Vi propongo un’intervista che ho realizzato di recente con Mani.it. In questa intervista si parla di molte cose, soprattutto del potere negli Stati Uniti, della politica statunitense in generale e dell’impatto che questa può avere, per esempio, sull’Europa. Parlo anche dell’euro, ma purtroppo in questa intervista non c’è il tempo di approfondire alcuni temi che necessitano di essere chiariti meglio. Mi impegno quindi a proporvi, nel prossimo futuro, alcuni contenuti specifici sul tema dell’euro, sui problemi intrinseci della moneta unica e sulla direzione dell’Eurozona. Quindi, se anche non vi è chiarissimo quello che viene detto in questa intervista, dovrebbe esserlo una volta che vi fornirò questi video aggiuntivi. Grazie dell’attenzione e ora vi lascio all’intervista con Mani.it. Buonasera a tutti gli amici di Mani.it. Sono le 20:02 e ci colleghiamo in diretta dagli Stati Uniti. Un appuntamento con Roberto Mazzoni. Ciao Roberto.
Buongiorno a tutti e benvenuti. Allora, caro Roberto, anche questo mese non mancano i temi di cui parlare. Io mi allaccerei, come abbiamo scritto nel titolo, agli ultimi video apparsi sul tuo sito, Mazzoni News, in cui parti da una domanda. Questo presidente degli Stati Uniti ha davvero tutto il potere che gli attribuiscono in tanti? E se non a lui, a chi appartiene questo potere? Citi chiaramente tutta una serie di entità, dalle lobby più note ad altri gruppi di potere e di interesse. Questo è interessante, perché può aiutarci a capire certe posizioni o cambi di linea di Trump in questi mesi. Poi, fai anche un racconto molto approfondito sul movimento MAGA, che è arrivato anche da noi, e che ha provocato qualche sussulto di scontentezza, perché l’intervento di questi poteri non è gradito da chi ha altri piani per l’America. Tutto questo, in un momento storico particolare, con l’accordo su Gaza che sembra molto ambiguo e traballante, come vediamo anche in queste ore. Poi, c’è la Cina, la tregua commerciale e l’Europa. sempre sullo sfondo. Possiamo partire da tutto questo.
Insomma, c’è molto da dire. A dire il vero, noi sappiamo che il Presidente degli Stati Uniti non ha mai avuto i pieni poteri, perché ha sempre dovuto rendere conto a una serie di interessi finanziari e industriali molto potenti. E questo discorso vale fin dai tempi di Roosevelt, se non addirittura prima, fin dai tempi della prima guerra mondiale. Da allora, la presidenza è stata modellata in modo da consentire l’elezione di candidati preselezionati, ovvero individui allineati a determinate scelte già preimpostate. Tant’è che, con l’alternanza dei due partiti (negli Stati Uniti ce ne sono solo due, alla fine), la situazione cambiava poco. Come diceva Charlie Kirk, un personaggio diventato molto noto dopo la sua recente morte, ma molto seguito dai giovani americani che volevano riformare la politica americana.
Partiamo dal mondo dei conservatori, quindi da ciò che potrebbe essere la destra, anche se destra e sinistra hanno poco senso. Diciamo da quel settore della società che è più vicino alla tradizione cristiana e ai valori della famiglia tradizionale. Secondo lui, in sostanza, ci sono due poli che servono gli stessi interessi, ma con focalizzazioni alternate: il polo del Partito Democratico, che si concentra sul welfare, ovvero sull’assistenza pubblica e, più che altro, sulla creazione di clientele pubbliche, sull’espansione indiscriminata del governo, dei poteri governativi, degli investimenti governativi e delle partecipazioni governative nell’industria privata, un po’ quello che potrebbe essere un modello socialista classico. Il Partito Repubblicano, che dovrebbe essere la sua alternativa, invece si concentrava sul welfare, finanziando il complesso militare-industriale e le guerre, più o meno continue, che servivano ad alimentare il complesso militare-industriale.
Con l’alternanza tra welfare e warfare, siamo arrivati al 2025, anno in cui gli americani, in buona sostanza, sono stanchi, anche perché con le tasse europee hanno dovuto finanziare, da una parte, gli interessi delle grandi corporation, soprattutto delle banche, che guadagnano parecchio dalla costruzione di supporti pubblici alla popolazione, finanziati dalle tasse e ulteriormente finanziati con una costante inflazione. Sono anche stanchi di continuare a finanziare guerre che non apportano alcun beneficio agli Stati Uniti e, tanto meno, agli abitanti degli Stati Uniti. Oggi, infatti, si parla di due Americhe: un’America costiera, costituita dal New England, da New York e da Boston, che vivono di finanza, e dalla California e dagli stati adiacenti, che vivono di alta tecnologia e che, tra loro, sono bene o male collegati e, quindi, hanno gli stessi interessi. Il Sud degli Stati Uniti è stato dimenticato e abbandonato, anche perché molte industrie sono state trasferite all’estero, in particolare in Cina e in Estremo Oriente.
Oggi per un americano è più difficile trovare un lavoro ben retribuito, che permetta di fare carriera, e anche per la nuova generazione è difficile acquistare una casa. Quindi, c’è una forte base di popolazione, sia di destra che di sinistra, che vuole cambiare le cose. Tanto è vero che a New York stanno per eleggere un sindaco comunista, apertamente comunista, e Trump con il suo slogan “Make America Great Again” avrebbe dovuto essere una risposta in questo senso. Trump si è impegnato a fare una serie di cose, la prima delle quali è disimpegnare gli Stati Uniti da tutte le guerre estere, in particolare in Medio Oriente e in Ucraina. Tutti gli impegni militari che drenano le risorse degli Stati Uniti senza portare alcun beneficio.
La seconda era quella di aumentare le possibilità di lavoro, riportando in patria le industrie che erano state delocalizzate e favorendo così la crescita dello stipendio medio e dello standard di vita della popolazione americana che è rimasta indietro, penalizzando Wall Street e favorendo Main Street, come si dice da queste parti, dove per Main Street si intende l’agente comune, l’industria vera e propria. Inoltre, avrebbe dovuto riportare il governo sotto controllo e ridurre le spese governative, riducendo l’inflazione costante che affligge la popolazione e che di fatto costituisce una tassa continua. Naturalmente, ci sono anche altri fattori e aspetti di tipo più culturale, come i valori originali della famiglia, e anche affrontare alcuni problemi classici della società americana, come l’accesso all’università, che è molto costoso negli Stati Uniti, eccetto rari casi, e l’accesso all’assistenza sanitaria, che è ancora relativamente cara e disorganizzata, nonostante Trump stesso, nel suo primo mandato, avesse cercato di fare qualcosa in merito. Ora, a qualche mese dall’insediamento di Trump, sembra che la direzione della presidenza sia in gran parte lontana da questi obiettivi, anche se alcuni di essi sono ancora all’orizzonte.
