Siamo arrivati alla nuova puntata dedicata alla guerra dell’oppio. Abbiamo deciso di realizzare questa serie perché la storia delle relazioni commerciali tra la Cina e l’Occidente è fondamentale per comprendere la realtà odierna e le possibili evoluzioni future delle trattative tra Stati Uniti, Europa e Cina. In questa puntata vedremo nuove informazioni e ripasseremo alcuni concetti fondamentali. Innanzitutto, voglio ringraziare tutti coloro che hanno donato, in particolare Marco e Lucia, che sono stati estremamente generosi. Ora riprendiamo da dove ci eravamo interrotti e torniamo al libro di Ralph Foster “Fiat Paper Money – The History and Evolution of Our Currency”, che in italiano significa “Il denaro fiat su carta – Storia d’evoluzione della nostra valuta”.
L’abbiamo utilizzato per descrivere l’evoluzione della carta moneta sin dalle sue origini, nate in Cina, e attraverso le varie dinastie. Ora ho recuperato dal libro un paragrafo, una serie di paragrafi, che riassumono quello che abbiamo visto finora e ve li rileggo esattamente come sono nel libro. Nel corso di 600 anni, cinque dinastie hanno adottato la carta moneta e tutte e cinque hanno fatto frequente ricorso alla stampa per risolvere i propri problemi. Stiamo naturalmente parlando delle dinastie cinesi. Ne sono seguite inevitabilmente catastrofi economiche e caos politico. Più volte i funzionari si sono rivolti alla carta moneta per ottenere liquidità immediata e trasferire la ricchezza. Ma le sue virtù apparenti non riuscirono a resistere alla sua tragica eredità. Coloro che la tenevano come riserva di valore scoprirono che, con il tempo, tutto ciò che possedevano erano pezzi di carta senza valore.
Per riepilogare questi concetti, prima di passare alla terza parte del nostro documentario, vi propongo il contributo di un politico e giornalista britannico. Poiché la serie si concentra sui rapporti tra Gran Bretagna e Cina, ho pensato che la voce di un britannico potesse essere pertinente. Si chiama Jacob Rees-Mogg, è stato presentatore di GB News, quindi è un giornalista, ma è anche uno scrittore, storico, cattolico e di orientamento conservatore. È stato anche un politico, assessore del governo locale. Ed ecco il suo video.
[Jacob Rees-Mogg]
Abbiamo notizia che la Banca d’Inghilterra sta considerando di ridisegnare le proprie banconote, che le renderà più moderne, più rilevanti, che sta facendo una consultazione e le possiamo scrivere per dire che non vogliamo più quelle noiose figure della storia, le figure di quelle persone incredibili che hanno reso grande la nostra nazione. Si può scrivere che, invece, vogliamo avere qualcosa di più moderno, di più all’avanguardia, qualcosa di molto più eccitante, magari un ponte verso la moda delle banconote europee, che non sono così noiose. La cosa mi ha fatto pensare al valore del denaro e a come funziona. Un argomento a cui ho pensato spesso perché mio padre ha scritto un libro negli anni ’70, quando l’inflazione era alta, intitolato “The Reigning Error”, vale a dire “L’errore imperante”, in cui spiegava come l’oro fornisse valore e come le valute di carta non ne fornissero. Il che, ovviamente, è vero.
La prima valuta cartacea conosciuta nella storia che sia stata approvata da un governo risale alla dinastia Sung, in Cina. Giusto per fare un paragone a beneficio degli ascoltatori inglesi, quello era il tempo in cui Re Canuto regnava in Inghilterra. Infatti, nel 1024, Canuto diventava re d’Inghilterra e nel 1016, la Cina emetteva già la prima carta moneta. Alla fine, quel denaro perse tutto il suo valore. E questo è accaduto a tutte le valute su carta che siano mai state emesse. E gli inglesi ne hanno seguito l’esempio un po’ più tardi. Siamo arrivati alla valuta cartacea solo nel 1694, quando la Banca d’Inghilterra emise le sue prime banconote. Ma la vera moneta su carta arrivò solo nel 1759, quando c’era carenza di oro. E da allora in poi, abbiamo visto il denaro su carta entrare ed uscire di scena, ma, normalmente fino al 1914, era comunque convertibile in oro. Dal 1660, anno del glorioso ritorno di Carlo II, fino al 1914, il potere d’acquisto di una sterlina è rimasto quasi esattamente lo stesso. Anzi, in effetti, è aumentato molto leggermente. In quel periodo, in Inghilterra, l’oro è rimasto una solida riserva di valore, oltre che un mezzo di scambio.
Questi sono i due aspetti che una valuta deve avere. Il ruolo di mezzo di scambio è facile da capire. Accetti le monete quando vendi i tuoi beni o servizi. I negozianti, a loro volta, le accettano. Lo scambio è davvero facile in termini di utilizzo del denaro. E sai che se lo fai in una transazione elettronica, una transazione con carta di credito, alla fine potrai ottenere i contanti da una banca, se è quello che vuoi. Potrai ottenerli nella forma di banconote. La seconda questione, la riserva di valore, è più difficile da descrivere. Le valute cartacee non hanno mai fornito una riserva di valore. Hanno sempre portato all’inflazione. E l’inflazione è un altro mezzo di tassazione, perché il governo emette i suoi obblighi di debito nella propria valuta. E poiché il valore di quella valuta diminuisce, li ripaga in denaro che vale meno. Ed è una tassa che ricade sulle persone che possiedono titoli di stato, che nel caso di questo paese si chiamano Gilt, ma ricade anche sulle persone con redditi fissi per altri motivi. Infatti, le pensioni che non vengono aumentate perdono valore con l’inflazione. Quindi le valute cartacee non sono una buona riserva di valore. Ora, in che modo questo si collega a ciò che sta facendo la Banca d’Inghilterra?
Ebbene, la Banca d’Inghilterra sta commettendo un errore fondamentale nel ridisegnare la sua moneta. Perché il modo per preservare il valore è creare l’illusione che esista. Ho qui un paio di monete che sono affascinanti da guardare. Ho una moneta da una sterlina, una di quelle a più facce che sono state prodotte di recente con la testa della defunta regina. Dice che vale una sterlina. Ha un bordo fresato. Il bordo fresato è interessante perché impedisce la rimozione di porzioni della moneta mediante taglio o limatura. Poiché il metallo di base in questa particolare moneta non vale nulla, limare la moneta non sarebbe di alcuna utilità, ma sarebbe invece utile con una moneta d’oro. Dunque, è affascinante notare che questa moneta recente sembra molto, molto simile a questa moneta più vecchia. Ora questa seconda moneta è una sovrana d’oro coniata nel 1976, durante il regno della defunta Regina.
