Come sempre, vi propongo una riedizione delle interviste che ho realizzato di recente. In questo caso si tratta di un’intervista con il Vaso di Pandora, in cui parlo di questioni finanziarie e politiche, offrendo una panoramica generale. Come sempre, quando rivedo queste interviste, mi rendo conto di aver commesso qualche errore parlando a braccio. In questo caso specifico, dico che il Giappone sta stampando una quantità enorme di denaro. In realtà, mi riferivo alla Cina. Anche il Giappone sta stampando denaro, ma la Cina sta producendo una quantità di liquidità senza precedenti e ha un livello di indebitamento molto superiore a quello degli Stati Uniti, il che rappresenta un problema importante.
Questo magari aiuterà a capire meglio il contenuto dell’intervista che ora vi propongo. Amici del Vaso di Pandora, benvenuti e ben ritrovati. In questa puntata ci occuperemo soprattutto della strategia economica adottata da Trump a livello internazionale. Il “Trump taco” e la grande marea di inflazione in arrivo. La ormai ben nota politica tariffaria applicata da Trump verso il resto del mondo è stata denominata negli Stati Uniti con il termine “taco”, che in questi mesi è diventato un tormentone in America. Taco è l’acronimo di “Trump always chickens out”. Trump fa sempre marcia indietro. Il presidente americano ha già ribattuto più volte che le sue decisioni non costituiscono un arretramento, ma una tattica negoziale. Affronteremo queste tematiche con il giornalista e analista Roberto Mazzoni, in collegamento dalla Florida. Qui do il benvenuto a Roberto. Ciao Roberto. Benvenuto. Allora, partiamo subito. Ci spieghi cos’è il Trump Taco? Perfetto. Come hai giustamente fatto notare, vuol dire “Trump sempre si tira indietro”, che nell’interpretazione americana più corretta sarebbe “Trump fa sempre marcia indietro scappando”.
Chicken, infatti, è l’equivalente di una persona che non è coraggiosa, che cede, che si tira indietro all’ultimo momento per paura, un po’ come nel poker quando alla fine passi perché non te la senti di andare avanti, o semplicemente chi si ritira all’ultimo momento. Si ritira all’ultimo momento perché ha paura, perché è spaventato o perché non è in grado di mantenere la sua posizione. Uno potrebbe anche ritirarsi all’ultimo momento perché decide che sia la cosa giusta da fare, una ritirata strategica, se vogliamo, mentre “chicken out” significa che se la dà a gambe, è questo il senso. In pratica, stanno dicendo a Trump che è un codardo. È uno sbruffone fifone. Per un personaggio come lui, credo che una definizione del genere dia tanto fastidio. È un acronimo studiato apposta per Trump, ma ha una sua logica. Innanzitutto, c’è un detto negli Stati Uniti: gli americani fanno sempre la cosa giusta dopo aver provato tutte le altre sbagliate, soprattutto a livello governativo.
Questa è una regola che si applica anche a Trump, perché lui è americano e vuole “rendere di nuovo l’America grande”, quindi segue la stessa logica. In buona sostanza, il taco è Trump che fa una serie di tentativi e, man mano che si rende conto che questi tentativi stanno fallendo, fa marcia indietro precipitosamente per fare qualcos’altro o per smentire di stare facendo sul serio, ma in realtà si tratta di una tattica. Questa è una tattica, in ogni caso. Trump è un acceleratore, come riconosciuto da tutti, anche dai suoi avversari: fa le cose più velocemente di qualsiasi altro politico, anche perché il suo obiettivo è concentrare un cambiamento che richiederebbe dieci anni in tre, perché questo è il tempo che ha a disposizione. Per fare ciò, deve muoversi a tappe forzate e fare mosse rischiose e avventate che si rivelano fallimentari.
Quindi, quello che bisogna riconoscere è che, una volta che si rende conto di aver fatto una cavolata, fa immediatamente marcia indietro. Magari l’ha detto a qualcun altro che era una cavolata, o magari ha ricevuto una telefonata da qualcuno importante che gli ha detto: “Questo non ci piace, cambia registro”, e lui si adegua rapidamente. Questa è un po’ la logica del taco. Il taco è: “Siamo messi male, abbiamo una serie di problemi, ma stiamo andando nella direzione giusta in generale”, e questo è riconosciuto da numerosi analisti. Quindi, la direzione generale dell’economia americana, perlomeno per quanto riguarda le nuove politiche, come i tagli fiscali, i tagli dei regolamenti, il riportare in patria le industrie strategiche e le tariffe, che in precedenza erano state criticate da molti, ma che adesso sono considerate un fatto tutto sommato positivo.
Quindi, come direzione, siamo sulla strada giusta, anche se non sappiamo esattamente quale strada ci porterà fuori da questo ginepraio in cui siamo finiti. Questo si complica anche perché oggi gli Stati Uniti non sono più l’attore primario: a differenza del passato, non possono più decidere una cosa e renderla valida per tutti, perché ci sono altri giocatori al tavolo che hanno carte paragonabili o anche superiori, pensiamo alla Cina o alla Russia. Quindi, in questo caso, cosa succede? Ci sono delle trattative che vanno avanti e indietro, con degli scossoni consecutivi che servono a sondare il terreno da entrambe le parti. Quindi, in questo momento, gli Stati Uniti non possono liberarsi della Cina, non possono disaccoppiarsi completamente; questo è un dato di fatto.
