Le guerre dell’oppio – parte 2 – MN #323

Siamo pronti a continuare una delle serie iniziate in passato, quella delle guerre dell’oppio, che ci aiuterà, credo, a capire meglio la situazione in cui viviamo oggi e quelle che potrebbero essere le direzioni future, anche in ragione delle cose che vi ho recentemente spiegato in termini di nuove strategie sul dollaro, il confronto con la Cina e tanti altri argomenti collegati. Ho aspettato un po’ di tempo per proseguire questa serie a causa di problemi tecnici con la piattaforma di intelligenza artificiale che uso per tradurre i video: questa piattaforma non disponeva più di alcune voci utilizzate nella prima puntata. Non sono quindi in grado di risolvere il problema, ma è il momento di proseguire.

In questo video, in particolare nella seconda puntata, visto che è passato molto tempo, faremo un breve riassunto della puntata precedente e in più vi fornirò alcune prospettive storiche precedenti alla situazione descritta nel video numero uno, che ci fanno capire perché i cinesi fossero così fissati sull’argento e volessero adottare l’argento per la propria economia a tutti i costi. Inoltre, vedremo come l’uso del denaro su carta, del denaro fiat, imposto per decreto governativo, avesse determinato il crollo di diverse dinastie all’interno dell’impero cinese prima della vicenda con gli spagnoli. Comunque, iniziamo con l’epilogo e poi vedremo la parte storica subito dopo. Nel video precedente abbiamo visto che l’impero spagnolo è crollato a causa dell’inflazione dell’oro importato dall’America Latina.

All’epoca, l’oro era una delle monete più importanti e una forma di denaro preponderante, soprattutto in Europa, dove ha permesso l’ascesa di diversi imperi, tra cui quello spagnolo. Tuttavia, anche l’oro, come qualsiasi altra forma di denaro, quando viene inflazionato perde valore. Nel caso degli spagnoli, che avevano invaso l’America Latina e scoperto grandi quantità d’oro accumulate dai nativi dell’America Latina e dagli indiani precolombiani, e che avevano importato queste grandi quantità d’oro in Spagna, l’inflazione che ne era conseguita aveva poi determinato il crollo del loro stesso impero. L’impero cinese, invece, è crollato perché era dipendente da un altro impero, quello spagnolo, per la fornitura della propria moneta, in quel caso l’argento.

Quindi, vediamo che storicamente i cinesi hanno sempre avuto la dipendenza da qualcun altro per la gestione del proprio denaro e, quando questa dipendenza non c’è stata, hanno adottato soluzioni interne che, tuttavia, si sono rivelate all’avanguardia per quanto riguarda i meccanismi finanziari, ma poi disastrose in termini economici generali. I cinesi avevano avuto rapporti difficili con la Spagna, come abbiamo visto ci sono stati degli scontri anche tra le due nazioni, ma la Spagna era comunque un partner e un’alleata che ha aiutato la Cina a risolvere il grave problema monetario interno. Con la fine della guerra ispano-americana, gli Stati Uniti hanno preso il posto della Spagna adottando il dollaro spagnolo e trasformandolo nel dollaro americano. L’espansione americana si è verificata anche a spese della Spagna, che ha perso il Texas, liberatosi dal Messico, la California, sottratta al Messico, e la Florida, ceduta alla Spagna.

Inoltre, gli Stati Uniti hanno costruito il canale di Panama, proiettando la propria influenza in Centroamerica e successivamente in America Latina. Sempre in quel periodo, durante la costruzione del canale di Panama, venne formulata la famosa dottrina Monroe, secondo la quale gli Stati Uniti non avrebbero tollerato influenze straniere nel proprio territorio. Le prime guerre di espansione degli Stati Uniti sono state proprio per liberare e conquistare territori prima occupati dalla Spagna, come Cuba e le Filippine. Nel video precedente avete visto anche che le potenze che hanno umiliato la Cina durante il famoso secolo di umiliazione erano la Russia, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e il Giappone. Nella lista non compare alcun riferimento agli Stati Uniti che, di fatto, avevano aiutato la Cina nella guerra di liberazione dal Giappone e che la Cina ha sempre considerato un partner commerciale.

L’unico caso di guerra diretta tra Stati Uniti e Cina è stata la guerra di Corea, in cui i cinesi sono intervenuti quando la Corea del Nord stava collassando, perché non volevano che gli Stati Uniti arrivassero ai confini della Cina. Un altro caso è stato quello della guerra del Vietnam, in modo indiretto. Ora, vediamo una parte della storia del denaro su carta, del denaro fiat, creato per decreto, che è stato di fatto inventato per la prima volta in Cina, come descritto nel libro “Fiat paper money: the history and evolution of our currency”, che in traduzione significa “il denaro fiat su carta: storia d’evoluzione della nostra valuta”. Questo video vi aiuterà a comprendere meglio le origini del sistema finanziario che utilizziamo anche noi in Occidente oggi, e le sue debolezze e i suoi crolli. Ecco il video.

L’origine storica del denaro fiat e delle banconote

Circa 2000 anni fa, l’imperatore cinese Wu-ti dovette affrontare campagne militari fallimentari e un tesoro vuoto. Per raccogliere fondi, utilizzò il denaro in pelle di cervo. I nobili dovevano acquistare un piccolo pezzo di pelle di cervo ricamato dalla tesoreria imperiale per circa 400 fili di monete di rame (equivalenti a 480 once d’argento) prima di presentarlo come tributo all’imperatore.