Un altro punto fondamentale di MAGA, per esempio, è quello di proteggere i confini e di non consentire l’immigrazione indiscriminata e illegale di persone che arrivano e che creano problemi all’assistenza pubblica, perché devono essere mantenute in qualche modo a spese dello Stato e comunque portano via posti di lavoro agli americani, riducendo i compensi medi in generale. Per quanto riguarda l’immigrazione, Trump ha oggettivamente ottenuto dei risultati: in questo primo periodo, circa un milione di immigrati illegali si è già auto-deportato, ossia ha lasciato gli Stati Uniti, è tornato in Messico o nei paesi di origine. In alcuni casi, lo Stato ha fornito incentivi per il rientro, pagando il biglietto o comunque garantendo la possibilità di tornare in modo legale in futuro, qualora lo desiderassero, seguendo i percorsi standard. Inoltre, stanno espellendo diversi criminali che fanno parte dell’immigrazione non controllata, come ha affermato Trump e come è stato confermato: diversi paesi, tra cui il Venezuela, hanno letteralmente svuotato le loro carceri e stanno inviando negli Stati Uniti i loro criminali. Questo sta procedendo e ha sicuramente avuto un impatto sui prezzi delle case, degli affitti e delle auto usate, perché c’è molta meno gente che le acquista e, di conseguenza, c’è molta meno gente che ne ha bisogno.
Perciò, i prezzi sono diventati un po’ più accessibili per gli americani, ma siamo ancora molto lontani dal poter dire che una famiglia normale o anche semplicemente un giovane americano o una giovane americana possano permettersi una casa indipendente, se non hanno uno stipendio robusto. Per quanto riguarda la politica estera, è un grosso punto interrogativo, perché la guerra in Ucraina continua e non sembra esserci alcun segnale di una sua fine a breve termine. Anzi, Trump continua a oscillare da una parte all’altra e, tra l’altro, proprio recentemente ha dato il suo appoggio alla rielezione del senatore Lindsey Graham, che rappresenta i neoconservatori ed è un po’ il punto di riferimento dei conservatori, quindi rappresenta il complesso militare-industriale e il filone delle guerre continue, come diceva Charlie Kirk.
Quindi, probabilmente, l’ha fatto per motivi politici, per ottenere un appoggio sui fronti, ma chiaramente ci stiamo allontanando molto dalla direzione promessa e questo, tra l’altro, è uno dei temi centrali, perché sappiamo che gran parte del debito pubblico accumulato negli ultimi 20 anni negli Stati Uniti deriva proprio dalle guerre inutili, come quelle in Iraq e in Afghanistan, e dalle altre guerre fatte in giro per il mondo, come in Libia o in Africa, e di conseguenza gli americani sono piuttosto seccati, anche perché, in ogni caso, l’inflazione non si è fermata, è solo meno violenta rispetto al periodo di Biden e dobbiamo ricordare che una parte dell’inflazione del periodo di Biden comunque risale al periodo di Trump, perché l’inflazione tende a manifestarsi con 18 o 24 mesi di ritardo, quindi una parte dell’inflazione del periodo di Biden era ancora la coda dell’inflazione del periodo di Trump durante la pandemia. L’inflazione non è più così forte, ma rimane. Per fortuna, il costo del petrolio è basso e questo dà agli americani la percezione di avere ancora un certo controllo sui prezzi. C’è quindi un certo miglioramento, ma non si è visto niente di concreto sul taglio dei costi dello Stato.
Il progetto DOJ è sostanzialmente fallito, anche se stavano procedendo in una sequenza che avrebbe fatto precipitare il prodotto interno lordo prima che si potesse svalutare il dollaro. Bisognava prima svalutare il dollaro e questo è stato fatto. Adesso, grazie alla chiusura del governo, iniziata il 4 ottobre se non ricordo male, e ancora in atto, c’è la possibilità di licenziare in modo definitivo 10 mila dipendenti governativi. Se la chiusura del governo dovesse protrarsi fino all’anno prossimo, potrebbero licenziarne fino a A 700 mila, allora sì, potremmo cominciare a vedere una differenza, perché si tratterebbe di circa 2 trilioni di dollari di spese risparmiate che andrebbero a ridurre drasticamente il deficit pubblico. Onestamente, la chiusura governativa non sembra aver prodotto nessun tipo di differenza tangibile nella vita degli americani. Anzi, abbiamo ottenuto dei benefici immediati: sono finite le scie chimiche e quindi la nostra vita è migliorata proprio grazie al fatto che il governo federale è fermo.
È anche vero, però, che questa chiusura del governo federale si applica solo a un terzo della spesa e quindi è tendenzialmente quel terzo di spesa che andrebbe a favore del Partito Democratico. Per questo motivo, Trump ha interesse a portarla avanti il più possibile, perché più prosegue, più guadagna punti nei sondaggi per l’elezione dell’anno prossimo e più indebolisce i democratici. Quindi, con questa chiusura, forse sta recuperando un po’ di punti perché gli americani cominciano a vedere che c’è una via d’uscita da questa situazione da cui sembrava non esserci scampo. È chiaro che Trump deve rendere conto a molte persone, ci sono alcuni donatori importanti che hanno interessi evidenti e insistono affinché vengano soddisfatti, in particolare per quanto riguarda Israele, e direi che questo è il punto più delicato, il tallone d’Achille di Trump. È il punto in cui Maga si sta fratturando, anche perché la lobby israeliana, molto presente nei media americani, sta attaccando tutti gli opinion leader e gli influencer di Maga che sono contrari alla prosecuzione della guerra di Gaza e alla partecipazione degli Stati Uniti a questo tipo di uccisioni.
