Vi propongo l’ultima intervista che ho rilasciato a Money.it. Credo che la troverete interessante, perché descrive l’evoluzione finanziaria in corso negli Stati Uniti e quali potrebbero essere gli impatti di tale evoluzione sull’Europa e, in particolare, sull’Italia. Durante l’intervista ho cercato di spiegare gli aspetti essenziali di questa trasformazione, ma mi rendo conto che alcuni contenuti tecnici possano risultare complessi. Se volete approfondire, potete trovare dei video specifici formativi all’interno delle regioni Bitcoin, dove entriamo nel dettaglio di questa trasformazione e di ciò che ci aspetta. Mi auguro comunque che questa intervista possa esservi utile. A presto,
Buonasera amici di Money.it, sono le 19:40 e sono in diretta con molto piacere. Roberto Mazzoni è in collegamento dagli Stati Uniti. Ciao Roberto.
Ciao a tutti e bentrovati.
Grazie di essere tornato con noi. Tra l’altro, sei stato molto acclamato: abbiamo ricevuto molte email che ci chiedevano di te, quindi è davvero molto bello ritrovarti e ascoltare le tue preziosissime analisi. Partirei proprio da come hai vissuto questo ultimo periodo, quindi ti lascerei il compito di fare il punto della situazione. Abbiamo visto un Trump oscillare anche nei discorsi pubblici e negli ordini esecutivi.
C’è stato il GENIUS Act, per esempio, che non abbiamo ancora commentato con te. E poi ci sono state tutte queste posizioni sull’Europa e sull’Ucraina: prima l’umiliazione di Zelensky, poi l’idea che forse potrà recuperare dei territori. L’Europa sembra andare in direzioni poco tranquille. A te la parola.
Sì, sono stati periodi estremamente movimentati e, se seguiamo la retorica di Trump o di altri personaggi europei che abbiamo visto sulla scena pubblica, rischiamo di non capirci assolutamente niente. In effetti, è necessario fare un passo indietro. Allora, innanzitutto, abbiamo alcuni elementi di fondo. Nel caso di Trump, dobbiamo considerare alcuni fattori critici. Il primo è che Trump deve cercare di soddisfare il proprio elettorato, che gli ha dato un mandato molto preciso: far uscire gli Stati Uniti dai conflitti in cui sono coinvolti direttamente o indirettamente, inclusi quelli in Russia, in Ucraina, in Israele e con l’Iran o altri attori di quell’area. Poi c’è il mandato ancora più importante, ovvero rimettere a posto l’economia interna, perché dal punto di vista del cittadino medio americano, la situazione economica è diventata molto difficile durante la presidenza di Biden.
Abbiamo visto che i numeri dei posti di lavoro sono stati manipolati da Biden e, con gli ultimi aggiustamenti e le ultime correzioni, dovuti in parte all’espulsione di circa un milione di immigrati illegali dall’inizio della presidenza Trump, che hanno tolto molte braccia al mercato del lavoro, e in parte alla correzione dei numeri inventati propinati durante l’amministrazione Biden, ci rendiamo conto che il mercato del lavoro americano è rimasto bloccato durante la presidenza di quest’ultimo, mentre il costo della vita aumentava, sia in termini di inflazione sui beni di consumo di tutti i giorni, sia soprattutto in termini di costo degli immobili.
Quindi, c’è un’intera generazione che oggi non può più permettersi di acquistare una casa o di mettere su famiglia. Stiamo parlando di giovani americani fino a 30 anni, o anche fino a 35 o 40 anni, per certi versi. Quindi, stiamo parlando di un cambio generazionale in cui i giovani americani, che oggi costituiscono la parte centrale del mondo del lavoro, vogliono avere le stesse opportunità dei loro genitori e dei loro nonni, ma non possono averle, e quindi chiedono un cambiamento. Questo cambiamento prevede un minore impegno degli americani all’estero, quindi meno spreco di denaro in guerre inutili e più investimenti per creare posti di lavoro interni. Le famose tariffe di Liberation Day hanno funzionato abbastanza bene, perché non hanno provocato inflazione, come del resto era prevedibile, dato che le tariffe sono deflazionarie.
Tipicamente, possono produrre un aumento dei prezzi su alcuni articoli specifici, ma di solito si tratta di un aumento temporaneo e circoscritto a quegli articoli, a meno che l’aumento dei costi non venga assorbito dal distributore o dal produttore. Inoltre, le tariffe hanno un effetto deflazionario, perché la gente compra meno, dato che gli oggetti costano di più e quindi tiene i soldi per qualcos’altro. Hanno anche dimostrato di produrre un gettito abbastanza interessante in termini di entrate per lo Stato, tant’è che si dice già che, anche se Trump se ne andasse e anche se tornasse un presidente democratico alla Casa Bianca, le tariffe verrebbero probabilmente mantenute, perché costituiscono appunto una fonte di entrate che si sta rivelando significativa.
