Trump sta seguendo un piano molto preciso che non si comprende se non si comprende la situazione e la storia americana.
1609 Nasce la Banca di Amsterdam, la prima banca centrale del mondo
1618 Scoppia la Guerra dei Trent’anni che coinvolge soprattutto Germania e Spagna da una parte, contro Francia e Svezia dall’altra. E’ il primo grande scontro intestino tra le diverse fedi protestanti e in generale tra i protestanti e i cattolici.
1620 L’Olanda comincia a sostituirsi alla Spagna come potenza commerciale internazionale e la sua moneta, il fiorino olandese diventa la moneta di scambio internazionale al posto della valuta spagnola, il Real.
1624 Gli olandesi fondano New Amsterdam che sarebbe poi diventata New York.
1648 Finisce la Guerra dei Trent’anni, la Francia ne esce rafforzata, mentre la Germania è fortemente indebolita e lo resterà per 200 anni.
1653 Gli olandesi costruiscono Wall Street, che in origine era un muro per difendersi dagli attacchi degli inglesi.
1664 Gli inglesi invadono New Amsterdam e ne cambiano il nome in New York.
1673 La Francia con l’appoggio del re inglese cattolico Giacomo II cerca d’invadere l’Olanda.
1688 Guglielmo d’Orange invade l’Inghilterra nella Glorious Revolution, la Rivoluzione gloriosa.
1689 Guglielmo d’Orange firma la Bill of Rights cedendo una parte dei poteri della corona al parlamento inglese e autorizzando elezioni parlamentari regolari.
1689 Scoppia la guerra dei Nove Anni tra Francia e Inghilterra. Guglielmo d’Orange sarà impegnato a combattere, mentre la moglie Maria II regna sull’Inghilterra.
1694 Nasce la Banca d’Inghilterrta per finanziare la flotta inglese necessaria per combattere la Francia.
1697 Finisce la Guerra dei Nove Anni dove i Francesi sono sconfitti, Giacomo II rinuncia alle pretese del trono d’Inghilterra e il regno di Guglielmo d’Orange si consolida, ma al governo dell’Inghilterra resta la figlia anglicana di Giacomo II, Maria II.
1714 il trono inglese passa alla famiglia tedesca degli Hanover da cui verrà lo sviluppo dell’impero che culminerà con la Regina Vittoria, la nonna d’Europa i cui 42 nipoti governeranno gran parte dell’Europa dell’1800. I suoi tre nipoti più famosi saranno al centro della Prima Guerra Mondiale, la guerra dei cucini: Re Giorgio V di Gran Bretagna, Kaiser Gugliemo II di Germania, e Zar Nichola II di Russia.
1743 Nasce Guglielmo I di Assia, principe tedesco che diventerà il protettore iniziale della famiglia Rothschild.
Guglielmo I d’Assia-Kassel aveva legami familiari con la casa degli Hanover, che sarebbe salita al trono in Gran Bretagna, e con la casa regnante di Danimarca.
1744 Nasce Mayer Amschel Bauer (Rothschild).
1757 Mayer Amschel Rothschild entra nella banca Oppenheimer di Hannover dove impara il commercio e il cambio di valuta internazionali.
1765 Scoppia la Rivoluzione Americana, gli inglesi chiedono mercenari a Francesco II d’Assia pagandolo profumatamente. I mercenari tedeschi andranno in America a combattere insieme agli inglesi contro i rivoluzionari di Giorgio Washington.
1769 Mayer Amschel Rothschild diventa curatore finanziario dei principi d’Assia. Userà i fondi pagati dalla corona inglese per investirli direttamente a Londra, e manderà in Germania solo gli interessi. Si dice che parte di tali investimenti siano stati usati per sostenere anche Giorgio Washington.
In tal modo i Rothschild si sarebbero garantiti alleati in America in caso di vittoria degli americani e la guerra d’indipendenza americana sarebbe durata più a lungo e i principi d’Assia avrebbero guadagnato ancora di più dall’affitto dei loro mercenari a spese dei britannici.
Gli interessi di tali investimenti furono usati per fare prestiti agli altri principi tedeschi fortemente indebitati dopo la Guerra dei Trent’Anni e quindi creando un notevole tesoro per i principi d’Assia sotto la gestione di Amschel Rothschild.
1784 Termina la Rivoluzione Americana. Nel primo governo degli Stati Uniti viene nominato Segretario del Tesoro Alexander Hamilton, assistente di campo di Giorgio Washington.
1790 Alexander Hamilton ha svolto un ruolo cruciale nel definire il sistema tariffario degli Stati Uniti. In qualità di primo Segretario al Tesoro, riconobbe la necessità delle tariffe per generare entrate e proteggere le industrie americane.
Nel 1789 propose di aumentare le tariffe doganali per contribuire a pagare i debiti della nazione e incoraggiare la produzione nazionale.
Le sue idee influenzarono le tariffe del 1790, che adeguò i dazi sulle importazioni per sostenere la crescita economica.
La visione di Hamilton faceva parte di una strategia più ampia per rafforzare l’economia statunitense, nota come Sistema Americano, che si basava sulle tariffe per promuovere l’industrializzazione. Sebbene non abbia creato da solo il sistema tariffario, le sue politiche hanno gettato le basi per il suo sviluppo che sarebbe durato fino al 1994 quando è stato sostituito dal sistema globalista imperniato sulla Cina.
1791 Hamilton forma la First Bank of the United States secondo il modello inglese caldeggiato dai Rothschild, che avrebbe facilitato il ripagamento dei debiti esteri, compresi quelli dovuti ai Rothschild.
1794 La Gran Bretagna invia negli Stati Uniti un proprio agente,Thomas Cooper, nato a Westminster ed educato ad Oxford, allo scopo di fomentare la rivolta degli Stati del Sud contro gli Stati del Nord.
Cooper era già stato inviato a Parigi nel 1792 dove aveva lavorato instancabilmente con i Giacobini e con i massoni tedeschi per fomentare la Rivoluzione Francese e lanciare il regno del terrore. Negli USA diventa giudice e usa la sua influenza per creare una rete di agenti britannici che avrebbero fomentato la guerra civile americana.
1801 Guglielmo I d’Assia nomina Amschel Rothschild supervisore delle sue ricchezze, che saranno nascoste durante le guerre napoleoniche e quindi trasferite a Londra dove formeranno la base per l’espansione dei Rothschild in terra inglese.
1811 La First Bank of the Unites States giunge al termine del primo mandato e viene disciolta per volere di Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti che si era ferocemente opposto alla creazione di una banca centrale in quanto incostituzionale e perché concentrava troppo potere nelle mani del governo federale.