L’imperatore Wu-ti, noto anche come imperatore Wu di Han, regnò durante un periodo caratterizzato da una significativa espansione territoriale e da importanti sviluppi culturali. Tuttavia, le sue ambizioni militari portarono spesso a campagne costose che prosciugarono le risorse dell’impero.

Come vediamo l’uso del denaro fiat, ossia basato su un ordine del governo e non ancorato a nessun valore intrinseco come nel caso delle monete d’oro, d’argento o di ferro, è sempre stato abbinato ad esigenze militari.

Consente in fatti di inflazionare rapidamente il denaro in circolazione e spesare le spese militari spesso esorbitanti, trasferendo alle generazioni future il peso di pagare per quel debito.

Rafforza anche l’autorità che il governo esercita sulla popolazione imponendo scelte che devono essere accettate per forza al fine di sostenere la guerra nei confronti di qualche nemico esterno.

Vediamo quindi che il modello che usiamo ancora oggi era già stato sviluppato 2000 anni fa dalla Cina imperiale impegnata in lotte di espansione territoriale, che costituiscono un’altra caratteristica tipica degli imperi.

L’introduzione della moneta in pelle di cervo fu una soluzione creativa per affrontare la crisi finanziaria. Questa forma di moneta non solo contribuì a rimpinguare il tesoro imperiale, ma rafforzò anche la struttura gerarchica della società, obbligando i nobili a dimostrare la loro lealtà e il loro sostegno finanziario attraverso questi costosi tributi.

L’uso della moneta in pelle di cervo esemplifica come già gli antichi governanti impiegassero metodi inconsueti per gestire le crisi economiche. Evidenzia inoltre il ruolo significativo dei gesti simbolici nel mantenere la stabilità e l’autorità politica.

Sebbene questa misura abbia fornito un sollievo temporaneo alle finanze dell’impero, ha sottolineato la continua lotta tra spese militari e sostenibilità economica che molti imperi hanno affrontato nel corso della storia.

La transazione non si limitava ad arricchire le casse dell’imperatore e a confermare la fedeltà di un suddito. La moneta di pelle di cervo era un mezzo di pagamento radicalmente nuovo, che liberava il nobile dal dover scaricare centinaia di monete in presenza dell’imperatore.

Oltre a questa comodità, la pelle stessa assumeva diverse caratteristiche del denaro. Era fatta apposta per rappresentare una particolare unità di valore e poteva essere ottenuta solo dal tesoro reale.

Tuttavia, il denaro in pelle di cervo non era ancora realmente negoziabile. Al termine dell’offerta cerimoniale, la pelle veniva restituita al tesoro per essere riutilizzata in un altro rito di tributo.

Questa bizzarra forma di moneta ebbe vita breve, ma segna la prima forma conosciuta di denaro fiat, vale a dire denaro creato per imposizione del potere politico che governa in una particolare area.

Dopo l’esperimento con le monete in pelle di cervo, i cinesi inventarono un nuovo tipo di denaro destinato a funzioni rituali che chiamarono “carta religiosa”. Iniziarono a usare la “carta religiosa” per rendere omaggio agli antenati defunti invece di usare i tradizionali doni materiali.

Nella cultura cinese, offrire doni materiali agli antenati defunti è una tradizione profondamente radicata che riflette rispetto, gratitudine e la convinzione che gli antenati continuino a influenzare la vita dei loro discendenti.

Le offerte comuni includono cibo, incenso e oggetti simbolici come carta moneta, case e persino beni di lusso fatti di carta. Questi vengono bruciati durante le cerimonie, con la convinzione che gli spiriti degli antenati li ricevano nell’aldilà. L’atto di presentare questi doni è spesso accompagnato da preghiere e rituali, che rafforzano il legame tra i vivi e i defunti.

La carta veniva offerta agli spiriti, di solito bruciandola, anche nella convinzione che potesse avvertire di imminenti disgrazie o calamità.

Un singolo foglietto di carta religiosa poteva rappresentare una grande quantità di tesori.

E poiché era facilmente sacrificabile, la carta divenne rapidamente il sacrificio preferito.

La carta religiosa veniva anche spesso abbinata alle monete. Venivano utilizzate quattro varietà di cartamoneta, corrispondenti all’oro, all’argento, al rame e alla seta.

Questa cartamoneta non circolava come denaro, ma veniva utilizzata esclusivamente per le offerte rituali, tuttavia contribuì a consolidare nelle menti dei cinesi il fatto che la carta potesse rappresentare una forma di denaro al posto del metallo.

Mentre il rame non era facilmente trasmissibile all’altro mondo, bruciare le monete di carta che rappresentavano altrettante monete di rame, era comodo ed efficiente.

Col passare del tempo, i cinesi si abituarono all’idea di usare il denaro su carta anche per le esigenze concrete di tutti i giorni, perché la carta ormai ispirava familiarità e fiducia, due caratteristiche che sono essenziali per qualsiasi forma di denaro.

A partire dal V secolo, in Cina prosperarono tre tipi di istituzioni creditizie: il banco dei pegni, la società cooperativa di prestito e il negozio di denaro.