Allo stesso modo, i cinesi non possono disaccoppiarsi dagli Stati Uniti, perché se così fosse, cosa succederebbe? Prendiamo l’esempio delle terre rare, che è l’argomento del momento e uno dei temi in cui il tacito accordo è più evidente. In questo momento, gli Stati Uniti non possono costruire armi senza le materie prime cinesi. Gran parte delle armi strategiche e tattiche statunitensi sono state consumate in Ucraina e un’altra parte importante è stata utilizzata nella famosa guerra dei 12 giorni tra Israele e l’Iran. Pertanto, gli Stati Uniti non sono in grado di combattere una guerra in questo momento. Probabilmente devono ritirarsi dai fronti. No, non credo che si ritireranno, perché non è ancora il momento, ma non possono impegnarsi in una guerra totale con avversari importanti o con avversari sostenuti da potenze importanti, come l’Iran, per esempio. Di conseguenza, è poco probabile che ci sia una guerra in Iran, anche se Israele la vorrebbe. Nell’ultima intervista abbiamo parlato in particolare di Israele e avevamo detto che Trump deve togliersi di mezzo, ti ricordi?
Con questo accordo di pace a Gaza, che non soddisfa particolarmente nessuno, ma che comunque esiste, si è comprato un po’ di tempo e sta segnalando il fatto che gli Stati Uniti non sono pronti né disponibili a entrare in guerra con l’Iran per conto di Israele o di chiunque altro sia dietro a Israele. Lo stesso vale per la Russia, quindi non c’è alcun pericolo di terza guerra mondiale nell’immediato, semplicemente perché non ci sono gli strumenti per farlo: nessuno vuole bombardarsi con testate nucleari e un conflitto di tipo convenzionale verrebbe perso, perché gli Stati Uniti non sono in grado di produrre le armi necessarie, né l’Europa.
Quindi, tutto l’apparato NATO non è in grado di farlo, e questo dipende in parte dalle terre rare e in parte dal fatto che l’Occidente si è deindustrializzato, riducendo in particolare la propria disponibilità di energia, che è una componente essenziale per costruire armi, ma anche per costruire altre cose importanti. In questo contesto, gli Stati Uniti hanno bisogno di terre rare, i cinesi di altre cose di cui non possono fare a meno e devono quindi cercare di trovarle e iniziare a produrle. Innanzitutto, hanno bisogno dei chip di alta tecnologia che provengono dagli Stati Uniti e, in più, hanno bisogno dei consumatori americani. Quando ci sono stati il blocco temporaneo delle tariffe e l’inizio del Liberation Day, ci sono stati i primi scontri con la Cina e i primi aumenti delle tariffe sui prodotti indiretti. Ci sono già stati degli aumenti in vigore e alcune aziende cinesi hanno fallito, anche perché il sistema prevede delle penalizzazioni per le nazioni che acquistano prodotti dai cinesi e poi li rivendono agli Stati Uniti, in particolare in Vietnam, e questo ha ridotto notevolmente il flusso di prodotti indiretti dalla Cina che prima evadeva le sanzioni, anche quelle precedenti, semplicemente perché li rimarchiava.
Questo ha creato una barriera nei confronti del consumo cinese e la Cina, in questo momento, non se la sta cavando benissimo dal punto di vista economico. Dopo il Covid, con la riapertura, l’economia cinese non è ripartita e i cinesi non stanno consumando come vorrebbero i loro politici. Quindi, non c’è un consumo interno che possa soddisfare la necessità di ricollocare i prodotti che non vengono più acquistati dagli Stati Uniti. Al tempo stesso, le nazioni BRICS non sono un mercato abbastanza ampio o abbastanza ricco da poter compensare la mancanza degli Stati Uniti. Per il momento, quindi, devono cercare di coesistere, un po’ come in un divorzio in cui ognuno prende una parte della casa: io prendo il servizio di piatti, tu prendi la teiera, io prendo la poltrona, tu prendi il quadro, e così via, per almeno tre anni.
Ci sarà quindi un tira e molla, perché in questo periodo i cinesi ridurranno la produzione, anche perché hanno molti prodotti invenduti che stanno piazzando soprattutto in Europa con dumping dei prezzi. Direi che l’Ungheria sia uno dei veicoli più importanti per portare tali prodotti in Europa. Ciò vorrà dire che i cinesi trasferiranno gran parte dei prodotti che gli Stati Uniti non assorbono più verso l’Europa, l’unico mercato in cui c’è ancora una certa ricchezza e in cui è possibile piazzare questi prodotti. In ogni caso, nel frattempo, gli americani stanno già muovendo per procurarsi delle materie prime raffinate da altre parti. Abbiamo visto un accordo con l’Australia, no? Sì, ma c’è già il Pakistan che ha già fornito la prima spedizione di terre rare proprio quando c’è stato l’ultimo incidente in cui i cinesi hanno detto: “Blocchiamo tutte le terre rare”, e Trump ha risposto: “Allora applichiamo il 100% di dazi”.