Inoltre, con l’uscita spontanea di circa un milione di immigrati illegali, il prezzo delle case, soprattutto in termini di affitti, sta calando, il che è un segnale positivo. Il prezzo delle case in vendita si è bloccato, quindi non è sceso e non sta scendendo. In Florida sta addirittura calando, ma in altri stati no. In ogni caso, il prezzo si è stabilizzato e non sta più aumentando come abbiamo visto durante il periodo di presidenza di Biden. Perciò, dal punto di vista della percezione interna, il sentimento è positivo. Inoltre, c’è stato un aumento medio degli stipendi, anche perché molti immigrati illegali che lavoravano a basso costo se ne sono andati e altri se ne andranno sicuramente.
In questo particolare periodo, non ci sono ingressi di immigrati illegali attraverso il confine con il Messico, mentre durante il periodo di presidenza di Biden, se non sbaglio, abbiamo avuto l’arrivo di almeno 20 milioni di persone clandestine. Ciò significa che ci sono ancora 19 milioni di immigrati illegali negli Stati Uniti che probabilmente se ne andranno, anche perché incentivati da incentivi monetari o legali a lasciare il Paese spontaneamente, con la prospettiva di poter rientrare in futuro. Quindi, abbiamo una serie di elementi deflattivi nell’economia che contrastano l’inflazione, prodotta naturalmente dall’aumento della circolazione di denaro, necessario per stimolare l’economia stessa.
Credo che l’anno prossimo vedremo un cambiamento importante nel mercato immobiliare, con lo sblocco di due grandi operatori che potranno contribuire a ridurre drasticamente il costo dei mutui. Da un punto di vista economico, quindi, Trump se la sta cavando abbastanza bene. Il problema di Trump è sul fronte europeo e, direi, sul Medio Oriente. In Europa, abbiamo la situazione con l’Ucraina, dove i tentativi di risoluzione, peraltro un po’ approssimativi, sono ostacolati da personaggi vicini a Trump che non desiderano la fine della guerra e che hanno dato consigli o comunque operato in modo da complicare le trattative anziché semplificarle. Tuttavia, la guerra non sembra avere prospettive di conclusione, ovvero non ci sono prospettive di raggiungere un accordo di pace nel breve periodo.
Gli ucraini, gli europei e i russi sono tutti contrari, ma per motivi diversi: gli ucraini e gli europei sono contrari perché non vogliono la fine della guerra, mentre i russi sono contrari perché vogliono raggiungere obiettivi che considerano strategici, come l’eliminazione dell’esercito ucraino, delle sue armi e dell’influenza occidentale in Ucraina, e la conquista di una zona cuscinetto sufficiente a proteggerli da futuri conflitti, inclusa naturalmente l’occupazione delle quattro province che hanno già annesso ufficialmente, ma che di fatto sono ancora in parte sotto il controllo degli ucraini.
Quindi, la guerra in Ucraina non sta finendo e non ha prospettive di concludersi a breve, sia perché i russi vogliono ridurre drasticamente la forza militare ucraina e non sono interessati a raggiungere un accordo di pace ora, visto che sono comunque in vantaggio. Dall’altro lato, gli europei non possono permettersi di perdere questa guerra, perché ciò significherebbe la caduta libera dell’eurozona e dell’euro, dal momento che verrebbe a mancare la disponibilità di materie prime attualmente presenti in Russia e che sarebbero estremamente importanti per sostenere la credibilità del sistema bancario dell’eurozona.
Perciò devono per forza andare avanti, ma non hanno mezzi per farlo se non attraverso gli Stati Uniti, che tuttavia non vogliono essere coinvolti, perché la base elettorale di Trump è estremamente ferma su questo punto. Nonostante le pressioni del Senato statunitense affinché la guerra continui, vediamo che Trump oscilla da una parte all’altra, cercando di accontentare tutti, ma in sostanza si sta defilando.
Il messaggio che Trump ha lanciato agli europei, secondo me, è questo: “È inutile che ci diciate che la Russia è una superpotenza che può invadere l’Europa. Anzi, è una tigre di carta, perché in tre anni e mezzo ha conquistato solo un quinto del territorio ucraino. Quindi non c’è bisogno che gli Stati Uniti siano coinvolti nella guerra o che forniscano garanzie dirette a protezione dell’Ucraina o delle eventuali truppe europee che verranno inviate in Ucraina.
Se la NATO vuole muoversi, auguri. Noi vi forniremo le armi, ma a condizione che le paghiate in anticipo e non ve le forniremo subito, perché dobbiamo prima costruirle. Quindi se ne parla magari fra un anno, due o tre. Intanto, però, pagate”. E al tempo stesso dice: “Però avete la possibilità, visto che insistete tanto sul fatto che l’Ucraina stia vincendo, mi avete convinto, potete farcela, andate avanti voi “.
La posizione dell’Europa è una posizione di ricollocamento. Sul mio sito ho pubblicato una lunga serie di dieci puntate intitolata “Le guerre dell’oppio”, che racconta come diverse dinastie imperiali cinesi siano crollate a causa di una cattiva gestione del denaro e anche perché non erano pronte ad affrontare l’Occidente quando si è presentato sulle loro coste, armato fino ai denti con tecnologie superiori.