Quindi, in un certo senso, anche quelli che potevano essere neutrali, iniziano a schierarsi. Incominciano a essere infastiditi e a prendere le distanze, il che naturalmente sarà un grosso problema per la lobby israeliana e per Israele, ma anche per Trump, che oggi vede calare una parte fondamentale del suo sostegno. Maga sta già cercando delle alternative e delle nuove facce per il dopo Trump. È anche vero che Trump, come sappiamo, ha intenzione di ricandidarsi nel 2028, quindi vedremo cosa succederà. È anche vero che può ancora recuperare la situazione. Si capisce che l’americano, tendenzialmente un personaggio pragmatico, si renda conto che Trump debba scendere a compromessi e che alcuni di questi compromessi possano essere il modo per ottenere dei cambiamenti altrimenti impossibili, se lui cercasse di andare muso contro muso contro interessi radicati e difficili da scalzare. Perciò gli danno ancora un po’ di tempo, ma deve cercare di mantenere questo cessate il fuoco a Gaza in qualche modo e farlo durare. Fortunatamente per lui, la questione Russia è passata in secondo piano, a condizione che gli americani non mandino soldi in Ucraina per la popolazione.
E poi, se la guerra continua, pazienza, l’importante è non essere coinvolti direttamente. Forse è accettabile vendere armi in Europa, che poi l’Europa le dà all’Ucraina, ma non è un tema centrale. Il tema centrale, come sempre, è l’economia, che sta attraversando comunque una fase delicata, perché la confusione sulle tariffe ha messo in difficoltà diverse piccole e medie aziende, che non sanno bene come muoversi. Alcune si sono trovate spiazzate: magari avevano dei contratti di fornitura di un certo tipo e fanno fatica a trovarne altri o a compensare la perdita dovuta alla tariffa, oppure semplicemente la controparte cinese è fallita e devono in qualche modo arrangiarsi. Però gli americani su questo sono abbastanza bravi, quindi se vedono una luce alla fine del tunnel, è possibile che tirino la cinghia, si organizzino e si riorganizzino. Si organizzino e vadano oltre. Nel frattempo, bisogna dire che l’economia sta tirando grazie agli ingenti investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale.
Naturalmente, nessuno sa se questi investimenti daranno risultati a breve termine né quanto varranno, ma, come sottolineato da diversi osservatori industriali ed economici, la situazione è diversa rispetto alla bolla delle dot.com del 2000. Allora, le aziende che si proponevano non avevano clienti; in pratica, il loro modello era ancora tutto da dimostrare ed era effettivamente una bolla pura e semplice. Invece, in questo caso, i fornitori di servizi di intelligenza artificiale hanno già clienti e richieste per i propri servizi e stanno costruendo infrastrutture che forniranno ulteriori servizi già richiesti. C’è, quindi, una dinamicità complessiva che potrebbe dare una discreta spinta all’America per i prossimi tre anni. Tra l’altro, il fatto che si debbano costruire nuove centrali.
Inoltre, la costruzione di nuove centrali energetiche per produrre l’energia necessaria a questi centri, la produzione di centri di elaborazione giganteschi e la necessità di rifare una parte della rete elettrica, creano parecchi posti di lavoro, soprattutto per quanto riguarda la manovalanza, ma anche per lavori di alta manovalanza e di tipo industriale, proprio in quelle aree che prima erano state dimenticate e accantonate. In questo senso, quindi, Trump sta mantenendo la sua promessa. Quindi, la situazione è piuttosto confusa. Di certo, il lancio del progetto Stablecoin aiuterà a stabilizzarla, perché innanzitutto darà alle banche americane la possibilità di immettere nuova liquidità nell’industria, e questo è un aspetto importante da comprendere. In passato, gli stimoli, per esempio quelli successivi alla grande crisi economica, sono stati generalmente rilasciati dalla Federal Reserve alle banche, ma sono rimasti nel sistema finanziario, alimentando Wall Street, il mercato immobiliare e le banche. Tuttavia, non sono arrivati nelle mani dell’industria o delle piccole imprese.
L’americano medio è rimasto a mani vuote, e non c’era una grande quantità di denaro fornito dalle banche al settore produttivo. Infatti, abbiamo visto che si è trattato di un’altra occasione per trasferire ricchezza ai famosi maestri della finanza. In questo caso, invece, ci troviamo in un regime di dominanza fiscale simile a Quello cinese, in cui lo Stato, ovvero il Dipartimento del Tesoro, dirige gli investimenti generando denaro attraverso le banche, scavalcando in buona sostanza la Federal Reserve. In questo caso, potrebbero effettivamente mantenere la promessa di potenziare Main Street anziché Wall Street, ossia di finanziare direttamente le strutture industriali. In questo modo, non si verificherebbe un’inflazione dei servizi o dei beni finanziari come in passato, ma si potrebbe addirittura assistere a una certa deflazione. Inoltre, si aumenterebbe l’attività industriale, cosa che oggi è fondamentale per l’America, che deve riportare a casa le industrie e i lavori considerati strategici e che oggi la rendono dipendente da forniture estere, soprattutto per quanto riguarda la costruzione di armi, ma non solo.
Stiamo parlando anche della costruzione di navi, della produzione di elettronica di consumo, di terre rare, di energia, petrolio, gas naturale, ecc. La situazione è quindi piuttosto variegata. Se dovessimo dire a chi Trump risponde, dovremmo secondo me inquadrare tre categorie: sicuramente l’elettorato ha un peso, perché quando i sondaggi precipitano, come è successo diverse volte negli ultimi mesi, Trump si precipita a correggere il tiro, almeno a livello di immagine e dichiarazioni. È per questo che oscilla con una certa costanza da uno estremo all’altro. Tuttavia, è molto attento a cercare di tutelare il suo appoggio, anche perché sa che senza l’appoggio elettorale non può fare molto e anche perché, come personaggio, vuole piacere alla gente e vuole essere considerato il paladino del popolo in qualche modo. Poi, naturalmente, ci sono i donatori che hanno un impatto molto importante e quindi Trump cerca di soddisfare le loro richieste, mediando tra le varie richieste dei donatori.