1812 Scoppia la Seconda Guerra d’Indipendenza americana. La Gran Bretagna, inclusa la colonia del Canada, e la Spagna attaccano il governo statunitense insieme a numerose tribù indiane che britannici e spagnoli avevano armato e mobilitato contro Washington. Impongono anche un blocco navale che porta alla prima grande crisi bancaria americana.
1815 Gli americani vincono grazie soprattutto al generale Andrew Jackson, ma con gravi perdite finanziarie che portano a una grave crisi economica.
1816 Viene formata la Second Bank of the United States che è una copia della prima, con l’aggiunta di sedi periferiche in diversi stati, anche questa sarebbe durata solo 20 anni.
1826 La casa tedesca degli Saxe-Coburg and Gotha sale al potere in Germania, si espanderà al regno del Belgio, Portogallo, Bulgaria, e Regno Unito dove salirà al potere nel 1840 quando il Principe Alberto sposa la Regina Vittoria.
1828 Andrew Jackson dichiara la banca centrale un motore di corruzione e diventa presidente. Il Partito Democratico lotta per sopprimerla.
1836 Viene chiusa la Second Bank of the United States.
1860 Scoppia la Guerra Civile Americana. I Sudisti sono appoggiati da Francia e Gran Bretagna e combattono contro i Nordisti che stanno sviluppando diversi progetti industriali alcuni dei quali finanziati dai Rothschild.
La corona britannica e Napoleone III di Francia cercano di costringere Abramo Lincoln a concedere l’indipendenza ai sudisti rappresentati dal Partito Democratico fondato in origine da Andrew Jackson, nella convinzione che, dividendo gli Stati Uniti in due sarebbe stato più facile riconquistarli come colonia.
Abramo Lincoln impone un blocco doganale sugli Stati del Sud così da costringerli da vendere il cotone agli Stati del Nord, che si erano dotati di impianti industriali finanziati dai Rothschild, invece di venderlo a Francia e Gran Bretagna.
Francia a Gran Bertagna inviano le proprie flotte per rompere il blocco navale di Lincoln e costringerlo ad arrendersi.
I nordisti vengono salvati dallo Zar Alessandro II che manda praticamente tutta la flotta russa a presidiare i porti di New York e di San Francisco per sette mesi, e decretando la vittoria dei nordisti.
Il governo britannico e francese diventano i difensori della schiavitù agli occhi del mondo mentre lo zar russo appare come il difensore della libertà.
1863 Nascono le Banche Nazionali americane per sostenere il costo della guerra civile. Forniranno la base finanziaria su cui poi inserire la Federal Reserve Bank. Il presidente Abramo Lincoln lavorerà per riportare sotto controllo il debito di guerra, ancorando il dollaro americano al valore dell’oro.
Istigati dai britannici, i polacchi si ribellano contro la Russia e vengono stroncati nel sangue dallo zar russo. Inglesi e francesi colgono l’occasione di ribaltare l’immagine pubblica dei russi e il servizio segreto britannico fonda l’Internazionale Socialista con il proprio agente Karl Marx così da assorbire e reindirizzare contro i russi il supporto dell’opinione pubblica britannica in favore di Abramo Lincoln.
Karl Marx e l’Internazionale Socialista avrebbe mantenuto per decenni una costante propaganda antirussa coordinata dal servizio segreto britannico.
1865 Termina la Guerra Civile Americana con enorme dispendio di risorse e di vite, Abramo Lincoln, il primo presidente del Partito Repubblicano, viene assassinato.
1871 Cecil Rhodes inizia l’estrazione di diamanti in Sud Africa. Costruirà la più grande fortuna finanziaria del suo tempo.
1892 Il Barone Alphonse de Rotschild incontra John D. Rockefeller a New York per trovare un compromesso di collaborazione per il futuro.
1901 La casa tedesca degli House of Saxe-Coburg and Gotha sale al potere in Gran Bretagna, aprendo la porta per la Prima e la Seconda Guerra mondiale. Cambierà il proprio nome in Windsor nel 1917 per nascondere le proprie origini tedesche durante la Prima Guerra mondiale.
1902 Cecil Rhodes muore lasciando la gestione della sua immensa fortuna alla Secret Society, di cui fanno parte anche i Rothschild, e alla Rhodes Scholarship di Oxford, amministrata dai Rothschild.
1912 Woodrow Wilson, del Partito Democratico, vince la presidenza degli Stati Uniti.
1913 Sotto la sua presidenza e con numerosi sotterfugi parlamentari, viene formata la Federal Reserve Bank contro la volontà della popolazione americana.
Sarà anche il presidente che porterà gli Stati Uniti nella Prima Guerra mondiale contro la volontà della popolazione americana e nonostante avesse promesso durante la sua seconda campagna presidenziale che non l’avrebbe mai fatto.
Trasferisce la gestione della politica estera americana a Londra come resterà da quel momento in poi, l’intero apparato di politica estera americano verrà infatti addestrato a Londra, all’Università di Oxford, oppure in alcune università americane gestite dai britannici e dai gesuiti.
Woodrow Wilson è considerato, dal deep state americano, il vero fondatore degli Stati Uniti al posto di Giorgio Washington.
Trump ha dichiarato di voler completare il lavoro di Abramo Lincoln e di volere usare il sistema tariffario americano, perfezionato dal presidente William McKinley, il 25° Presidente degli Stati Uniti, in carica dal 1897 al 1901.
Membro del Partito Repubblicano, guidò il Paese in un periodo di grandi cambiamenti, tra cui la guerra ispano-americana del 1898.
Sotto la sua guida, gli Stati Uniti acquisirono territori come Porto Rico, Guam e le Filippine, segnando l’inizio dell’espansionismo americano.
McKinley aveva prestato servizio nell’Esercito dell’Unione durante la Guerra Civile, raggiungendo il grado di maggiore. Alla pari di Abramo Lincoln, fu assassinato nel 1901, lasciando il posto al suo vicepresidente Theodore Roosevelt che Trump ha pure preso a modello.
In una recente intervista, Aleksandr Dugin, noto intellettuale russo molto vicino a Putin, ha dichiarato che, alla pari della Russia, anche gli Stati Uniti devono consolidare la propria integrità come potenza di terra, anziché essere unicamente una potenza di mare secondo il modello britannico, e quindi è essenziale che acquisiscano il controllo della Groenlandia e del Canada, che sono sotto il controllo britannico storicamente antagonista all’indipendenza americana.
