesi, 274 morti, tra cui 21 bambini. La rete dice che abbiamo anticipato noi l’attacco, però è una vicenda che è difficile abituarsi a queste tragedie e anche come non scatti poi al di là di qualche tirata d’orecchie, non scattino veri e propri condanne forti rispetto a questo tipo di episodio. Non so lì negli Stati Uniti che già c’era stato una certa eco per difendere la causa palestinese, come tutto questo viene recepito?

[Roberto Mazzoni]

Sicuramente c’è una certa costernazione, anche se in questo momento gli americani mi sembrano più concentrati sui problemi interni, perché l’economia sta mostrando segnali di calo deciso, la Fed ha la riserva ridotta, si interessa di mezzo punto percentuale di colpo, quindi è un segnale di probabile recessione, probabilmente già in corso e se guardiamo le condizioni creditizie di molti americani vediamo che sono in difficoltà, gli insoluti sulle carte di credito credo che siano a livelli storici come record, quindi sicuramente gli americani in questo momento sono più concentrati a casa propria.

Di certo sentendo anche i commenti in ogni caso di chi segue in America questi eventi come informatori alternativi, persone che abbiano anche dei collegamenti vuoi con l’ambiente militare, vuoi con l’ambiente intelligence americano oppure europeo, direi che emergono una serie di constatazioni. La prima è che con questa mossa di far esplodere questi dispositivi elettronici a distanza, Israele ha aperto un vaso di Pandora, perché innanzitutto non credo che nessuno più si fiderà ad acquistare apparecchiature costruite dagli israeliani e se consideriamo il fatto che quelle apparecchiature soprattutto in Europa si trovano quasi ovunque nei sistemi di sicurezza informatica e negli Stati Uniti si trovano quasi ovunque nella gestione dei sistemi strategici di distribuzione dei servizi base come l’energia elettrica.

È chiaro che c’è una serie di ripensamenti e di reinvestimenti importanti da fare su un arco di tempo che a questo punto rischia di essere lungo, ma che comunque si pongono come una necessità, perché nel momento in cui una nazione dimostra di essere disposta a fare un gesto di questo genere vuol dire che siamo passati oltre un limite che prima sembrava invalidabile, questo naturalmente senza entrare nel merito della lunga battaglia tra Hezbollah e Israele, ma di certo noi vediamo due cose da un punto di vista strategico, le mosse di Israele sembrano essere fonte di disperazione, sembrano essere il frutto della disperazione.

Vale a dire Israele ha fallito a Gaza, l’esercito non è riuscito a eliminare Hamas, non è riuscito a conquistare l’interezza del territorio, ne hanno occupato, ne hanno conquistato una parte, ma è una parte che si era sempre esposta a possibilità di attacchi, visto che Hamas è più presente di prima, visto che hanno avuto naturalmente nuove reclute e sembra che riescano comunque a rifornirsi e le tecniche di combattimento di Hamas ci ricordano il fatto che, come è successo in Afghanistan, un esercito organizzato con armi estremamente sofisticate perde invariabilmente quando è confrontato con la guerriglia.

Quindi Israele ha ancora il fronte aperto di Hamas, sta aprendo il fronte libanese perché vuole far dimenticare il fallimento di Hamas internamente, vuole in qualche modo tranquillizzare i numerosi israeliani che hanno dovuto lasciare il nord di Israele, le loro case, perché sottoposte all’attacco di Hezbollah e che stanno premendo per poter tornare a casa propria, a ritorno che è impossibile, intanto che continua la guerra a Gaza che motiva l’intervento di Hezbollah e in più noi sappiamo, diciamo in modo indiretto, che il Pentagono ha mandato il comandante in capo dell’area geografica delle truppe americane che presiedono l’area che include Israele, per dire a Israele che gli Stati Uniti sarebbero stati pronti a difendere Israele nel caso in cui venisse attaccato, vuoi da Hezbollah o vuoi dall’Iran, ma che non sarebbero stati disposti a sostenerlo nel caso in cui fosse Israele da attaccare.

E sappiamo che gli americani hanno tolto un gruppo di combattimento navale, una porta aerei con le relative navi e l’hanno ritrasferito, l’hanno mandato nell’area e l’hanno ritrasferito nel Pacifico, in direzione della Cina, a segnalare il fatto che non sono interessati a restare nell’area a vita naturale durante, nell’attesa che l’Iran si decida ad attaccare Israele, cosa che probabilmente non succederà, perché l’Iran si trova in una condizione particolare. È in corso adesso, siamo nel periodo della riunione BRICS, un’alleanza commerciale di cui l’Iran è entrato a far parte, che potrebbe significare un grosso miglioramento delle condizioni economiche iraniane, che già sono migliorate rispetto al passato, non hanno certo voglia di farsi coinvolgere in una guerra contro Israele che poi coinvolgerebbe anche gli Stati Uniti. Israele quindi sembra che stia facendo delle mosse disperate per cercare in ogni caso di coinvolgere vuoi gli Stati Uniti, vuoi la NATO, ma questo credo che si tradurrà in un ulteriore problema per Israele.

Noi sappiamo che, e questo prima ancora dell’exploit con i cerca persone e con i walkie talkie, i finanziamenti alle società high tech israeliane erano stati tagliati, quindi Israele che vive molto di alte tecnologie, vive molto di investimenti esteri su progetti di sicurezza informatica, di tecnologia militare, di trasmissioni sicure, ha visto una frata importante. Con il blocco del Mar Rosso da parte di Huthi, l’economia israeliana ha subito un duro colpo. Parecchi israeliani se ne sono già andati, quelli che hanno il doppio passaporto, o se ne sono già andati o se ne andranno presto, perché se ne dono conto che quella che poteva essere un’economia abbastanza florida, sicuramente più ricca degli Stati Uniti, un paese da cui molti di questi immigrati venivano, ora si sta ribaltando come condizione decisamente insicura, l’economia sta diventando sempre più difficile e perciò se ne vanno.

Di conseguenza quello per Israele sembra una direzione autolesionista, perché gli Stati Uniti fin tanto che l’Iran non entrerà in gioco, non entreranno in gioco, quindi non metteranno sicuramente truppe sul terreno, ma neanche si impegneranno in termini di bombardamenti e di, voi dalle navi, voi dagli aerei e di rifornimenti speciali nei confronti di Israele, continuano a mandare le armi, questo è inevitabile, però non si faranno coinvolgere, anche perché comunque siamo in un periodo elettorale che è molto critico, il Partito Democratico in questo momento al potere ha il problema di avere una componente importante del suo elettorato che è contraria all’intervento israeliano a Gaza, anche perché è composto da americani che hanno origini arabe e anche da una componente importante di americani che hanno origini ebraiche e che sono contrarie alla politica di Israele.