Quindi, a partire dalla fine dell’Ottocento fino a poco tempo fa, la sorte della Cina è stata quella di essere costretta a seguire la volontà di altre potenze riguardo alla sua politica estera. I cinesi l’hanno infatti definito il secolo dell’umiliazione. Ora, sento sempre più spesso commentatori europei, piuttosto che americani, dire che forse siamo arrivati all’inizio del secolo dell’umiliazione per l’Europa. Perché? Innanzitutto, l’Europa si trova oggi in una posizione estremamente debole.
Non dispone di risorse di materie prime in quantità sufficiente per potersi sostenere da sola e quelle materie prime che potrebbe avere, come il petrolio al largo della Gran Bretagna, non vengono sfruttate a causa delle tasse che ne scoraggiano l’estrazione. Di fatto, a parte poche nazioni come la Norvegia, che hanno ancora una produzione interessante, ma che appartengono a un circuito a sé stante, il grosso dell’Europa è gravato su un sistema economico che non riesce più a sostenersi, se non con un appoggio e un finanziamento diretti da parte degli Stati Uniti.
Ho già parlato di questo cambiamento importante nella gestione del circuito dell’euro-dollaro, il cosiddetto circuito dei dollari generati al di fuori degli Stati Uniti, che di fatto finanziano l’intera economia globale. Questi dollari sono in calo, e si parla sicuramente di de-dollarizzazione, ma per il momento rappresentano ancora la stragrande maggioranza della liquidità in circolazione e determinano l’andamento delle singole economie.
Fino all’anno scorso, in buona sostanza, il regime di generazione dell’euro-dollaro era tale per cui le banche britanniche e le banche europee potevano emettere dollari indipendentemente dagli Stati Uniti, e quindi prestiti in dollari che garantivano da se stesse e sui quali naturalmente gravavano gli interessi. Questi prestiti venivano naturalmente utilizzati anche per finanziare le attività delle industrie europee all’estero. Magari per l’acquisto di materie prime o di petrolio.
Questo sistema è finito, perché a partire dall’anno scorso tutti i dollari che vengono messi all’esterno degli Stati Uniti devono essere messi a fronte dell’acquisizione preventiva di titoli del Tesoro americano. Quindi, man mano che i prestiti già erogati in precedenza giungono a scadenza e devono essere rinnovati, le banche europee e britanniche devono procurarsi una quantità sufficiente di titoli del Tesoro americano per poter emettere questi nuovi prestiti, oppure, come avveniva in passato, devono richiedere una linea di credito alla Federal Reserve, la banca centrale americana, che tuttavia, secondo le politiche di Trump, potrebbe non garantire queste linee di credito e potrebbe non garantirle gratuitamente.
Tra l’altro, Trump ha espresso in modo molto chiaro la sua posizione riguardo alla politica economica americana, che non è solo di Trump, ma è una politica americana nei confronti dell’Europa e degli altri partner internazionali. Questa è la politica: In primo luogo, dovete dimostrare di essere nostri alleati al 100%, quindi dovete seguire le nostre decisioni in modo abbastanza allineato. Se siete della partita e collaborerete con noi, se accetterete i nostri prodotti e troveremo degli accordi funzionali, allora vi potremo garantire la protezione militare.
Questa protezione militare può essere parzialmente gratuita se riteniamo che la vostra nazione sia in una posizione strategica, oppure deve essere a pagamento, quindi dovete provvedere a coprire tutte le nostre spese. Ciò significa che molte nazioni, soprattutto europee, dovranno aumentare drasticamente il proprio budget per la spesa militare se vorranno mantenere la propria indipendenza in tal senso, oppure dovranno cercare delle alternative alle forze armate americane, che comunque sono presenti in Europa e rimangono il contingente più importante e forte, seguito poi da quello turco e polacco.
Anche gli ucraini avevano un ruolo importante in termini di uomini e attrezzature, ma naturalmente, a causa della guerra con la Russia, hanno perso molto e continueranno a perdere. Quindi, per l’Europa, questo scenario significa, in buona sostanza, doversi preparare a sostenere una serie di costi per la difesa e per sostenere il proprio sistema bancario ed economico e cercare di sostenere l’euro. Abbiamo visto che l’euro sta perdendo valore rispetto all’oro in modo significativo, più di quanto stia perdendo il dollaro in questi giorni, il che è un segno della volontà di una parte del capitale europeo di allontanarsi.
Però, insomma, l’Europa è in condizioni decisamente più difficili rispetto al passato. Con il lancio delle stable coin si è concluso un periodo. Con il lancio delle stable coin americane, che analizzeremo più approfonditamente in seguito, l’Europa, e in particolare l’Unione Europea, ha deciso di sospendere il progetto di lancio dell’euro digitale, il che è una buona notizia.
Tuttavia, ciò non esclude il ritorno del progetto sotto altre forme, né l’applicazione di un regime di repressione economica. La repressione economica significa che ci saranno sempre più limiti al movimento di capitali al di fuori dei singoli paesi europei e che ci sarà un aumento del drenaggio dei risparmi per pagare il debito pubblico. Ciò può avvenire tramite prelievo diretto, tassazione o altri meccanismi, oppure semplicemente attraverso la cosiddetta tokenizzazione, ovvero la trasformazione dei risparmi e dei beni che fanno parte dei risparmi privati in token, che sarebbero quindi oggetti crittografici digitali che rappresentano quel bene.