Queste monete d’oro vengono coniate quasi tutti gli anni e vendute dalla Zecca Reale. Sono disponibili per i collezionisti. Questa moneta d’oro, dal 1660 al 1914, conteneva una quantità d’oro corrispondente al valore di una sterlina. Ora vale 575 sterline. Nel 1914, prima della Prima Guerra Mondiale, avreste potuto entrare in una banca con una banconota in mano e chiedere che la vostra banconota venisse convertita in monete d’oro e vi avrebbero puntualmente consegnato le monete d’oro, magari nel corso della stessa giornata. Se preferite usare le monete al posto delle banconote, ancora oggi potete andare alla Banca d’Inghilterra e chiedere che ve le convertano, ma vi consegnerebbero questa nuova moneta di metallo comune che non ha alcun valore intrinseco. Ma guardate le due monete una di fianco all’altra. La testa della regina è molto simile. Quella alla mia destra è la testa della regina nella moneta precedente, quella alla mia sinistra è la testa sulla moneta più recente. Le dimensioni sono molto simili, praticamente corrispondono.
Lo spessore è un po’ diverso. La moneta d’oro è un po’ più sottile rispetto alla moneta moderna. Ma sono progettate per avere lo stesso aspetto, per creare quell’illusione di continuità e di conservazione del valore. Ed è per questo che le banconote hanno sempre riportato le immagini di persone autorevoli. Secondo voi, per quale motivo hanno messo la testa della Regina sulle banconote degli anni ’60? Ce l’hanno messa proprio nel momento in cui l’inflazione stava prendendo piede e si stava verificando la più grande svalutazione che si fosse mai vista. Dunque, serviva la testa della regina per far apparire quelle banconote autorevoli, regali, potenti, come se fossero denaro vero. Se le cambiassero, se togliessero le figure storiche, le persone che hanno forgiato la nostra storia, sarebbe un errore perché farebbero scomparire l’illusione.
Ma dobbiamo comunque ricordarci che è sempre stata un’illusione. Le valute cartacee non hanno alcun valore al di là della fiducia che avete in quella valuta. E quando le cose vanno male, quando le persone decidono di non avere più fiducia in quella moneta cartacea, si ottiene l’iperinflazione. è successo nella Repubblica di Weimar, quando la gente trasportava carriole di denaro per comprare una pagnotta di pane. Aggiunsero così tanti zeri sulle loro banconote, che furono poi costretti a stampare una quantità enorme di banconote perché l’illusione era crollata. Lo stesso è accaduto a Mugabe, in Zimbabwe, dove abbiamo avuto un’altra iperinflazione quando il valore della moneta è crollato. Quindi è importante mantenere una sensazione di valore se si vuole continuare ad usare una valuta cartacea. Lo stesso vale per le monete. Infatti, le monete moderne non hanno alcun valore intrinseco. Ho qui con me, in realtà, anche un interessante scellino d’argento del regno di Carlo I che è stato trovato nel nostro giardino.
L’argento possiede anch’esso un valore intrinseco. Quindi questa moneta ha un valore che corrisponde al suo peso metallico, che in realtà è inferiore al suo valore per i collezionisti, ma questo non è un campione particolarmente buono per un collezionista. Anche l’argento ha quindi un valore intrinseco come l’oro. Il nichel e il rame semplicemente non ce l’hanno. Quindi la Banca d’Inghilterra, che ha il compito di tenere sotto controllo l’inflazione, di mantenere la fiducia nella moneta, sta commettendo un errore di tipo classico. Evidentemente devono credere alla loro stessa propaganda secondo cui la carta moneta ha un valore reale. Ma non è così. Si tratta di una semplice illusione. L’oro ha un valore reale. Forse anche il bitcoin ha un valore reale perché è difficile da produrre. Non può essere creato solo per volontà del governo. La carta invece no. Il governo può semplicemente stampare miliardi e miliardi di sterline di carta senza nulla che ne sostenga il valore, come ha fatto dopo il 2008.
Può pagare i suoi debiti col denaro che esso stesso crea. Può prendere in prestito sterline che la Banca d’Inghilterra ha creato per il governo. Ma non può farlo con la fisicità dell’oro. Ecco perché è importante mantenere l’illusione. Se perdiamo la fiducia, ci saranno gravi conseguenze economiche. Ed è per questo che l’oro è fantastico.
Come sottolineato da Jacob Rees-Mogg, il denaro ha tre funzioni primarie. Oltre al ruolo di riserva di valore e di mezzo di scambio, descritti nel video, c’è anche quello di unità di conto, vale a dire un’unità che serve a stabilire i prezzi di tutti i prodotti e che deve essere uniforme all’interno del mercato. Secondo il nostro politico, l’Inghilterra ha avuto una grande espansione finché si è mantenuta ancorata all’oro e all’argento. Forse non tutti sanno che Isaac Newton, il famoso genio, ha avuto un ruolo fondamentale nella codificazione del peso e della composizione delle monete d’oro e d’argento durante il suo incarico alla Zecca Reale britannica.
Infatti, durante gli ultimi anni della sua vita, Isaac Newton fu prima guardiano della Zecca dal 1696 e poi maestro della Zecca Reale fino al 1699, e infine maestro della Zecca Reale fino alla sua morte nel 1727. Quindi, la gestione della Zecca Reale e lo studio delle regole monetarie sono stati il suo ultimo incarico. Le riforme monetarie che Newton ha realizzato comprendevano diverse cose. Una di queste era la standardizzazione del peso e della purezza.
Infatti, Newton impose criteri molto rigorosi per il peso e la qualità delle monete. Ogni moneta doveva rispettare parametri precisi, riducendo così le frodi e le variazioni del valore intrinseco, ad esempio perché una moneta poteva essere più leggera o più pesante dell’altra. Inoltre, condusse un’ampia operazione di ricognizione dell’argento: prese tutto l’argento e le monete in circolazione, le fuse, eliminando quelle deteriorate e contraffatte, e migliorando così la fiducia nel sistema monetario complessivo. Tutto ciò contribuì naturalmente anche all’adozione futura dello standard aureo: la Gran Bretagna passò, con il tempo, dall’argento all’oro. Inoltre, Newton si occupò anche di effettuare controlli di qualità, rendendo obbligatori test pubblici per verificare il peso e la composizione delle monete e introducendo così trasparenza e rigore scientifico nel processo. Quindi, non si limitò a fare il burocrate, a gestire la zecca come se fosse il suo capo. Applicò il suo genio scientifico alla metallurgia, alla chimica e persino all’investigazione contro i falsari. Se immaginate un genio all’opera con tutte queste iniziative, vi renderete conto di quanta stabilità ha portato al sistema monetario britannico, che ha poi permesso alla Gran Bretagna di diventare un impero.
Senza le basi poste da Newton in questo settore, tutto questo non sarebbe successo. Le sue riforme, infatti, stabilizzarono la sterlina e gettarono le basi per un sistema valutario moderno e per la crescita dell’impero. Newton, tuttavia, commise un errore nel calcolo del rapporto tra oro e argento, pur essendo preciso nella sua aritmetica. Quindi, non aveva sbagliato i conti, ma le conseguenze economiche indesiderate che ne derivarono sono considerate da molti storici un errore strategico. Nel 1717, in qualità di maestro della zecca reale, Newton fissò un tasso di cambio ufficiale tra oro e argento, secondo il quale un’oncia d’oro corrispondeva a 21 once d’argento. Un’oncia è un’unità di misura utilizzata per le monete che corrisponde a circa 30 grammi.