Queste istituzioni erano una parte familiare e fidata della vita quotidiana e favorivano l’attività commerciale, rendendo il denaro più ampiamente disponibile.

Inoltre, queste istituzioni fornivano il contesto in cui i nuovi strumenti finanziari cartacei potevano circolare.

Il banco dei pegni è la più antica di queste istituzioni, apparsa per la prima volta nei monasteri buddisti come strumento per fornire assistenza finanziaria alla comunità.

I monaci gestivano questi banchi di pegno per sostenere i loro templi e le loro attività caritatevoli.

Offrivano prestiti alle persone bisognose, spesso con tassi di interesse più bassi rispetto agli istituti di credito commerciali.

I fondi generati aiutavano a sostenere le istituzioni religiose e i programmi di assistenza sociale.

Con il tempo, i banchi dei pegni si sono diffusi e sono diventati una risorsa finanziaria essenziale sia per i ricchi che per i poveri.

La loro attività pratica consisteva nel prestare denaro in cambio di rotoli di seta, oggetti domestici, animali o qualsiasi altra cosa di valore.

Come le loro controparti moderne in tutto il mondo, i banchi dei pegni vendevano anche gli oggetti non reclamati in cambio di denaro.

Fornendo questo servizio, i monasteri divennero centri commerciali attivi al servizio di ricchi e poveri.

Nel periodo della dinastia Tang, dal 618 al 906, il governo iniziò ad esercitare una forte influenza, imponendo numerose tasse e regolamenti.

Come conseguenza dell’intervento governativo, i monasteri persero il loro monopolio su questo tipo di attività, e nacquero banchi di pegno privati in tutta la Cina.

Il secondo tipo di istituto di credito era la società cooperativa di prestito.

Le cooperative di prestito nell’antica Cina erano istituzioni finanziarie basate sulla comunità che aiutavano gli individui ad accedere al credito, soprattutto nelle aree rurali.

Queste cooperative operavano sulla base della fiducia reciproca e della responsabilità collettiva, spesso coinvolgendo gruppi di agricoltori, mercanti o artigiani che mettevano in comune le risorse per fornire prestiti ai membri in difficoltà.

Poiché in Cina le famiglie erano multigenerazionali, la messa in comune delle risorse familiari era una struttura naturale di mutuo soccorso.

Queste società applicavano tassi di interesse più bassi rispetto a quelli del banco dei pegni e raramente richiedevano garanzie reali.

La reputazione e la posizione familiare costituivano una garanzia di sicurezza in questa forma di banca.

Le famiglie cinesi coltivavano gelosamente e ampliavano con cura le proprie imprese economiche.

Molti commercianti e mercanti si finanziavano tramite queste società cooperative.

Una forma comune era un tipo di associazione di risparmio e credito a rotazione. I membri contribuivano regolarmente con un importo fisso e ogni ciclo un membro riceveva i fondi messi in comune. Questo sistema assicurava a tutti l’accesso al credito, riducendo al minimo i rischi.

La terza istituzione, quella più vicina al concetto moderno di banca, era il negozio di denaro.

Era semplicemente un luogo dove si acquistavano, vendevano, scambiavano o depositavano denaro e merci.

Nell’antica Cina, i negozi di denaro erano istituzioni finanziarie che facilitavano lo scambio di valuta, i prestiti e i servizi bancari.

Questi negozi sono sorti già durante la dinastia Tang, dal 618 al 907 dopo Cristo, e si sono diffusi durante la dinastia Song dal 960 al 1279 dopo Cristo, quando è stata introdotta la cartamoneta.

Col tempo, le botteghe si trasformarono in rudimentali centri di credito e bancari e la loro influenza crebbe con l’aumentare del volume del commercio.

Quando le forniture governative di monete di rame non riuscivano a soddisfare la domanda, le botteghe del denaro fornivano le proprie alternative.

Le botteghe del denaro funzionavano in modo simile alle banche moderne, consentendo a mercanti e viaggiatori di cambiare diverse forme di valuta, di depositare denaro per la custodia e persino di ottenere prestiti.

Alcuni erano di proprietà privata, mentre altri erano gestiti dai monasteri buddisti, che fornivano servizi finanziari con tassi di interesse più bassi.

Per un certo periodo, per le transazioni di grande valore, si usarono rotoli di stoffa di seta al posto della carta.

In seguito, la preferenza per le transazioni di grande valore andò all’argento.

Poiché all’epoca il governo non coniava monete d’argento, la produzione, il prezzo e la circolazione di questo metallo rimasero in mani private, con l’intermediazione delle botteghe del denaro.

Le botteghe del denaro erano preziose per i mercanti che gestivano grandi somme e conducevano affari su grandi distanze.

Offrivano una varietà di servizi, tra cui il deposito e la convertibilità tra monete d’argento, merci e contanti, dietro pagamento di una piccola somma.

Ma la cosa più importante fu l’innovazione portata dall’invenzione delle cambiali cartacee e dei buoni per le merci.

Le cambiali erano obbligazioni scritte che impegnavano il debitore a pagare una somma di denaro, spesso riscattabile presso un altro negozio di denaro.

Il secondo era un documento negoziabile che rappresentava merci appartenenti a un mercante oppure a un agricoltore.

Questi documenti divennero un modo popolare per trasferire la ricchezza, senza dover trasferire le merci stesse.