Dughin dice che anche l’Europa dovrebbe fare altrettanto, ma che l’attuale modello dell’Unione Europea dominato da Francia e Germania, in collaborazione con la Gran Bretagna, è destinato a fallire. Serve un altro centro di aggregazione.
Secondo George Friedman, noto analista geopolitico e storico americano, gli Stati Uniti si rigenerano e si trasformano completamente ogni 50 anni. Alla scadenza dei cinquant’anni si arriva a un clima di scontro interno che può sfociare in una guerra civile, ma superata la bufera che dura qualche anno, si emerge con una nuova unione che dura per altri cinquant’anni.
Amici e amiche di Spunti di Riflessione, ben ritrovati. Come vedrete, mi sono trasferito nel mio nuovo ufficio e do il benvenuto sul mio canale. Un ringraziamento speciale a Roberto Mazzoni per essere con noi. Ciao Roberto. Buongiorno a tutti e benvenuti. Ricordo che Roberto è un giornalista professionista specializzato in tecnologie informatiche. Ha alle spalle importanti collaborazioni in Italia, dove tra l’altro ha lavorato con testate come Arnoldo Mondadori, editore de Il Sole 24 Ore, e dal 2008 vive in Florida. È collegato con noi dagli Stati Uniti, dove svolge attività di imprenditore, consulente e analista di questioni economiche e politiche internazionali. Vi segnalo naturalmente anche il suo portale Mazzoni News, a cui potete iscrivervi per ricevere aggiornamenti importanti. Vi metterò ovviamente il link alla descrizione di questo video, così potrete accedervi direttamente.
Io, Roberto, so bene che quello che ci racconta il mainstream sulla realtà americana, nella migliore delle ipotesi, è probabilmente filtrato dalle opinioni di chi scrive o magari dalle opinioni di chi paga chi scrive. I cosiddetti editori pagano le legittimità, pagano le stipende, voglio dire, evitiamo ogni equivoco. Vorrei approfittare della presenza di un italiano che vive in America per conoscere la realtà effettiva del Paese. Da noi, se uno sta a guardare il mainstream, Trump viene presentato come una persona che, volendo essere ottimisti, è molto originale. Va, per non dire che in alcuni gli danno, dubitano forse anche del suo pieno equilibrio. Casualmente non lo facevano con Biden, ma lasciamo perdere questo discorso sui doppi standard che, almeno speriamo, è affidato alla storia.
Ti chiederei, ecco, che impatto hanno avuto i primi 100 giorni di Trump alla Casa Bianca, dal tuo punto di osservazione negli Stati Uniti, sulla società americana? Noi siamo abituati probabilmente a guardare più a quello che avviene sul versante internazionale, invece vorrei iniziare proprio con un’analisi della realtà americana. Se è cambiato qualcosa, lo è stato in tanti ambiti: economico, informativo e, perché no, anche in quello dei servizi sanitari, visto che sappiamo che Trump ha voluto nella sua amministrazione Robert Kennedy Jr. come responsabile della sanità e che ha già annunciato una serie di importanti misure che, fino a poco tempo fa, in questo paese avrebbero fatto perdere il bando a vita e la radiazione per l’eternità solo per parlarne. A questo punto ho parlato anche troppo, quindi ti cedo la parola. D’accordo, direi che l’effetto di Trump in questi primi 100 giorni è stato paragonabile a quello di Gengis Khan, per citare le parole di un altro commentatore economico.
Trump sta demolendo lo stato burocratico degli Stati Uniti e sta usando lo stesso programma e lo stesso modello di Franklin Delano Roosevelt negli anni ’30. Anche Franklin Delano Roosevelt, nel suo periodo presidenziale, è stato accusato di essere un folle, di essere scollegato dalla realtà e di portare l’America in crisi. Ti ricordo che all’epoca eravamo già in piena Grande depressione, quindi c’erano già dei problemi economici molto significativi e, in ogni caso, Franklin Delano Roosevelt ha cambiato drasticamente la struttura degli Stati Uniti. Alcuni dicono che ha fatto il peggio, altri dicono il meglio, ma in ogni caso ha creato degli Stati Uniti che prima non esistevano, quindi una nazione sostanzialmente socialista con una fortissima concentrazione di potere sul governo federale e con un programma di crescita progressiva delle dimensioni del governo federale che si è rivelato essenziale per affrontare e vincere la Seconda Guerra Mondiale, perché senza un controllo centralizzato della produzione e una mobilitazione delle risorse interne con una forte enfasi centrale sarebbe stato difficile farlo.
Quindi, se vogliamo, anche assistenziale, lo Stato che oggi abbiamo negli Stati Uniti e lo Stato burocratico, costruito negli anni ’30, è il prodotto di quell’epoca. Negli Stati Uniti, tuttavia, c’è una cosa interessante da notare: il Paese ha una certa tradizione e, quindi, ogni 50 anni, ma sicuramente ogni 100 anni, si rinnova completamente, distruggendo se stesso per rinascere, e ora siamo arrivati alla fase di autodistruzione. D’altro canto, abbiamo visto le crisi interne e le divisioni molto forti che sono tipiche degli Stati Uniti appena prima di periodi di questo tipo. Le abbiamo viste anche con la guerra civile ai tempi di Abraham Lincoln, una figura a cui Trump si rifà molto spesso, o con Jefferson e Jackson, ancora dopo di lui: altre figure che hanno trasformato completamente l’assetto interno degli Stati Uniti. Se non ci fosse stato Trump, ci sarebbe stato qualcun altro. Diciamo che Trump è, se vogliamo, un’espressione dei tempi che poi è riuscito a cogliere e sta riuscendo a esprimere bene, perché è in ottima comunicazione con la base elettorale e parla il linguaggio che gli americani capiscono, soprattutto parlando dei problemi che gli americani sentono come fondamentali. L’America ha tanti problemi, ma ha anche un enorme potenziale e si sta già trasformando internamente, a livello culturale, da un po’ di tempo.
Questa trasformazione si sta già manifestando in diverse aree e in diverse forme, quindi era evidente che saremmo arrivati a un punto di autodistruzione e rigenerazione, ed ecco Trump: un demolitore, come avevo già detto prima della sua elezione, perché viene dal mondo immobiliare e la demolizione è il suo mestiere. Un’altra cosa importante è che Trump sta seguendo un copione identico a quello di Franklin Delano Roosevelt, quindi non si tratta di improvvisazione. Anzi, la confusione fa parte del programma, perché Trump ha l’obiettivo di spingere al massimo, come ha fatto Roosevelt nei primi 100 giorni, espandendo il potere presidenziale. Quindi, ha voluto testare fino a che punto poteva demolire la struttura esistente prima che si formasse un’opposizione concreta, demolendo quanto più possibile, sapendo che avrebbe innescato una serie di cause, proprio come fece Roosevelt, anche perché, come Roosevelt, l’obiettivo è riformare completamente la struttura giudiziaria.
