RAND – Research Report
25 gennaio 2022 – confidenziale
RAND Corporation – Santa Monica – California
Rafforzare gli Stati Uniti indebolendo la Germania
Lo stato corrente dell’economia statunitense non lascia sperare che possa continuare a funzionare senza il sostegno finanziario e materiale da fonti esterne. La politica di quantitative easing, a cui la Federal Reserve ha fatto ricorso regolarmente negli anni recenti, come pure la distribuzione incontrollata di contante nel 2020 e 2021 durante i lockdown per il COVID, hanno condotto a un drastico incremento nel debito verso l’esterno e a un aumento della disponibilità di dollari in circolazione.
E’ estremamente probabile che si verifichi un continuo deterioramento della situazione economica che porterà a una perdita di posizione del Partito Democratico nel Congresso e al Senato nelle prossime elezioni che si terranno nel Novembre 2022. Sotto tali circostanze, non possiamo escludere l’impeachment del Presidente, situazione che va evitata ad ogni costo.
C’è l’urgente necessità di far fluire risorse nell’economia nazionale, soprattutto nel sistema bancario. Se non si vogliono sostenere elevati costi militari e politici per gli Stati Uniti, tali risorse possono venire solo dalle nazioni europee che sono vincolate da impegni nei confronti della NATO e dell’Unione Europea.
Il maggiore ostacolo in tal senso è la crescente indipendenza della Germania. Benché sia ancora una nazione a sovranità limitata, si è mossa costantemente per decenni in direzione di eliminare tale limitazione e diventare uno stato completamente indipendente. Si tratta di un movimento lento e cauto, ma costante. Dalla nostra estrapolazione risulta che l’obiettivo finale potrà essere raggiunto solo tra diversi decenni. Tuttavia, se i problemi economici e sociali negli Stati Uniti dovessero intensificarsi, il passo potrebbe accelerare in modo significativo.
Un fattore aggiunto che contribuisce all’indipendenza economica della Germania è la Brexit. Con il ritiro del Regno Unito dalle strutture dell’Unione Europea, abbiamo perso l’opportunità di influenzare in modo significativo i negoziati e le decisioni che coinvolgono i vari governi.
Tali cambiamenti sono ancora molto lenti, in gran parte per la paura che la Germania nutre verso una nostra reazione negativa. Se un giorno noi dovessimo abbandonare l’Europa, ci sarebbe una buona probabilità che la Germania e la Francia raccolgano un pieno consenso politico. A quel punto anche l’Italia e altre nazioni della Vecchia Europa, sostanzialmente i membri della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, potrebbero unirsi a certe condizioni.
La Gran Bretagna, che al momento si trova all’esterno dell’Unione Europea, non sarà in grado di resistere da sola alle pressioni del duo Francia-Germania. Se questo scenario dovesse attuarsi, l’Europa si trasformerebbe in un’alternativa agli Stati Uniti non solo da un punto di vista economico, ma anche politico.
Inoltre, se gli Stati Uniti dovessero restare invischiati in problemi interni, la Vecchia Europa sarà in grado di resistere con più efficacia all’influenza esercitata dalle nazioni dell’Europa dell’Est che sono influenzate direttamente dagli Stati Uniti.
Vulnerabilità dell’economia tedesca e dell’Unione Europea
Ci possiamo aspettare un aumento nel flusso di risorse dall’Europa agli Stati Uniti se la Germania cominciasse a sperimentare una crisi economica controllata. Il passo dello sviluppo economico in Europa dipende quasi esclusivamente dallo stato dell’economia tedesca. E’ la Germania che paga il costo maggiore per le spese che sono indirizzate ai paesi più poveri dell’Unione Europea.
L’attuale modello economico tedesco si basa su due pilastri: un accesso illimitato a fonti energetiche russe a basso costo e a energia elettrica francese a basso costo, grazie al funzionamento delle centrali nucleari francesi. L’importanza del primo fattore è considerevolmente superiore a quella del secondo fattore. Un blocco delle forniture russe può creare una crisi sistemica che sarebbe devastante per l’economia tedesca e, in modo indiretto, per l’intera Unione Europea.