Tale valutazione era tuttavia troppo bassa rispetto al tasso di mercato internazionale prevalente, in cui l’argento aveva un valore più elevato rispetto all’oro. Poiché il prezzo dell’argento era troppo basso in Gran Bretagna, i mercanti europei e gli arbitraggisti, ovvero coloro che speculano sulla differenza di prezzo della stessa merce su due mercati diversi, iniziarono a esportare le monete d’argento nell’Europa continentale, togliendole così dalla Gran Bretagna, dove avevano un prezzo più alto. Al contrario, l’oro affluì in Gran Bretagna, poiché era relativamente sopravvalutato all’interno del Paese.
Così, senza saperlo, la Gran Bretagna passò da un sistema bimetallico, basato su argento e oro, che comunque non è mai stabile, a un sistema aureo di fatto, anche se formalmente lo adottò solo decenni dopo. Nel frattempo, tuttavia, mantenne l’argento come moneta ufficiale. Lo stesso accadde nelle sue colonie, per esempio in India, e lo stesso stava accadendo, come abbiamo visto, in Cina.
Tuttavia, il fatto di essere in ritardo nel passare all’oro, che sarebbe diventato lo standard successivo, compromise il futuro dell’impero. Nel frattempo, infatti, la Spagna era già passata all’oro e gli Stati Uniti stavano per fare lo stesso, annunciando l’oro come nuovo standard monetario che avrebbe sostituito l’argento.
Tornando all’argomento delle valute fiat, che è stato il tema centrale degli ultimi video e dell’introduzione di Moog, nessuna delle valute moderne fiat si è esattamente azzerata. Vengono sostituite prima che il governo si accorga che la valuta è in grave crisi, emettendo una nuova versione e eliminando la precedente. Ciò non toglie, tuttavia, che la valuta sia fallita: spesso, infatti, ha perso più del 99% del suo potere d’acquisto originale e, in alcuni casi, è stata completamente abbandonata come mezzo di scambio o riserva di valore. Ci sono diversi casi documentati tratti da storie economiche, analisi accademiche e rapporti di istituti come il Cato Institute e il Fondo Monetario Internazionale. Il numero esatto di valute fiat fallite dipende dal criterio utilizzato per definirle tali. Il criterio più rigoroso è quello dell’iperinflazione.
Secondo alcuni studiosi, l’iperinflazione è un’inflazione mensile superiore al 50%, il che significa che il denaro perde la metà del suo valore ogni mese. Ci sono stati almeno 29 casi ben documentati di iperinflazione che hanno coinvolto valute fiat dalla fine del XVIII secolo, come analizzato dall’economista Peter Bernholz nel suo studio di storia monetaria. Di questi, almeno 25 sono stati causati direttamente da un’eccessiva stampa di moneta per finanziare i disavanzi pubblici; non si tratta quindi di un fenomeno nuovo, ma di una tendenza costante. Stime più ampie, invece, ci dicono che i casi di fallimento delle valute fiat primarie sono stati 152, con una durata media di circa 35 anni prima del collasso.
Un’analisi completa di tutte le valute fiat attraverso gli ultimi secoli ci dice che sono fallite 775 valute, con una durata media di 27 anni. I fallimenti vanno da crolli improvvisi nell’arco di pochi mesi a svalutazioni che richiedono anche decenni. Quindi, non sono tutti uguali. Le due valute fiat più longeve, che finora hanno resistito più a lungo rispetto a qualunque altra, sono state la sterlina britannica e il dollaro statunitense, che hanno comunque perso entrambe oltre il 98% del loro potere d’acquisto originario dalla nascita, e questo rientra naturalmente nel criterio di fallimento. Il dollaro, su carta, ha perso questo valore nell’arco di 110 anni dalla fondazione della Federal Reserve nel 1913.
L’euro, per confronto, ha già perso il 40% del suo valore dalla sua nascita nel 1999 e ha perso il 18,5% del suo valore rispetto al dollaro dal 2014 al 2024, quindi si sta svalutando più rapidamente del dollaro. Il valore di una valuta fiat, come ci ha spiegato il nostro redattore, cala in funzione della fiducia. Quando viene a mancare la fiducia, il valore crolla. Con il crescente valore dell’oro che stiamo osservando oggi e il fatto che le banche centrali di tutto il mondo hanno smesso di accumulare titoli di Stato o ne accumulano molti meno, mentre hanno iniziato ad accumulare oro dal 2014, vuol dire che questo calo di fiducia è già in corso.
Questo per farvi capire che la situazione è già piuttosto avanzata. Il ritorno, almeno parziale, a un denaro vero è l’unica strada per risalire la china prima del collasso definitivo. Cina e Stati Uniti sono già coinvolti in una corsa all’oro. L’oro sta abbandonando l’Europa a causa dei timori provocati dalla guerra in Ucraina, e anche Bitcoin gioca un ruolo centrale nella strategia futura degli Stati Uniti. Per questo motivo, vi rimando alla sezione “Capire Bitcoin” e, naturalmente, alla “Legione Bitcoin”. Ora vediamo il prossimo segmento del documentario storico dedicato alla Cina e alla guerra dell’oppio. Eccolo.
[Narratore]
Lo skyline di Shanghai è uno dei panorami che definiscono la Cina moderna. È la testimonianza degli ultimi 40 anni in cui la Cina ha vissuto un’ascesa fulminea fino a diventare la seconda economia più grande del pianeta.
Presto sarà l’economia numero uno.
Ma avere la Cina al centro del commercio mondiale non è una novità. 250 anni fa, nel XVIII secolo, la Cina era il più grande impero economico e culturale del mondo, governato da uno dei suoi imperatori più celebri, Qianlong.
[Prog. David Faure – The Chinese University of Hong Kong]
Qianlong mise in mostra la sua ricchezza. Costruì grandi palazzi.
Qianlong era senza dubbio pienamente convinto di essere uno degli uomini più ricchi che vivessero sulla Terra al suo tempo.
[Narratore]
La Cina occupava questa posizione di dominio nel commercio globale perché tutto il mondo amava le porcellane e la seta cinese.
E il mondo era pronto a pagare profumatamente per avere questi beni di lusso in cambio dell’unico bene che la Cina voleva, vale a dire l’argento. La Cina era stata profondamente dipendente dall’argento sin dal sedicesimo secolo, quando l’imperatore cinese del tempo aveva deciso di tassare il suo popolo usando l’argento come moneta richiesta dalle casse dello stato. Ma la Cina disponeva di poco argento di sua proprietà, quindi aveva dovuto importarlo.