Il giorno prima, era partita la prima spedizione di terre rare dal Pakistan verso gli Stati Uniti. Il Pakistan sta diventando un’alternativa in questo senso: è chiaro che il livello di produzione è ancora modesto, ma è significativo, ed è anche uno dei motivi per cui Trump dice: “Vogliamo riprenderci la base di Bagram in Afghanistan”, perché in questo momento i talebani stanno attaccando il Pakistan per impedire questo tipo di flusso, e la presenza di una base americana importante in Afghanistan garantirebbe una fornitura continuativa di terre rare dal Pakistan. Quindi, in questo momento, il Pakistan si sta inserendo in modo sistematico nel nuovo circuito di fornitura americano e ci sono altri paesi che stanno arrivando, come l’Argentina, che è una fonte importante di terre rare e che potrebbe diventare anche una fonte importante di terre rare raffinate, anche perché il problema delle terre rare è che non sono affatto rare: ce ne sono tantissime un po’ dappertutto, anche negli Stati Uniti.
Il vero problema è che la loro raffinazione, estrazione ed elaborazione producono danni ecologici catastrofici, pertanto è molto difficile farlo negli Stati Uniti, dove ci sono gli ambientalisti e una serie di leggi sulla protezione dell’ambiente. Se però ci sono nazioni in cui è possibile farlo, per esempio in aree desertiche o meno problematiche, allora la cosa diventa fattibile. So che ci sono anche alcune strutture di produzione che vengono costruite in questo momento negli Stati Uniti e che potrebbero attingere ai depositi dell’Argentina. Questo è uno dei motivi per cui, tra l’altro, gli Stati Uniti hanno appena finanziato il governo argentino. È vero che la Cina ha comunque il monopolio della quasi totalità della raffinazione delle terre rare? Sì, credo che al momento sia il 95% della fornitura. Io ho sentito il 98%. Il 98%, va bene.
Non ho certezze sulle percentuali. L’elemento su cui i cinesi stanno facendo leva in questo momento è quello su cui sanno di non poter contare fra tre o cinque anni. Secondo te, a favore di chi? Beh, gli Stati Uniti diventeranno indipendenti: nell’arco di 3/5 anni, avranno una produzione indipendente di terre rare sufficiente a soddisfare le esigenze militari e tecnologiche industriali. E sarà una progressione, quindi non si passerà da zero a mille. I cinesi ridurranno sempre di più la loro percentuale, mentre gli americani aumenteranno sempre di più la loro. Quindi il percorso è già avviato con il Pakistan, il Pakistan è un esempio. Quindi, cosa significa questo? Significa che gli Stati Uniti sono ancora in grado di produrre materiale strategico attingendo a fonti diverse, come l’Australia, per esempio. Quindi stanno costruendo una catena di approvvigionamento alternativa e la percentuale di produzione di questa catena rispetto a quella cinese continuerà ad aumentare, mentre la percentuale cinese continuerà a diminuire.
Anche perché, proprio come gli Stati Uniti hanno spaventato parecchia gente bloccando i soldi dei russi, a quel punto tutti hanno pensato: “Forse il dollaro, in particolare i titoli americani, non sono più una forma di risparmio così sicura, visto che possono portarteli via o bloccarteli”. Lo stesso vale per i cinesi: tutti, giapponesi compresi, hanno capito che non ci si può più fidare della Cina, che usa il territorio come leva politica, e di conseguenza tutti stanno correndo per procurarsi delle fonti alternative. E anche se c’è un certo ritardo, perché è ovvio che ci vuole tempo per fare questo tipo di cambiamento, diverse persone esperte in materia dicono che al massimo in cinque anni la dipendenza sarà totalmente risolta e gli Stati Uniti saranno in grado di procurarsi tutto quello di cui hanno bisogno senza dipendere dalla Cina.
Già da qui a tre anni, quindi, avranno una posizione molto più favorevole. Quindi i cinesi hanno tre anni di tempo per negoziare un divorzio che sia in qualche modo accettabile e favorevole per loro, e lo stesso vale per gli Stati Uniti. Quali potrebbero essere i termini, giusto per rimanere in tema di divorzio? Quali potrebbero essere, secondo te, i termini del divorzio? Dipende da quante persone sono coinvolte, dal fatto che Xi Jinping rimanga al potere e da quello che Trump potrà fare con la sua politica. Sono tantissime le variabili in gioco. Però, c’è una tendenza generale e un punto d’accordo reciproco: “Se dobbiamo divorziare, dobbiamo far pagare la spesa del divorzio a qualcun altro”. Su questo sono d’accordo entrambi. Beh, non era difficile che fossero d’accordo su questo scaricare le colpe su altri. Esatto, quindi come facciamo? Non vi dico chi è, ma vi lascio immaginare. Qual è il metodo per scaricare i costi su qualcun altro? Loro. Sì. Il tema su cui puntiamo molto, anche in termini di attenzione, è certo. Avete visto che il prezzo dell’oro è salito parecchio quest’anno.