Tra i donatori, abbiamo sicuramente il filone israeliano, ma anche la banca Mellon di New York, che è la banca delle banche americane e che smista il denaro tra le varie banche. Trump ha lavorato a lungo con questa banca nella sua carriera immobiliare ed è molto interessata al discorso cripto. È anche per questo che Trump ha sposato la causa e anche perché sposare il progetto cripto e bitcoin in particolare favorisce la sua famiglia. Poi, ci sono gli interessi personali e familiari e, alla fine, il complesso militare industriale con cui Trump deve fare i conti. Secondo me, il problema di fondo è questo.Di cui si parla poco, è il progetto Pedesta. Pedesta era un consulente del Partito Democratico che ha seguito Hillary Clinton e che, dopo la sua sconfitta alle elezioni, ha elaborato un progetto secondo cui alcuni stati a gestione democratica avrebbero dovuto avviare una secessione dagli Stati Uniti o, almeno, minacciare di farlo. Se ci facciamo caso, gli stati coinvolti sarebbero la California, New York e Boston, ovvero gli stati in cui oggi transita gran parte del traffico mercantile navale che alimenta gli Stati Uniti e li collega con l’Europa e la Cina.
In una situazione di questo genere, se questi Stati dovessero staccarsi, naturalmente questo includerebbe anche lo Stato di Washington, quindi tutta la costa occidentale più una parte della costa orientale. Se questo dovesse accadere, in un certo senso, obbediremmo agli sforzi in tal senso, con le varie proteste e le varie manifestazioni che vengono organizzate e represse anche con interventi militari. A quel punto, gli Stati a orientamento repubblicano, che sostengono Trump, si troverebbero isolati e in difficoltà. Per questo motivo, Trump ha bisogno della collaborazione dei militari in questa situazione: da una parte, vuole fare piazza pulita all’interno del Pentagono, che è infiltratissimo, e dall’altra, vuole avere il tempo di costruire degli approdi commerciali alternativi in Texas, in Florida, nel Golfo dell’America (ex Golfo del Messico) e magari sulla costa atlantica a sud, così da non essere totalmente dipendente dagli altri Stati, quelli gestiti dal Partito Democratico, e poter garantire il continuo funzionamento dell’economia americana anche in questo contesto. Ecco perché, ad esempio, lo vediamo impegnato a Panama, perché vuole garantirsi il controllo del Canale di Panama, e in Venezuela, perché da lì si può controllare l’accesso o l’uscita dal Canale di Panama.
Tutti questi movimenti hanno sicuramente anche delle valenze più ampie: nel caso del Venezuela, ad esempio, c’è la questione del petrolio della Guyana, che il Venezuela vorrebbe controllare, ma gli americani non lo permettono, anche perché lo stanno estraendo loro insieme alla Guyana. Quindi, non vogliono che Maduro si intrometta in questa faccenda, e sappiamo che Maduro è molto legato alla Russia e alla Cina. Insomma, in questa fase Trump deve dare dei contentini importanti alla componente Guarafondaia per poter avere il loro supporto e gestire quella che potrebbe essere una secessione interna. Questa è un’analisi un po’ generale, ma nel frattempo abbiamo visto che diversi Stati, tra cui la Florida, il Texas e il Mississippi (mi sembra il sesto o il settimo), hanno già approvato delle leggi che, come sancito dalla Costituzione americana, ripristinano l’uso dell’oro e dell’argento come valuta corrente e a corso legale. Inoltre, hanno fatto un ulteriore passo avanti per rendere questa forma di valuta concreta, in modo che la gente possa effettivamente fare la spesa con l’oro.
È evidente che la gente non andrà nei supermercati con monete d’oro e d’argento, perché sarebbe poco pratico. Quello che verrà creato saranno delle carte di credito basate su conti alimentati in oro o argento, oppure delle stable coin, visto che anche gli stati potranno emettere le proprie stable coin. Ciò ci riporta all’origine del discorso sulle stable coin, quando si è scongiurata la possibilità di avere una valuta centrale emessa dalla banca centrale, ovvero una CBDC (Central Bank Digital Currency), perché espressamente vietata dalla legge Genius, che definisce la struttura delle stable coin, e che sarà ulteriormente proibita dalla legge Clarity, su cui stanno lavorando adesso e che definisce la struttura di mercato per l’uso delle criptovalute in generale, di qualsiasi tipo, all’interno degli Stati Uniti. Credo che abbiano raggiunto un accordo perché Trump, in primis, fa l’interesse di alcune banche, soprattutto della banca Mellon. Le grandi banche hanno capito che, permettendo la legalizzazione delle stable coin, nei confronti delle quali erano estremamente ostili, possono raggruppare le banche più piccole e arretrate, che non hanno la possibilità di sviluppare progetti di questo genere, e quindi consolidare un mercato che volevano già consolidare, riassorbendo le banche più piccole.
Le banche alternative, che sono già presenti sul mercato, potranno invece entrare e concorrere con le banche più grandi, ma sono abbastanza piccole da non dare fastidio. Tuttavia, sono abbastanza dinamiche da poter causare danni sul lungo periodo, visto che potranno servire singoli Stati. In questo modo si crea un’infrastruttura che, anche se nel 2028 arrivasse un’amministrazione democratica, quindi opposta alle politiche portate avanti finora e che cercasse di cancellare questo lavoro sulla parte cripto, non ci riuscirebbe. Inoltre, gli Stati godrebbero di maggiore autonomia nella gestione di una propria valuta e di filiere logistiche che non dipendono necessariamente dai porti controllati dalle amministrazioni del Partito Democratico, come la California, Los Angeles, New York o il New Jersey, e possono quindi portare avanti la propria economia, magari non in modo ottimale, ma in modo alternativo.
Hanno, infatti, maggiore potere contrattuale e questa è la direzione in cui stiamo andando. Credo che questo porterà comunque dei benefici, visto che l’estate del bitcoin, in particolare Tether, usata all’estero, sta avendo una grossa La diffusione in America Latina può essere anche uno strumento non violento per acquisire o riacquisire il controllo in America Latina, scalzando la penetrazione cinese che, naturalmente, gli Stati Uniti non vogliono. Ciò potrebbe favorire la crescita di un’economia panamericana più solida e indipendente dalla Cina, indebolire in parte la Belt and Road Initiative che, comunque, mi sembra già abbastanza zoppicante, almeno per quanto riguarda le Americhe, e rendere gli Stati Uniti più indipendenti dall’Europa, creando dei mercati in cui sia possibile creare delle sinergie importanti. Per esempio, con il Canada ci sono molte risorse naturali, in particolare il petrolio, che possono essere sfruttate, mentre con il Messico ci sono delle risorse industriali importanti che possono sostituire quelle cinesi e sono anche più vicine.