Questo gruppo elettorale piuttosto compatto sembra che stia confluendo all’interno del circuito dei verdi, quindi non soltanto si asterrà dal votare per il Partito Democratico, e naturalmente si asterrà dal votare per Trump, ma si sta trasferendo in un partito alternativo e antagonista che potrebbe siglare la fine della candidatura di Kamala Harris, quindi se, come dicono, vogliono fare un voto compatto contro Kamala Harris per motivi religiosi, non è più una questione di preferenze sulla piattaforma elettorale, preferenze sul personaggio, ma è proprio, come sentivo dire da un loro portavoce, scrivere sulle tavole sacre di Dio del futuro, della vita futura, se vogliamo, che loro sono opposti a questo tipo di omicidi e quindi lo fanno per decisione di fede, a questo punto l’afflusso di questi voti contrari al Partito Democratico alle urne potrebbe essere significativo e il fallimento di Kamala Harris è abbastanza garantito.

Quindi il Partito Democratico si trova in una situazione adesso dove non può spingere troppo a favore di Israele, ma al tempo stesso non può non sostenere Israele perché la lobby israeliana, che è composta in gran parte tra l’altro da cristiani, che sono cristiani sionisti negli Stati Uniti, vuole a tutti i costi che invece il sostegno sia al 100% e ha un controllo notevole sui fondi elettorali che portano all’elezione della quasi totalità dei parlamentari e della totalità dei Presidenti nei Stati Uniti. Quindi Kamala Harris non può togliere il sostegno a Israele, non può smettere di mandare armi, non può fare nulla che effettivamente ponga fine all’ecidio di Gaza e che in qualche modo freni Israele, sempre che Israele possa essere frenata e perciò andranno avanti così, sperando di non avere troppi contraccolpi a livello elettorale, però di fatto manterranno la macchina in funzione, ma senza dare eccessivo appoggio, perché se desso l’eccessivo appoggio sanno che siglerebbero certamente il loro fallimento.

In più il Pentagono non è entusiasta di essere coinvolto in questa avventura e per quanto continuino a fornire le armi perché tanto sono un’attività commerciale se vogliamo e non possono fare a meno di farlo, non sono assolutamente entusiasti di avere un nuovo fronte di combattimento che si aggiunga a quello dell’Ucraina. Quindi la situazione nel Medio Oriente è decisamente molto instabile, ma è molto instabile soprattutto per Israele, perché loro hanno già attaccato Hezbollah in passato, se non sbaglio nel 2006 e le hanno prese di santa ragione, Hezbollah ha perso sicuramente uomini, ma ha ricacciato gli israeliani da dove erano venuti e ha dimostrato già all’epoca di poter resistere senza problemi.

Da allora le forze di Hezbollah sono cresciute moltissimo, la capacità di armamenti è cresciuta moltissimo, hanno creato moltissime fortificazioni nel sud del Libano che renderebbero molto complicato per gli israeliani poter penetrare il territorio e quindi gli israeliani che già hanno un esercito che è esausto dopo un anno di guerriglia a Gaza, che comunque ha perso molti uomini, uomini che sono stati tolti dall’economia e quindi indebolendo ulteriormente l’economia, si trova di fronte alla potenzialità di un’altra avventura militare da cui potrebbe uscire francamente molto debilitato, molto indebolito.

È chiaro da quello che si vede che Hezbollah non vuole prendere l’iniziativa, rispondono con razzi come hanno fatto in passato, ma aspettano di essere attaccati, aspettano di essere invasi, perché questo gli dà la protezione dall’intervento degli Stati Uniti e perciò questo tira e molla andrà avanti ancora per un po’. Non è chiaro fino a dove gli israeliani sono disposti a spingersi, è chiaro che si tratta di un governo e di un’azione che diventa sempre più disperata e questo non è un buon segno, perché quando un’azione è disperata fa cose disperate.

[Fabio Frabetti – Money.it]

E allora Roberto, intanto ti dicono complimenti per la lucidità dell’esposizione, per quanto Trump sia nettamente una scelta migliore, anche lui dice questo messaggio, sembra controllato dalle lobby sioniste cazare, cosa ne pensi Roberto?

[Roberto Mazzoni]

Ma più che cazare sono semplicemente sioniste, quindi in realtà la frangia più importante dei sionisti americani è cristiana, sono i cosiddetti evangelisti, una componente della fede evangelista protestante che ha un potere enorme nei confronti del partito repubblicano, storicamente, che ha avuto un ruolo determinante in tutte le elezioni di tutti i presidenti repubblicani in precedenza e quindi questo non fa eccezione per Trump, Trump deve stare al gioco, nel suo caso poi ha la figlia che si è convertita, ha il genero che è chiaramente un sionista, quindi è anche vicino da un punto di vista familiare.

Però anche Trump si rende conto che gli israeliani hanno esagerato, lo ha detto in modo se vuoi un po’ indiretto quando l’hanno intervistato due giornalisti israeliani che erano venuti a casa sua un po’ di tempo fa e diceva capisco che voi dovete fare quello che dovete fare, però dovete farlo in fretta e smetterlo, insomma, perché la situazione sta diventando difficile e questo era già diversi mesi fa, quindi lui si rende conto che in ogni caso la popolarità di Israele sta precipitando, anche negli Stati Uniti, perché mentre le generazioni precedenti davano per scontato che Israele fosse sempre da parte del giusto partito degli americani e che gli Stati Uniti dovessero sempre sostenere Israele, la vicenda di Gaza ha toccato nuove generazioni che in qualche modo non avevano ancora definito una propria idea e ha anche toccato persone che prima avevano una certa idea e adesso le hanno cambiate.

E direi che queste ultime operazioni con i cerca persone e con i walkie talkie certo non ha contribuito alla popolarità e in questo momento direi che la popolarità di Israele negli Stati Uniti è in caduta libera, in più gli americani stanno chiedendo in che razza di nazione vivono se i loro politici sono quasi tutti, eccetto probabilmente uno che è riuscito a farsi rileggere nonostante l’opposizione della lobby israeliana, quindi tutti gli altri dipendono per le proprie decisioni da una nazione minuscola che si trova a migliaia di chilometri di distanza, quindi si chiedono a che razza di nazione sono diventati gli Stati Uniti, quindi c’è un risveglio direi piuttosto accelerato che mostra un sostegno decisamente in calo, vertiginoso per la causa della lobby israeliana e quindi di Israele, del bene e del male e tra l’altro una componente importante, lo ricordo, di questa opposizione viene proprio dagli ebrei americani.