Questa sembrava la combinazione perfetta di domanda e offerta, in particolare alla fine del XVIII secolo, quando la Cina controllava la produzione di una merce unica nel suo genere che il resto del mondo voleva più di qualsiasi altra cosa.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
La Cina aveva il tè. In nessun’altra parte del mondo conosciuto all’epoca, si produceva il tè. Il tè divenne abbastanza rapidamente un prodotto molto richiesto. Era come una droga che creava dipendenza.
[Narratore]
La Gran Bretagna importava più tè dalla Cina di qualsiasi altro paese europeo. L’80% di tutte le esportazioni di tè dal porto di Canton veniva spedito in Gran Bretagna e il diritto di importare tutto questo tè era nelle mani di un’organizzazione piuttosto notevole, la Compagnia Britannica delle Indie Orientali.
[Prof. Rana Mitter – Università di Oxford]
Si trattava di un’organizzazione molto più vasta e potente di quanto il nome suggerisca. Non era un’azienda pura e semplice, ma in realtà un’intera organizzazione semi-governativa a sé stante.
[Narratore]
Alla fine del XVIII secolo, la Compagnia Britannica delle Indie Orientali vanta un esercito privato di quasi 90.000 uomini e una flotta di navi da guerra pesantemente armate. Aveva preso il controllo di gran parte dell’India sottraendolo agli imperatori Mughal.
Ma nonostante il colossale business del tè, c’era un grosso problema al centro di tutto il commercio della Gran Bretagna con la Cina.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
I mercanti britannici dovevano cercare di trovare merci da vendere ai cinesi. Avevano cotone, avevano lana, e provarono a proporre tutto quello che potevano, ma era molto difficile trovare un bene che fosse accettato in modo significativo nel mercato cinese.
[Narratore]
La domanda di tè era così grande che gli inglesi non ebbero altra scelta che conformarsi alle regole imposte dalla Cina.
[Prof. Rana Mitter – Università di Oxford]
L’argento continuava a uscire senza sosta dalle casse della Compagnia delle Indie Orientali, mentre i britannici cercavano di trovare prodotti che potessero commerciare con successo con la Cina. Quindi, in quella fase, erano essenzialmente i cinesi a tenere il coltello dalla parte del manico.
[Narratore]
La Compagnia delle Indie Orientali convinse il governo britannico ad agire. Nel 1792, la Gran Bretagna lanciò un’enorme missione commerciale diretta in Cina. Fu un’impresa enorme. A capo della spedizione, c’era lo statista e diplomatico britannico Lord George Macartney. Ci si aspettava che Macartney riuscisse a concludere un accordo per ottenere migliori condizioni di commercio con la nazione più potente della terra. La British Library conserva la lettera in cui il Ministro degli Interni britannico dell’epoca spiegava il problema principale che Macartney avrebbe dovuto risolvere.
[Prof. Henrietta Harrison – Università di Oxford]
Dovreste affermare in modo chiaro, dopo aver ripetuto le assicurazioni generali delle inclinazioni amichevoli e pacifiche da parte di Sua Maestà nei confronti dell’Imperatore che ci saranno benefici reciproci da un commercio tra le due nostre nazioni, nel corso del quale riceveremo, oltre ad altri articoli, l’ammontare di 20 milioni di libbre di peso di un’erba cinese.
[Narratore]
Invece di pagare tutto questo tè con lingotti d’argento, gli inglesi dovevano convincere l’imperatore Qianlong a comprare, in cambio, merci britanniche.
Ma le ambizioni britanniche andavano ben oltre un semplice aumento delle vendite. A Macartney fu chiesto di convincere l’imperatore a fornire agli inglesi una base commerciale permanente, una porzione del territorio cinese vero e proprio che fosse affidata in esclusiva ai britannici. La lettera riporta infatti queste parole: “Desideriamo ottenere la concessione di un piccolo tratto di terra o di un’isola indipendente. Non desideriamo né fortificazioni né difese, ma solo la protezione del governo cinese per i nostri mercanti e tutti i loro agenti nel commercio o nel viaggio attraverso il paese”.
[Prof. Henrietta Harrison – Università di Oxford]
Quando inviarono questa ambasciata, i governanti britannici erano piuttosto ottimisti del fatto che avrebbero potuto ottenere qualcosa del genere.
[Narratore]
C’erano valide ragioni per giustificare l’ottimismo britannico. Infatti, la Gran Bretagna era la prima nazione al mondo ad industrializzarsi e, di conseguenza, il suo potere militare ed economico stava crescendo. I britannici si consideravano alla pari rispetto a qualsiasi nazione del mondo, compresa la Cina.
Nel settembre del 1792, Lord Macartney salpò per la Cina, insieme a 700 soldati e servitori, a bordo di una flottiglia di tre navi.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
A bordo avevano interpreti, musicisti, persino una banda al completo che cantava canzoni scelte per l’occasione, e trasportavano un gran numero di regali molto elaborati per l’imperatore, tra cui orologi che riproducevano musica, e ogni sorta di cose. Avevano un obiettivo molto chiaro in termini di richieste. Innanzi tutto, volevano che lo Stato britannico fosse riconosciuto dai cinesi, il che significava allestire un’ambasciata permanente a cui fosse permesso di risiedere presso la corte di Pechino.
[Narratore]
Quando Lord Macartney arrivò in Cina nel luglio del 1793, si aspettava d’incontrare l’Imperatore immediatamente, ma l’Imperatore non si vedeva da nessuna parte nella Città Proibita.
Qianlong aveva trasferito la sua corte a circa 300 chilometri a nord, oltre la Grande Muraglia cinese, nella sua residenza estiva.
Dopo quasi un anno da quando era salpato, Macartney era ancora costretto ad aspettare prima di poter incontrare l’uomo più potente della Terra.
[Prof. Henrietta Harrison – Università di Oxford]
A quell’epoca, l’imperatore Qianlong aveva 80 anni ed era stato sul trono per quasi 50 anni. Era stato indubbiamente uno dei più grandi imperatori della storia cinese, dall’inizio alla fine. Aveva espanso la Cina nell’Asia centrale, conducendo guerre di enorme successo; quindi, si sentiva estremamente orgoglioso dei propri successi.
[Dr. Xiao Kunbing – New York University di Shangai]
Macartney aveva dichiarato di essere venuto in Cina per congratularsi con l’imperatore Qianlong per il suo ottantesimo compleanno.
Quando Qianlong ricevette questa notizia per la prima volta, pensò che dovesse essere la grande reputazione dell’Impero Qing a costringere degli stranieri a venire da così lontano per celebrare il suo compleanno e portare tributi.
[Narratore]
A Macartney fu chiesto di unirsi alla fila di ambasciatori provenienti dai lontani confini del vasto impero di Qianlong.
E Qianlong ricevette i tributi da ogni ambasciatore a turno, ma non li accolse in un palazzo, bensì in una tenda.
[Dr. Xiao Kunbing – New York University di Shangai]
Il posto in cui ci troviamo ora si chiama “Giardino dei Diecimila Alberi”. Come potete vedere, ci sono molti alberi, ma non c’è nessun edificio. E non c’erano edifici nemmeno al tempo in cui l’imperatore Qianlong ricevette Macartney. Quindi il ricevimento avvenne in una tenda mongola simile a quella che si trova ora dietro di me. Non c’erano palazzi in questo posto.