Nei primi 100 giorni abbiamo visto che Trump partiva in molte direzioni diverse e veniva fermato a ogni singolo passaggio da un qualche tipo di causa o azione. Tuttavia, si muoveva molto rapidamente: nei primi 100 giorni ha emesso quattro volte il numero di ordini esecutivi di Biden in tutta la sua presidenza. Sono quindi arrivati molto preparati. Avevano già preparato tutti i vari passaggi nei quattro anni di esilio intercorsi nel frattempo, su cui non ha lavorato molto Trump, ma anche un grosso movimento che si è formato alle sue spalle e che gode di un notevole appoggio all’interno del Pentagono e nel mondo della finanza. Quindi non si tratta di una rivoluzione dal basso, ma dall’alto: se andiamo a vedere la storia di Washington, Washington, al tempo della sua epica impresa, era l’uomo più ricco degli Stati Uniti e Washington fece esattamente la stessa cosa: avviò la guerra d’indipendenza in modo del tutto scollegato rispetto al congresso. Tutto quello che il congresso gli diceva di fare, lui faceva esattamente il contrario o comunque non lo informava. Washington vinse sostanzialmente perdendo quasi tutte le battaglie, ma restando in piedi. Quindi, di essere sopravvissuto a questa enorme trasformazione.
Ti ricordo che a Washington fu proposto di assumere il ruolo di re dell’America, che lui rifiutò. Dopo la costituzione iniziale, Benjamin Franklin, quando gli chiesero: “Ma che tipo di struttura di governo abbiamo?”, rispose: “È una repubblica, se sarete in grado di mantenerla. Quindi, quello che Trump sta realizzando è un mix del lavoro di Washington, in particolare per quanto riguarda le tecniche di combattimento: gli americani combattono meglio quando sono del tutto imprevedibili. Se andiamo a vedere gli iscritti tedeschi e russi dopo la seconda guerra mondiale, vediamo che gli americani hanno delle tecniche strategiche molto precise che tuttavia non seguono mai; una volta che sono sul campo di battaglia improvvisano, ed è questa la loro forza. Inoltre, gli americani perdono quando una struttura di comando è estremamente rigida, con i generali che comandano dall’alto e dirigono le truppe. Funziona meglio quando a livello locale ciascuno prende le decisioni in base alle condizioni del territorio. Trump sta seguendo esattamente questo approccio: non c’è nessuna logica prefissata, perché non deve essercene una. Ossia, lui avvia la sua campagna all’inizio della settimana, ma il mercoledì l’opposizione ha capito in che direzione sta andando e inizia il contra-attacco. Lui nel weekend cambia completamente discorso, fa un’inversione di marcia e riparte la settimana dopo spiazzandoli di nuovo, anche perché i nemici più importanti di Trump sono dentro gli Stati Uniti e non fuori. In realtà, non ha problemi importanti né con la Cina né con la Russia, e probabilmente nemmeno con l’Unione Europea.
Ha dei problemi con il Regno Unito e il Canada, ma questo è un discorso vecchio, anche perché molti americani considerano quella che è in corso come la terza guerra d’indipendenza. Dovremmo approfondire molto questo discorso. Questo è molto interessante, perché, diciamo, quello che secondo certi media che non ascolto quasi più ormai, se non ogni tanto per farmi un’idea di come tira il vento, ci impiego il meno possibile, mettiamoci, ci investo meno tempo possibile, d’accordo? Però, ecco, l’imprevedibilità di Trump non viene presentata come una strategia, ma come un suo difetto, come se le decisioni che prende fossero il frutto di una sua qualche rotellina che gli gira per il verso sbagliato. Questa è un po’ la narrazione, tolti tutti i fronzoli, che invece, da come ci spiegavi tu, è frutto al contrario di una precisa linea che lui segue. Esatto, è la linea che seguiva Washington e che seguiva anche Roosevelt, e in parte anche Lincoln, perché gli americani combattono al meglio quando sono imprevedibili.
Gli eserciti più prevedibili in assoluto sono quelli strutturati con una strategia ben misurata che ha portato la prevedibilità e la strategia al massimo: quelli tedeschi e, scusami, giapponesi, che entrambi sono stati sconfitti. Anche i russi, benché abbiano il loro metodo, improvvisano parecchio, perché, come ci dice Sun Tzu nell’arte della guerra, quando ti trovi in un combattimento devi essere imprevedibile e devi far credere l’avversario una cosa e farne tutt’altra, e questo vale sia per i nemici interni che per quelli esterni. Di conseguenza, è evidente che Trump, se vuole combattere questa guerra, perché è una guerra, alla fine, nel senso che siamo molto vicini a una guerra civile interna agli Stati Uniti, deve farlo. C’è una guerra in corso con la Russia, ci sono potenziali escalation nel Medio Oriente e potenziali escalation con la Cina. Se non vogliamo arrivare a un conflitto nucleare, che è ciò che lui vuole evitare, dobbiamo combatterla in modo diverso. Deve essere una guerra non convenzionale che si combatte su tutti i fronti e il primo fronte è quello della disinformazione: devi far credere i tuoi nemici di puntare in una direzione quando ne fai un’altra. Devi fare in modo che i tuoi nemici vadano in una direzione quando tu ti stai muovendo in un’altra.
Bisogna capire, e questi 100 giorni sono stati essenziali, così come le tariffe e il famoso Liberation Day.
Queste informazioni ci permettono di fare una lista di chi sono i veri amici, di chi è poco convinto e di chi è effettivamente un avversario.
La lista finale potrebbe essere sorprendente, nel senso che non necessariamente corrisponde a quella che ci viene proposta dalle voci ufficiali, anche perché, dal punto di vista americano, gli americani non hanno mai percepito la Russia come un nemico, anzi, è stata in realtà essenziale. Se ci ricordiamo della guerra di indipendenza e della guerra civile che seguì la seconda guerra di indipendenza, negli Stati Uniti ce ne furono due. La seconda iniziò all’inizio del 1800 e fu combattuta dai britannici e dai canadesi che invasero gli Stati Uniti e bruciarono la Casa Bianca. Fu vinta da Jackson, che poi diventò presidente, il quale, in quanto presidente, fece chiudere la seconda versione della banca centrale americana.