Ritroviamo questi meccanismi nel mondo Occidentale ancora oggi, risolvono il problema della sicurezza nel trasferire grandi somme su lunghe distanze e la complicazione dello scambiare grandi quantità di merci.

Invece di muovere le merci, basta compensarne il valore e riportare la differenza su un nuovo documento di carta.

Fintanto che rimane onesto, questo sistema contribuisce a rendere più semplice e veloce la consegna di prodotti e servizi, e aumenta la sicurezza del denaro.

Proprio questa flessibilità e velocità del trasferimento ha favorito, in tempi moderni, la sostituzione dell’oro e dell’argento con la carta che, in origine, rappresentava una quantità definita di oro ed argento.

Nell’antica Cina, questi strumenti ebbero talmente successo che persino il governo iniziò a utilizzarli.

Tuttavia, i buoni e le cambiali presentavano delle limitazioni specifiche.

Il riscatto era soggetto a condizioni contrattuali, come una determinata quantità di merci o una data di scadenza.

Nello stesso periodo, mentre le persone stavano familiarizzando con il concetto di credito, scoprirono l’utilità della carta come mezzo per trasferire beni o esprimere un obbligo finanziario.

La fiducia necessaria per rendere la carta accettabile al posto della moneta fu resa possibile grazie al fondamentale ruolo svolto dagli istituti di credito.

Nel 750 dopo Cristo, dalle prime obbligazioni cartacee delle botteghe del denaro stava emergendo un nuovo tipo di denaro: la cambiale negoziabile, che veniva emessa in banconote.

Destinata all’uso su grandi distanze, era conosciuta come fei-ch’ien, che significa “denaro volante”.

Il Fei-Ch’ien, o “denaro volante”, era una prima forma di transazione finanziaria utilizzata nella Cina della dinastia Tang per facilitare il commercio a lunga distanza senza trasportare fisicamente il contante.

I mercanti depositavano il denaro presso un agente di fiducia in una città, il quale emetteva un certificato o una banconota che poteva essere riscattata da un agente di controparte in un’altra località.

Questo sistema riduceva il rischio di furti e rendeva il commercio più efficiente.

In seguito, il governo adottò i Fei-Ch’ien per la riscossione delle imposte, consentendo ai funzionari di trasferire fondi a grandi distanze senza spostare la valuta fisica.

Funzionava in modo simile ai moderni sistemi bancari, basandosi però su reti di fiducia piuttosto che su contratti formali.

I mercanti di tè utilizzavano il denaro volante con grande vantaggio, in quanto facilitava gli scambi commerciali nella loro rete capillare.

I mercanti portavano il tè per venderlo nella loro capitale provinciale. Tutto ciò che guadagnavano veniva depositato presso un negozio di moneta in cambio di fei-ch’ien, pagando una piccola commissione.

Una volta tornati a casa, i commercianti trasformavano la carta moneta in contanti metallici presso un altro negozio di cambio valuta.

Il viaggio di ritorno era molto più sicuro e comodo dovendo portare con sé solo fogli di carta invece di una grande quantità di monete di metallo che chiunque avrebbe potuto rubare e spendere a proprio piacimento.

Chiunque poteva trasferire denaro con questo metodo che, nel X secolo, era ben conosciuto e utilizzato in tutta la Cina.

Il sistema fei-ch’ien era utile anche al governo. L’imperatore scoprì presto che era un ottimo modo per riscuotere le tasse dalle province.

Gli esattori governativi emettevano certificati o banconote ai contribuenti, che potevano poi essere riscossi in luoghi designati.

In questo modo si riduceva il rischio di furti e si rendeva più efficiente la riscossione delle imposte.

Il sistema si affidava a intermediari di fiducia che assicuravano il corretto trasferimento dei fondi tra le regioni.

A quel tempo, alcune tasse venivano pagate in natura (grano, bestiame, cavalli), ma la maggior parte veniva pagata in denaro.

Il sistema fei-ch’ien rese tutto più semplice. Le autorità provinciali istituirono degli uffici di collegamento nella capitale per accettare i fei-ch’ien emessi nelle province.

In questo modo, un contadino poteva “spostare” i suoi contanti dalla provincia alla capitale e pagare le tasse senza rischi o disagi.

Sebbene si trattasse solo di uno strumento di credito cartaceo, il fei-ch’ien era accettato ovunque come denaro.

Il denaro vero, sotto forma di cordoni di monete oppure altre vaste quantità di metallo, veniva depositato presso i mercanti che emettevano il denaro volante che sarebbe poi stato riscattabile per la stessa quantità di monete in un altro posto.

Questo sistema di convertibilità era così diffuso che, alla fine, il governo decise di assumerne il controllo.

Il fei-ch’ien privato fu proibito. Il controllo statale garantiva una maggiore efficienza e, allo stesso tempo, estendeva l’influenza del governo nel settore finanziario e commerciale.

Tuttavia, anche questo sistema aveva dei limiti.

Nel 812, il governo aumentò la tassa sul “denaro volante” dal 3 al 10%.

I mercanti, indignati, smisero di usare il sistema e tornarono a trasferire contanti o argento in modo fisico.

La tariffa originale fu quindi rapidamente ripristinata. La dinastia successiva, i Sung, applicò la stessa tariffa del tre per cento attraverso una nuova agenzia governativa, l’Ufficio del Credito di Cassa.