[Narratore]
Una volta al cospetto di Qianlong, tutti gli ambasciatori erano tenuti a inginocchiarsi e premere la testa nove volte sul pavimento. Macartney, tuttavia, rifiutò di farlo. Invece di eseguire il tradizionale inchino, si limitò a poggiare un singolo ginocchio sul terreno, prima di presentare i propri doni.
[Prof. Henrietta Harrison – Università di Oxford]
Questo è uno di una vasta serie di schizzi prodotti da William Alexander, che era l’artista junior al seguito dell’ambasciata. Una delle cose che disegnò fu questo planetario, che rappresentava il dono più grande e più spettacolare, perché i britannici avevano pensato, leggendo i resoconti dei missionari gesuiti sulla Cina, che la corte cinese fosse eccezionalmente interessata all’astronomia.
[Narratore]
Ma il dono più significativo era una scatola d’oro massiccio tempestata di diamanti, contenente una lettera del re britannico Giorgio III che esponeva le speranze che il re nutriva per il successo di quella missione commerciale.
[Dr. Xiao Kunbing – New York University di Shangai]
Tutti i loro preparativi erano stati per questo momento. Ma si dice che Qianlong non abbia nemmeno guardato la scatola e l’abbia semplicemente messa da parte. Il problema era che le due parti avevano obiettivi diversi, Qianlong pensava che i britannici fossero venuti a congratularsi per il suo compleanno, di conseguenza gli stava già facendo un grande favore permettendo loro di incontrarlo, e credeva che questo soddisfacesse anche il loro obiettivi.
[Narratore]
Ma prima che Macartney e il suo seguito fossero fatti uscire, Qianlong si concesse a un cordiale scambio di convenevoli durante il quale i riflettori furono puntati sul giovane e precoce figlio del vice inviato britannico, un ragazzo che, durante il lungo viaggio, aveva imparato il mandarino.
[Dr. Xiao Kunbing – New York University di Shangai]
Quando i britannici incontrarono l’imperatore Qianlong, l’imperatore chiese se c’era qualcuno tra loro che sapesse parlare cinese. A quel punto questo ragazzo fu spinto in avanti, e Qianlong lo lasciò venire a sé, e scambiò alcune parole. A Qianlong il ragazzo piacque e l’imperatore prese persino una piccola borsa che aveva portato appresso e la diede al ragazzo.
[Narratore]
Ma questo affascinante scambio di cortesie ebbe poca influenza sul risultato finale dell’ambasciata. La lettera di Giorgio III fu tradotta a Qianlong e la risposta dell’imperatore cinese fu estremamente sprezzante.
[Prof. Henrietta Harrison – Università di Oxford]
E c’è una frase che è tremendamente famosa. Ecco cosa dice: La produzione del nostro impero è molteplice e molto abbondante, non abbiamo il minimo bisogno dei prodotti di altri paesi.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
L’ambasciata fu quindi un completo e totale fallimento.
I Qing non erano pronti ad accordare a quegli sconosciuti britannici uno status che fosse pari a quello cinese. L’imperatore Qianlong non era solo l’imperatore dell’impero Qing, ma era il figlio del cielo. Questo re Giorgio III, che Macartney rappresentava, all’interno della visione del mondo di Qianlong, era, in realtà, un re subordinato e di secondo piano.
[Prof. David Li Daokui – Tsinghua University]
Sfortunatamente, verso la fine della dinastia Qing, gli imperatori erano diventati troppo sicuri di sé. Qianlong pensava, come molti altri grandi imperatori della storia cinese, di essere il sovrano o, meglio, l’imperatore di tutto il mondo.
[Narratore]
Quindi Qianlong respinse tutte le richieste britanniche. Peggio ancora, emise un severo avvertimento a Giorgio III intimandogli che avrebbe usato la forza qualora le navi britanniche avessero cercato di commerciare in qualsiasi luogo della Cina diverso da Canton, che rimaneva l’unico porto in Cina accessibile agli stranieri.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
La missione venne letteralmente rispedita da dove era venuta. Mentre risaliva lungo la terraferma verso la posizione delle proprie navi, Qianlong diede istruzioni affinché le unità militari Qing si riunissero lungo il percorso che arrivava fino a sud, mantenendosi ben in vista degli uomini dell’ambasciata britannica, per far capire agli inglesi che i Qing avevano una grande forza militare e che erano pronti ad affrontarli.
[Prof. Henrietta Harrison – Università di Oxford]
Credo che tutti coloro che ora guardano a quegli eventi si rendano conto che l’imperatore Qianlong e i suoi consiglieri anziani non erano affatto stupidi. Avevano una conoscenza molto limitata di ciò che stava accadendo nella politica europea in quel momento, ma erano operatori politici astuti ed erano consapevoli del fatto che gli inglesi avevano una nave da guerra pesantemente armata sulla costa, e volevano rifiutare le richieste inaccettabili degli inglesi e sbarazzarsi della loro ambasciata senza causare altri problemi.
[Narratore]
In tal modo, Qianlong mantenne lo status quo. La sua dimostrazione di forza fu concepita per scoraggiare l’aggressione britannica e, in quel momento, uscì vincitore dal confronto. Macartney fu costretto a tornare a casa a mani vuote e sminuito. Dopo che fu tornato in Gran Bretagna ed ebbe riferito del suo viaggio, l’opinione pubblica britannica cominciò a vedere la Cina come una nazione dispotica e arretrata e il suo imperatore fu denigrato e deriso nelle vignette sui giornali popolari.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
Ci fu un grande cambiamento nell’opinione pubblica, che passò, si potrebbe dire intellettualmente, dalla sinofilia entusiasta, dall’amore o dall’interesse per la Cina, dall’apprezzamento di quella che sembra essere una Cina idealizzata, ai resoconti di prima mano dei britannici che ci erano stati e che descrivevano un’immagine ben diversa. In realtà, lo stesso Macartney descrisse la Cina come un vecchio vascello vetusto che una volta era stato di prim’ordine, ma che ormai era diretto verso il cantiere di demolizione. E se i britannici fossero riusciti ad aiutare il governo cinese nel percorso verso la demolizione, molte cose sarebbero cambiate.
[Narratore]
Nonostante fosse stata punta nel proprio orgoglio dal rifiuto di Qianlong, la Gran Bretagna non ebbe altra scelta che accettare i termini di scambio stabiliti dalla Cina. Del resto, quella era l’alba del diciannovesimo secolo, e c’erano ancora grandi fortune che si potevano guadagnare nel commercio con la Cina, continuando ad operare a Canton, nel centro commerciale più vitale del pianeta.
Tutto il tè in Cina, insieme alle sue sete e porcellane, veniva spedito in tutto il mondo da Canton, e verso Canton scorreva l’argento del mondo per pagare questi beni.