Il settore energetico francese potrebbe anch’esso sperimentare presto gravi problemi. Il prevedibile arresto delle forniture russe di uranio per alimentare le centrali nucleari, combinato alla situazione instabile nella regione del Sahel, in Africa, renderebbe il settore energetico francese criticamente dipendente dall’uranio proveniente dall’Australia e dal Canada. Questo, in abbinamento all’istituzione di AUKUS, crea nuove opportunità per esercitare pressione da parte degli Stati Uniti. Tuttavia questo aspetto particolare va oltre gli scopi di questo rapporto.
Una crisi controllata
A seguito dei limiti imposti dalla coalizione politica di governo, la leadership tedesca non è in pieno controllo della situazione nella nazione. Grazie a precise azioni condotte dagli Stati Uniti, è stato possibile bloccare l’attivazione della condotta Nord Stream 2, a dispetto dell’opposizione dei lobbisti delle industrie chimiche e dell’acciaio tedesche. Tuttavia, il drammatico deterioramento degli standard di vita può spingere la leadership a riconsiderare la propria politica e ritornare all’idea di sovranità europea e di autonomia strategica.
L’unico approccio fattibile per garantire che la Germania rifiuti la fornitura di energia dalla Russia consiste nel coinvolgere entrambe le nazioni in un conflitto militare in Ucraina. Le azioni che stiamo per intraprendere in Ucraina condurranno inevitabilmente a una risposta militare da parte della Russia. I russi non potranno più ignorare la massiccia pressione esercitata dall’esercito ucraino sulle repubbliche non riconosciute del Donbas. Questo ci consentirà di etichettare la Russia come aggressore e applicare nei suoi confronti l’intero pacchetto di sanzioni preparate in anticipo.
A sua volta, Putin può decidere di imporre una serie limitata di contro-sanzioni – soprattutto sulla fornitura di energia all’Europa. Di conseguenza, il canno alle nazioni dell’Unione Europea sarà comparabile a quello sofferto dalla Russia e, in alcune nazioni, in particolare la Germania, sarà persino superiore.
Il fattore indispensabile per far cadere la Germania in questa trappola è il ruolo di leadership dei partiti verdi e dell’ideologia verde in Europa. I verdi tedeschi sono un movimento fortemente dogmatico, se non addirittura fanatico, che li porta facilmente ad ignorare le questioni economiche. In questo senso, i verdi tedeschi superano persino le loro controparti nel resto dell’Europa. I tratti personali e la mancanza di professionalità dei loro leader – in particolare Annalena Baerbock (ministro tedesco degli esteri) e Robert Habeck (vice cancelliere e ministro delle finanze) – ci permettono di presumere che sia praticamente impossibile per loro ammettere i propri errori in modo tempestivo.
Di conseguenza, sarà sufficiente dipingere sui media l’immagine della guerra di aggressione di Putin per trasformare i verdi nei più ardenti sostenitori delle sanzioni, trasformandoli in un partito guerrafondaio. Ciò consentirà di attivare il regime delle sanzioni senza ostacoli. La mancanza di professionalità degli attuali leader non consentirà ripensamenti in futuro, anche quando gli effetti negativi delle politiche adottate saranno diventati abbastanza ovvi. I partner della coalizione di governo tedesca dovranno semplicemente seguire i propri alleati – per lo meno fino a quando il peso dei problemi economici supererà il timore di provocare una crisi di governo.
In ogni caso, anche quando lo SPD e lo FDP saranno pronti a muoversi contro i Verdi, ci saranno ben poche possibilità che il governo successivo possa ripristinare relazioni abbastanza normali con la Russia. Il coinvolgimento della Germania nella fornitura di grandi quantità di armi e di equipaggiamento militare agli ucraini genererà inevitabilmente una grande diffidenza nei russi e questo renderà molto lunghe le procedure negoziali per un ripristino delle relazioni.
Se venissero confermati anche crimini di guerra e l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, la leadership politica tedesca non potrebbe superare il veto dei suoi partner nell’Unione Europea che la costringerebbero a rinforzare il pacchetto delle sanzioni e gli aiuti all’Ucraina. Questo garantirà un’interruzione abbastanza lunga nella cooperazione tra Germania e Russia da rendere non più competitiva l’economia tedesca.