Questa è, in sintesi, la situazione. In questa situazione, naturalmente, Trump deve cercare di accontentare tutti, e lo vediamo oscillare tra queste varie posizioni, mentre nel frattempo la sua base elettorale sta diventando sempre più irrequieta e pretende che lui dia risultati più concreti e a breve termine, e che si impegni in modo più chiaro rispetto alle guerre, in particolare a quella in Medio Oriente. Quindi, vedremo come andrà a finire, ma direi che, nonostante i numerosi cambi di direzione, la direzione in cui Trump potrà andare è abbastanza obbligata. Da una parte dovrà aiutare Wall Street, in particolare BlackRock e la banca Mellon, a riconquistare il predominio del circuito del dollaro; dall’altra dovrà riorganizzare i militari americani, che sono in difficoltà, ma che dovrà comunque usare internamente come elemento di stabilizzazione. Inoltre, dovrà dare un contentino ai guerrafondai, tirando loro qualche osso di tanto in tanto, e nel frattempo dovrà smantellare una parte importante dell’apparato pubblico americano.
In che modo, Roberto, l’Europa assiste a queste evoluzioni di Trump? In Italia, la Meloni cerca di fare da sponda per trovare un asse tra l’Europa e gli Stati Uniti. Hai spesso parlato del declino dell’Europa. Pensi che un’ulteriore ascesa di Trump possa arrivare a beneficio di un’Europa che riesce a inserirsi in questo contesto, anche se con le ideologie precedenti? Alcuni progetti, infatti, non sono andati come erano stati annunciati, come nel caso del Green. Oppure vedi inesorabile il declino europeo? Credo che il declino dell’Unione Europea sia inevitabile, perché è insito nel progetto stesso dell’Unione Europea. L’Unione Europea è nata con l’idea di essere un’unione commerciale, cosa che in sé non sarebbe una cattiva idea, ma poi hanno voluto fare un’unione monetaria e l’hanno realizzata solo in parte. L’Eurozona è un progetto incompiuto: hanno costruito due gambe di tavolo, ma ne mancano altre due. Poi ne hanno aggiunta una temporanea che tiene su le cose, ma che è in prestito dagli Stati Uniti e dal Giappone. Quindi, in totale, ci sono quattro gambe, di cui due in prestito. Inoltre, il Giappone ha chiaramente dimostrato di essere saldamente alleato con gli Stati Uniti, come ci aspettavamo, e gli Stati Uniti hanno dichiarato di non essere più interessati a sostenere il progetto europeo, perché non è più Utile, ma non offre alcun beneficio particolare, anche perché nel frattempo l’Europa, soprattutto per scelta della Germania, si è fermata.
Mentre gli Stati Uniti e la Cina, in una certa misura anche la Russia, hanno fatto una grossa deviazione a favore del digitale, con Taiwan in particolare, e anche il Giappone è andato con forza in quella direzione, l’Europa, per scelta dei tedeschi, è rimasta dov’era prima. Quindi, non ha sviluppato nessuna industria di rilievo nel settore digitale, se non qualche piccola realtà qua e là che comunque non fa testo. Di conseguenza, si trova in ritardo di almeno 30 anni, se non 40, e tra l’altro non dispone neanche delle risorse energetiche per poter fare il salto verso l’intelligenza artificiale. Sarà molto più facile per i Paesi Arabi, oltre che naturalmente per la Cina e gli Stati Uniti. Quindi, sappiamo che i britannici vogliono essere della partita perché non hanno risorse, ma hanno personale che stanno addestrando e che vogliono rendere partecipe dei progetti di sviluppo delle nuove tecnologie in transito e quindi, in qualche modo, verranno coinvolti, anche perché la Gran Bretagna, insieme al Giappone, rimane una posizione strategica per gli Stati Uniti.
Tuttavia, dal punto di vista europeo, il disaccoppiamento è eccessivo e, inoltre, in Europa ci sono troppi regolamenti: è troppo complicato realizzare qualsiasi tipo di progetto. Anche se si volesse portare il capitale americano, che a questo punto non è particolarmente interessato a venire, non ci sarebbe alcun motivo per farlo, perché è troppo complicato. Forse la Polonia potrebbe essere un’opzione, dato che è una nazione giovane, con una forte crescita della componente industriale, di importanza strategica, e con un esercito importante, che potrebbe quindi essere un partner utile anche per creare un’alternativa ai russi, una sorta di baluardo. Dopo gli ucraini, naturalmente, anche i paesi del nord, gli scandinavi, faranno in qualche modo parte della partita, perché l’America ha interesse a sviluppare l’attività nella zona artica.
Per quanto riguarda l’Europa tradizionale e convenzionale, invece, non vedo grandi prospettive per l’Euro, perché vi manca un mercato unificato dei titoli di Stato. Se ci sono degli investitori che vogliono acquistare titoli e hanno grandi disponibilità, possono scegliere tra l’America, che è un mercato unificato, il Giappone, magari la Cina in una certa misura, ma in Europa devono rivolgersi a ogni singolo Stato e a ogni singolo mercato, il che diventa estremamente difficile da gestire. Inoltre, già da un po’ di tempo ogni Stato sta seguendo politiche indipendenti, quindi, realisticamente, l’area dell’Euro non è più tanto unificata: ciascuno va per la propria strada e di conseguenza gli Stati Uniti, come ha chiaramente dichiarato anche Trump, stipuleranno accordi con gli Stati che li interessano.
Per quanto riguarda l’Italia, credo che rimanga uno Stato interessante dal punto di vista della sua presenza nel Mediterraneo, dove, per il momento, credo che gli Stati Uniti siano interessati a restare. Il partner più importante è comunque la Turchia, per ragioni strategiche, per le sue dimensioni militari, per la sua posizione geografica e per tutto il resto. In questo contesto, però, l’Italia può avere un ruolo e credo che si aggancerà. Circle, un’azienda americana che emette Stablecoin negli Stati Uniti, sta lanciando una Stablecoin in euro che sarà resa disponibile a determinate banche in Europa. Credo che le banche americane, se vogliono restare a galla, dovranno agganciarsi a questo treno, a dispetto di quello che fa la Banca Centrale Europea, che comunque è un’azienda di Barbato ha già detto che probabilmente sposterà il lancio del suo euro digitale al 2027 o al 2029 e che comunque lo farà su una tecnologia di tipo pubblico, come Ethereum.