[Prof. Cheung Sun-wai – The Chinese University of Hong Kong]
A quel tempo, questa singola via d’acqua, il Fiume delle Perle, era la via principale e l’unica via legalmente possibile con cui gli stranieri potevano far fluire l’argento all’interno della Cina. Quindi questa era la via dell’argento.
[Narratore]
Il commercio con l’Occidente fece di Canton, questa piccola e remota parte dell’enorme impero cinese, una delle città più ricche e cosmopolite del mondo. Quella fu l’età d’oro di Canton.
[Dr. John Wong – The University of Hong Kong]
La città era il nesso del commercio globale. C’erano persone che indossavano costumi diversi, che parlavano lingue diverse, e che trattavano merci provenienti da tutto il mondo. Certo, alcune di tali merci erano più importanti delle altre, come il tè e l’argento, ma in realtà era una città piuttosto vivace in cui la gente si affollava perché quello era il luogo ideale in cui portare avanti la propria attività.
[Narratore]
Canton non era solo il luogo in cui le merci venivano scambiate, ma anche il luogo in cui venivano prodotte. La città diventò un’officina del mondo, dove migliaia di artigiani sottopagati, ma altamente qualificati, producevano prodotti cinesi adatti ai redditizi mercati esteri.
[Prof. Ching May Bo – City University of Hong Kong]
Dobbiamo tenere presente che alla fine del diciottesimo secolo, l’Europa non poteva produrre in proprio porcellane abbastanza fini e doveva fare affidamento sulla Cina.
Canton, essendo l’unico porto dove si poteva condurre il commercio con la Cina, godeva anche del vantaggio di offrire il luogo ideale dove vari artigiani potevano aprire bottega e produrre e dipingere questo tipo di porcellane.
Penso che i cinesi trovassero molto sorprendente che gli stranieri avessero bisogno di ciotole così grandi. I cinesi usano ciotole più piccole per mangiare riso e zuppa, e avranno pensato che questa fosse una ciotola per il punch. Beh, in termini di forma e funzione, deve essere apparsa molto esotica per i cinesi, ma, allo stesso tempo, le immagini, il design e i motivi riportati, devono essere apparsi molto esotici per gli occidentali.
[Narratore]
Canton era anche la patria di un’attività in via di sviluppo che avrebbe messo radici profonde anche all’estero. Migliaia di botteghe artigiane producevano in serie argenteria per i mercati esteri, secondo i gusti degli stranieri.
[Karina Corrigan – Peabody Essex Museum]
Questo è un periodo in cui praticamente nessuno aveva un’idea chiara di come fosse davvero la Cina e c’era un enorme interesse e fascino per il Catai, il nome antico della Cina. Un fascino per questa terra che quasi nessuno aveva mai visto davvero.
Queste non sono rappresentazioni della Cina di per sé. Sono paesaggi mitici con bestie mitiche. Vediamo molte figure di pagode, di barche, di bellissimi fiori, di alberi pieni di bacche. Questo fantastico manico che raffigura un drago è un oggetto che non sarebbe mai stato presente su un pezzo d’argento lavorato a Londra oppure a Philadelphia, il che proclama con certezza che questo è un oggetto fatto in Cina da argentieri cinesi.
[Narratore]
Gli argentieri cantonesi producevano in serie argenteria di alta fattura, ma erano anche capaci di imitare i manufatti degli argentieri occidentali producendoli a un costo inferiore.
[Karina Corrigan – Peabody Essex Museum]
Si poteva chiedere a un argentiere cinese di realizzare un cucchiaio praticamente identico alle familiari posate del diciannovesimo secolo, ma per una frazione del costo originale. Si può vedere che questi oggetti sono praticamente indistinguibili, entrambi i cucchiai sono stati realizzati nel 1830. Uno è stato prodotto in Scozia, a Edimburgo, e uno è stato realizzato a Canton, ma sono praticamente identici.
L’argento in quanto tale avrebbe presumibilmente avuto lo stesso prezzo nei due paesi, ma la manodopera era infinitamente meno costosa in Cina. Pensiamo alla produzione di massa di beni nel ventunesimo secolo e al fatto che molte delle cose prodotte oggi in Cina sono davvero molto economiche, e abbiamo un’idea, in una certa misura, di quello che già accadeva nel diciannovesimo secolo.
[Narratore]
Canton era dinamica. Era un alveare di industria e di commercio. è stata uno dei crogioli vitali da cui è nato il commercio internazionale moderno. Ma presentava anche sfide per i mercanti occidentali.
[Dr. John Wong – The University of Hong Kong]
Trovare le materie prime giuste da negoziare, capire quale lingua parlare, capire con quale valuta fare trading, diventava una sfida immensa per gli operatori della prima parte del diciannovesimo secolo, quando ancora non c’erano scuole dove imparare la lingua cinese, quando ancora non c’erano scuole su come condurre le attività commerciali e su come superare qualsiasi barriera culturale. Quello era un mondo che penso fosse, per molti versi, ancora più affascinante del mondo in cui viviamo oggi.
[Narratore]
La Canton storica è ora sepolta in profondità sotto un immenso skyline di cemento e acciaio.
Ma nel cuore di Londra, questa galleria presenta una serie di dipinti straordinari che catturano quanto fosse strettamente controllata la vita a Canton per i mercanti occidentali.
[Dr. Patrick Conner – Martyn Gregory Gallery]
Erano limitati a vivere in questa piccolissima striscia di riva del fiume, lunga solo circa 300 metri. Non c’era molto che potessero fare per fare esercizio fisico. Se si guarda attentamente in questa immagine, si può vedere che ci sono quattro piccoli occidentali che remano. E, a parte questo, c’erano le gite occasionali ai giardini fioriti oppure ai templi dall’altra parte del fiume. Per il resto del tempo, erano bloccati qui.
[Narratore]
Questa piccola sezione al di fuori delle mura della città di Canton divenne nota come le 13 fabbriche.
[Dr. Patrick Conner – Martyn Gregory Gallery]
Gli edifici non avevano un aspetto particolarmente cinese perché agli occidentali era stato permesso di modificare le facciate e, in una certa misura, gli interni per adattarli a se stessi.
Guardate il giardino che si vede sul lato destro di fronte alla fabbrica britannica. Le autorità cantonesi erano molto sospettose di questo giardino perché suggeriva loro che gli inglesi fossero lì per restare. La presenza di un giardino significava la presenza di un insediamento, magari anche il primo passo verso la creazione di una colonia. Quindi erano molto irritati dalla cosa.
[Narratore]
C’erano anche pesanti restrizioni alla vita sociale dei mercanti. Gli era proibito imparare il cinese, erano scoraggiati dal mescolarsi con i cinesi ed era assolutamente bandita la presenza di qualsiasi donna, comprese le mogli dei mercanti.
[Prof. Cheung Sun-wai – The Chinese University of Hong Kong]
Dal punto di vista del governo cinese, questa limitazione era molto ragionevole. Il motivo era che la gente, in Cina, era già molto stupita di vedere uomini stranieri in circolazione. E se anche le donne straniere fossero apparse per le strade, si sarebbe provocato il caos.