Come vediamo anche in questo caso, qualsiasi nuova forma di denaro viene inizialmente inventata dal settore privato per risolvere qualche specifico problema commerciale.

Il sistema rimane efficiente nella misura in cui i suoi gestori privati rimangono onesti e conservano la fiducia delle persone.

Prima o poi il governo interviene per monopolizzare la gestione del denaro e, invariabilmente, lo corrompe distruggendo la fiducia della gente, il valore del denaro e il sistema di governo stesso.

Nell’antica Cina vediamo infatti l’avvicendarsi di diverse dinastie proprio in corrispondenza con la corruzione del denaro monopolizzato dallo stato.

E ora vediamo com’è nato il primo vero denaro su carta.

La prima cartamoneta di uso generale apparve a Szechwan, una provincia della Cina sud-occidentale. Per la prima volta, le banconote di carta divennero comuni tra la gente comune. Durante l’XI secolo, Szechwan dovette affrontare una carenza del rame utilizzato per le monete del tempo.

Inizialmente il governo provò a utilizzare monete di ferro, che erano abbondanti ma molto meno preziose del rame.

Ufficialmente, una moneta di rame valeva tre monete di ferro, ma il valore del ferro era in realtà circa un nono di quello del rame.

Ciò significava che gli acquirenti dovevano utilizzare un numero di monete di ferro circa nove volte superiore.

L’inconveniente portò a un diffuso malcontento e le transazioni quotidiane divennero impraticabili.

Ad esempio, per acquistare una libbra di sale era necessario trasportare una libbra e mezza di ferro, mentre per incassare l’equivalente di un’oncia d’argento, vale a dire 28 grammi d’argento, bisognava ricevere 41 chili di monete di ferro.

Per risolvere questi problemi, il governo iniziò a emettere cartamoneta come alternativa.

L’iniziativa fu presa da alcune case mercantili cinesi che si trasformarono in una sorta di banca per agevolare le loro stesse transazioni.

Queste prime banconote, conosciute come “jiaozi”, erano inizialmente sostenute da depositi di ferro e altri metalli.

Tale innovazione fornì un mezzo di transazione comodo ed efficiente, riducendo significativamente l’ingombro e il peso che commercianti e consumatori dovevano portare con sé.

Il successo della cartamoneta a Szechwan creò un precedente che si diffuse in altre regioni della Cina e anche oltre i confini cinesi.

L’iniziativa fece capo a 16 mercanti cinesi che coordinarono l’emissione delle monete per tutta la nazione.

Questo ci dimostra che la cartamoneta non deve necessariamente essere prodotta dallo stato e che l’emissione di qualsiasi forma di nuova moneta avviene spesso per iniziativa privata.

Lo stato interviene solo in un secondo momento e può decidere se monopolizzarla o meno.

Un modello simile lo ritroviamo anche negli Stati Uniti nel 1800 quando la totalità della carta moneta veniva emessa da banche private, mentre lo stato emetteva solo monete d’oro e d’argento.

Tornando alla Cina, che rappresenta l’origine di molte delle tecniche monetarie e finanziarie che sono poi state esportate in Occidente, vediamo che, nel corso del tempo, la produzione e la regolamentazione della cartamoneta si erano evolute, incorporando varie caratteristiche di sicurezza per prevenire la contraffazione.

L’introduzione della cartamoneta ebbe anche un profondo impatto economico.

Facilitò gli scambi e il commercio su larga scala, consentendo transazioni finanziarie più complesse e stimolando la crescita economica.

Con l’accettazione del concetto di cartamoneta, si gettarono le basi dei moderni sistemi bancari e delle politiche monetarie moderne.

Il passaggio dalle monete di metallo alla cartamoneta segnò una tappa significativa nella storia dell’economia.

Le persone cominciarono a depositare le loro monete di ferro nelle botteghe del denaro e a scambiarsi le ricevute dei depositi per concludere affari.

Nel 1011, sedici case mercantili, abituate a onorare le reciproche ricevute, collaborarono per creare una banconota di carta che avesse valore uniforme in tutto l’impero.

Le banconote erano denominate sulla base dei contanti di ferro depositati presso una delle case che funzionavano come banche in forma embrionale.

In genere il valore era di una stringa di monete di ferro per ciascuna banconota.

Chiamate chiao-tzu (mezzo di scambio), queste banconote erano stampate in blocco con disegni diversi e includevano un marchio nascosto per identificare l’emittente.

Questa pratica formalizzò a beneficio della popolazione generale ciò che era già prassi comune tra gli uomini d’affari.

Le nuove banconote di carta costituivano un mezzo di scambio standard e conveniente, essendo denominate in monete contanti e ampiamente accettate.

A differenza dei buoni merce, che potevano essere riscattati in cambio di beni come il tè, la cartamoneta era riscattabile in contanti, comunemente utilizzati da tutti.

L’introduzione di queste banconote di carta rappresentò un’innovazione significativa nel sistema monetario, consentendo transazioni più rapide e sicure.

Per i mercanti e per i commercianti fu più facile condurre operazioni commerciali su larga scala senza dover trasportare fisicamente il pesante denaro di ferro.

Tuttavia, i mercanti emittenti non erano sempre affidabili.

La sovra emissione di banconote, che non erano sostenute da corrispondenti monete di ferro, divenne un problema cronico, portando al fallimento di diversi negozi e lasciando i depositanti in perdita.