Quindi lasciate perdere la storia dei Cazari, che credo che c’entri poco, qui abbiamo a che fare con una lobby che si è strutturata nel tempo, che abbraccia diversi personaggi, di diverse nazionalità, di diverse razze e di diverse formulazioni religiose che hanno tutti un interesse, che è quello di espandere la guerra, in particolare questo gruppo che non comprende tutta la componente evangelica protestante naturalmente, però è un gruppo molto numeroso, sostiene Israele, la guerra di Israele perché vuole accelerare l’arrivo della fine del mondo, questo lo dicono loro, lo dichiarano, perciò è una missione religiosa che è demenziale, tuttavia ha un impatto notevole sulla politica americana, veramente fuori proporzione.

Credo che ci siano dei cambiamenti in futuro, perché sicuramente la cosa sta diventando troppo evidente e troppo pubblica, perché più Israele combina questi exploit e più la gente si ricorda che c’è questo problema.

Quando un problema viene dimenticato poi non è più così importante, ma ripetendo questo genere di attività non si fa che riportare alla mente dell’americano che forse non vive in un paese libero come lui pensava e forse ci sono delle interferenze elettorali che lui non aveva neanche immaginato e forse è il caso di porvi fine in un modo o nell’altro. E questo porterà sicuramente dei cambiamenti, perché lo vediamo nel caso del Partito Democratico, hanno una componente motivatissima che farà di tutto per far fallire Kamala Harris, lo ha giurato, lo ha giurato a Dio, quindi è una vera e propria missione da cui non si esimeranno, potranno fare tanti brogli e tutti i brogli che vogliono, però questa gente si trova negli stati chiave dove con la loro solo presenza possono fare la differenza.

Quindi non c’è un futuro roseo credo per Israele e in particolare da un punto di vista economico, perché io penso che moltissimi amministratori delegati o responsabili della tecnologia in aziende europee che usano su vasta scala tecnologia israeliana per i propri sistemi di sicurezza e per garantire la sicurezza dei propri sistemi, cominciano a mettersi le mani nei capelli e dicano qua dobbiamo cambiare tutto.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Volevo chiederti Roberto proprio relativamente a quello che sta avvenendo e tornando al titolo di questa sera, c’è ancora il grande reset, è un reset in corso, è fallito, si è già compiuto secondo te tu anche in dei video hai mostrato ad esempio il declino della Gran Bretagna, anche la caduta del suo peso, gli Stati Uniti che vivono il momento che stanno vivendo, ma ci hai spiegato prima anche di questa modalità soprattutto non dico isolazionista, ma concentrata molto sul proprio interno, che cosa ti senti di dire sul grande reset, l’abbiamo parlato tante volte in questi anni, alla luce anche delle novità degli ultimi tempi?

[Roberto Mazzoni]

Credo che stia proseguendo, in realtà ascoltavo il discorso di Christine Lagarde che ha fatto qualche giorno fa e direi che ha confermato il fatto che si procede sulla tabella di marcia, il grande reset probabilmente comincerà con l’euro, con l’euro digitale, perché in questo momento noi abbiamo una serie di situazioni estremamente fluide, la Cina è in recessione ed è addirittura una situazione deflazionistica, quindi la produzione sta calando, i consumi stanno calando, c’è una grossissima crisi immobiliare che sta comunque devastando l’economia della nazione, i cinesi stanno cercando di porvi il rimedio, ma fino adesso le misure che hanno adottato non stanno funzionando granché e di conseguenza sono costretti a vendere o a svendere i loro prodotti per poter alimentare l’industria e per potersi mantenere a un livello che per loro è accettabile, questo non vuol dire che i cinesi non usciranno da questa fase in qualche modo, però voglio ricordare che nella grande crisi del 2008 chi ha tirato fuori l’occidente dai problemi è stata la Cina, che comunque era un motore produttivo importante, ha mantenuto le cose in movimento, ha contribuito anche finanziariamente a risolvere le sorti dell’occidente e quindi non dico che siamo usciti perché non siamo mai usciti dalla crisi del 2008, ma abbiamo tamponato gli effetti e siamo proseguiti con una sorta di paziente che era in uno stato critico, ma sopravviveva.

Oggi la Cina non è nelle condizioni di risollevare l’occidente e due, non credo che ne abbia neanche voglia perché mi sembra evidente che i messaggi che arrivano dagli Stati Uniti sono di un confronto sempre più marcato che potrebbe addirittura arrivare a un livello militare anche se non credo nel breve periodo perché non c’è proprio mezzo per farlo, però diciamo che sia Trump sia Biden hanno aumentato drasticamente le sanzioni nei confronti della Cina, le misure che mirano a ridurre le importazioni o comunque ridurre anche le esportazioni di prodotti strategici nei confronti della Cina, quindi si capisce che c’è un fortissimo raffreddamento tra i due paesi che ancora lavorano molto insieme e che ancora dipendono l’uno dall’altro perché la Cina detiene una grandissima quantità di titoli del Tesoro americani che sta vendendo rapidamente ma ne ha ancora tantissimi e gli Stati Uniti sono ancora uno dei mercati più importanti per i cinesi.

Quindi dal punto di vista delle esportazioni per la Cina, gli Stati Uniti rimangono interessanti, però entrambi adesso hanno i loro problemi, gli Stati Uniti hanno moltissime risorse interne che potrebbero sfruttare meglio ma che richiedono un cambiamento politico e al tempo stesso hanno in ogni caso un’economia che è concentrata prevalentemente sull’high tech e che ha depauperato gran parte dell’industria di base, lasciando moltissima gente disoccupata e questo nel tempo e che oggi presenta il problema di dover ricollocare queste persone perché altrimenti continueranno a votare per Trump e prima o poi faranno cambiare le cose, quindi gli Stati Uniti non possono più continuare a fare quello che hanno fatto sinora e direi che l’avventura ucraina è stato secondo me un po’ un punto di svolta.