Questi token potrebbero poi essere utilizzati come garanzia per i debiti contratti dagli Stati o dal sistema bancario, in sostituzione dei beni russi, che a questo punto non ci sono più, e in sostituzione della garanzia finora fornita dagli Stati Uniti, che non ci sarà più. Tra l’altro, la Federal Reserve ha elargito una porzione importante dei propri profitti alle banche europee, ma anche questo è destinato a terminare. Proprio l’altro ieri, in Europa, ho assistito alla presentazione di uno stratega geopolitico americano, considerato vicino a Trump o comunque al circuito MAGA, che non è necessariamente un neoconservatore.
I neoconservatori sono persone malate, il cui unico obiettivo è proseguire la guerra in Ucraina e avviare un conflitto con l’Iran. Questa è l’unica loro ossessione. Tuttavia, se escludiamo questi personaggi improponibili, ci sono altri analisti che hanno identificato, già da parecchi anni, il fatto che Israele costituisca un problema strategico per gli Stati Uniti e che, quindi, gli Stati Uniti debbano orientarsi diversamente.
Questi analisti hanno anche identificato che, in Europa, il punto nevralgico sarà la Polonia. Questo perché la Polonia si trova immediatamente a ridosso della Russia e può quindi giocare un ruolo importante per contenerla o comunque rappresentare un punto di contatto più credibile tra NATO e Russia rispetto alla Germania che invece ha un passato problematico. Inoltre, la Germania ha sempre avuto una posizione piuttosto ambivalente nei confronti dei russi: a volte li considera alleati, a volte avversari. Ci ricordiamo che durante la seconda guerra mondiale Stalin e Hitler si divisero la Polonia con un accordo, firmando un patto di non aggressione reciproca: “Tu ti prendi un pezzo e io me ne prendo un altro pezzo, e siamo a posto”.
Quindi, dal punto di vista della Polonia, sia i tedeschi che i russi sono nemici storici e, pertanto, è la nazione più motivata a creare una linea di difesa. Infatti, ha l’esercito più grande d’Europa, un’economia in rapida crescita e presto entrerà a far parte del G20, il che renderà la situazione europea sempre più incentrata sulla Polonia, secondo le analisi di questi analisti geopolitici che, in un certo senso, chiariscono anche la posizione di Trump. I russi vogliono prendersi quattro oblast, li vogliono per intero, ma Trump non può concederglieli perché il governo americano, il congresso, soprattutto il senato, non glielo permetterebbe mai.
Di conseguenza, è necessario che i russi se li riprendano da soli. Quello che Trump può fare è ridurre il supporto agli ucraini senza farlo crollare, altrimenti verrebbe attaccato sia a casa propria che dall’Europa, e spingere l’Europa a spendere sempre di più per sostenere un apparato militare che comunque graviterà soprattutto sulla Polonia, che è l’elemento più credibile, anche perché costituisce al tempo stesso un punto di difesa verso il Baltico, quindi è una posizione strategica. Per quanto riguarda invece il Mediterraneo, la scelta è caduta sulla Turchia.
La Turchia ha l’esercito più grande all’interno della NATO dopo quello degli Stati Uniti, si trova in una posizione strategica perché è vicina all’Iran, alla Russia e ai paesi arabi e può controllare il flusso di gas verso l’Europa che passa attraverso l’Italia o altri condotti. Per quanto riguarda il Mediterraneo, quindi, la posizione strategica sarà quella dei turchi, da stabilire poi come si evolverà, mentre sul fronte orientale sarà il Giappone. Se consideriamo questi tre elementi centrali, la situazione tende a semplificarsi e, parallelamente, la posizione europea diventa periferica.
Credo che ci sarà un trattamento speciale riservato alla Gran Bretagna, perché naturalmente ci interessa evitare il crollo del sistema euro-dollaro attuale e permettere la migrazione verso il nuovo impianto. Trump ha mire sul Canada e quindi ha bisogno che i britannici stiano al gioco, ma al di là di questo credo che la politica verso l’Europa sarà principalmente di estrazione: soldi dall’Europa per compensare la presenza delle truppe americane, che sono preferibili per i russi rispetto a un esercito forte in Germania, in Francia o in Gran Bretagna, che non c’è e che probabilmente non ci sarà neanche in futuro.
Quindi, i russi preferiscono avere a che fare con gli Stati Uniti piuttosto che con un miscuglio di nazioni più o meno coordinate che oggi si vedono in Europa e che, in ogni caso, hanno dimostrato una posizione molto antagonista nei confronti dei russi, persino più di quella americana. Pertanto, direi che la situazione dell’Europa è tutta da scoprire e credo che ci sarà una diminuzione graduale dell’Eurozona nel suo complesso. Ci sarà uno sviluppo industriale ed economico importante in Polonia, probabilmente coadiuvato da uno sviluppo finanziario e di risorse nella componente scandinava.
Per quanto riguarda invece il centro Europa, bisognerà vedere. Qui negli Stati Uniti c’è un analista, Martin Armstrong, che ha un sistema informatico chiamato Socrate che analizza tutti i dati economici reperibili e li confronta e sintetizza per fornire una previsione del futuro. È un personaggio noto perché ha previsto con successo diversi eventi, come la vittoria di Trump nel 2024. Tra l’altro, è stato consultato da diversi governi, compreso quello dei politici nella fase di formazione dell’Eurozona, per ricevere consigli su come costruire l’euro e tutto il resto, quindi non è una persona che ignora le problematiche.