Sono ancora abbastanza in alto mare, mentre le banche europee avranno bisogno di agganciarsi a qualcuno, di salire su un treno che sta partendo e che fornirà la liquidità indispensabile. Ci sarà un calo generale di liquidità e chi ne avrà bisogno dovrà bussare alla porta del Ministero del Tesoro americano, non necessariamente alla Fed Reserve, e dovrà anche scendere a patti con il governo americano, fare delle concessioni e avere dei benefici, un po’ come ha fatto l’Argentina. L’Argentina ha fatto un programma di riforma politica molto intenso che ha ridotto L’inflazione all’interno dell’economia argentina è stata drasticamente ridotta di 10 volte, ma è ancora molto alta: stiamo parlando del 25% annuo e del 25% mensile. Il Paese è ancora in difficoltà e avrà bisogno di finanziamenti. Il governo americano ha detto: “Te li diamo noi, 40 miliardi di dollari in totale, che sono praticamente a fondo perduto, e tu in cambio ci dai protezione delle aziende americane che nel frattempo hanno investito in Argentina, ma soprattutto diventi parte della nostra sfera di influenza.
Ci garantisci la protezione del Sud, quindi della circumnavigazione dell’America Latina, e ci dai degli appoggi navali importanti. Ci dai la possibilità di accedere alle tue risorse naturali, tra cui le terre rare, e diventi saldamente parte del sistema americano, permettendoci così di allargare la nostra sfera di influenza in direzione del Brasile. Mentre nel frattempo a nord ci occupiamo del Venezuela e di altri attori. Quindi, prevedo una situazione simile anche per l’Italia: non riceverete un prestito in dollari, o almeno non lo riceverete subito, ma potreste ottenere delle stable coin in euro, che tuttavia sono basate su una società americana e quindi emesse dagli Stati Uniti. Daniele ha una domanda: come faranno gli Stati Uniti a esportare l’inflazione dovuta alla stampa di denaro che verrà effettuata solo tramite le stable coin?
L’esportazione dell’inflazione avviene tramite l’esportazione del dollaro. Quando i prestiti in dollari già in circolazione andranno in scadenza, credo siano almeno 12 trilioni di dollari in giro per il mondo, alcuni dei quali in Europa, chi li ha presi dovrà rinnovarli in dollari e pagarci anche gli interessi. Questo vuol dire che dovranno assorbire molti dollari provenienti dagli Stati Uniti, drenando così l’equità generata negli Stati Uniti e facendo trasferire l’inflazione fuori dagli Stati Uniti. È semplice. Quindi, a differenza di quanto avveniva in precedenza e di quanto avviene ancora oggi, in parte attraverso il circuito dell’Euro-Dollaro, gestito essenzialmente da Londra o dall’isola di Cayman, dai paradisi fiscali, dove operano banche britanniche e europee che producono dollari in autonomia, senza alcun intervento da parte del governo americano. Ogni volta che sarà necessario rinnovare uno dei tanti prestiti in dollari, che sono anche alla base dell’Euro, i nuovi dollari dovranno necessariamente provenire dagli Stati Uniti, sotto forma di stable coin o di prestiti diretti da parte del Tesoro, come nel caso dell’Argentina, oppure attraverso le swap line, le linee di credito offerte dalla Federal Reserve a favore, per esempio, della Banca Centrale Europea o di altre entità.
Quindi, questa è la modalità che c’è stata anche in passato. Il vantaggio di allora era che, nel frattempo, la Cina esportava deflazione e quindi l’inflazione esportata dagli Stati Uniti veniva compensata dalla deflazione cinese. Oggi, invece, a causa delle tariffe, dei blocchi e della separazione della Germania anche rispetto al modello cinese, la situazione è cambiata. Non dimentichiamo, infatti, che la Germania ha lavorato per tanto tempo con un modello in cui acquistava energia a basso costo dai russi, la rivendeva ai cinesi o nel resto del mondo e poi forniva macchinari e prodotti di alta qualità. Tuttavia, i cinesi hanno iniziato a produrre autonomamente le stesse macchine e, quindi, non hanno più bisogno della Germania o, almeno, non come prima. Nel frattempo, per vari motivi (e qui entrano in gioco anche gli americani), i tedeschi hanno perso l’accesso all’energia russa e quindi non hanno più accesso all’energia a basso costo; devono acquistare il gas dall’America o da altre fonti che comunque sono costose. Inoltre, hanno persino spento le centrali nucleari, quindi sono messi molto male. Perciò, mentre prima la locomotiva tedesca trainava l’economia e generava un sistema comunque deflazionario all’interno dell’area euro, ora non sarà più così.
Anzi, i tedeschi hanno eliminato il blocco alla generazione di debito pubblico e hanno iniziato a stampare euro a rotta di collo, il che porterà a nuova inflazione. Questo alleggerirà la necessità di esportare dollari dagli Stati Uniti e, di conseguenza, anche il carico inflazionario e l’espansione del debito pubblico negli USA. È un meccanismo un po’ complicato, se vogliamo, ma in buona sostanza, mentre prima chiunque poteva produrre dollari a volontà senza dover rendere conto agli Stati Uniti, adesso non è più possibile. Avremo quindi una stretta liquidità: le banche europee non sono più in grado di produrre dollari, ma ne hanno bisogno e dovranno quindi venire a Washington per ottenerli. Per averli, dovranno pagare un prezzo che poi trasferiranno alle proprie economie. Spesso ci si interroga anche sul rapporto tra Putin e Trump, perché è l’ultimo ammiccamento che vediamo, non ci vediamo, eccetera.