Questo non lo sapevo…
La costituzione americana, infatti, proibisce la presenza di una banca centrale. I fondatori degli Stati Uniti hanno sempre detto, fin dall’inizio, che era indispensabile evitare la presenza della banca centrale, perché avrebbe riportato il controllo britannico all’interno degli Stati Uniti. È successo proprio così con la Federal Reserve. Ecco perché oggi si parla di terza guerra d’indipendenza: l’eliminazione definitiva o la sostanziale distruzione dall’interno della Federal Reserve. Questo è uno degli obiettivi strategici di tutto il discorso, ma ci porta un po’ più lontano. Tuttavia, questo ci fa capire che per gli americani si tratta di una lotta esistenziale, quindi non è una questione di risparmiare 10. È una lotta esistenziale, non si tratta di risparmiare 10 dollari sul tostapane che viene dalla Cina piuttosto che avere un 10 per cento di aumento sul stipendio, che fanno sicuramente parte di quello che può essere un desiderio della popolazione media.
Il vero problema è che c’è molta gente che non ha lavoro, che fa tre lavori per poter pagare i conti, che guadagna quantità enormi di soldi perché lavora sulla finanza e ha di fatto Hanno smantellato l’intero impianto produttivo degli Stati Uniti a favore della globalizzazione e questi sono i veri nemici. Il vero nemico è l’impianto finanziario che si è installato nel 1913 e che ha continuato a proliferare negli Stati Uniti, rubando le risorse e costringendo anche gli Stati Uniti a entrare in guerra, dove non avrebbero mai voluto andare, come è successo nella prima e nella seconda guerra mondiale. Avrei una domanda, se posso: hai fatto questo parallelo tra la presidenza Trump e la presidenza di Franklin Delano Roosevelt, che fu il presidente degli anni ’30 e rimase in carica fino alla conclusione della seconda guerra mondiale, morendo poche settimane prima della sua conclusione ufficiale. Una cosa che mi colpisce è che apparentemente sembrano figli di due mondi diversi. Non perché Roosevelt era democratico e Trump repubblicano, ma perché Roosevelt, con il cosiddetto New Deal, introdusse una serie di logiche di interventismo, possiamo dire, sia pure moderato, perché ricordiamo che negli Stati Uniti l’intervento pubblico nell’economia o, in generale, l’intervento dei pubblici poteri non è ben visto. Non è ben visto per un discorso anche ideologico, però questa logica la lasciamo perdere, se no apriamo troppe finestre.
Trump, invece, sembrerebbe orientato in direzione esattamente opposta, cioè ridurre il più possibile l’assetto dei pubblici poteri. Pensiamo, per esempio, alla figura di Musk, che è stato inserito nel dipartimento DOJ per […] Noi italiani abbiamo invece un dipartimento per l’efficienza dell’amministrazione governativa. Musk sembra orientato proprio a ridurre l’assetto dei pubblici poteri. Come si potrebbe? Questa è una domanda che qualcuno che guarderà questo video potrebbe porsi. Anticipo la risposta: come si potrebbe?
Conciliare questo parallelismo con un orientamento politico che è soprattutto in materia di politica economica, direi che sembra partire da presupposti esattamente opposti: Roosevelt era un interventista, Trump invece sostiene che lo Stato e l’amministrazione devono arretrare il più possibile e lasciare fare, tra virgolette, al settore privato. La malattia diventa la cura, quindi se si vuole smontare un sistema costruito in un certo modo, bisogna usare lo stesso modo per smontarlo. Roosevelt, all’epoca, fece leva su una serie di debolezze del sistema giudiziario, della finanza e del sistema in generale. Il congresso è sempre stato un fardello per gli americani e viene considerato alla stregua di un’entità inutile, inaffidabile o poco interessante. Gli americani nutrono un profondo disprezzo nei confronti del congresso, della Camera dei deputati e dei senatori, che considerano non soltanto. Inutili e pericolosi. Questo significa anche una trasformazione dell’impianto americano. Mentre Roosevelt disattivava il congresso sostituendolo con una burocrazia, Trump disattiverà il congresso sostituendolo con una struttura privata. Tuttavia, il percorso è lo stesso: il nemico interno del congresso è sempre lo stesso, anche perché, in buona sostanza, il congresso è sempre dalla parte sbagliata, tendenzialmente. Inoltre, nel momento in cui si impianta una banca centrale, il congresso è inutile, nel senso che le decisioni vengono prese dai banchieri, ovvero da chi gestisce il flusso di denaro e la creazione.
Poi decide anche quali leggi si fanno e quali no o come queste leggi vengono applicate. Questo è ciò che accade nella realtà dei fatti. Rotschild diceva: “Non importa chi fa le leggi, a me importa chi gestisce il denaro. Datemi la gestione del denaro, non importa chi farà le leggi”. Una realtà europea, una realtà americana. Quindi, Trump sta avviando un processo che ci darà un’America diversa. Non è detto che sia meglio o che sia peggio; tutto dipenderà dall’esito di questo tipo di trasformazioni, perché non si sa come inizierà e non si sa come finirà. Di certo, Trump sta avviando un processo che ci darà un’America diversa. Con la partecipazione di alcuni poteri forti, tra cui, come ha dichiarato Jamie Dimon, il presidente di JP Morgan, ovvero il vice re della finanza, che sono tutti d’accordo nel dire che la struttura burocratica è ormai talmente vasta e inefficiente da rappresentare un peso e un impedimento.
Gli americani, infatti, non sono più efficienti in termini militari, non lo sono in termini industriali e dipendono dalla Cina per produrre le proprie armi, il che è paradossale. Durante il periodo della pandemia, inoltre, abbiamo visto che non c’erano tutte le cose essenziali per la sanità. La situazione sanitaria in tre Stati Uniti è piuttosto critica e disastrosa, i costi sono enormi e la qualità del servizio è migliore rispetto a quella italiana, però rimane il fatto che siamo molto lontani rispetto ai costi per i benefici del singolo individuo. Il problema più importante è che il singolo individuo non ci sta più: gli americani vogliono potersi comprare una casa senza dover lavorare, marito e moglie, e magari fare due lavori ciascuno. Vogliono potersi permettere un lavoro che abbia uno stipendio sufficiente per mantenere una famiglia, magari con una sola figlia. Le persone che lavorano vogliono potersi dedicare di più alla propria famiglia e desiderano avere più figli.