Tra l’altro, ogni volta che viene intervistato, lui spiega come aveva suggerito di strutturare l’euro, cosa che naturalmente non è stata fatta e che, secondo lui, ha costituito una delle sue debolezze più importanti: il fatto di non avere un mercato dei titoli di tesoro unificato, ma tanti mercati diversi all’interno dei singoli paesi, cosa che rende molto difficile gestire gli investimenti in titoli di tesoro in euro e che ha reso povero quel tipo di mercato, destinato a impoverirsi ancora di più in un periodo in cui, in genere, la gente tende a comprare meno titoli di tesoro, non solo quelli americani.
Infatti, oggi l’euro è passato dal secondo al terzo posto nella classifica delle valute di riserva internazionali, superato dall’oro. Il dollaro è sicuramente calato rispetto al passato, ma non nella stessa proporzione e mantiene ancora la posizione numero uno, e con le stable coin sta tentando di recuperare terreno. Si tratta quindi di una situazione da affrontare con cautela, complessa e molto dinamica, che offre grandi opportunità a chi vuole sfruttare il cambiamento e riposizionarsi.
Di certo, è necessario essere molto più informati rispetto al passato, perché ci troviamo in un periodo di cambiamento secolare, che non si verifica in tutte le generazioni, e quindi è necessario capire meglio quello che sta accadendo.
Hai citato chiaramente anche il discorso delle stable coin: non solo l’Europa, ma anche altri paesi stanno seguendo questa strada. In Europa, tra l’altro, il Sole 24 Ore, che abbiamo visto stamattina, titolava che sta per arrivare anche la stable coin europea con l’intervento di alcune banche. La BCE sembra allarmata dal discorso delle stable coin e sta cercando di velocizzare l’introduzione dell’euro digitale. A questo scopo, sta facendo azioni di lobbying con i parlamentari europei e non solo, cercando di illustrare i grandi vantaggi di questa valuta digitale. Tuttavia, sembra che il progetto sia molto spostato nel tempo, perché non sarà facile realizzarlo in poco tempo.
Più che un progetto spostato nel tempo, è un progetto che non sanno come realizzare. Avevano un progetto che avrebbe dovuto avviare la fase sperimentale a ottobre, il mese prossimo, ma l’hanno scartato perché si rendono conto che è già obsoleto. Quello che è successo con le stable coin negli Stati Uniti è una trasformazione epocale, direi. Alcuni lo chiamano un progetto diabolico, oltre che geniale, e non sono io a dirlo. Non si tratta di estimatori di Trump o del dollaro, ma di persone che investono in oro o in altri prodotti finanziari. Innanzitutto, il progetto delle stable coin, la famosa legge Genius, è stato approvato con un contributo significativo di entrambi i partiti, quindi è letteralmente una legge bipartisan e non è un’iniziativa solo di Trump.
Sicuramente l’amministrazione Trump, con le persone che Trump ha inserito per gestire questo tipo di raccomandazioni e con le scelte operate dalla famiglia Trump, che sta per lanciare una propria stable coin, ha sicuramente contribuito a questo passaggio, perché l’amministrazione Biden era totalmente contraria. Tuttavia, con l’elezione del 2024, è emerso che la componente cripto negli Stati Uniti, sia in termini elettorali che industriali, è molto forte, pertanto non è più possibile contrastarla e, di conseguenza, è preferibile abbracciarla.
Anche nel Partito Democratico, molti parlamentari e senatori si sono documentati sull’argomento, hanno acquisito una maggiore comprensione e hanno deciso di sostenere questa posizione. La legge Genius è stata quindi approvata con il consenso di entrambi i partiti, delle principali banche americane e naturalmente di Trump, ed esprime una nuova strategia generale degli Stati Uniti che andrà oltre la presidenza Trump. Inoltre, in questi giorni, sono state proposte al Senato e alla Camera dei Deputati diverse formule di un’altra legge, denominata Clarity, che di fatto si aggiunge alla legge sulle stable coin e definisce l’impianto infrastrutturale su cui queste ultime si muoveranno all’interno del sistema finanziario americano.
Le stable coin definiscono un nuovo impianto monetario per il dollaro e la legge Clarity fornisce le ferrovie finanziarie, le linee finanziarie, l’infrastruttura e le tubature finanziarie cripto su cui inserire le stable coin e le criptovalute, così che diventino una componente integrata del sistema bancario americano. A questa legge dovrebbe poi seguire una terza legge, già in fase di preparazione, che probabilmente verrà discussa l’anno prossimo: la legge sulla riserva strategica di bitcoin, dato che bitcoin gioca un ruolo importante in tutto questo.
Ma ne parleremo l’anno prossimo, perché è ancora troppo presto. Qual è, dunque, la differenza sostanziale delle stable coin rispetto a quelle che possono essere lanciate in Europa? Innanzitutto, il fatto che partono da una realtà esistente. Oggi esiste già una stable coin americana in dollari, che si chiama Tether e che, se non sbaglio, serve più di 300 milioni di utenti nel mondo, con un volume di transazioni che supera quello delle carte di credito.