Tra l’altro, all’inizio dell’anno, in un’intervista che ho fatto con un altro canale e non con il Vaso di Pandora, ho detto che questo sarebbe stato l’anno dell’oro e in effetti è stato confermato. Ho anche detto che gli Stati Uniti, per fare l’operazione di contenimento del debito pubblico che vogliono, devono portare l’oro almeno a 5 mila dollari l’oncia. Quindi siamo ancora lontani. Siamo ancora lontani, ma ci stiamo avvicinando. Con questo, non voglio garantirvi che l’oro arriverà a 5.000 dollari l’oncia. Non fornisco consigli di investimento e non sono in grado di prevederlo. Tuttavia, questa è l’intenzione politica e, infatti, se andiamo a vedere cosa è successo negli ultimi mesi, notiamo che l’oro ha lasciato Londra, che era un po’ il centro di gestione del mercato dell’oro, per spostarsi a Shanghai, sotto il controllo dei cinesi, e diventare l’asse portante del sistema economico BRICS.
Le varie nazioni BRICS, infatti, non avranno una valuta BRICS, ma continueranno a usare il dollaro per gli scambi internazionali o le loro valute interne per gli scambi reciproci diretti. Quindi, se un paese vende petrolio alla Cina, lo vende in yuan. Però, siccome può venderlo in yuan, non sempre in yuan, ma lo sta vendendo sempre di più in yuan, questo ha segnato la fine del cosiddetto petrodollaro, di cui abbiamo già parlato anche su “Il vaso di Pandora” qualche tempo fa. Solo che l’Arabia Saudita non sa cosa farsene degli yuan, non gli servono, quindi li converte in oro. I cinesi pagano gli arabi in oro. Per questo motivo i cinesi continuano a comprare sempre più oro dal mercato e dagli Stati Uniti. L’oro, quindi, se n’è andato dall’Europa, anche dalla Russia, che ha una produzione interna d’oro e sta accumulando una certa quantità d’oro, anche perché fa parte del sistema BRICS e sta entrando in questo tipo di modello. Anche i russi, quindi, sono a bordo. Allora, una cosa importante che vorrei chiarire è che si parla tanto dei BRICS.
Io credo di essere stato uno dei primi a parlarne in Italia, ma ancora non se ne parlava. I BRICS sono un’invenzione di Goldman Sachs, quindi di Wall Street. Naturalmente, si è consolidata come idea e come struttura a seguito del blocco dei soldi russi da parte dell’amministrazione Biden. Tuttavia, i BRICS non sono composti da nazioni perfettamente omogenee o allineate. L’India ha interessi divergenti rispetto alla Cina e in parte convergenti rispetto alla Russia, ma comunque ha una politica abbastanza assestante. Il Sudafrica, che è uno dei componenti dei BRICS, c’entra abbastanza poco nell’equazione complessiva, cioè contribuisce in modo marginale al momento. Il Brasile, invece, è chiaramente in America Latina e gli Stati Uniti hanno detto che l’America Latina è il loro territorio: “giù le mani”. Pertanto, in futuro, credo che il sistema BRICS evolverà verso un sistema ARC.
Me lo vuoi spiegare? Sì, è semplice: America, Russia e Cina. America, Russia e Cina, certo. Quindi, un sistema economico multipolare centrato sul Pacifico, in cui ciascuno ha le proprie sfere di influenza che tende a dominare, e in cui ci sono invece aree che diventano periferiche. Quindi, secondo te, il mondo sarebbe sostanzialmente tripolare? Sì, esattamente. Anche perché i russi non vogliono dipendere completamente dalla Cina. Non possono permetterselo. Sono vicini e sono stati avversari in passato. Non è sempre stato rose e fiori tra russi e cinesi. Sono consapevole che il tipo di regime in Cina è piuttosto variabile. Se ci sono correnti di partito che emergono e scalzano Xi Jinping, tutto potrebbe cambiare. I rapporti con Pechino potrebbero diventare diversi.
È vero che proclamano fedeltà per tutta la vita e che siamo alleati strategici, ma se fosse così al 100%, non avrebbe senso che Putin cercasse, al tempo stesso, di rialzare i rapporti con gli Stati Uniti e che si parli addirittura di creare un tunnel tra gli Stati Uniti e l’Alaska, nello stretto di Bering, per creare una connessione diretta via terra tra gli Stati Uniti, la Russia e, quindi, l’Asia e, poi, l’Africa attraverso il Medio Oriente. È molto interessante, Roberto. Se si osserva una cartina azimutale del mondo, vista dal nord, si nota che Russia, Stati Uniti e America si toccano praticamente nello stretto di Bering. Si toccano: l’Alaska era un territorio russo, poi venduto dagli zar agli Stati Uniti proprio con l’obiettivo di creare un rapporto più stretto con gli USA, perché i russi hanno sempre riconosciuto negli americani un partner importante. Siamo confinanti con i russi, è come la Calabria e la Sicilia.
È come la Calabria e la Sicilia: è un po’ più largo, ma la logica è la stessa. Quindi, c’è un progressivo riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia che porta a una convergenza verso un sistema finanziario e monetario diverso. La crescita del valore dell’oro è positiva per i Cinesi, per gli Americani e per i Russi. Non va assolutamente bene per gli europei. Per quale motivo? Per il semplice fatto che gran parte dell’oro nel mondo oggi è in mano a loro. Dopo più di 20 minuti di intervista, finalmente ci nomini. Sì, sì, non voglio sempre parlare d’Europa, non è giusto. La stragrande maggioranza dell’oro in circolazione nel mondo si trova negli Stati Uniti, in Russia o in Cina. L’oro che c’era a Londra e che è rimasto per un po’ di tempo grazie all’attività della sede londinese, quindi al polo di concentrazione finanziaria del sistema britannico, si sta svuotando.