Conseguenze attese
Una riduzione nelle forniture di energia dalla Russia – in condizioni ideali una totale interruzione di tali forniture – porterebbe a un risultato disastroso per l’economia tedesca. Inoltre la necessità di dirottare una quantità significativa del gas russo per il riscaldamento residenziale e delle strutture pubbliche finirà per esacerbare la carenza.
I lockdown delle industrie provocheranno carenza di componenti e di parti di ricambio per l’industria manifatturiera, una distruzione delle catene logistiche e, alla fine, un effetto domino. E’ probabile un completo arresto delle più grandi fabbriche metallurgiche, chimiche e meccaniche, visto che non hanno alcun margine per ridurre il consumo di energia. Questo porterebbe anche alla chiusura di attività produttive a ciclo continuo con la loro completa distruzione.
Le perdite cumulative per l’economia tedesca possono essere stimate in modo solo approssimativo. Se anche le restrizioni delle forniture russe si limitassero al solo 2022, le conseguenze durerebbero per diversi anni, e le perdite totali potrebbero arrivare a 200-300 miliardi di euro. Non solo assesterà un colpo devastante all’economia tedesca, ma l’intera economia dell’Unione Europea collasserà inevitabilmente. Non stiamo parlando semplicemente di un rallentamento nel ritmo di crescita, ma di una recessione continua e in un declino del prodotto interno lordo che per la sola produzione materiale sarà del 3-4% annuo per i prossimi 5 o 6 anni. Tale crollo provocherà inevitabilmente il panico nei mercati finanziari e potrà portarli al collasso.
Inevitabilmente l’euro scenderà al di sotto del dollaro e questa caduta sarà molto probabilmente irreversibile. La caduta ripida dell’euro provocherà la sua svendita su base globale. Diventerà una valuta tossica, e tutte le nazioni nel mondo ridurranno rapidamente la sua presenza nelle loro riserve in valute internazionali. Tale vuoto verrà probabilmente colmato dal dollaro oppure dallo yuan.
Un’altra conseguenza inevitabile di una recessione economica prolungata sarà una ripida diminuzione negli standard di vita e nella crescita della disoccupazione (fino a 200.000 – 400.000 disoccupati nella sola Germania), che porterà all’esodo di manodopera specializzata e di giovani con una solida formazione scolastica. Oggi tale migrazione non può avere altra destinazione che gli Stati Uniti. Ci possiamo aspettare un flusso altrettanto significativo, ma minore di emigranti anche da altre nazioni europee.
Lo scenario che stiamo considerando rafforzerebbe le condizioni economiche degli Stati Uniti indirettamente, ma soprattutto direttamente. Nel breve termine, invertirebbe la tendenza che ci sta portando verso una incipiente recessione e, in aggiunta, consoliderebbe la società americana distraendola dai problemi economici immediati. Questo, a sua volta, ridurrà i rischi elettorali.
Nel medio termine (4-5 anni), i benefici cumulativi della fuga di capitali, del riorientamento dei flussi logistici e della ridotta competizione nelle industrie primarie possono avere un valore di 7-9 trilioni di dollari.
Sfortunatamente anche la Cina trarrà beneficio nel medio termine da questo scenario emergente. Al contempo, la profonda dipendenza politica dell’Europa dagli Stati Uniti ci permetterà di neutralizzare possibili tentativi da parte delle singole nazioni europee di avvicinarsi alla Cina.
[Annunciatore]
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Dalla Casa Bianca e dall’Ufficio del Presidente degli Stati Uniti, presentiamo il discorso di commiato del presidente Eisenhower, il cui mandato durato complessivamente otto anni, finirà a mezzogiorno di venerdì. Eisenhower ha scelto questa opportunità per tenere il suo discorso finale. Signore e signori, il Presidente degli Stati Uniti.
[Dwight Eisenhower]
Buonasera, miei concittadini americani. In primo luogo, vorrei esprimere la mia gratitudine alle reti radiofoniche e televisive per le opportunità che mi hanno dato nel corso degli anni di portare rapporti e messaggi alla nostra nazione. Le ringrazio in modo particolare per l’opportunità di rivolgermi a voi questa sera. Fra tre giorni da oggi, Dopo mezzo secolo al servizio del nostro Paese, lascerò le responsabilità dell’ufficio, trasferendo, in una cerimonia tradizionale e solenne, l’autorità della Presidenza al mio successore. Questa sera vengo da voi con un messaggio di commiato e di saluto, e per condividere con voi, miei concittadini, alcuni pensieri finali.