Resta il Medio Oriente, naturalmente è un’area estremamente confusa perché abbiamo nazioni che avevano ambizioni coloniali che hanno mantenuto nel tempo, come la Gran Bretagna, come la Francia che creavano interferenze, gli Stati Uniti che venivano coinvolti, loro malgrado in un’attività che tutto sommato avrebbero fatto meglio ad evitare e in generale è un’area molto problematica che crea problemi soprattutto tuttavia all’Europa perché col blocco del canale di Suez le importazioni e le esportazioni da e verso la Cina per l’Europa costano di più e in più in ogni caso molta dell’energia che arriva anche in Europa proviene da quel mondo e di conseguenza avendo tagliato anche i cordoni con la Russia diventa un grosso punto interrogativo per il futuro europeo.

Con questo non è che voglio per forza sempre dipingere uno scenario disastroso per l’Europa perché io credo che ci siano delle alternative possibili e che potrebbero funzionare anche bene, tuttavia vanno poi adottate, il messaggio che qui si percepisce negli Stati Uniti è che l’Europa sta morendo come entità, come Unione Europea e che forse gli Stati Uniti abbiano fatto anche la loro parte per accelerare questa fine, ma che quindi siano destinati a riorganizzarsi, quindi laddove negli Stati Uniti se si riesce a portare avanti delle politiche ragionevoli si può disponendo di grandissime risorse naturali, gas, petrolio, rimettere in moto l’economia e riportare a casa industrie disaccoppiandosi dalla Cina, disaccoppiandosi in parte dall’Europa e aumentando la produttività interna perché ci sono le persone, ci sono le risorse, c’è il desiderio popolare che succeda, può succedere, basta togliere distrazioni esterne e siccome la Cina con la partnership con la Russia e con l’India che in qualche modo sta un po’ a cavallo tra i due.

Ma in ogni caso è interessata a coltivare rapporti con la Russia in particolare che le sta portando grossi benefici, sia perché può comprare il petrolio e il gas scontati e poi rivenderli in Europa, sia perché ci guadagna in immagine. Si sta creando un polo con il polo BRICS se vogliamo ma soprattutto con il polo indiano, cinese e russo che crea una dinamica di mercato chiusa che può funzionare abbastanza bene, sulla quale le tre nazioni possono prevedere una costruzione di un’economia che si sviluppa in futuro e che permetta loro di recuperare quelle che possono essere le difficoltà del momento. L’Europa sta sanzionando la Cina e vuole disaccoppiarsi dalla Cina, nel frattempo si è accoppiata la Russia che dava all’Europa l’accesso a energia a basso costo per produrre prodotti a valore aggiunto, alto valore aggiunto che quindi davano all’Europa e alle euro una posizione importante, potenzialmente competitiva nei confronti anche degli Stati Uniti all’Europa.

Con la scelta di tagliarsi l’accesso al gas russo, vuoi indirettamente, perché probabilmente non è stato una nazione europea va a saltare le condotte Nord Stream, però le condotte Nord Stream ce ne sono ancora alcune che funzionano, quindi potrebbero essere riaperte in qualsiasi momento, il fatto che l’Europa non riapra, la Germania non riapra, vuol dire che stanno al gioco. Quindi questa serie di mosse come descritto anche da Mario Draghi, Mario Draghi ha fatto un rapporto recente che è allucinante sullo stato dell’Europa e che è anche molto onesto, poi come osservazione dei problemi, dopodiché la ricetta che lui propone è aumentiamo i poteri all’Europa e quindi è una ricetta che sicuramente andrebbe in una direzione opposta di quello che potrebbe essere una vera soluzione.

Però è constatabile che qualcuno dovrà pagare il conto di queste guerre e sembra che il conto sarà pagato dall’Europa, questa è un po’ la sensazione. D’altro canto il messaggio che viene dato anche dalla Presidenza Trump attraverso J.D. Vance, il suo Vice Presidente, cioè colui che Trump ha scelto come potenziale Vice Presidente che dice “per noi la guerra in Ucraina non è un’attività strategica, se la NATO vuole continuare se la paga da sola, vale a dire che gli europei pagano e la ricostruzione dell’Ucraina sarà un problema europeo”.

Quindi questo è un po’ il messaggio. Dal fronte democratico il messaggio è più confuso anche perché loro vorrebbero continuare la guerra d’oltranza ma non credo che saranno in grado di farlo. E perciò direi che il Grand Reset prosegue, dalla Guard ha già dato conferma del fatto che il calendario si sta muovendo come deve essere fatto, che è proprio il rapporto Draghi che costituisce una nuova tappa in tale direzione e l’epicentro sarà l’Europa.

[Fabio Frabetti – Money.it]

E questa è una sentenza non particolarmente favorevole che ci dai. Trump, gli attentati a Trump, ci sono alcuni video sul tuo sito mazzoninews.com, cosa ci puoi dire?

[Roberto Mazzoni]

Chiaramente il primo c’è stato chiaramente il tentativo che è andato a segno e che non ha poi colpito o marginalmente ha colpito Trump, il secondo è stato prima che potesse avere conseguenze è stato debellato, ci sono dubbi che sia ovviamente nella parte più estrema forse così dei democratici che hanno accusato Trump, insomma sostanzialmente di essersi organizzato un po’ questi attentati a scopo di consenso, poi c’è anche il sostiene anche fuori dai circuiti democratici repubblicani, allo stesso modo è stato qualcosa di costruito.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Tu che cosa ne pensi e se questi episodi potranno avere un peso a livello elettorale?

[Roberto Mazzoni]

Questi due episodi, poi in realtà ce ne sono anche degli altri perché l’FBI ha dichiarato di aver individuato un gruppo di pakistani che stava progettando un attentato contro Trump e se non ricordo male un altro personaggio, un altro individuo è stato fermato in Arizona prima di un raduno di Trump e anche lui sembrava avesse intenzioni di questo tipo, anche se non è mai riuscito a concretizzarle in nessun modo. La risposta di Trump è veramente singolare perché da una parte abbiamo una componente dell’elettorato che è negazionista, è un po’ come ci torniamo ai tempi dei vaccini, una parte che è negazionista e che per perché ho preso dice “no è stata una messa in scena”, va bene, salvo che non sono riusciti a dimostrare che fosse una messa in scena.

Un’altra parte che dice “no sono cose progettate dal deep state, sono le varie agenzie che stanno lavorando contro Trump e che stanno cercando di colpire Trump”, ma anche quello non siamo riusciti a dimostrarlo oggettivamente, per il semplice fatto che nel primo attentato tutte le prove sono state distrutte dall’FBI e dal servizio segreto, hanno cremato il corpo di Crooks, del suddetto attentatore, cioè del ragazzo che è rimasto ucciso. E quindi, diciamo, guardando dal comportamento dell’FBI e del servizio segreto si vede un modello che abbiamo già visto con i Kennedy e quindi già questo da solo dovrebbe confermarci che quello era un attentato autentico.