[Narratore]
In Cina, i mercanti stranieri potevano fare una vera e proprio fortuna, quindi valeva la pena sopportare le pesanti restrizioni. Cercavano di cavarsela al meglio nelle giornate a volte noiose in quello che diventò noto come il Ghetto d’Oro.
[Prof. Robert Bickers – Università di Bristol]
Sappiamo che bevevano bene e mangiavano bene, e che, per quanto potevano, assaggiavano e godevano di tutte le gioie della vita ricreativa cinese, che si trattasse di barche bordello, o di barche bordello di alta classe. I loro amici mercanti e collaboratori cinesi li invitavano alle proprie feste. Quindi, in un certo senso, i mercanti avevano ben poco di cui lamentarsi.
[Narratore]
Scrivendo del suo periodo a Canton negli anni ’30 dell’Ottocento, un diplomatico americano di nome Gideon Nye, descrive una festa che includeva uno dei più importanti mercanti britannici di Canton.
A quella stessa festa, racconta Gideon Nye, si vide ciò che non si era mai visto prima a Canton, vale a dire il signor Jardine e il signor Wetmore che tentavano un valzer su una semplice melodia afroamericana.
[Narratore]
Ma di gran lunga la restrizione più seria era la disposizione dell’imperatore che imponeva a questi mercanti stranieri a Canton di condurre i loro affari attraverso un piccolo gruppo selezionato di potenti mercanti cinesi noti come Cohong.
[Dr. John Haddad – Penn State University]
Se fossi stato un commerciante straniero a Canton, non avresti potuto semplicemente commerciare con chiunque. La dinastia Qing ti richiedeva di lavorare con uno degli 8 o 12 uomini, i mercanti Cohong, che erano incaricati di questo straordinario compito di gestire l’intero commercio internazionale dell’impero cinese. Ebbene, di quei 10 o 12 mercanti, in realtà uno svettava su tutti gli altri.
[Narratore]
Questo mercante era uno degli uomini più straordinari della storia cinese. Nato nello stesso anno di Napoleone Bonaparte e del Duca di Wellington, questo mercante cinese prosperò in un periodo di grandi cambiamenti globali e di crescenti scambi commerciali fino a diventare, si dice, l’uomo più ricco del mondo.
Il suo nome era Howqua.
[Dr. John Wong – The University of Hong Kong]
Era un uomo con una corporatura minuta. Si trattava di una persona che, all’apparenza, non sembrava ricca quanto lo fosse in realtà.
Era un uomo d’affari intraprendente e audace che operava nel porto di Canton durante la prima parte del diciannovesimo secolo. In un periodo dove abbondavano le barriere linguistiche, Howqua riuscì a manovrare nelle acque turbolente della finanza globale e del commercio globale in modo molto attento, ma audace.
[Narratore]
Conquistò il proprio successo vendendo grandi quantità di tè agli inglesi, il che gli permise di accumulare una fortuna in argento che oggi sarebbe valutata più di un miliardo di dollari, che si dice fosse maggiore di quella che la famiglia Rothschild aveva in Europa a quel tempo.
[Dr. John Wong – The University of Hong Kong]
Come aveva fatto ad accumulare una fortuna tanto enorme? Fu grazie ad anni di affari, principalmente con la Compagnia delle Indie Orientali, perché il profitto era semplicemente enorme ed era affidabile. Era praticamente una rendita annuale.
[Dr. John Haddad – Penn State University]
Dov’è finito il suo argento? Howqua aveva, ovviamente, la sua cripta personale dove teneva il suo argento. C’è anche una storia divertente secondo la quale, durante l’incendio del 1822, mentre Canton bruciava, alcuni testimoni videro fiumi d’argento che scorrevano fuori da queste cripte mentre tutto il metallo diventava liquido.
[Narratore]
Così, invece di lasciare i suoi soldi inattivi in un caveau, Howqua iniziò a prestare denaro, 10 milioni di sterline, alla Compagnia Britannica delle Indie Orientali e poi ai suoi colleghi mercanti di Canton.
[Dr. John Haddad – Penn State University]
Non si sentiva al sicuro a tenere tutto il suo argento in una cripta a Canton. Aveva paura che, in qualsiasi momento, un funzionario governativo particolarmente avido trovasse il modo di portare via il suo argento. Così desiderava investire il suo denaro altrove per tenerlo al sicuro.
[Dr. John Wong – The University of Hong Kong]
Così facendo, moltiplicò i propri soldi. Non solo fu una figura di successo nel commercio internazionale del tè, ma fu anche un attore primario nel mondo della finanza globale.
[Narratore]
Howqua era anche un uomo d’affari dotato di grande lungimiranza.
Era consapevole delle insidie insite nel fare troppo affidamento sul suo principale cliente, la Compagnia delle Indie Orientali. E vide un’opportunità d’oro nella collaborazione con i mercanti di un paese che stava per intraprendere una vertiginosa ascesa al potere, l’America.
[Dr. John Wong – The University of Hong Kong]
Vedeva nei partner americani un modo per entrare nella rete globale, scavalcando le connessioni che aveva già instaurato con gli inglesi.
[Narratore]
L’America aveva conquistato di recente la propria indipendenza ed era altrettanto desiderosa di stringere legami commerciali con la Cina.
[Dr. John Haddad – Penn State University]
Ecco un nuovo paese, gli Stati Uniti, nato da pochi anni, che contemplava una collaborazione col paese più antico del mondo, che aveva avuto diverse dinastie e che misurava la propria durata in secoli, o persino millenni. E così, quando gli americani sono andati in Cina, hanno capito che stavano attingendo a una vasta potenza economica.
[Narratore]
Questa è Cape Cod, un’enclave ricca ed esclusiva sulla costa orientale degli Stati Uniti.
E in questa casa c’è un ritratto di Howqua, che aiuta a illustrare come alcune delle più grandi dinastie americane siano state fondate sulla scia del commercio con la Cina.
[Dr. Frederic D. Grant Jr.]
Questo dipinto è qui perché è stato riportato da Canton dal mio trisnonno.
Anche Warren Delano era un importante commerciante americano in Cina. Fece fortuna in Cina. Non conosciamo bene l’importo delle sue ricchezze, ma di certo sono state di almeno 100.000 dollari spagnoli, probabilmente anche di più.
[Narratore]
Si tratta di oltre 20 milioni di dollari calcolati al valore attuale, che all’epoca erano una vera e propria fortuna che fornì la base per una delle famiglie più significative della storia americana. Infatti, il nipote di Warren Delano fu Franklin Delano Roosevelt, il presidente più longevo d’America, le cui fortune familiari sono state legate alla collaborazione con Howqua.
[Dr. Frederic D. Grant Jr.]
Era tenuto in altissima considerazione. Era incredibilmente onorevole. Era puntuale nei suoi affari. Consegnava le merci nel modo che desiderava. Nessuno poteva farlo fesso. E ha goduto di relazioni eccezionalmente strette con i bostoniani.