Per alcuni c’è un rapporto che va al di là di quello che si vede, quindi c’è comunque un dialogo sotto traccia. Per altri, invece, Putin lo sta snobbando. Putin continua per la sua strada e i famosi ultimatum di Trump, varie volte, non hanno sortito alcun effetto su Putin. Secondo te, come stanno le cose? È una forma egocentrica di Trump, quello che poi voleva il Nobel che non gli hanno dato, arrivare a un accordo per essere ricordato come il presidente che ha fatto la pace, eccetera, oppure ci sono anche dei rapporti chiaramente commerciali forti in gioco in futuro? È come spiegare anche le sanzioni che ha messo alle due società petrolifere e qui entriamo anche nel discorso della Cina, che subito dopo ha annunciato la sospensione, poi che sia reale o no, dell’acquisto di petrolio russo, e c’è l’incontro di queste ore, a quanto pare. Sì, una parte è teatro, ma da entrambe le parti, anche da parte di Putin, perché anche lui non è messo così bene in Russia.
Cominciano a esserci pressioni importanti affinché lui innanzitutto acceleri le operazioni militari in Ucraina e poi esprima un’escalation più marcata nei confronti delle provocazioni dell’Occidente, affinché i russi possano mostrare i muscoli. Comunque, alla fine, sta incassando parecchi colpi. Credo che entrambi i personaggi si stiano aiutando a vicenda, anzi, si stanno aiutando in tre, perché c’è di mezzo anche Xi Jinping. Facciamo una lettura più semplice e pratica: Putin è coinvolto in questa guerra che comunque va avanti da tanto tempo e che sta sicuramente durando molto di più di quanto lui stesso avesse previsto. Ha detto che sperava di riportare gli ucraini al senno e di concludere un accordo nell’arco di poco tempo. Tant’è che avevano già definito un accordo nell’aprile del 2022, se non sbaglio, e stavano per firmarlo, quando è subentrato Boris Johnson da Londra che ha detto: “Assolutamente non firmate niente, anche perché, se firmate, noi vi togliamo qualsiasi tipo di assistenza militare”.
Quindi, adesso Putin si trova coinvolto in questa guerra che va avanti da quattro anni e che, stando a come si stanno evolvendo le cose, potrebbe durare ancora un paio d’anni, perché devono riconquistare tutto il Donbass e credo che non manchi molto. Comunque, procedono, ma lentamente e gradualmente, quindi magari entro la fine dell’anno potrebbero averlo riconquistato. Poi, però, ci sono le altre due zone, Zaporizhzhia e Kherson, che loro hanno già annesso e che Putin non può lasciare neanche in parte agli ucraini, perché altrimenti sarebbe uno smacco politico interno. E non è finita qui, perché devono anche trovare un accordo con l’Europa, che in questo momento non è assolutamente interessata a scendere a patti con i russi e che continua e continuerà a finanziare gli ucraini. Putin procede lentamente perché vuole frantumare le risorse della NATO e metterla in condizione di non nuocere in Europa per almeno 10 anni, se non di più, mentre i russi consolidano la propria posizione.
Questi sono i problemi di Putin. Trump, da parte sua, ha delle pressioni interne a cui può resistere fino a un certo punto, per i motivi che abbiamo visto prima. Quindi, di tanto in tanto, deve gettare qualche osso alla fazione della Guerra Fredda, che invece vorrebbe dare agli ucraini tutto il necessario per combattere i russi. Di conseguenza, di tanto in tanto, fa queste mosse che, in realtà, non hanno alcuna conseguenza, sono solo teatro, puro e semplice, e che magari servono anche per esercitare un po’ di pressione su Xi Jinping affinché raggiunga un accordo che sia il più accettabile possibile per gli americani. Anche le operazioni in Venezuela vanno in questa direzione e mi sembra che si stia avvicinando a qualche tipo di accordo. In ogni caso, anche Xi Jinping ha dovuto consolidare la propria posizione, perché c’erano diverse fazioni che volevano scalzarlo. Ha effettuato importanti purghe nell’esercito e nelle forze armate cinesi. Quindi, non è tutto rose e fiori neanche in Cina.
La situazione economica cinese non è proprio fantastica e non possono sganciarsi completamente dagli Stati Uniti, né possono essere sottoposti a sanzioni punitive come la Russia. Quindi, devono in qualche modo scendere a patti. Poi, via via, diventeranno più indipendenti. Va tutto bene, ma la famosa valuta BRICS e il sistema BRICS mi sembrano ancora molto lontani. E, benché sicuramente Russia, Cina e Iran abbiano trovato il modo di aggirare buona parte delle sanzioni europee, tutto questo comunque ha un prezzo e i cinesi sono disposti a pagarlo. A pagarne le conseguenze fino a un certo punto sono anche i russi, che devono muoversi con cautela, tenendo conto che il supporto alla loro economia dipende comunque in gran parte dai cinesi. Senza l’apporto economico cinese, la Russia sarebbe in difficoltà. Anche l’apporto economico europeo è importante, perché gli europei continuano a comprare petrolio e gas russi, ma a prezzi maggiorati, facendo nel frattempo arricchire indiani e turchi. In questo gioco a tre, direi che tutti e tre stanno cercando di aiutarsi a vicenda a risolvere i problemi interni, facendo un po’ di teatro.
Non so se è presente l’incontro di lotta americana, dove sembra che si distruggano a vicenda, ma è tutto finto. È abbastanza, salvo per il fatto che nella guerra in Ucraina c’è gente che muore davvero, e questo purtroppo è atroce. Dal punto di vista dei rapporti tra i politici, però, bisogna andare oltre quello che viene detto e guardare la sostanza. Non c’è dubbio che ci siano dei discorsi di futura collaborazione economica tra Stati Uniti e Russia, perché ci sono degli interessi reciproci: i russi hanno interesse ad avere un’alternativa rispetto alla Cina, ora che l’Europa è fuori gioco. Per i russi, direi, l’Europa è fuori gioco per almeno una generazione, e tutto sommato, se guardiamo a quello che potrebbe essere un impianto geopolitico futuro, invece di avere i Brics, il Brasile è una posizione critica, il Sudafrica va bene, ma l’India è una carta variabile, anche perché gli americani stanno facendo accordi importanti con il Pakistan, che fornisce terre rare. C’è un discorso in quella direzione.