Quindi, c’è tutta una serie di desideri che fanno parte di una nuova generazione che sta facendo la sua vita negli Stati Uniti, anche in modo molto numeroso: pensiamo ai Millennial, che vengono ostacolati da una serie di regole imposte da una generazione precedente, quella dei Boomer, che non vuole andarsene e non vuole cambiare le regole. Quindi, questa è la classica miscela per una trasformazione esplosiva. Ora, Trump sta cercando di forzare i tempi per evitare l’esplosione e far sì che l’evoluzione sia abbastanza rapida da Per evitare l’esplosione, Trump sta cercando di forzare i tempi e far sì che l’evoluzione sia abbastanza rapida da portare a una nuova struttura degli Stati Uniti. Tra l’altro, Franklin Roosevelt fu presidente per più di due mandati.
Non escluderei quindi che Trump punti al terzo mandato. In questo momento, Trump sta attaccando direttamente il sistema giudiziario, sia perché il sistema lo ha attaccato in tutto il periodo della sua campagna elettorale e della sua vita privata, sia perché il potere giudiziario è pieno di giudici attivisti che fanno gli interessi di qualcun altro e che, è evidente, prendono decisioni motivate da interessi politici. Spesso, infatti, si schierano contro gli interessi degli Stati Uniti, come nel caso di criminali appartenenti a bande criminali del Centro America entrati legalmente nel Paese e bloccati da un giudice che decide che la Casa Bianca non può più muoversi. Trump, in questi primi giorni, ha forzato al massimo in tutte le direzioni possibili e adesso vediamo già alcune decisioni che arrivano dalla Corte suprema e che sbloccano alcuni meccanismi. Anche Doge è stato, se vogliamo, un test: sapevano benissimo che sarebbero stati bloccati quasi subito, ma sono comunque riusciti a licenziare 240.000 dipendenti. Ma l’obiettivo non è licenziare 240.000 dipendenti. L’obiettivo è licenziare almeno un milione o magari due milioni e mezzo.
Se non sbaglio, i dipendenti pubblici del governo federale sono 3 milioni.
Il Pentagono, per parte sua, credo che abbia 3 milioni di dipendenti.
Quindi stiamo parlando di entità talmente grandi che ormai nessuno controlla più.
Non sanno neanche cosa c’è dentro il Pentagono.
Non è stato in grado di superare un’audit finanziaria ormai da 30 anni.
Neanche loro sanno dove finiscono i soldi.
È una situazione… che ormai non è più gestibile. Di conseguenza, quello che è stato fatto in questi primi 100 giorni è stato semplicemente un saggio esame. Ho capito bene? Ok, vorrei fare una domanda da italiano, tu capirai cosa intendo, sicuramente, perché hai la fortuna di avere due punti di vista, ma tre. Noi mariti in genere siamo figli di uno soltanto, agli occhi degli italiani abituati alla logica dell’intervento pubblico e del posto statale fisso, tutte queste misure di cui tu ci parlavi possono sembrare quasi un’invasione. evidentemente perché andrebbe anche contro tutta una serie di certezze cui noi siamo abituati.
Prova a spiegare a una persona con la mentalità italiana le misure americane. Questo tipo di misure, che a noi possono apparire in un certo modo, lì ci caliamo in una realtà completamente diversa.
Poi, passeremo anche alla politica estera, però adesso ci teniamo a fare questo focus sull’interno, anche perché… Non se ne parla quasi mai, e questo è un altro punto che vorremmo approfondire. Un’altra curiosità sono le profonde diseguaglianze sociali che purtroppo caratterizzano la società statunitense. Noi abbiamo un’idea, forse ereditata dal cinema o dalle serie TV, che non è assolutamente realistica. Ci sono tantissime famiglie che vivono grandi problemi. Leggevo, per esempio, di una statistica secondo cui molte famiglie americane avrebbero difficoltà a far fronte a una spesa. Imprevista di circa 1000 dollari. Se vogliamo, non si tratta neanche di una grossissima cifra.
Ecco, in tutto questo, sempre con gli occhi di un italiano, io parlo da questo punto di vista: l’idea di uno Stato che arretra, di un intervento pubblico minore, di un dipendente pubblico che viene licenziato. Potrei dire che questo significa scaraventare nella miseria e nel degrado ancora maggiore tutte le persone che già vivono una condizione sfavorevole. In altri termini, l’idea che come Dire Trump finirà per dare più soldi a chi già ne ha tanti e gli altri, come dire, resteranno in qualche modo in una situazione di svantaggio. Questa è la percezione che si ha, in un certo senso.
Sono molto curioso di ascoltare un punto di vista diverso su questi aspetti.
Allora, io direi che questa è la grande differenza tra Stati Uniti ed Europa e il motivo per cui, secondo me, gli Stati Uniti si stanno avviando verso un periodo di espansione di almeno 50 anni.
Qui viene definita la calma dopo la tempesta. Per l’Europa, invece, non sarà così. Il problema dell’Europa è che per l’europeo medio, e per l’italiano in particolare, ma anche per i tedeschi, è molto difficile cambiare, quasi impossibile. Quindi il cambiamento deve essere piccolo e deve avvenire comunque all’interno di un confine di certezze o di situazioni familiari che rassicurano. Poi, ci possono essere degli strappi importanti, a quel punto tutto crolla, come abbiamo visto durante le due guerre mondiali o in altre situazioni. Del genere, ma considerando il fatto che dall’ultima guerra mondiale l’Italia non è stata coinvolta in gravi problemi, a parte il periodo degli anni di piombo, e tutto il resto; insomma, ha avuto una situazione abbastanza stabile. Il pensiero di poter affrontare cambiamenti così drastici è totalmente alieno per un italiano e questo è il problema.
Nel senso che, essendo vincolato al non cambiamento, devi poi proseguire nel percorso in cui sei, nel bene e nel male, cioè devi tenerti quello che hai, se vogliamo. Nel caso degli Stati Uniti, per esempio, Gli Stati Uniti sono un paese nuovo, un popolo di migranti. Alcuni dicono che gli Stati Uniti sono la terra che Dio regalò a Caino, perché non è una terra facile: non è stata una terra facile. Gli immigrati sono arrivati, hanno dovuto conquistarsela faticosamente e non è una terra di per sé ospitale, a parte alcuni territori che comunque sono facili da includere e far diventare una nazione organizzata. Gli americani, per questo, sono abituati a costruire. Se guardi ancora oggi, vedrai che gran parte delle costruzioni, anche nuove, sono di legno. Poi ci sono edifici a più piani e grattacieli, molto alti, che non sono di legno ma di acciaio.