[Narratore]
Di tanto in tanto, a Canton, i suoi partner americani hanno potuto dare uno sguardo privilegiato all’interno della spettacolare residenza di Howqua quando venivano invitati per un raro banchetto.
Il trisnonno di Fred Grant, Warren, e il fratello di Warren, Edward, hanno registrato nelle loro memorie un livello di ospitalità sorprendente.
[Dr. Frederic D. Grant Jr.]
Ecco cosa scrivono: Oggi abbiamo cenato lussuosamente verso le quattro. La nostra cena è stata preparata, in stile cinese, da Howqua, il mercante più anziano tra i Cohong. C’erano circa 15 portate. Zuppa di nido d’uccello, pinne di squalo, uova di piccione. Ci sono volute tre ore prima che la cena giungesse alla fine. Sono passati molti anni da quando Howqua ha dato una cena cinese a casa sua, e forse mai prima d’ora aveva offerto una cena simile ai suoi amici.
[Narratore]
Con banchetti come questo, Howqua rafforzò ulteriormente i suoi legami con gli americani. I suoi legami divennero talmente profondi che affidò parte della sua fortuna ai suoi più stretti soci d’affari in America, affinché venisse investita per suo conto. I suoi soldi furono investiti in un momento di svolta nella storia americana.
[Dr. John Haddad – Penn State University]
Si potrebbe dire che Howqua abbia contribuito a costruire l’America. Investì i suoi soldi nelle ferrovie americane, nelle fabbriche americane e nelle miniere di carbone americane, portando così allo sviluppo industriale degli Stati Uniti.
Di conseguenza, gran parte della rivoluzione industriale americana fu finanziata da questo mercante cinese che visse a Canton nella prima parte del diciannovesimo secolo. Oggi c’è molta paura nei confronti degli investimenti cinesi negli Stati Uniti. Molti americani si chiedono se il potere economico cinese abbia troppa influenza sulle aziende americane.
Quello che non sanno è che ciò è già accaduto in modo piuttosto sostanziale oltre 100 anni fa, grazie al commercio con la Cina.
Abbiamo visto che l’impero cinese era molto vasto e si era espanso con mezzi militari, ma la popolazione non era diventata più ricca per questo. La struttura produttiva cinese era simile a quella della nuova Cina industriale: un’economia che produce per i popoli più ricchi dell’Occidente, che acquistano i suoi prodotti, mentre il governo mantiene il potere con un controllo molto rigido sull’economia. Chiedere alla Cina e ai cinesi di produrre di meno e consumare di più, come sta cercando di fare il governo cinese, ma anche come gli Stati Uniti chiedono da tempo alla Cina, non è realistico, perché va contro una tradizione millenaria. Il popolo cinese ha sempre avuto il dono di realizzare cose splendide e complesse e di venderle in Occidente in cambio di denaro che gli permettesse di vivere una vita migliore. Quindi, credo che questa sia comunque l’ambizione fondamentale. Chiaramente, la struttura politica moderna è diversa e la Cina attuale è molto più ricca.
Molti cinesi hanno visto migliorare notevolmente il proprio tenore di vita rispetto al passato, ma anche oggi la Cina si trova di fronte a una grave crisi economica e finanziaria interna e deve affrontare una scelta delicata che approfondiremo naturalmente in seguito. Per inquadrare il contesto storico di questa puntata, ricordiamo che Giorgio III era un re folle che aveva già perso la guerra d’indipendenza americana, quindi non era la persona giusta per concludere quel tipo d’accordo. Anche i cinesi, però, erano troppo presuntuosi e fu un’occasione perduta per entrambi. Ma vediamo che già all’epoca si stava sviluppando un rapporto molto importante tra la Cina e gli Stati Uniti. Notiamo anche che già all’epoca la propaganda dei giornali metteva un popolo contro l’altro volentieri, creando il problema. Le trattative attuali di Trump con la Cina e l’India hanno la stessa probabilità di riuscire di quelle di Macartney con l’imperatore Qianlong, perché la Cina ha sempre imposto tariffe e blocchi.
L’abbiamo visto fin dall’antichità e quindi, in un certo senso, è corretto che gli Stati Uniti facciano altrettanto, ma diventa poi difficile spingere la Cina a fare cose che non è pronta a fare, come, per esempio, produrre di meno o consumare di più al proprio interno. Inoltre, è controproducente imporre sanzioni che vanno oltre la protezione del mercato interno americano. Finché le tariffe sono a protezione del mercato interno americano, possono avere controindicazioni sull’economia interna e su quella internazionale, ma fino a ora non sembra che ce ne siano state. Riguardano comunque il problema americano, quindi può essere legittimo pensare che l’America si strutturi in modo simile alla Cina per potersi confrontare meglio con essa.
Ma quando le tariffe diventano sanzioni, come nel caso del blocco dell’importazione di petrolio dalla Russia verso la Cina o l’India, per risolvere un problema irrisolvibile in quel modo, ovvero la guerra in Ucraina, allora si introduce un contesto arbitrario che non risolve la situazione e che apre la strada a contestazioni all’interno degli Stati Uniti. Infatti, una corte di giudici d’appello ha dichiarato che le sanzioni, alcune, scusatemi, delle tariffe di Trump sono illegali. Ora Trump dovrà andare alla Corte Suprema. È possibile che vinca, tuttavia, su alcuni fronti è più debole, proprio perché le tariffe che lui aveva iniziato ad applicare per proteggere l’economia americana avevano un senso. Le tariffe che diventano poi sanzioni, in realtà applicate su pressione di persone del suo stesso partito che non sono a lui favorevoli per ostacolare la Russia, sono tutt’altra cosa e non dovrebbero far parte dello stesso pacchetto. Naturalmente, sono anche competenza del Congresso.
Bene, vedremo come si evolverà la situazione, ma questo ci fa capire che la trattativa tra Stati Uniti e Cina andrà avanti ancora a lungo. Forse non si arriverà mai a una soluzione completa, ma si dovrà trovare un compromesso su entrambi i fronti. Di certo gli Stati Uniti dovranno ricominciare a produrre internamente, importando così meno dalla Cina, cosa che potrebbe costituire un problema per la Cina. Howqua, il mercante menzionato alla fine del video, che visse dal 1769 al 1843, divenne effettivamente uno degli individui più ricchi al mondo, grazie agli investimenti nel commercio del tè, della seta, ma anche dell’oppio, argomento che approfondiremo nel prossimo video.
Questo documentario è naturalmente molto orientato a favore della Cina e il fatto che diventerà l’economia più grande è ancora tutto da vedere, quindi vedremo come andranno le cose. Ciò nonostante, ci aiuta sicuramente a capire il punto di vista dei cinesi e ci permette di comprendere quali sono i vincoli culturali, di traduzione e storici che ostacolano determinati percorsi politici o diplomatici ai giorni nostri.
Roberto Mazzoni