Vedo di più un modello tipo ARC, quindi America, Russia e Cina, dove i tre, pur restando avversari in parte, cercano di collaborare per riequilibrare le rispettive economie e anche i rapporti militari reciproci. Il punto di convergenza sarebbe quindi il Pacifico, ecco perché il Giappone e Taiwan giocano un ruolo fondamentale. Naturalmente, anche l’Artico è importante, visto che c’è un interesse comune tra Russia e Stati Uniti. Se si considera il mondo con l’Oceano Pacifico come punto centrale, l’Europa appare decisamente marginale. In questo contesto, ogni nazione europea dovrà trovare il proprio ruolo. Naturalmente, l’Unione Europea esiste ancora, così come la volontà politica, gli interessi economici e militari comuni, la NATO e molte altre cose. Perciò, Trump deve comunque mantenere una certa linea e dare dei contentini anche all’Europa, ma i segnali.
Secondo me, i messaggi che Trump manda e continua a mandare alla Russia sono abbastanza chiari: cercate di fare in fretta, di chiudere in fretta la questione dell’Ucraina, state andando troppo lenti. Infatti, quando lui dice che la Russia è una tigre di carta, secondo me questo è il messaggio che sta mandando a Putin: caro Putin, hai le risorse per chiudere questa guerra in pochi mesi, perché non lo fai? Perché più andiamo avanti, più io mi strazio, perché devo continuare a cambiare idea in continuazione per guadagnare tempo, e tu, alla fine, non guadagni neanche tanto, perché i cinesi iniziano a essere piuttosto nervosi e a trovarsi in difficoltà su altri fronti, perché comunque la guerra commerciale ha sicuramente colpito gli Stati Uniti, ma ha fatto male anche alla Cina. Per esempio, abbiamo visto il Vietnam allinearsi alla volontà di Washington di bloccare il riciclo di prodotti cinesi che passavano dal Vietnam, venivano rimarchiati e fatti passare come prodotti vietnamiti. Questo ha ridotto significativamente le importazioni dalla Cina verso gli Stati Uniti, e questo ha un impatto sull’industria cinese, che in questo momento non se la sta passando benissimo.
Quindi, tutto deve riequilibrarsi. Tuttavia, credo che il messaggio che arriva da Xi Jinping a Putin sia: “Dai la mossa, perché non puoi andare avanti ancora tre anni con questa storia”. Concludiamo con la domanda di Flavio: hai menzionato l’Europa anche in questa parte finale del tuo intervento. Perché gli europei, con queste politiche di guerra ed economiche, sembrano voler andare a schiantarsi contro un muro? Perché sono già andati a schiantarsi contro un muro, solo che non hanno ancora chiamato i vigili urbani per la constatazione amichevole. Quindi, se provocano una guerra, possono dire che è stata la guerra a causare questo schianto. Oppure, la prospettiva della guerra è che sia stato Putin, o Trump, o entrambi. Siamo nella fase dello scaricabarile. Dovete capire che l’impianto dell’Euro non sta in piedi. È come se uno avesse costruito una casa sulle sabbie mobili: prima o poi sarebbe sprofondata. Non è una questione di se, ma di quando. Al momento, non c’è interesse da parte di nessuno perché l’Euro precipiti, quindi in qualche modo verrà puntellato. Ma questo vuol dire che, in ogni caso, dipenderà dalla volontà di altri, non certo dalla volontà di Bruxelles o di Francoforte.
Quindi, in una situazione di questo genere, dove a livello globale c’è una guerra valutaria in corso tra la Cina e gli Stati Uniti, l’Europa si presenta in difesa, sguarnita, e di conseguenza sanno già che la fine non sarà divertente. Stanno cercando di fare di tutto per spostare l’attenzione altrove, mentre nel frattempo cercheranno di correre ai ripari, magari ipotecando tutto quello che c’è. Non lo so, però il problema è che siamo arrivati a un sistema che non è più in grado di sostenersi, perché è stato progettato male, a metà. Quando si crea una valuta Fiat, come l’euro, questo non lo dico io, ma uno dei consulenti finanziari che è stato consultato al momento della fondazione dell’euro, si devono emettere anche dei titoli di Stato, quindi del debito, a garanzia di quella valuta. Valuta: lo Stato deve essere finanziato costantemente e non solo con le tasse, che non bastano, ma anche con l’emissione di titoli.
Questo fa parte della vita di tutti i giorni, anche in Italia. Tuttavia, la valuta deve avere i propri titoli corrispondenti, quindi ci dovevano essere dei titoli emessi centralmente dall’Unione Europea. Purtroppo, i tedeschi non hanno voluto, perché la banca centrale tedesca era già contraria all’introduzione dell’Euro e di certo non voleva doversi far carico di un debito che riunisse tutte le varie economie, comprese quelle italiana e francese. Hanno quindi deciso che la valuta è unica, ma che ciascuno paga i propri debiti. A questo punto, cosa succede? Poi, ognuno emette la quantità di valuta che vuole e i debiti girano, ma chi li paga? Quali garanzie ci sono? Stiamo vedendo che la Francia è stata declassata: se la Francia dovesse andare in default, ovvero non riuscire più a procurarsi i soldi necessari per far andare avanti lo Stato e dovesse quindi avere bisogno di un salvataggio, chi interverrebbe? L’IMF, il Fondo Monetario Internazionale, non ha abbastanza fondi per salvare un’economia come quella francese, ma può salvare un’economia come quella greca, come ha fatto. Salvataggio per modo di dire, però, perché abbiamo visto come è andata a finire.
Con la Francia, però, proprio non ce la può fare, a meno che i tedeschi non si facciano carico dei debiti francesi integralmente, cosa che non credo. È una bomba a orologeria. Ognuno adesso sta facendo il possibile per salvare il salvabile a livello nazionale. Le politiche monetarie sono demenziali, perché ogni Stato sta facendo la sua politica monetaria attraverso le emissioni di debito separato e indipendente rispetto a tutti gli altri, ma fanno finta di avere una valuta unica, gestita da una banca centrale europea che non sa più cosa fare, perché ha cercato di giocarsi la carta dell’euro digitale sperando che in qualche modo funzionasse. Se si potesse concentrare anche il potere politico in un singolo governo a Bruxelles, cosa che sarebbe indispensabile per poter emettere un debito centralizzato, ma che nessuno vuole, allora non saprei proprio come andrà a finire, onestamente. Però non ha alcun senso. Ringrazio molto Roberto, seguitelo sul suo sito mazzoninews.com, dove potete trovare anche molti video interessanti per capire quello che sta accadendo. Ci vediamo il prossimo mese, Roberto, e a te buona giornata, a voi buona serata. Grazie, arrivederci
Roberto Mazzoni