Sono costruiti con l’idea che fra 50 anni verranno demoliti e sostituiti da qualcos’altro, o fra 100 anni. In America non si costruisce pensando al per sempre, all’idea di avere edifici come in Italia, che sono con noi dal Medioevo, anche da prima. Questa idea è assolutamente lontana dall’idea dell’americano. L’americano, se vedi un’azienda che dice “Siamo in attività dal 1972”, sembra che siano sul mercato da sempre. Quando arrivai negli Stati Uniti nel 2008, era il periodo della grande crisi finanziaria, tant’è che in America c’erano grossi problemi. Venni in Florida, che era uno degli stati più colpiti dalla crisi. Il crollo del mercato immobiliare: si compravano case a 30 mila dollari, all’epoca, billette di 110 metri quadri. Quindi era stato veramente un crollo e molta gente aveva perso tutto. La gente aveva perso sia i soldi, sia il lavoro, o entrambe le cose. Mi ricordo diversi colleghi italiani che mi dicevano: “Sei pazza, andare negli Stati Uniti in questo momento di crisi? Chi te lo fa fare?”.
Eppure, io sono arrivata qui e, dovendo seguire l’iter immigratorio legale, ho dovuto anche cambiare mestiere, improvvisarmi agente immobiliare e occuparmi di una serie di cose. E proprio per arrivare poi al percorso finale che mi ha portato alla cittadinanza, mi sono reso conto che c’era gente che era stata professore universitario fino al giorno prima, e il giorno dopo andava a fare il bagnino senza nessun problema. Da noi sarebbe considerato quasi una diminuzione a livello sociale. Direi che la nostra mentalità è: nessun problema. Sapevano che avrebbero ricostruito qualcosa di più di quello che avevano prima, perché era una parte della vita. No, cioè, possono succedere sorprese. Anzi, introduce un pochino. Questo è il concetto su cui si basa la cultura americana, che prevede il rinnovamento completo ogni 100 anni, perché fa parte della loro identità.
Per esempio, sempre in quel periodo, poteva capitare che, gestendo un immobile, mi chiamassero inquilini che mi dicevano: “Guarda, io domani me ne vado, perché mi hanno offerto un posto di lavoro in Arizona. Lascio tutto, anche gli immobili. Se non ti dispiace, chiediamo il contratto in anticipo, perché devo.” Questo fa parte della vita normale. Naturalmente, all’interno di questo sistema, ci sono delle grosse differenze anche all’interno delle singole città. Se, per esempio, si supera un quartiere e si continua a camminare per 200 metri, si passa a un quartiere completamente diverso, magari lussuoso, e il contrasto è enorme. Questo contrasto, in un certo senso, è tollerato e fa parte della mentalità fondamentalmente meritocratica. i quartieri che sono messi peggio sono quelli conquistati dall’assistenza sociale, perché quando una persona riceve uno stipendio dallo Stato, è una persona che vive a spese dello Stato e non lavora. Alla fine, queste persone sono in condizioni disastrose, perché non sentono di far parte della società e non si impegnano nemmeno a diventare parte della società vera e propria.
Tuttavia, c’è stato un trasferimento importante di ricchezza dal 99% della popolazione verso l’1% estremamente ricco che vive tendenzialmente sulle coste. Stiamo parlando di New York. New York, il New England e la California. Il centro e il sud degli Stati Uniti sono diventati più poveri in proporzione, ma tutto è relativo: ci sono persone che se la cavano bene anche all’interno della Florida e del Texas, però c’è stato uno spostamento notevole proprio a causa della finanziarizzazione dell’economia che favorisce chi è più vicino al punto di emissione del denaro, quindi New York, San Francisco, Los Angeles, la Silicon Valley e Washington, anziché tutti gli altri. Questo modello non è più sostenibile, quindi c’è chi oggi fa tre lavori, chi lavora a 70 o 80 anni, semplicemente perché la pensione non è sufficiente. C’è quindi una forte tensione sociale in tal senso e bisogna cambiare la struttura delle cose.
Per gli Stati Uniti, il cambiamento più efficace si ottiene applicando di nuovo una legge di Sun Tzu: posizionare le truppe nel luogo più pericoloso possibile della battaglia, perché solo così potranno sopravvivere. In pratica, si sollecitano le abilità individuali. La maggior parte di loro morirà, ma la gran parte reagirà, si sveglierà e conquisterà nuove abilità. L’America deve cambiare direzione, ma non può cambiarla gradualmente: il cambiamento deve essere rapido. Gli americani vogliono questo, non sono abituati a pensare di dover aspettare vent’anni, eccetera, eccetera. Le cose devono cambiare adesso. Vogliono cambiarle domani, ma non è sempre possibile né facile. Tuttavia, devono intravedere un percorso diverso, un cambiamento importante, come il licenziamento di 240.000 persone.
La proposta di licenziare 000 dipendenti è stata una delle cose più popolari in assoluto negli Stati Uniti e, in effetti, è troppo poco. Vorrebbero molto di più, perché riduce le spese inutili, taglia la burocrazia che impedisce alle piccole imprese, che sono l’anima di qualsiasi economia, di svilupparsi, e taglia tutta la burocrazia che blocca le piccole e medie imprese. Inoltre, la proposta fa rientrare nel mercato 240.Permetterà a 240.000 persone di trovare un altro lavoro nell’economia reale anziché lavorare a bloccare l’economia reale. Trampe, dopo una continua battaglia giudiziaria, ha ottenuto il consenso a farlo come presidente e noi vedremo l’eliminazione di interi dipartimenti; per esempio, il Ministero dell’Istruzione verrà totalmente abolito. Eliminato. Verranno eliminati anche altri ministeri e agenzie federali, almeno la metà delle quali non ha una funzione chiara. Si tratterà di un lavoro di smantellamento ad altissima velocità e ad altissimo impatto che dovrà proseguire per parecchi anni. Dovremo quindi invertire completamente la direzione rispetto a quella di Roosevelt, usando gli strumenti da lui utilizzati.
Questo perché anche i grandi banchieri, che avevano fino a quel momento funzionato, non funzionano più. C’è un momento in cui Jamie Dimon, durante un’intervista fatta all’interno di una sede della Chase Manhattan Bank bruciata durante i famosi incendi in California dovuti all’inefficienza del governo californiano, dice che la burocrazia è diventata troppa e che non si può andare avanti così e che bisogna riformare. Il partito democratico, che è all’opposto di Trump e che è sempre stato, perlomeno negli ultimi vent’anni, il baluardo di Wall Street e dell’industria bancaria, non può continuare a fare quello che faceva prima. Anche perché ci troviamo di fronte a un altro fattore geopolitico: il fenomeno più vasto. E qui torniamo alla famosa terza guerra d’indipendenza.