Inoltre la dinamica e i testimoni presenti confermano che si trattava di un attentato reale, c’è anche una persona morta e due persone gravemente ferite e se Trump avesse inscenato anche in parte quell’attentato io credo che l’avrebbero già buttato sulla prima pagina, avrebbero portato in tribunale, non aspetterebbero nient’altro, quindi francamente la tesi della simulazione a parte di Trump non la vedo onestamente.

Il secondo attentato in realtà non si è manifestato, non si è sviluppato, quindi potrebbe essere anche solo una provocazione, questo signore è stato fermato prima che potesse sparare, aveva un’arma, si era postato per 12 ore vicino a una delle buche del campo da golf dove Trump sarebbe arrivato, sapeva che Trump andava lì perché la decisione di Trump è stata presa all’ultimo minuto, quindi c’era qualcuno all’interno degli avventurati di Trump che l’ha informato.

Quello potrebbe essere una messa in scena, non so che benefici avrebbe Trump da questa messa in scena, tuttavia per il fatto che non ci sono stati reali cambiamenti nei sondaggi, ossia l’America ormai si è abituata al fatto che un Presidente possa essere destituito dalla direzione del suo partito nel caso di Joe Biden, oppure possa essere fatto fuori da qualcun altro su commissione e va bene così, non c’è nulla di strano, il che in un certo senso ci dà un’idea del livello se vuoi di cinismo che anche l’elettorato americano ha raggiunto. Non so quanti siano oggi gli elettori che ancora si professano saldamente repubblicani o democratici, credo che se li mettiamo tutti insieme non superiamo il 35%, so che in passato fino all’anno scorso erano il 20 e il 20 più o meno, adesso dubito che superino il 35%, quindi vuol dire che in ogni caso la nazione è governata da una minoranza, nella migliore dei casi e la maggioranza, più del 30%, direi che al 40% sono elettori che si dichiarano indipendenti, vuole dire non sposano nessun partito, sono elettori che potrebbero votare per i verdi, elettori che avrebbero potuto votare per Kennedy e che possono ancora votare per Kennedy perché Kennedy non si è completamente ritirato, è presente in alcuni stati, mentre invece in altri stati appoggia Trump e quindi ha invitato i suoi elettori a votare per Trump.

Credo tuttavia che la presenza di Kennedy al fianco di Trump costituisca comunque una svolta importante perché Kennedy rappresenta una famiglia storica nella politica americana, suo padre e suo zio sono stati uccisi entrambi dal governo americano, in buona sostanza secondo quello che ci dice lui e in più lui viene da un partito democratico che ha fatto di tutto per impedirgli di candidarsi, quindi è un transfugo dei democratici, è approdato in parte nel campo repubblicano, anche se non si riconosce come repubblicano, ma vuole lavorare con Trump per cambiare le cose e trasformare un po’ l’America perché ce ne è tanto bisogno e questo potrebbe essere una combinazione convincente per molti americani che sono abbastanza stufi di quello che gli propone il menù e che stanno cercando un cambiamento che li porti anche fuori da questo bipolarismo tra partito repubblicano e partito democratico che poi alla fine è una coppia del modello britannico e che non funziona in Gran Bretagna e non funziona neanche qua.

Tra l’altro i padri fondatori degli Stati Uniti avevano detto che era assolutamente sconsigliabile accettare la creazione di partiti perché poi una volta che si creano i partiti si creano le clientele e dopo non è più democrazia e qualcos’altro. Quindi direi che questa sia una elezione che comporterà un cambiamento profondo per l’America.

Non sappiamo come andrà a finire, il partito democratico ha già detto che sia se sia il risultato, anche qualora Trump riuscisse a vincere non accetteranno la vittoria di Trump e ne impediranno l’insediamento della Casa Bianca in tutti i modi possibili e immaginabili, quindi ci saranno dei conflitti. Hanno già detto che in ogni caso le elezioni non si chiuderanno il giorno delle elezioni, ma i partiti arriveranno un po’ come abbiamo già visto nel 2020, un po’ alla volta, man mano che fanno risuscitare un po’ di morti e così. Però stiamo anche notando che c’è un cambiamento importante in quello che potrebbe essere Deep State e un cambiamento anche importante nel settore dell’alta tecnologia.

C’è la constatazione del fatto che gli Stati Uniti non sono più competitivi. Se c’è una cosa che la guerra in Ucraina ha dimostrato è che gli Stati Uniti hanno perso la supremazia militare, non sono riusciti a riaprire nemmeno il canale del Mar Rosso sotto i bombardamenti agli UTI, fornendo tutte le armi che hanno fornito gli Ucraini, non sono riusciti a debellare la Russia che era partita in condizioni molto più deboli in termini di uomini, in termini di apparato militare, in termini di anche mezzi a disposizione, non sono riusciti a far valere le sanzioni che avrebbero dovuto azzoppare l’Ucraina e invece hanno azzoppato l’Europa e quello era del resto prevedibilissimo.

Quindi escono da questa avventura, per quanto la propaganda sia ancora di un certo tipo, però già anche sui media collegati a Deep State si nota sempre di più il concetto che l’Ucraina sta perdendo, mentre prima era tabù anche semplicemente immaginare che l’Ucraina potesse perdere, ora è diventato un ritornello che si ripete e che serve per parlare naturalmente degli americani all’ennesima sconfitta, ma anche a questo punto fa emergere che al di là di un certo gruppo di persone che credo abbiano dei problemi mentali importanti, la gran parte delle persone che sta comunque ai posti di comando nel Pentagono e altrove si rende conto che così non può funzionare, non può continuare, perciò questo introdurrà, spinto dal basso, dal fianco, dall’alto, dei cambiamenti, non ti posso dire esattamente quali e come e in che tempi, però sicuramente l’anno prossimo sarà un anno di cambiamenti, ci saranno scossoni economici, non c’è dubbio, perché nel momento in cui la Federal Reserve comincia a abbassare i tassi di interesse, vuole dire che il dollaro scende come valore e questo comunque comporta respiro per le nazioni in via di sviluppo che hanno molti debiti in dollari, però riduce la capacità commerciale di altri mercati evoluti come possono essere l’Europa, perché il dollaro diventa più competitivo, l’esportazione negli Stati Uniti può aumentare ed è un po’ la politica di Trump.