Anche nei negozi rimasti operativi, i clienti spesso non riuscivano a recuperare tutti i loro depositi.

La reputazione dei sedici mercanti cinesi che avevano dato vita a questo sistema diminuì a mano a mano che si diffondeva la notizia delle carenze finanziarie.

La sfiducia nel sistema di emissione delle banconote creò una diffusa incertezza economica, che colpì sia i piccoli commercianti che le grandi imprese.

Molte persone persero i risparmi di una vita e ci furono casi di protesta da parte dell’opinione pubblica che chiedeva l’uso di regolamenti più severi e responsabilità da parte delle case mercantili.

Inoltre, l’affidabilità della moneta di ferro come mezzo di scambio diminuì a causa dei frequenti cambiamenti nella sua valutazione da parte dello Stato, rendendo necessari continui aggiustamenti alla moneta cartacea che dipendeva da essa.

Nel 1022, la fiducia nelle banconote e nelle monete di ferro era diminuita al punto da indurre le autorità governative a chiudere le botteghe private che emettevano le banconote.

L’intervento del governo evidenziò come, a mano a mano che un sistema monetario degrada in ragione di pratiche truffaldine, come l’emissione di cartamoneta in misura superiore alla disponibilità di effettive monete nei propri depositi, il controllo del denaro passa nelle mani dello stato che impone una serie di regole che generano un sistema finanziario molto più regolamentato e all’apparenza più stabile.

Lo stato entra quindi in gioco in risposta al crollo del sistema delle banconote private e replica gli stessi meccanismi inflazionari a livello statale.

Nel caso cinese, le autorità iniziarono a studiare forme alternative di moneta al fine di garantire la stabilità e promuovere la fiducia del pubblico.

Questo periodo ha segnato un momento critico nell’evoluzione delle politiche monetarie, sottolineando la complessità di bilanciare l’innovazione con la supervisione normativa.

Gli studiosi non sono concordi nel definire il fattore principale responsabile del fallimento dei sedici mercanti. Una prospettiva attribuisce il fallimento direttamente ai mercanti.

Le sedici case mercantili ufficialmente riconosciute emisero grandi quantità di cartamoneta, ma intorno al 1022 questo sistema collassò a causa di abusi.

L’incapacità dei mercanti di gestire l’emissione in modo prudente portò a un eccesso di offerta di cartamoneta, con conseguente inflazione e svalutazione.

Per evitare una recessione economica potenzialmente disastrosa, il governo intervenne assumendo la responsabilità della cartamoneta.

L’intervento fu considerato necessario per stabilizzare l’economia e ripristinare la fiducia nel sistema monetario.

Una prospettiva alternativa attribuisce invece la responsabilità alle politiche economiche errate del governo e alla manipolazione della moneta da parte del governo stesso.

È probabile che le difficoltà siano sorte più a causa della continua rivalutazione della moneta di ferro da parte dello Stato che non a causa di una cattiva condotta da parte dei mercanti.

I frequenti aggiustamenti del governo al valore della moneta di ferro crearono instabilità e incertezza, aggravando la situazione.

Quindi, come avviene sempre, il governo si propone come soluzione per un problema che esso stesso ha creato e subentra nella gestione diretta del denaro che nasce sempre, in origine, come iniziativa privata e locale.

In ogni caso, la fiducia del pubblico nelle banconote dei mercanti si erose proprio quando la società stava diventando sempre più dipendente dalle stesse.

L’urgente bisogno di denaro affidabile e conveniente minacciava di scatenare una crisi economica, tanto da indurre la formazione di una commissione imperiale composta da un avvocato, un commissario dei trasporti e un giudice provinciale per affrontare il problema della cartamoneta.

Le loro raccomandazioni furono approvate e lo Stato, che aveva detenuto il monopolio della moneta per almeno 1.000 anni, estese il suo controllo alla cartamoneta.

Ai commercianti fu vietato di emettere banconote.

Il 12 gennaio 1024, la corte Sung diede ordine alla tesoreria imperiale di emettere cartamoneta nazionale per la circolazione generale.

Questa decisione segnò un cambiamento significativo nella politica monetaria, riflettendo l’immancabile desiderio da parte del governo di forzare un approccio centralizzato e regolamentato all’emissione di moneta.

Il 3 aprile 1024, la tesoreria imperiale Sung iniziò a stampare e a far circolare banconote chiao-tzu nella provincia di Szechwan.

Queste banconote avevano un valore nominale che andava da una a dieci stringhe di rame in contanti.

La nuova moneta doveva circolare per tre anni prima di essere riscattata in monete o convertita in nuove banconote, quindi si introdusse già allora il concetto di vincolo temporale nell’uso del denaro che oggi vediamo ripetuto da governo cinese nello yuan digitale: la Central Bank Digital Currency cinese in corso in questo momento.

Nel 1024, furono anche emanate leggi per regolare le modalità e la quantità di banconote stampate, assicurando che l’offerta di cartamoneta rimanesse coerente con le esigenze economiche.

L’introduzione delle banconote chiao-tzu rappresentò un momento cruciale nella storia della moneta.

Non solo affrontò le sfide economiche immediate, ma gettò anche le basi per gli sviluppi futuri dell’uso della cartamoneta.