Se andiamo in un’epoca in cui è necessario avere beni concreti a garanzia del proprio debito, se hai l’oro puoi cavartela, ma se non ce l’hai devi andare a mendicare le risorse da qualcun altro. Senti, però, ti faccio anche una domanda che mi viene naturale. Una parte consistente dell’oro italiano è in possesso e detenuta dagli Stati Uniti. Esatto. Quindi, cosa dicono? “Se volete, venite a prenderlo”. Se riuscite a portarlo via, venite a prenderlo. Sì, ma credo che sarà più semplice. Perché c’è un progetto: l’anno prossimo sarà l’anniversario della Fondazione degli Stati Uniti, un anniversario importante, e hanno deciso di lanciare una nuova forma di titoli del tesoro americani ancorati all’oro il 4 luglio. Sì. Ok. Questo sarebbe il primo passo verso la riqualificazione del debito pubblico rispetto alle riserve d’oro degli Stati Uniti. Per fare ciò, sentivo un’intervista a una delle economiste che ha proposto questo progetto in origine e che lo sta ancora spingendo oggi, la quale ha affermato che devono risolvere qualsiasi vincolo o richiesta di possesso sull’oro disponibile negli Stati Uniti da parte di nazioni terze o di altre persone. Quindi, secondo la mia ipotesi, che non ha alcuna base, credo che succederà così.
Gli Stati Uniti diranno all’Italia: “Senti, abbiamo il vostro oro e voi avete un debito nei nostri confronti. Cerchiamo di venirci incontro: teniamo l’oro e in cambio vi garantiamo un finanziamento per sostenere la vostra economia durante la fase di transizione che l’Europa sta attraversando e che sarà critica”. Quindi, vi teniamo una sorta di salvagente. Scusami, Roberto, se vuoi bere un goccio d’acqua, puoi farlo tranquillamente, se ce l’hai a portata di mano. Non ce l’ho, ma va bene, la prossima volta me lo procurerò. Dicevo, voi sostenete che questo oro è nostro, o lo sarà per 100 anni, e in cambio noi vi apriamo una linea di credito, cosa che sarà molto importante, anche perché stiamo andando verso un’epoca in cui le banche centrali diventeranno irrilevanti. Come dimostrano le politiche monetarie e finanziarie, non solo degli Stati Uniti, ma anche della Russia. In Russia, per esempio, la banca centrale è puramente decorativa: prende gli ordini dal partito e esegue le direttive del ministero del Tesoro cinese.
È semplicemente un portavoce che esegue le politiche del governo. Andremo in quella direzione anche con la Federal Reserve, gradualmente, perché siamo in un’epoca di dominanza fiscale. Abbiamo già parlato di questo: qualsiasi intervento delle banche centrali non funziona più, perché il livello di debito ha superato la soglia oltre la quale la banca centrale non riesce più ad agire in modo efficace. Gli interventi fiscali, invece, funzionano e sono gli unici che funzionano. Facciamo un esempio: quando, durante la crisi del 2008-2009, la Federal Reserve ha iniettato una quantità enorme di denaro nel sistema bancario americano e poi in quello europeo per tenerlo a galla e ripristinare le riserve esaurite, quel denaro non è stato trasferito nell’economia reale. Le banche, quindi, non hanno iniziato a fare nuovi prestiti o a riattivare l’economia finanziaria, le aziende produttive, eccetera, perché non era nel loro interesse.
Hanno preferito lasciare quei soldi ricevuti dalla Federal Reserve nelle casse della Federal Reserve, così da guadagnare degli interessi senza problemi e senza doversi confrontare con morosi, clienti morosi o altre situazioni complicate della politica, semplicemente guadagnando senza fare niente. Questo è stato il primo segnale che la banca centrale non poteva più influenzare la dinamica economica. Durante il Covid abbiamo visto la stessa cosa: la banca centrale ha acquistato beni dalle aziende e beni problematici dalle banche per salvarle, creando una crescita del valore dei beni reali, come gli immobili e le quotazioni di borsa. Infatti, abbiamo visto la borsa esplodere quando l’economia era ferma: era un paradosso. Tuttavia, questo non si traduce in un beneficio economico concreto: la produttività reale non aumenta. Al contrario, quando il governo ha mandato gli assegni direttamente a casa delle persone, abbiamo visto che l’economia è ripartita, perché quando hai dei soldi in tasca li spendi.