Trump vuole tenere un dollaro basso, aumentare la produttività delle esportazioni negli Stati Uniti, ridurre le importazioni dell’estero con anche l’applicazione di tariffe di dazi e di blocchi doganali eccetera, che è la stessa politica che vogliono fare in Europa, però l’Europa non ha il fisic to role per farlo, gli Stati Uniti possono bloccare una parte delle importazioni e già le importazioni della Cina sono state ridotte perché hanno gran parte delle risorse che gli servono per fare la produzione interna, l’Europa no, quindi l’Europa ha bisogno di trovare una nuova strada che sarà molto diversa rispetto a quella attuale, naturalmente Bruxelles non sarà disposta a lasciare il volante e quindi sarà un percorso un po’ più articolato, un po’ più difficile, però alla fine credo che ci saranno costretti perché le osservazioni di Draghi sono corrette e le misure sono sbagliate, cercheranno di applicare quelle misure che peggioreranno ulteriormente la situazione e a questo punto ci sarà un strappo interno inevitabile, cioè già con la guerra in Ucraina direi che abbiamo iniziato il percorso.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Chiedeva un amico che l’Europa paghi per la guerra in Ucraina e fuori di dubbio si può avere un’idea di un ordine di grandezza su quanto pagherà?

[Roberto Mazzoni]

Sentivo parlare di qualche trilione di dollari, però non so, non ho un preventivo, non mi hanno mandato una copia del preventivo, i costi sono esorbitanti, anche perché se non sbaglio avevano messo gli occhi su 12 trilioni di dollari in valore di metà di un’automobile in valore di metalli e minerali preziosi che sono presenti nel Donbass e che sarebbero stati essenziali per favorire il passaggio dell’industria europea all’elettrico, alle automobili elettriche e tutto il resto, il Donbass se ne è andato, dice Grazie, quindi se la scommessa era per 12 trilioni di dollari, il punto di riferimento è che non è stato un’idea di grandezza, il punto è questo, non credo che in realtà l’Europa darà molti soldi all’Ucraina per essere ricostruita, credo che semplicemente l’Ucraina imploderà come nazione, almeno queste sono le previsioni che raccolgo qua negli Stati Uniti e che credo che se non interromperanno la guerra in fretta e cercheranno di salvare il salvabile in termini di guerra, sarà un percorso inevitabile e non vedo onestamente l’Europa che si metta le mani in tasca e paghi per la ricostruzione ucraina, tanto meno negli Stati Uniti nel momento in cui non avranno accesso alle risorse che gli servivano.

Ma quello che vedo è un problema di mancata opportunità, ossia se l’Europa aveva deciso, parlo d’Europa nel momento in cui le persone al governo a Bruxelles e a Londra avevano deciso che per loro era essenziale conquistare l’Ucraina e le risorse dell’Ucraina perché sarebbero stati fondamentali per poter permettere la competitività del continente nel confronti degli altri due grandi paesi, gli Stati Uniti e la Cina, la mancanza di questi 12 trilioni di dollari sarà il costo che l’Europa dovrà pagare, ma non perché lo pagherà nel senso che preleverà le tasse per poter fare tutte le varie mazzette che serviranno per fare tutte le varie attività di ricostruzione, saranno risorse che servivano per costruire l’economia interna che dovranno essere spesi per poterlo fare, salvo perdere posizione economica e quindi ridurre quello che è il livello economico e la posizione a livello di continente come produttività internazionale, non so se mi sono spiegato bene, a volte è quello che ti manca che sono i costi, anziché quello che spendi.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Poi ti chiede un’altra domanda da indovino, Maggio ci sarà la guerra in Europa?

[Roberto Mazzoni]

Penso di no, a meno che si vada sul nucleare, cosa che non credo che il Pentagono voglia fare e che sicuramente i russi non vogliono fare. La guerra in Europa per esserci richiederebbe la presenza di eserciti in Europa, oggi i due eserciti più importanti della Nato sono la Turchia, che sicuramente non è interessata a combattere, in particolare con la Russia e l’Ucraina che era il secondo esercito per importanza, ma che ormai credo sia ridotto ai minimi termini e che se andiamo avanti così non esisterà quasi più.

Gli altri eserciti presenti, quelli importanti, britannico piuttosto che francese, non hanno la capacità di sfidare una Russia e nonostante facciano grandi proclami e grandi cose, tutto quello che fanno è cercare di costringere gli Stati Uniti a intervenire direttamente. In realtà credo che se andremo avanti così, prima o poi gli Stati Uniti faranno fagotto, continua a girare come concetto. Per gli Stati Uniti oggi la posizione strategica è nel Pacifico, giusto o sbagliato che sia, la percezione è che il vero avversario sia la Cina, per lo meno in termini di competitività internazionale, in termini di potenza militare e tutto il resto e perciò il peso deve essere spostato altrove. La Russia non è percepita al di là di pochi malattie di mente come un reale avversario o come un pericolo, perché non lo è e di conseguenza questa guerra in Ucraina che è partita su spinta io credo prevalentemente britannica e che ha coinvolto l’amministrazione Biden che aveva degli interessi anche personali sulla questione, una volta chiesto di esserlo di mezzo di vari personaggi che oggi sono la Casa Bianca, verrebbe messa abbastanza nel dimenticatoio. Resta Israele come problema, però Israele se viene gestito bene dagli Stati Uniti si risolverà da solo, perché si stanno facendo male da soli, quindi se continuano a perdere persone che se ne vanno a un certo punto non ci saranno più israeliani a sufficienza per poter difendere il territorio e quindi il problema si esaurisce.

È un’ipotesi, però la direzione in cui Israele sta andando sembra essere quella. Di conseguenza dal punto di vista degli Stati Uniti e questa è già una formulazione espressa dal Pentagono nel 2014, è che loro, gli Stati Uniti, devono rinunciare al dollaro come valuta di scambio internazionale, perché questo costringe gli Stati Uniti a importare anziché a fabbricare internamente e di conseguenza gli Stati Uniti oggi acquistano dalla Cina molto materiale che gli serve per la produzione di armi americane e non è una situazione strategicamente accettabile.

Quindi abbandonare quel ruolo o ridimensionarlo drasticamente e ripristinare la capacità di produttiva interna, il che vuol dire concentrarsi sull’interno e concentrarsi sulla Cina. Se gli Stati Uniti non sono coinvolti in una guerra in Europa, la guerra non c’è, perché non c’è nessuno in grado di combatterla. Questo è un elemento da tenere in considerazione.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Poi c’era una domanda che ti chiedeva, pensi che il trio Trump-Kennedy-Vance possa effettivamente danneggiare il Deep State in politica, sono tutti parte del giro?