Quindi, non si tratta di un’ipotesi, né di una novità che da Francoforte vogliono proporci con grandi speranze per il futuro, né di un’iniziativa che qualche banca europea decide di provare per vedere come va. Si tratta di una realtà di mercato in crescita e consolidata, che gode di grande adesione spontanea, soprattutto presso un’utenza al di fuori degli Stati Uniti, soprattutto nei paesi del BRICS, perfetti per una ridollarizzazione del sistema.
Quali sono i vantaggi delle stable coin dopo l’approvazione della legge Genius? Innanzitutto, si torna a una modalità di free banking che gli Stati Uniti avevano già vissuto nel XIX secolo, quando ogni singola banca poteva emettere il proprio dollaro, ovvero battere moneta, indipendentemente dalla banca centrale, a condizione di aver acquisito una quantità corrispondente di titoli del Tesoro americano. A differenza del sistema bancario a riserva frazionaria in vigore oggi negli Stati Uniti e in Europa, dove a fronte di una certa quantità di prestiti erogati dalle banche e di valori presenti sui conti correnti, è sufficiente una riserva del 10%.
Di conseguenza, se il 9,8% dei correntisti va a ritirare i propri soldi tutti insieme e la banca fallisce, nel caso delle stable coin la riserva è a 1 a 1. Perciò, per ogni stable coin emessa, deve esserci un dollaro certificato a bilancio, oppure un dollaro in contanti, oppure un dollaro espresso in titoli del Tesoro americano. Quindi, come garanzia di valore di questo nuovo dollaro, è molto maggiore rispetto a quello precedente e rispetto a quello che potrebbe essere l’euro, perché c’è una riserva di valore del 100%.
Inoltre, questo genera una forte richiesta di titoli del Tesoro americano, che, anche se non vengono più acquistati dalle banche centrali straniere che hanno ridotto oggettivamente l’acquisto dei loro titoli, vengono acquistati da chi emette le stable coin, che poi trasferisce il costo di acquisto a chi acquista le stable coin. Spero di essere stato chiaro. Quindi, diventa una sorta di grandissima colletta mondiale per acquistare il debito americano.
Già dall’anno prossimo, in virtù di un cambiamento nei regolamenti della Fed Reserve in relazione alla gestione delle riserve e delle singole banche, verranno rilasciati 3,2 trilioni di riserve per creare liquidità negli Stati Uniti mediante l’emissione di stable coin. Tieni presente che queste stable coin potranno essere emesse anche da società che non sono banche, a condizione che siano collegate alle banche. Potrebbe essere Facebook, Amazon o Walmart, per esempio. Quindi, queste aziende potranno emettere i propri dollari, che avranno valore corrente e saranno quindi dollari effettivi, e che potranno offrire dei benefici, come sconti particolari o interessi associati al conto in stable coin di Amazon, per esempio.
Questo favorirà anche l’emissione su scala mondiale di queste stable coin al pubblico attraverso i social media e altri canali. Quindi, si tratta di una capacità distributiva mostruosa. In Europa, invece, si parla di cose che non conosco, nel senso che le stable coin che verrebbero emesse, innanzitutto, piccolo inciso, Tether è arrivata sul mercato con due stable coin fin dall’inizio: una in dollari e una in euro.
Quella in euro non è stata richiesta da nessuno, il suo volume è infinitesimale, forse l’1%. Quindi, non c’è alcuna domanda di euro digitali nel mondo. Ora, non so se in Europa la situazione sia diversa, magari sì, nel senso che le banche potrebbero offrire queste forme di euro digitali con interessi leggermente più alti, ma quale garanzia superiore potrebbero offrire? Da cosa sono sostenute?
Nel caso di Tether, per esempio, le stable coin sono garantite da un mix di prodotti a bilancio, come titoli del tesoro americani, oro, bitcoin e azioni, quindi proprietà di minatori d’oro e di altre aziende, come i minatori di bitcoin. Quindi c’è la concreta possibilità che una stable coin di Tether, per esempio, ne avranno diverse versioni, perché oggi Tether offre solo al di fuori degli Stati Uniti; quei beni di cui ti ho parlato sono fuori dal mercato americano, ma offrirà anche prodotti all’interno del mercato americano grazie a questa nuova legge.
È probabile che i dollari di Tether, o quelli di qualche altro operatore simile, abbiano un valore superiore rispetto al dollaro effettivo, perché si apprezzano avendo come garanzia beni solidi, come l’oro o il bitcoin. Quindi, stiamo parlando di un’architettura completamente diversa rispetto alla quale il sistema bancario europeo, direi, può lanciarsi, cioè può contattare le società che hanno realizzato prodotti per Tether e chiedere loro di fare qualcosa anche per loro e poi lanciarlo.