Questo ha dimostrato d’ora in poi, lo stimolo economico può venire soltanto dal governo. La banca centrale diventa un peso, un’infrastruttura burocratica che rallenta le cose se si muove in modo indipendente. Oggi gli Stati Uniti hanno deciso di adottare una politica industriale che favorisca il rilancio di alcuni settori industriali, e ci hanno anche detto quali sono: l’energia, quindi l’estrazione del petrolio, la produzione di energia nucleare, la produzione di energia fotovoltaica e qualsiasi altra forma di energia utile ad aumentare la disponibilità e a far fronte agli enormi consumi derivanti dall’intelligenza artificiale, uno dei tre settori strategici, insieme alle criptovalute. Perché attraverso le criptovalute possono esportare il dollaro ovunque nel mondo e quindi, invece di dedollarizzare, stanno ridollarizzando. Mi spiego meglio: le banche centrali stanno acquistando oro, anche perché non hanno alternative. L’acquisto di oro da parte delle banche centrali equivale a dire che hanno fallito, perché negli ultimi 40 anni ci hanno detto che l’oro era una reliquia del passato, che non serviva più a nulla e che l’unica cosa che serviva era una politica di gestione monetaria fatta dalla banca centrale attraverso il denaro fiat, emesso dallo Stato o, meglio, dalla banca centrale stessa.
L’acquisto di oro equivale a dire che siamo impotenti, che abbiamo fallito, che non serviamo a niente. Implicitamente è così. Esplicitamente, direi. Inoltre, con Basilea 3, tutte le banche possono usare l’oro come riserva valutaria al 100%. In precedenza, se avevano oro nei propri caveau, potevano considerarlo soltanto in percentuale; oggi, invece, possono considerarlo al valore intero. Questo si chiama tier 1, livello 1, e significa che anche le singole banche hanno bisogno di oro, perché questo dà stabilità ai loro conti economici, che non stanno andando molto bene. Quindi, laddove le banche centrali hanno smesso di acquistare titoli del Tesoro americano e di detenere dollari in riserva, generando una richiesta di dollari di debito da parte degli Stati Uniti, vediamo che diverse nazioni hanno problemi seri con le proprie valute e i loro cittadini stanno acquistando dollari in forma crittografica come alternativa alle valute locali. Oggi, gli utenti sono già 350 milioni.
Prima dell’approvazione della legge Genius, che non è ancora entrata in vigore e che, se non sbaglio, entrerà in vigore nel 2017, ci stiamo già muovendo in quella direzione. Oggi, per esempio, c’è una società molto importante nel settore delle stable coin di cui abbiamo parlato l’altra volta, che si chiama Sirco e che produce stable coin all’interno degli Stati Uniti. Questa società lavora con i governi per generare versioni digitali della valuta locale e ha annunciato che lancerà un euro stable coin. A differenza dell’euro stable coin lanciato da Tether, l’altra società più grande, che è gestita da italiani e che serve tutto il mondo eccetto gli Stati Uniti, e che ha provato a lanciare un euro digitale nel mondo, ma senza successo, questa stable coin in euro avrà successo.
Verrà data alle banche europee, che non vogliono assolutamente l’euro digitale della BCE, perché questo eliminerebbe la necessità di avere le banche in Europa. Se la valuta ti viene direttamente dalla banca centrale, che ne gestisce il consolidamento e tutte le operazioni, la tua banca locale non serve più, al massimo può fungere da ufficio assistenza clienti. L’euro digitale avrebbe dovuto entrare in vigore qui a ottobre, ma l’Alagard ha detto che è stato posticipato al 2027, probabilmente è stato posticipato a data da destinarsi. L’ultima data che ho è il 2029. Poi hanno detto che la comunicazione sarà nel 2029, perché non c’è da fidarsi, notoriamente. Hanno detto il 2027, ma su queste cose il 2027 è un tempo lunghissimo. Hanno già perso, sono fuori gioco completamente, anche perché avrete degli euro stable coin emessi dagli Stati Uniti.
Sì, ho capito. Garantiti magari dal vostro oro. E qui si torna al punto. Quindi, invece di avere la Banca Centrale Europea che gestisce il circuito dell’euro, sarà la società americana che, a fronte dei vostri depositi in oro a garanzia, emetterà la vostra valuta. Quindi, in prospettiva, per l’Europa vedi ancora di più una dipendenza dagli Stati Uniti, in pratica. Non per tutta l’Europa, ma per una parte. Per quale parte? Quella che è l’area strategica. Allora, dal punto di vista degli Stati Uniti, come abbiamo visto anche in passato, sicuramente la Gran Bretagna deve essere tenuta sotto controllo, anche perché la stanno svuotando, e quindi devono controllare il trasferimento. Questo perché, in caso di divorzio con i cinesi, ci sarebbe un altro divorzio più importante rispetto alla City di Londra. Fino al lancio del sistema SOFR, quindi alla nuova gestione del dollaro al di fuori e all’interno degli Stati Uniti, il sistema dell’eurodollaro era gestito da Londra. Oggi non è più così, anzi, è sempre meno così.
Anche perché non era propriamente gestito da Londra, ma soprattutto dalle Isole Cayman e dai paradisi fiscali. Quindi, era tutto in nero, tutto esterno e tutto invisibile. In quel contesto, naturalmente, abbiamo dei giocatori molto importanti che giocano pesante, come Black Rock, che si apprestano a fare pulizia della presenza britannica. Quindi la Gran Bretagna rimarrà sotto l’influenza americana, ma sarà un percorso complicato, perché, in quel caso, abbiamo un divorzio in atto e gli americani non vogliono divorziare completamente. Per gli Stati Uniti, la Polonia è sicuramente un punto strategico, perché è un punto di contatto con i russi, un punto di controllo con i tedeschi e un’area che permette di controllare, in un certo senso, anche la Scandinavia. Anche la Scandinavia sarà importante, perché gli Stati Uniti hanno ambizioni nell’Artico, dove potrebbero collaborare con i russi. E per quanto riguarda Francia, Italia e Germania?