Come ogni altro cittadino, Auguro al nuovo presidente e a tutti coloro che lavoreranno con lui, buona fortuna. Prego che i prossimi anni siano benedetti con pace e prosperità per tutti. Il nostro popolo si aspetta che il suo presidente e il Congresso trovino un accordo essenziale su questioni di grande importanza, la cui saggia risoluzione, plasmi al meglio il futuro della nazione.
I miei rapporti con il Congresso, che sono cominciati su una base remota e tenue, quando molto tempo fa, un membro del Senato mi nominò all’accademia militare di West Point, hanno da allora spaziato dall’intimo durante la guerra e nell’immediato dopoguerra, a una reciproca dipendenza negli ultimi 8 anni. In questa collaborazione finale, il Congresso e l’amministrazione hanno cooperato bene sulle questioni più vitali, preferendo il bene della nazione, alla semplice partigianeria. E così hanno assicurato che le questioni nazionali progredissero.
Quindi il mio rapporto ufficiale con il Congresso si conclude con un sentimento di gratitudine da parte mia per aver potuto fare così tanto insieme.
Ci troviamo ora dieci anni dopo la metà di un secolo che ha visto Quattro grandi guerre tra grandi nazioni. Tre di queste, hanno coinvolto il nostro stesso Paese. Nonostante questi Olocausti, l’America è oggi la nazione più forte, più influente e più produttiva del mondo. Comprensibilmente orgogliosi di questo primato, ci rendiamo tuttavia conto che la leadership americana in termini di prestigio, dipende, non solo dal nostro ineguagliabile progresso materiale, dalla nostra ricchezza e dalla nostra forza militare, ma anche da come usiamo il nostro potere nell’interesse della pace mondiale e del miglioramento umano.
Durante l’avventura americana nel libero governo, i nostri scopi fondamentali sono stati mantenere la pace, promuovere il progresso nella realizzazione umana, ed accrescere la libertà, la dignità e l’integrità dei popoli e delle nazioni. Un popolo libero e religioso come il nostro, avrebbe trovato indegno lottare per nulla di meno. Qualsiasi insuccesso, riconducibile all’arroganza, oppure alla nostra incomprensione, oppure alla mancanza di disponibilità al sacrificio, ci infliggerebbe un grave dolore. Sia in patria che all’estero. Il progresso verso questi nobili obiettivi è costantemente minacciato dal conflitto, che ora sta travolgendo il mondo. Esige tutta la nostra attenzione, assorbe la nostra stessa essenza. Affrontiamo un’ideologia ostile, Di portata globale, di carattere ateo, spietata negli scopi e insidiosa nei metodi. Purtroppo, il pericolo che rappresenta, promette di essere di durata indefinita. Per affrontarla con successo, c’è bisogno, non tanto dei sacrifici emotivi e transitori di una crisi, ma piuttosto quelli che ci permettono di portare avanti con costanza, sicurezza, e senza lamentele, i fardelli di una lotta lunga e complessa. C’è in gioco la libertà stessa. Solo così rimarremo sulla rotta tracciata verso la pace permanente e il miglioramento umano, nonostante qualsiasi provocazione.
Continueranno ad esserci crisi, grandi o piccole. Nell’affrontarle, a livello nazionale oppure estero, ci sarà la tentazione ricorrente di sentire che qualche azione spettacolare e costosa possa risolvere miracolosamente tutte le difficoltà attuali. Un enorme aumento di nuovi elementi del nostro sistema di difesa, lo sviluppo di programmi irrealistici per curare ogni male in agricoltura, Una drammatica espansione nella ricerca di base e applicata. Queste e molte altre possibilità, ciascuna forse promettente in sé, potranno essere suggerite come l’unico modo per percorrere la strada che desideriamo. Ma ogni proposta andrà soppesata alla luce di una considerazione più ampia, La necessità di mantenere l’equilibrio all’interno e tra i programmi nazionali,
Equilibrio tra economia privata e pubblica, equilibrio tra il costo e i vantaggi sperati, equilibrio tra ciò che è chiaramente necessario e ciò che è comodamente desiderabile, Equilibrio tra le nostre esigenze essenziali come nazione, e i doveri imposti dalla nazione all’individuo, Equilibrio tra le azioni del momento e il benessere nazionale del futuro. Una gestione assennata dovrà cercare un bilanciamento. La sua mancanza, alla fine porterà a squilibrio e frustrazione. La storia di molti decenni, prova che il nostro popolo e il suo governo, hanno, nel complesso, capito queste verità, e vi hanno risposto bene, anche di fronte alla minaccia e allo stress.