Poi bisogna vedere chi li prende. Tether, infatti, senza avere nessuna motivazione per preferire l’euro al dollaro, ha offerto entrambi, ma la richiesta dell’euro era praticamente nulla. Tra l’altro, l’amministratore delegato di Tether è italiano e, se non sbaglio, la sede dell’azienda è in El Salvador, ma i quartier generali o comunque gli uffici dell’azienda si trovano a Lugano. Conoscono molto bene la realtà europea, ma non mi sembra che siano particolarmente ottimisti riguardo alla prospettiva di lancio di stablecoin in Europa.
Anche i cinesi vogliono lanciare una stablecoin, ma c’è una differenza tra avere una domanda effettiva in giro per il mondo e avere una domanda effettiva in un solo Paese. Ci sono, infatti, una serie di nazioni, come la Turchia, dove le valute locali sono estremamente deboli, quindi c’è una forte inflazione e le persone preferiscono avere come risparmi delle stablecoin, anche perché è possibile acquistarle senza avere un conto corrente con una banca americana.
Si possono acquistare su queste borse che già oggi vendono bitcoin, Tether e simili, e in futuro si potranno comprare su Amazon o altri siti. Non è necessario aprire un conto corrente in dollari presso una banca americana per ottenere dollari. Questi dollari sono garantiti uno a uno dai titoli del Tesoro americano, quindi sono ancora meglio dei dollari in circolazione oggi e sono molto preferibili nei Paesi in cui non è possibile procurarsi contanti in dollari, in cui la valuta locale è debole e in cui c’è quindi una forte richiesta di qualcosa di più stabile, ma che sia anche facilmente spendibile. Bene, questa è un po’ la situazione.
Nel caso dell’euro, direi che è una situazione un po’ ibrida, perché l’euro è ancora abbastanza forte e non c’è motivo per cui gli europei debbano usare il dollaro digitale, almeno per il momento. Tuttavia, non c’è neanche alcuna richiesta esterna da parte del pubblico che oggi usa il dollaro digitale in formato stablecoin. Quindi, mi sembra un progetto che sì, verrà lanciato, ma non so cosa combineranno.
Fabio ci dice che anche Tether detiene azioni della Juventus e questo è stato spiegato e raccontato anche dai giornali italiani. Poi c’è una domanda: come fanno le aziende di stablecoin ad avere un peg con la moneta fiat?
Devono semplicemente detenere in deposito una quantità equivalente di moneta, quindi se emetto un token, devo avere un dollaro. A quel punto, il valore del dollaro segue quello che c’è. Perdo il peg se, per qualsiasi motivo, mi ritrovo con meno dollari in deposito rispetto ai token emessi. Questa potrebbe essere una situazione. Per esempio, è successo a Tether di avere un periodo in cui ha avuto difficoltà di questo tipo, perché ci sono stati fallimenti di aziende in cui aveva investito e che avevano una parte dei suoi token
. È stata coinvolta in una serie di operazioni di aziende che sono crollate e quindi ha dovuto temporaneamente sospendere il peg, ma poi l’ha ripreso subito. Ci sono quindi dei meccanismi per sganciarsi temporaneamente e riagganciarsi, ma il fatto è che per ogni token deve esserci un dollaro in deposito. Poi, il valore del dollaro sarà quello che sarà.
Fede dice: “Le stable coin in euro presentano le problematiche legate ai titoli di Stato nazionali, con situazioni di spread differenziate e problemi di garanzie”.
Il problema che spiegava Armstrong, che secondo me è molto razionale e che corrisponde esattamente a quanto lui ha detto ai creatori dell’euro originale, è che se si vuole creare una moneta unificata, bisogna considerare che oggi le monete fiat sono di fatto debito. Quindi, la vera emissione di moneta avviene attraverso l’emissione di titoli di Stato, da cui derivano le banconote o le semplici cifre digitali che troviamo sui conti correnti. Per poterlo fare, se si vuole avere una moneta unificata, è necessario avere anche un mercato del debito unificato, altrimenti è un disastro e non può funzionare.
All’epoca gli dissero: “Sì, hai ragione, però non possiamo dire ai tedeschi che vogliamo creare un mercato del debito unificato, perché altrimenti percepirebbero che dovrebbero pagare i debiti di altre nazioni e non sarebbero d’accordo. Quindi, andiamo avanti così”. Oggi è improponibile, non ha senso dal punto di vista finanziario: nessuno comprerebbe un prodotto del genere, sarebbe come acquistare un’auto e vedere il suo valore cambiare a seconda della concessione a cui ti rivolgi, sarebbe demenziale. Tra l’altro, il prezzo della benzina cambia a seconda dell’auto scelta: è ingestibile, non può funzionare.
Vediamo anche il messaggio di Marina, che invece ci parla di identità digitale. Mi chiedevo se negli Stati Uniti stessero implementando l’identità digitale. Tra l’altro, oggi la Gran Bretagna ha annunciato, tra le polemiche, l’avvio della carta di identità digitale, nonché il requisito per accedere all’occupazione e ad altri servizi. Qual è la situazione negli Stati Uniti?
Al momento non c’è, abbiamo naturalmente la patente che è in formato digitale, ma non c’è l’obbligo di un’identità digitale. Probabilmente si andrà in quella direzione a scopi elettorali e non è escluso che cerchino comunque di usare questo strumento anche per controllare le stable coin. Per il momento, però, non ci sono progetti specifici.