La Germania deve essere contenuta e tenuta a freno. Come sempre. Come sempre. Tanto ci escono già da soli, si spalmano da soli sui piedi. I cicli devono per forza mettersi nei guai. Esatto, l’unica cosa che desideri è che il problema non esploda fuori dalla Germania, che rimanga contenuto. Uno dei problemi principali dei tedeschi sono i francesi, è sempre stato il problema di fondo ed è l’essenza del sistema dell’euro, perché l’euro è stato voluto dai francesi per ottenere un controllo indiretto sul marco. I tedeschi non erano così entusiasti, anzi, la banca centrale tedesca era totalmente ostile a questa idea. Quindi, da una parte, i tedeschi vanno tenuti sotto controllo, ma, al tempo stesso, vanno protetti da quello che potrebbe essere uno sgretolamento del sistema dell’euro. È quindi necessario mantenere un punto di contatto. La Francia è un voto a perdere: è semplicemente problematica da tutti i punti di vista. L’Italia, invece, è strategica perché gli Stati Uniti vogliono mantenere una presenza nel Mediterraneo. Hanno stretto un importante accordo con i paesi arabi e desiderano avere accesso a quell’area per vari motivi.
In questo, c’è anche l’interesse dei russi. Pertanto, l’Italia, che ha sempre avuto un ruolo importante nel Mediterraneo, continuerà a rivestirne uno rilevante, anche se, come dicevo prima, il gioco più importante dal punto di vista strategico e militare sarà giocato dai turchi. Ma se guardiamo anche alla storia dell’impero romano e all’evoluzione tra Costantinopoli e Roma, possiamo farci un’idea e credo che questo tipo di strategia sia accettabile anche per i russi. I russi hanno un obiettivo fondamentale: mandare francesi e britannici fuori dal Mar Nero. L’area è assolutamente strategica. Esattamente, storicamente, il problema è la presenza di francesi e britannici, non tanto quella degli americani che, anzi, sono stati coinvolti in una serie di operazioni assolutamente idiote, ma adesso vogliono tirarsene fuori, anche perché non stanno funzionando.
Se si guarda alla politica generale di Trump, si nota che l’orientamento è sempre più verso l’America Latina e il Centro America. Se Trump dovesse mai intraprendere delle operazioni militari, e ne intraprenderà alcune, non si tratterà di vere e proprie guerre, ma di operazioni militari speciali, che inizialmente riguarderanno il Venezuela, il quale è già nel mirino. Dopo aver preso il Venezuela e riportato il Paese sotto controllo, sarà la volta di Cuba, che evidentemente sentirà un qualche tipo di influsso, e poi il premio più importante sarà il Brasile. Senti, Roberto, ma non è già presente anche la Cina in Sud America? Ad esempio, il porto più grande di tutto il Sud America si trova in Perù ed è di fatto gestito dalla Cina. L’obiettivo, riprendendo, sarebbe quello di fare parecchie interviste. Dal punto di vista storico britannico, il centro fondamentale è il controllo della Russia: se hanno il controllo della Russia, hanno il controllo del continente euroasiatico. Per controllare la Russia, devono controllare tutti i punti d’approdo: l’Italia è uno di questi, la Francia è un altro.
Devono controllare una parte del Medio Oriente, ad esempio l’Afghanistan, e tutta una serie di punti strategici che possano soffocare i russi e impedire loro di accedere al Mar Nero, che è l’unico sbocco di acqua calda disponibile per i russi, sia dal punto di vista commerciale che militare. Dal punto di vista americano, invece, la strategia è diversa: gli americani non sono interessati a questo tipo di visione del mondo. Loro sono un continente isolato, perché le Americhe sono un continente a sé stante, e vogliono controllare la periferia di tale continente, ovvero la Gran Bretagna e il Giappone. Naturalmente, fanno parte di questo contesto anche l’Artico e la Scandinavia, che sono in qualche modo assimilabili alla Gran Bretagna. Non sono assolutamente interessati all’Africa, se non per la fornitura di materie prime, e sono invece molto interessati all’America Latina.
Il divorzio, quindi, deve prevedere che ciascuno viva per conto proprio, perciò i cinesi devono andarsene dall’America Latina, con le buone o con le cattive, e gli americani devono andarsene, magari dalle Filippine o da altri posti che possono essere occupati dai cinesi. Il caso di Taiwan è un argomento delicato. In effetti, Taiwan è più un’estensione del Giappone che della Cina. È stato occupato dal Giappone per molto tempo e ha più affinità con il Giappone che con la Cina, che è abitata da cinesi. Tuttavia, in termini economici e di rapporti, è sempre stato un punto di attacco per il Giappone nei confronti della Cina e quindi interessa a entrambi i paesi. Se ti interessa, il Giappone sta cambiando politica: ha deciso di riarmarsi, sta cambiando la sua politica economica e sta aumentando i tassi di interesse, dopo tanto tempo che li manteneva estremamente bassi. Questo avrà un impatto sull’area e quindi, dal punto di vista degli Stati Uniti, ognuno ha la sua casa. Poi, magari, ci faremo qualche dispettuccio qua e là, magari ci visiteremo due volte alla settimana, ma il Sud America è casa nostra e i cinesi se ne devono andare, come il Canada.