Ma sorgono costantemente minacce di nuovo tipo o grado. Ne cito solo due. Un elemento vitale per mantenere la pace è la nostra infrastruttura militare. Le nostre armi devono essere potenti, pronte per un’azione immediata. In modo che nessun potenziale aggressore possa essere tentato di rischiare la propria distruzione. La nostra organizzazione militare odierna, assomiglia assai poco a quella conosciuta da tutti i miei predecessori in tempo di pace, o persino dai combattenti della seconda guerra mondiale, o della guerra di Corea.
Fino all’ultimo dei nostri conflitti mondiali, gli Stati Uniti non avevano un’industria bellica.
I produttori americani di lame per gli aratri erano in grado, col tempo e secondo necessità, di costruire anche spade.
Ma non possiamo più rischiare l’improvvisazione d’emergenza nella Difesa Nazionale. Siamo stati costretti a creare un’industria bellica permanente di vaste proporzioni. A ciò si aggiungono tre milioni e mezzo di uomini e donne direttamente impegnati nel sistema della difesa. Ogni anno spendiamo solo per la sicurezza militare più del reddito netto di tutte le società degli Stati Uniti. Ora, la combinazione di un’immensa infrastruttura militare e di una grande industria bellica, rappresenta una novità nel vissuto americano. La sua complessiva influenza economica, politica, e anche spirituale, si fa sentire in ogni città, ogni parlamento statale, ogni ufficio del governo federale.
Riconosciamo l’assoluta necessità di tale sviluppo, tuttavia non dobbiamo mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. Sono in gioco il nostro lavoro, le nostre risorse e i nostri mezzi di sussistenza, e persino la struttura stessa della nostra società.
Nella gestione del governo, dobbiamo guardarci dall’acquisizione di un’influenza ingiustificata, richiesta o non richiesta, da parte del complesso industriale militare. Esiste e continuerà ad esistere, il potenziale per la disastrosa ascesa di un potere mal riposto. Non dobbiamo mai lasciare che il peso di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà oppure i processi democratici. Non dovremmo dare nulla per scontato. Solo una cittadinanza vigile e informata, può costringere il corretto abbinamento dell’enorme apparato industriale e militare della difesa, con i nostri metodi e obiettivi pacifici, in modo che la sicurezza e la libertà possano prosperare insieme.
La rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni è stata simile in natura, e, in gran parte responsabile, dei radicali cambiamenti nella nostra struttura industriale bellica. In questa rivoluzione, la ricerca è diventata centrale. Diventa anche più formalizzata, complessa e costosa. Una porzione in costante aumento di tale ricerca è condotta dal governo federale, per il governo federale, oppure sotto la sua direzione. Oggi, l’inventore solitario, che armeggia per proprio conto, è stato messo in ombra dalle task force di scienziati che operano in vasti laboratori e siti di prova. Allo stesso modo, la libera università, storicamente sede delle libere idee e della scoperta scientifica, ha vissuto una rivoluzione nella conduzione della ricerca. In parte a causa degli enormi costi coinvolti, Un contratto governativo diventa, virtualmente, un sostituto, per la curiosità intellettuale.
Per ogni lavagna che c’era prima, ora ci sono centinaia di nuovi computer elettronici.