Volevo chiederti se, in questa situazione, l’Europa sta cercando di giustificare il riarmo, con un’escalation verbale per far passare il messaggio che c’è bisogno di armi, o se, come temono in molti, sta cercando proprio lo scontro con la Russia per ragioni folli e sconosciute. Secondo te, l’Europa potrebbe cercare un rifugio in un conflitto di fronte a una situazione disastrosa, sia economica che geopolitica?
È possibile. Tra l’altro, ho iniziato a parlare di Martin Armstrong, ma poi mi sono fermato a metà. Martin Armstrong sostiene che il suo sistema prevede lo scioglimento dell’Unione Europea già l’anno prossimo. Non lo so, non ho modo di verificarlo o di confermarlo, vi riporto semplicemente quello che dice. Però, quello che si percepisce è che l’Unione Europea si trovi di fronte a un problema esistenziale: non può continuare così. Su questo sono tutti d’accordo. Il problema dell’Unione Europea è che non dispone di un proprio esercito in grado di imporre la volontà di Bruxelles e di difendere gli interessi di quest’ultima, soprattutto quelli delle banche europee in giro per il mondo, e finora ha fatto leva sugli Stati Uniti.
Diversi governanti europei, credo, sono convinti di poter aspettare che Trump se ne vada e che una presidenza successiva possa riportare la situazione allo status quo precedente, ma ritengo che questo sia un errore, perché gli Stati Uniti hanno preso una decisione strategica: hanno riconosciuto di essere deboli sotto diversi punti di vista e di dover quindi cambiare la politica interna in funzione delle esigenze strategiche militari e della sicurezza nazionale. Quando si parla di sicurezza nazionale, si parla di assetto militare.
Quindi, dal punto di vista degli Stati Uniti, le considerazioni di natura economica, che in passato potevano vedere di buon occhio una collaborazione con l’Europa e un’integrazione con essa, sono passate in secondo piano. Pertanto, considerando che l’Unione Europea sta andando verso il collasso, cosa di cui non c’è alcun dubbio, si tratta di stabilire quando e con quali modalità è probabile che tentino la carta dell’avventura militare. Anche perché giocandosi la carta dell’avventura militare, si sposta l’attenzione del pubblico verso un problema esterno, mentre nel frattempo i problemi interni si moltiplicano e la colpa di tutto viene data ai russi, quando invece sono stati i governi europei a creare questi problemi, come abbiamo già visto fare in questi primi tre anni e mezzo di guerra.
Quindi, se potessero, gli europei andrebbero sicuramente in guerra. Il problema è che non possono farlo: non hanno eserciti, non hanno una struttura logistica, non hanno coordinamento, non hanno una volontà politica unificata, non hanno armi. Insomma, non hanno niente, e nel momento in cui gli Stati Uniti non partecipano, il discorso è finito.
Quindi, faranno discorsi e propaganda, dicendo che dobbiamo prepararci perché i russi stanno arrivando e ci invaderanno, per spostare l’attenzione dai problemi interni a quelli esterni. Nel frattempo, però, gran parte dei soldi raccolti per rafforzare l’apparato militare finirà negli Stati Uniti. Questo perché gli Stati Uniti forniranno armi o perché vorranno essere pagati per restare in Europa? Quindi, non credo che ci sarà una guerra vera e propria, ma solo una guerra di parole e di propaganda. Anche perché, e poi potrei essere smentito domani, perché abbiamo visto che Trump cambia idea dalla mattina alla sera, ma la posizione degli europei e degli americani è molto chiara: non vogliono essere coinvolti in un’altra guerra in Europa.
Non volevano entrarci neanche nelle due guerre precedenti, ma a differenza della prima e della seconda guerra mondiale, oggi la quantità di informazioni disponibili sui media alternativi e la quantità di informazioni che la gente ha acquisito leggendo libri o guardando documentari, rende molto più difficile per i politici far accettare un coinvolgimento diretto. Credo che ci sarebbe un rifiuto generale e un conseguente collasso politico all’interno degli Stati Uniti. Di conseguenza, finché gli Stati Uniti non interverranno, non sarà possibile.
Gli Stati Uniti, intendo Trump e gran parte dell’amministrazione Trump, nonché la popolazione americana, non vogliono una guerra diretta con i russi, ma un accomodamento che crei una zona di rispetto in Ucraina, un’Ucraina potenzialmente neutrale sorvegliata da polacchi e russi, così da permettere agli americani di concentrarsi sull’emisfero occidentale, in particolare l’America Latina, dove sono molto più interessati.
Non credo che ci sarà un’invasione, anche se non si può mai sapere. Potrebbero esserci delle azioni che generino delle false bandiere, degli attacchi simulati, degli attentati che creino un’isteria nell’opinione pubblica e spingano la gente in quella direzione. Tuttavia, credo che dopo il Covid e dopo quello che abbiamo visto sui vaccini, sia più difficile fare anche questo, quindi direi che è poco probabile. Siamo arrivati alla fine di questo appuntamento.
Grazie Coberto, seguite il sito mazzoninews.com.
Ci vediamo presto per altre analisi e altri commenti. Grazie Roberto. Perfetto, arrivederci.
Roberto Mazzoni