[Roberto Mazzoni]

A me non interessa tanto che li danneggino, credo che siano molto difficili da danneggiare e comunque si stanno danneggiando da soli. Credo che quella triade potrebbe creare abbastanza confusione da mettere il Deep State in difficoltà e indurlo a farsi male da solo. Teniamo presente che queste persone comunque hanno prodotto avanti strategie che sono state fallimentari e la gente comincia ad essere contro. Questa gente funziona bene fin tanto che opera nell’ombra e opera in un contesto dove l’economia va bene e perciò la gente comune non si pone il problema, ha la pancia piena, le cose funzionano, può permettersi di comprare una casa, può permettersi di comprare una macchina.

Oggi questo non è più vero negli Stati Uniti, quindi è uno scenario completamente diverso. Di conseguenza non credo che abbiano un grande futuro, smantellarlo è quasi impossibile, ma anche perché è molto radicato, è molto presente, c’è una combustione di finanza, di industria militare, agenzie di intelligence e criminalità organizzata, però c’è anche gente che si fa la guerra uno con l’altro, perciò se riesce a inserire abbastanza imprevedibilità e questa è una cosa che Trump può fare e che ha già fatto, ma che può fare meglio se ha più persone che in qualche modo sono in sintonia con lui, non credo che onestamente riuscirà a fare grand che sul distrito in quanto tale, ma creerà le condizioni affinché la situazione si destabilizzi da sola, questo è la cosa.

Poi il fatto che siano tutti simili, credo che sia un po’ una generalizzazione, nel senso che è chiaro, i politici hanno delle caratteristiche che li rendono affini e molte delle cose che dicono le dicono per farsi leggere e direi che su questo ci siamo, però non possiamo fare tutto un ergo in fascio e benché Trump abbia tutta una serie di problematiche che ho elencato anche nel passato e che elencherà anche nel futuro, ha in ogni caso l’intenzione perlomeno di vendicarsi personalmente direi e questa secondo me già basta e credo che fondamentalmente anche Kennedy abbia un po’ quel tipo di vena, perciò di fare abbastanza da far inceppare la macchina, dopodiché una volta che la macchina è inceppata si sfascia da sola, è chiaro bisogna poi schivare i pezzi che volano via, non sarà facile, ci sarà una discreta confusione, io prevedo che se Trump andasse alla Casa Bianca potremmo avere 4 anni di discreto caos, ma da questo caos potrebbe uscire un nuovo ordine, non mondiale, un nuovo ordine più pacifico, ci auguriamo, però fatto un attimo, non è un nuovo ordine, fatto un’attenta analisi anche delle statistiche, una statistica semplice, quella delle guerre, Trump perlomeno non ha avviato nessuna nuova guerra, Biden invece sì, praticamente due, quindi forse preferisco Trump, dopodiché vedremo, è quello che abbiamo oggi e tra questi dobbiamo scegliere.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Marina, c’è qualcosa nell’area prima del voto per evitare il voto USA o se vince Trump possono fare qualcosa per evitare il giuramento a gennaio, le regole USA in questo caso cosa prevederebbero?

[Roberto Mazzoni]

Possono non riconoscere i grandi lettori, come Trump aveva cercato di fare nel 2020 attraverso Pence, loro possono farlo attraverso il Presidente del Senato che è un democratico, quindi possono sicuramente impedire a Trump di insediarsi o rallentare l’insediamento, questo lo possono fare e poi si staranno immaginando una serie di cose, loro hanno già detto che non gli permetteranno l’insediamento, poi non so fino a che punto possano effettivamente impedirglielo, ma hanno un progetto che tireranno le elezioni più avanti possibile per quanto tempo possibile, poi una volta che ci saranno questi risultati, se ancora non saranno favorevoli a Kamala, faranno di tutto per ostacolare Trump, quindi questo ce l’hanno già detto e succederà, non so dirvi come, non so dire quando, anche perché avranno schiere di avvocati che stanno preparando ogni genere di attività legale che sarà, come abbiamo visto di solito sono attività che creano legge nel momento in cui fanno le cause, si inventano le cose e questo comunque richiede che si vada in tribunale, che si discuta, che si faccia e si dica, ma a differenza dell’altra volta per lo meno Trump sembra essere più organizzato sulla fase di selezione delle persone da insediare nella Casa Bianca e su anche le modalità, l’altra volta è stato preso abbastanza alla sprovvista, vedremo, sarà sicuramente un periodo molto movimentato, io credo che se ci saranno cose saranno soprattutto fuori dagli Stati Uniti, quindi qualcosa in Ucraina, magari qualcosa in Israele, qualcosa a qualche altra parte, quello è più probabile.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Ti chiedono poi cosa ne pensi o come spieghi la probabilità del deprezzamento del dollaro.

[Roberto Mazzoni]

È essenziale, come dicevo prima, è un obiettivo che il Pentagono ha fissato nel 2014 per esigenza di sicurezza nazionale, allora se il dollaro viene deprezzato vuole dire che si favoriscono le esportazioni dagli Stati Uniti e si riducono le importazioni verso gli Stati Uniti e quindi si favorisce lo sviluppo dell’industria locale, che è indispensabile per poter allestire dal loro punto di vista un’industria della difesa che sia quasi essenzialmente americana, quindi che non dipenda da materiale acciaio o da altro materiale strategico come l’elettronica che venga dalla Cina.

Immaginatevi voi un’azione come gli Stati Uniti che si pone nell’ottica di doversi confrontare con la Cina e che debba combattere con un avversario che poi è quello che gli deve mandare le armi con cui combatterlo, è assurdo, quindi si sono resi conti dell’assurdità di questa situazione e ci hanno messo un po’ a far girare un po’ la barca, ma adesso si sta andando chiaramente in quella direzione.

Quindi se vogliamo BRICS e il Deep State americano stanno andando in modo sincronizzato, vogliono entrambi raggiungere lo stesso obiettivo, però con finalità diverse naturalmente, però entrambi vogliono ridurre l’uso del dollaro e ridurre il valore del dollaro, questo anche perché comunque agevola il discorso del diritto di Stato, è solo una serie di meccanismi, però direi che l’intenzione di base è quella di tenere il dollaro basso, perché finché il dollaro basso ha una lunga sopravvivenza, ha una possibilità notevole di favorire la crescita interna dell’industria senza mettere troppo in difficoltà le economie dei paesi in sviluppo che usano dollari e che hanno debiti in dollari e quindi diventa più facile anche per loro fornire materie prime e avere dei rapporti di commercio più favorevoli con gli Stati Uniti.