Le azioni del governo sottolinearono l’importanza di mantenere la fiducia del pubblico nel sistema monetario e la necessità di adattarsi alle mutevoli condizioni economiche.

Centralizzando l’emissione e la regolamentazione della cartamoneta, il governo Sung cercò di creare un ambiente finanziario più stabile e affidabile.

In conclusione, il dibattito sul fallimento dei sedici mercanti evidenzia la complessa interazione tra impresa privata e politica governativa nel campo della gestione della moneta.

Com’era inevitabile, i burocrati furono grandi sostenitori della cartamoneta nazionale e, nel 1077, Shen Kua, ministro delle finanze, spiegò all’imperatore come l’economia avrebbe tratto grande vantaggio da una maggiore circolazione di denaro.

Seguendo queste teorie, il Tesoro decise di aumentare la circolazione del denaro stampando una grande quantità di banconote.

Tali banconote erano considerate equivalenti o superiori alle monete in contanti.

Prevedendo rimborsi poco frequenti, il Tesoro mantenne solo circa il 29% delle monete metalliche necessarie per sostenere l’emissione delle nuove banconote.

Vediamo quindi il governo ripetere lo stesso errore commesso in origine dai mercanti e che costituisce il modello di riferimento per il moderno sistema bancario a riserva frazionaria, dove ciascuna banca conserva solo una piccola frazione dei soldi che le sono stati affidati.

Nel caso del governo cinese dell’epoca, solo un terzo della cartamoneta in circolazione poteva effettivamente essere convertita in monete sonanti.

A mano a mano che il nuovo sistema monetario acquisiva fiducia della popolazione, la nazione sperimentava una crescita economica.

A Szechwan e dintorni, le banconote chiao-tzu divennero ampiamente utilizzate per l’acquisto di beni, terreni e abitazioni.

Il governo aveva altri incentivi a emettere cartamoneta.

La riscossione delle tasse in moneta contante era laboriosa e costosa.

Le nuove banconote semplificarono questo processo e stimolarono l’attività commerciale, aumentando le entrate dello Stato.

La nuova ricchezza offriva ulteriori opportunità di tassazione.

Il governo traeva vantaggio anche dal controllo sull’emissione della moneta: poteva stabilire il valore iniziale delle banconote, stamparne altre se necessario e riscuotere le tasse risultanti.

Con una popolarità crescente ogni anno, le banconote chiao-tzu furono introdotte in altre aree dell’impero.

Approfondendo ulteriormente i vantaggi della cartamoneta nazionale, si scopre che queste banconote facilitavano il commercio su una scala molto più ampia rispetto al passato.

Per i mercanti era più facile trasportare e scambiare le banconote di carta rispetto alle pesanti e ingombranti monete di ferro o di rame.

Questa comodità contribuì all’espansione delle reti commerciali nazionali e internazionali.

Inoltre, la cartamoneta permise al governo una maggiore flessibilità nella gestione dell’economia.

Nei periodi di recessione economica, la possibilità di stampare più banconote permetteva al governo di immettere liquidità nel mercato, stabilizzando potenzialmente prezzi e salari.

Viceversa, il governo poteva anche limitare l’emissione di banconote per contenere l’inflazione nei periodi di eccessiva crescita economica.

Un altro vantaggio significativo è stata la riduzione dei rischi di contraffazione.

Il Tesoro attuò misure rigorose per garantire la sicurezza e l’autenticità delle banconote chiao-tzu, tra cui l’uso di disegni unici nel loro genere, tecniche di stampa sofisticate e sigilli ufficiali.

Queste precauzioni resero difficile per i falsari replicare accuratamente le banconote.

L’introduzione della cartamoneta portò anche a progressi nel settore finanziario.

Cominciarono ad emergere banche e altre istituzioni finanziarie che offrivano servizi come il cambio di banconote, prestiti e opportunità di investimento.

Questa infrastruttura finanziaria sostenne ulteriormente lo sviluppo economico e incoraggiò l’innovazione all’interno dell’impero.

L’adozione di un sistema nazionale di cartamoneta segnò un punto cruciale nella storia economica, creando un precedente per le politiche e le pratiche monetarie future.

Dimostrò il potenziale della cartamoneta nel migliorare la stabilità economica, promuovere il commercio e sostenere le strategie fiscali dei governi, ma al tempo stesso introdusse distorsioni nell’economia che venivano generate dallo stato medesimo.

Esaminando il contesto storico e le implicazioni della cartamoneta nell’XI secolo, possiamo trarre preziose indicazioni sull’evoluzione dei moderni sistemi finanziari e sul ruolo del governo nella gestione economica.

Il governo traeva vantaggio dal suo diritto di emettere e controllare la moneta stabilendo il valore iniziale delle banconote, stampandone altre quando necessario e riscuotendo le tasse risultanti.

Il chiao-tzu divenne sempre più popolare ogni anno, portando alla sua introduzione in altre regioni dell’impero.

Inizialmente, le banconote di carta venivano stampate utilizzando xilografie intagliate e inchiostrate a mano.

Questo metodo richiedeva molte xilografie per produrre una grande quantità di banconote, poiché i blocchi di legno si consumavano rapidamente.

La mancanza di uniformità rendeva difficile individuare le contraffazioni. Alla fine i funzionari passarono dal legno alle lastre di bronzo.

Esistono pochi riferimenti all’uso di queste lastre e poco si sa sui metodi di stampa effettivi.