La prospettiva di una dominazione degli studiosi nazionali mediante bandi d’impiego federale, e il potere del denaro, sono fattori sempre più presenti, da considerare seriamente. Tuttavia, pur garantendo alla ricerca e alla scoperta scientifica il rispetto dovuto, dobbiamo anche stare attenti al pericolo uguale ed opposto, che la politica pubblica possa essa stessa diventare prigioniera di un élite scientifica e tecnologica. È compito dello statista modellare, equilibrare ed integrare queste ed altre forze, vecchie e nuove, all’interno dei principi del nostro sistema democratico. Mirando sempre agli obiettivi supremi della nostra società libera.
Un altro fattore nel mantenere l’equilibrio, coinvolge l’elemento del tempo. Mentre scrutiamo il futuro della società, noi, voi ed io, e il nostro governo, dobbiamo evitare l’impulso di vivere solo per l’oggi, saccheggiando per nostra comodità e convenienza, le preziose risorse di domani. Non possiamo ipotecare i beni materiali dei nostri nipoti, senza rischiare la perdita anche del loro patrimonio politico e spirituale. Vogliamo che la democrazia sopravviva per tutte le generazioni a venire, per non diventare il fantasma insolvente di domani.
Durante la lunga corsa della storia che le resta ancora da scrivere, L’America sa che questo nostro mondo, sempre più piccolo, deve evitare di trasformarsi in una comunità spaventosa di paura ed odio, dev’essere invece una fiera confederazione di fiducia e rispetto reciproci. Dev’essere una confederazione di pari. I più deboli devono venire al tavolo della conferenza, con la stessa nostra fiducia, Protetti come siamo, dalla nostra forza morale, economica e militare. Quel tavolo, sebbene segnato da molte frustrazioni passate, non può essere abbandonato in cambio della sicura agonia del campo di battaglia. Il disarmo, con reciproco onore e fiducia, è un imperativo continuo.
Insieme, dobbiamo imparare a comporre le differenze, ma non con le armi, bensì con intelletto e dignitoso proposito. Poiché questo bisogno è così acuto, ed evidente. Confesso di cedere le mie responsabilità ufficiali in questo campo con un netto senso di delusione. In quanto persona che ha assistito all’orrore e alla persistente tristezza della Guerra, che sa che un’altra Guerra potrebbe distruggere completamente la civiltà, costruita tanto lentamente e dolorosamente nel corso di migliaia di anni, Vorrei potervi dire stasera che una pace duratura è in vista.
Fortunatamente, posso dire che la guerra è stata evitata. Sono stati compiuti progressi costanti verso il nostro obiettivo finale, Ma resta ancora tanto da fare.
Come privato cittadino, non smetterò mai di fare quel poco che posso per aiutare il mondo ad avanzare lungo quella strada.
Perciò, in questo mio ultimo commiato, vi ringrazio quale vostro presidente, per le tante opportunità che mi avete dato di offrire il mio servizio per il bene comune, sia in guerra, sia in pace. Confido che in tale servizio troviate alcuni contributi degni. Per quanto riguarda il resto, so che troverete modi per migliorare le prestazioni in futuro. Io e voi, miei concittadini, dobbiamo essere forti nella nostra fede. Affinché tutte le nazioni con la benedizione di Dio raggiungano la meta della pace con Giustizia. Che si possa essere sempre incrollabili nella devozione ai nostri principi. Sicuri di noi, ma al contempo con umiltà nella gestione del potere, e diligenti nel perseguimento dei grandi obiettivi della nazione. A tutti i popoli del mondo, esprimo ancora una volta le nostre aspirazioni incrollabili. Preghiamo che i popoli, e tutte le fedi, tutte le razze, tutte le nazioni, possano soddisfare i loro grandi bisogni umani. Che coloro che ora hanno opportunità, possano godersele appieno. Che tutti coloro che anelano alla libertà possano sperimentarne la benedizione spirituale. Che Coloro che hanno la libertà ne comprendano anche la sua pesante responsabilità. Che tutti coloro che sono insensibili ai bisogni degli altri imparino la carità. E che i flagelli della povertà, della malattia e dell’ignoranza possano scomparire dal mondo. E che a tempo debito, tutti i popoli giungano a vivere insieme, con una pace garantita dalla forza vincolante del rispetto e dell’amore reciproci.
Venerdì a mezzogiorno, diventerò un privato cittadino. Sono orgoglioso di farlo. Non vedo l’ora di farlo.
Grazie e buona notte.
Altre fonti