Quindi è una cosa voluta ed è una cosa che Trump ha messo come punto centrale della sua piattaforma economica, questo vuol dire che naturalmente sarà inflazione, ci sarà inflazione negli Stati Uniti e ci sarebbe inflazione anche se ci fosse Kamala Harris, ma per un altro motivo, quindi ci sarà comunque inflazione, però nel caso dell’inflazione portata da l’euro dovrebbe portare a una maggiore produzione e quindi anche a una progressiva poi riduzione della inflazione perché aumenta la produttività interna. Nel caso di Kamala invece sarebbe un’esplosione di inflazione e inflazione basta. Questo vuol dire anche, siccome dipende dal dollaro, che l’euro dovrà inflazionarsi, che è poi quello che ci dice Christine Lagarde.

Christine Lagarde ha un grosso problema e ce l’ha detto appunto in quest’ultimo discorso che ha fatto recentemente che fa ecco di un discorso precedente. Christine Lagarde ha il problema che quando loro danno il messaggio alla banca centrale di far circolare più euro in giro per l’Europa, le banche non lo fanno perché le banche europee sono in difficoltà e non vogliono esporsi troppo con la creazione di nuovi prestiti, creazione di nuove liquidità e perciò non lo fanno, non obbediscono.

C’è, come lo chiama lei, un problema di ritrasmissione, dice mettendo invece l’euro digitale, il problema lo risolviamo noi perché noi direttamente inviamo il denaro dove dobbiamo mandarlo e quindi bypassiamo il sistema bancario o costringiamo il sistema bancario a fare esattamente quello che noi diciamo. Perciò è una piattaforma di inflazione al massimo, proprio a manetta come si suol dire. Perciò nel caso dell’euro questa inflazione non sarà compensata da una maggiore produttività perché mancano le materie prime e manca l’energia.

Abbiamo già visto che l’euro che prima era la seconda voluta di scambio internazionale ha perso questo ruolo nei confronti dell’oro, l’oro oggi viene usato di più dell’euro e anche nei confronti del yuan cinese. Quindi mi sembra chiaro dove vada a finire il conto.

[Fabio Frabetti – Money.it]

A proposito di valute e quant’altro, Andrea dice “è un piacere ascoltarla, le chiedo se condivide l’asserzione secondo cui quando una moneta muore e si svaluta si va in guerra come adesso”.

[Roberto Mazzoni]

Sempre, quando una moneta di scambio internazionale è stata sostituita da un’altra c’è sempre stata una guerra importante. Per il cambio dalla sterlina al dollaro abbiamo combattuto due guerre mondiali, la prima e la seconda. Quindi questo è un fatto. Però oggi la situazione è un po’ diversa perché all’epoca avevamo effettivamente un sistema dove in ogni caso le valute erano relativamente indipendenti e c’era una base comune che era l’oro.

Oggi tutte le valute dipendono dal dollaro, quindi nel momento in cui per esempio anche la Cina facesse la guerra agli Stati Uniti, sconfiggesse gli Stati Uniti e azzerasse il dollaro avrebbe azzerato anche tutto il proprio tesoro, quindi non è una mossa intelligente. Di conseguenza non possono permettersi di fare una guerra a tutto campo, possono fare delle guerre a bassa intensità come quella che vediamo adesso in Ucraina e quella è probabile che continueranno.

Però, magari non in Ucraina ma in altri posti. Però di nuovo c’è anche fattori diversi che stanno entrando in gioco, di solito tanto ne parlo, bitcoin, però bitcoin comincia ad essere intravisto, per esempio i russi la stanno di nuovo riaccettando e i cinesi ci stanno ripensando, perché è un sistema che non è controllato da nessuno e quindi potrebbe diventare una specie di meccanismo di equilibrio indipendente verso cui convergere senza che nessuno debba affermare il proprio predominio nei confronti degli altri.

Anche perché i cinesi non sono interessati a trasformare la yuan nella voluta di riserva internazionale mondiale, perché hanno già visto come funziona, se tu crei una voluta di riserva devi importare ed esportare i posti di lavoro. Ora immaginatevi i cinesi che esportano tutti i loro posti di lavoro per importare che cosa e da chi, non ha senso, non funziona. Hanno già visto quello che è successo con il dollaro, non gli interessa sostituire il dollaro, gli interessa non essere schiavi del dollaro, è una cosa diversa e non gli interessa essere schiavi in particolare del sistema SWIFT, che è un sistema controllato dall’Europa, torniamo in Europa, e dal quale finora sono stati dipendenti per tutti i pagamenti internazionali.

Adesso hanno sviluppato e stanno sviluppando un loro sistema interno che si basa come elemento garante sull’oro sostanzialmente, ma non perché si mandano i lingotti, ma perché è l’elemento di garanzia su quello che può essere le riserve. Se tu mi mandi 8 ruppi e io ti mando 8 rubli e poi dobbiamo quadrare i conti, io ho 8 oro, tu hai tanto altro oro e ci arrangiamo.

Ma diventa un modo per uscire dal problema del chi ha la valuta che comanda e che poi comunque deve essere costretto a esportarla dovunque. Non vogliono farlo, vogliono mantenere il dollaro in vita, infatti fino a quando il dollaro sarà basso il dollaro continuerà a vivere, il dollaro muore nel momento in cui dovesse sparare verso l’alto improvvisamente o rapidamente e superare una certa soglia, a quel punto il dollaro sarebbe morto e sarebbero morte anche tutte le economie che sono collegate al dollaro, bisognerebbe resettarle completamente. Questo gli americani non lo vogliono, Trump in particolare non lo vuole, lui ha già accennato il fatto che vuole rendere Bitcoin una riserva nazionale quindi usarla come riserva insieme all’oro, cioè c’è tutto un movimento in corso che sta cercando di evitare, anche perché appunto, scusatemi, ma in passato sono combattute guerre mondiali da cui però si poteva comunque uscire, oggi una guerra mondiale se è una guerra nucleare non uscirebbe neanche vivo nessuno, quindi nessuno in realtà vuole arrivare fino a quel punto. Di certo ci saranno delle trasformazioni importanti e di nuovo qualcuno deve pagare il conto.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Con questo conto da pagare io vi ringrazio molto Roberto Mazzoni, lo invitiamo tutti i nostri amici a seguirlo su mazzonignews.com, ci vediamo il prossimo mese Roberto, un caro abbraccio a presto.

[Roberto Mazzoni]

Anche a voi, arrivederci.

Roberto Mazzoni

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