È possibile che sia stata sviluppata una qualche forma di macchina da stampa.

Indipendentemente dal fatto che fosse stampata a mano o meccanicamente, l’uniformità della carta moneta stupì i primi viaggiatori europei, che spesso la descrissero nei loro resoconti.

Il chiao-tzu mantenne il suo valore per sette decenni e fu considerato un successo economico.

Tuttavia, le banconote non furono ritirate come previsto.

Il Tesoro iniziò a emettere serie su serie di banconote senza rispettare i controlli normativi, mentre le riserve di monete rimasero invariate.

Lo Stato si affidò sempre più alla cartamoneta per far fronte ai propri obblighi.

Entro il primo decennio del XII secolo, circolavano banconote per oltre 20 volte l’importo autorizzato a partire dal 1024, causando un rapido aumento dei prezzi di beni e servizi.

La stabilità e la ricchezza associate ai primi tempi del chiao-tzu stavano diminuendo.

Come se non bastasse, i Tartari Chin attaccarono l’Impero Sung da nord-est (l’attuale Manciuria).

Per coprire le spese di guerra, il governo Sung stampò altra cartamoneta, aggravando l’inflazione.

La fiducia nella moneta si deteriorò. Nonostante l’emanazione di leggi anti-inflazione, era ormai troppo tardi.

Senza fondi adeguati per sostenere lo sforzo bellico, l’Impero Sung cedette la sua regione settentrionale ai Chin nel 1127.

La classe dirigente si trasferì a sud, spostando la capitale da Kaifeng a Hangchow, con la conseguente divisione della Cina tra l’Impero Chin e l’Impero Sung meridionale.

L’adozione e le successive problematiche legate al chiao-tzu forniscono preziose indicazioni sulla politica monetaria e sulla gestione economica fin dalle sue origini.

Il processo di transizione dal legno alle piastre di bronzo segnò un significativo progresso tecnologico, riflettendo i continui sforzi per migliorare la durata e l’uniformità della moneta.

Questa innovazione ha probabilmente facilitato una produzione e una distribuzione più efficiente della cartamoneta in tutto l’impero.

Inoltre, il successo iniziale del chiao-tzu dimostrò i potenziali benefici di un sistema monetario cartaceo ben regolamentato, in grado di migliorare il commercio e la stabilità economica.

Tuttavia, la caduta finale del chiao-tzu ha messo in luce l’importanza cruciale di mantenere un rigido controllo normativo e di evitare un’eccessiva emissione di moneta.

L’esperienza dell’Impero Sung serve da monito, sottolineando il delicato equilibrio necessario per sostenere un’economia stabile e prospera.

In un’ottica storica più ampia, l’esperimento dell’Impero Sung con la cartamoneta ha influenzato i successivi sviluppi dei sistemi finanziari globali.

Il concetto di moneta fiat, che deriva il suo valore dalla regolamentazione governativa piuttosto che dal valore intrinseco, può risalire a questo periodo.

A mano a mano che altre civiltà hanno imparato dai successi e dai fallimenti dei chiao-tzu, hanno adattato e perfezionato i propri approcci alla politica monetaria, contribuendo all’evoluzione delle pratiche economiche moderne.

In ogni caso, l’uso di una moneta fiat si traduce sempre e invariabilmente nell’abuso da parte dello stato e di attori privati che possono controllarne l’emissione e nel collasso della moneta stessa e della nazione che la usa.

La comprensione del contesto storico e delle implicazioni più ampie del chiao-tzu consente di apprezzare maggiormente la complessità delle prime innovazioni economiche. Sottolinea l’interazione dinamica tra progressi tecnologici, politiche governative e impatti sociali che continuano a plasmare i nostri sistemi finanziari oggi e a renderli intrinsecamente fragili e instabili.

Nel tempo le nazioni che hanno avuto maggiore successo in Occidente, come l’Impero Spagnolo e l’Impero Britannico, hanno basato la propria fortuna sull’uso di denaro sonante come l’oro e l’argento e sull’impiego di tecnologie che ne facilitassero la trasmissione, spesso basate su cartamoneta emessa dalle banche, commerciali o centrali.

Questi imperi sono crollati quando hanno abusato del denaro da loro stesse emesso.

La corsa della Cina verso l’argento, come presentato nella prima puntata di questa serie, mirava proprio ad eliminare il problema della cartamoneta e ad ovviare alla scomodità del rame e del ferro.

Ma, col tempo, il peso e la complessità di scambiare grandi quantità di metalli preziosi hanno fatto in modo che l’argento venisse sostituito dall’oro il che determinò il fallimento definitivo delle nazioni che erano rimaste ancorate all’argento come la Cina e l’India.

Il problema si è ripetuto con l’oro a partire dal secolo scorso, che è stato sostituito dal dollaro molto più facile da scambiare e veicolare, ma anche molto facile da inflazionare.

Oggi il sistema monetario mondiale ha raggiunto una situazione di instabilità e sfiducia globale simile a quella dell’impero Sung nella sua fase calante e richiede lo sviluppo di nuove tecnologie monetarie che impongano un limite sull’emissione del denaro che non possa essere scavalcato né dai governi né dalle banche, ma che consenta comunque transazioni veloci e facile portabilità come nel caso di Bitcoin.

Roberto Mazzoni

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