Quindi, dal punto di vista della riassegnazione dei poli, questo è lo scenario. Senti, Roberto, abbiamo praticamente fatto il giro del mondo, in pratica oggi abbiamo fatto una sintesi. Allora, c’era un ultimo punto che avevamo anche citato all’inizio: tu l’hai definita la grande marea di inflazione in arrivo. Siamo però ormai vicini all’ora dell’intervista, quindi la domanda che ti faccio è: riusciamo a dare le coordinate di questo tema in 4 minuti? Magari lo riprendiamo nel nostro prossimo appuntamento o lo trattiamo direttamente alla prossima? Perché mi sembra che l’inflazione riguardi le nostre tasche e sicuramente gli Stati Uniti. Non solo agli Stati Uniti. Ecco, ci tocca le tasche, le nostre tasche, individualmente. Riesci a darci le coordinate in 3-4 minuti, poi lo riprendiamo?
Certo, torniamo a un Trump taco. “Trump taco” significa tentare, vedere se funziona e ritirarsi rapidamente se non dovesse funzionare. Trump ha provato la strada dell’austerity all’inizio della sua presidenza con il progetto DOJ, ma è fallito, anche perché in realtà era fuori sequenza, non era l’azione corretta. È riuscito a utilizzarlo per eliminare alcuni nemici politici, se vuoi, e per avviare un percorso di ristrutturazione del governo federale di cui c’è tanto bisogno. Tuttavia, in questa fase, se gli Stati Uniti tagliassero la spesa pubblica, il sistema crollerebbe, non solo quello americano, ma quello mondiale. Al momento, l’unica strada percorribile è quella di stampare una quantità spaventosa di dollari per finanziare le nuove strutture industriali. Questi dollari verranno generati dal nulla e causeranno un’inflazione mostruosa che tuttavia influenzerà solo parzialmente gli Stati Uniti, perché il sistema di tariffe, seguendo anche il modello giapponese (anche i giapponesi stanno stampando una quantità di denaro pazzesca), servirà a creare un argine e a impedire che l’ondata torni indietro.
Quindi, questa ondata, anche attraverso il veicolo delle stable coin, verrà trasferita all’estero. Come abbiamo già affrontato nelle puntate precedenti. Esatto, quindi dovete aspettarvi un aumento sostanziale dell’inflazione per un periodo di tempo… Quando potrebbe verificarsi? Già dall’anno prossimo, perché Trump dovrà inondare l’economia americana di dollari per dare l’idea agli americani che tutto va bene e favorire le elezioni di medio termine. Di conseguenza, quest’anno è stato un anno di aggiustamenti, di risoluzione di problemi con le varie fazioni politiche, di movimenti internazionali, di tariffe con la Cina, di approvazione delle tariffe, della big beautiful bill e di tutte queste altre cose.
L’anno prossimo ci sarà il ridimensionamento della Fed e della riserva, e l’apertura degli idranti, e sarà una cosa pazzesca. Non si è mai vista prima d’ora. Non si è mai vista prima, d’accordo. La previsione è molto chiara: hai fornito una previsione molto chiara. Io direi che è un tema che riprenderemo. Direi che la puntata è stata densissima di informazioni: come dicevo poco fa, è stata proprio una panoramica sull’intero globo. Ti ringrazio molto, così come ringrazio Roberto Mazzoni per tutte le informazioni e le anticipazioni che ci hai fornito. Ci diamo appuntamento a novembre, come d’accordo. Vediamo cosa accadrà da qui a un mese, perché in questa fase storica di dinamiche accelerate, in un mese possono accadere tantissime cose. Solo un’ultima cosa che credo sia importante e che non ho detto prima: i cinesi e gli americani stanno acquistando oro a fasi alterne. Questo mese lo faccio io, il mese prossimo lo fai tu, il mese dopo lo faccio io e il mese dopo ancora lo fai tu.
Quindi vuol dire che sono d’accordo. È intenzionale, ovviamente. Ci puoi spiegare in 20 secondi qual è lo scopo di questa alternanza? Non vogliono far salire il prezzo troppo in fretta, ma vogliono comunque continuare a farlo salire senza dare troppo nell’occhio. Quindi il prezzo deve salire, in realtà deve raggiungere almeno i 16.000 dollari l’oncia. Questo farebbe comodo a entrambi, ma non possono indurre un collasso del sistema. Quindi dovranno procedere gradualmente e non vogliono farlo crescere troppo, perché vogliono acquistare al prezzo migliore disponibile al momento e, al tempo stesso, farlo crescere di pari passo. Interessantissimo, fino all’ultimo concetto. Grazie ancora, Roberto Mazzoni, come sempre in collegamento dalla Florida, e ci aggiorniamo al nostro prossimo appuntamento. Grazie, grazie ancora. Prego. Grazie a tutti voi, amici ascoltatori.
Roberto Mazzoni