In pratica, dopo un lungo periodo in cui sostanzialmente la finanza britannica e quella americana sono state fuse e hanno collaborato intensamente a vicenda, lasciando a Londra la gestione del circuito del dollaro al di fuori degli Stati Uniti, i quattro quinti dei dollari in circolazione nel mondo provengono da Londra, o meglio, provengono da due anni fa. Con la presidenza Trump, però, si è deciso di fare diversamente: i banchieri americani hanno detto ai colleghi britannici che le cose non funzionavano più tanto bene e hanno proposto di separarsi, di fare il proprio gioco e di confidare nel fatto che, messi abbastanza male, sarebbero venuti a chiedere il loro aiuto. Aiutarvi, ma dovrete fare le cose che vogliamo noi. Il famoso progetto, che va avanti da tanto tempo e che è documentato in parecchi libri dell’impero britannico, che vuole riconquistare gli Stati Uniti, va in questa direzione: siamo noi che conquisteremo voi, che diventerete la nostra dependance, e già che ci siete, ci pagate tutti i nostri debiti, perché è giusto che sia così.
Borsa, ed è quello che sta succedendo e che succederà. Oggi gli Stati Uniti hanno 36 milioni di debiti, ma in circolazione ci sono almeno 20 trilioni di debiti, dovuti alle varie nazioni sul circuito dell’euro dollaro, quindi al di fuori del circuito statunitense. Gli Stati Uniti potrebbero portarsi a casa questo debito, a dispetto dei britannici e dei cinesi. Hanno collaborato con i britannici e magari si spartiranno un po’ dei soldi, però l’impianto costruito durante la prima presidenza Trump e entrato in vigore il giorno prima del Liberation Day cambia completamente le carte in tavola. Adesso il controllo del dollaro è a Washington, non più a Londra, e questo permette agli Stati Uniti di Stati Uniti di recuperare dollari dall’esterno. Questo è un po’ il discorso anche delle tariffe: la guerra tariffaria. Dobbiamo rimettere a posto la bilancia dei pagamenti, eccetera, eccetera, però soprattutto rimorremo i nostri soldi e ce li prenderemo. Facciamo così, però mettiamoci d’accordo sulla velocità con cui li prenderemo.
Questo è il punto: da un lato, dobbiamo permettere agli Stati Uniti di invertire la tendenza, che non è più sostenibile; dall’altro, dobbiamo cercare di evitare la guerra, spingendo il più possibile. Poi, ritirarsi, spingere ancora un po’ e poi ritirarsi. Fingere ancora un po’ e poi ritirarsi. Il vantaggio degli Stati Uniti è che sostanzialmente hanno il controllo del dollaro, cosa che in precedenza non avevano. Questo rappresenta un vantaggio importante. Lo svantaggio degli Stati Uniti è che tutto questo comporterà dei sacrifici per gli americani: ci sarà gente che perderà il lavoro.Ci saranno 500.000 nuovi disoccupati in circolazione, anche se le proiezioni sull’andamento degli investimenti da parte di Stati sia durante i primi 100 giorni di Trump che successivamente fanno presagire 460.000 nuovi posti di lavoro.Ci saranno 500.000 nuovi posti di lavoro nell’arco di un paio d’anni. Quindi tutti i posti di lavoro che vengono eliminati nel settore pubblico o attraverso il fallimento di aziende zombie che comunque dovevano fallire, verranno recuperati. Nel frattempo, ci sarà un po’ di difficoltà: qualcuno perderà soldi, qualcuno perderà il lavoro e qualcuno dovrà fare più fatica a quadrare il bilancio.
Da questo punto di vista, devo dire che Trump e l’amministrazione Trump, per come sono descritti dai loro interlocutori, non da loro stessi, si sono dimostrati abbastanza sensibili alle richieste di aiuto dall’esterno. Durante i loro movimenti di tariffe, eccetera, se qualcuno faceva notare loro che quella particolare situazione era un grosso problema per loro, perché altrimenti sarebbero andati fuori mercato, allora allentavano quella situazione. Modificavano le tariffe, cambiavano le regole o prevedevano un qualche tipo di supporto pubblico per sostenere la logica descritta anche da Musk con Doge: sfasciamo e poi, se vediamo che abbiamo sfasciato qualcosa del servizio pubblico, lo rimettiamo insieme. Quindi, è un po’ questo il meccanismo. Nel complesso, devo dire che i risultati sono positivi, perché abbiamo un regime di deflazione: per la prima volta, la benzina è scesa di prezzo e continuerà a scendere. Inoltre, abbiamo visto che il prezzo del petrolio è sceso parecchio.
Gli americani tengono d’occhio il prezzo alla pompa di benzina: se il prezzo della benzina scende, sono contenti, perché sanno che poi tutto il resto costerà meno. Il prezzo delle case ha smesso di salire, così come il prezzo degli affitti, che in alcuni casi sta addirittura scendendo. Un esempio? In Florida è già sceso dal 10% a Washington del 25%. In generale, il prezzo è sceso. Quindi, si avvicina a una situazione in cui l’americano medio non riesce più a capire. Il prossimo passaggio importantissimo coinvolgerà il congresso e richiederà l’approvazione della legge che consolida le esenzioni fiscali già avviate durante la prima presidenza Trump e aggiunge altre esenzioni fiscali per categorie particolarmente colpite, come l’eliminazione delle tasse sulle mance. L’eliminazione delle tasse, dei contributi previdenziali e di altre tasse che verranno eliminate, come dovrebbero essere eliminate, come parte di questo pacchetto. In Florida, per esempio, il governatore sta lavorando con il parlamento dello stato, che è un po’ meglio del congresso federale, sull’eliminazione della tassa di proprietà, che è una delle tasse più importanti per ridurre il costo degli immobili in Florida. Per lo meno, renderli più accessibili.
Quindi, si riscontrano già da subito dei cambiamenti positivi: le uova, per esempio, si trovano e costano poco e tanti altri piccoli aspetti stanno funzionando. Poi, ci sono altre cose che naturalmente non funzionano, ma la risposta rapida dei vari interlocutori, compresi i cinesi, indica che c’è la volontà di aggiustare un po’ il tiro, come si fa lungo il percorso. Non sarà facile trattare con i cinesi, perché anche per loro ci sono problemi notevoli, ma Cina e Stati Uniti sono come due gemelli siamesi: non possono separarsi senza un’operazione chirurgica molto delicata e devono farlo di comune accordo, altrimenti sarà doloroso per entrambi. I cinesi avevano già una notevole protezione contro la perdita di posti di lavoro a causa delle tariffe, quindi sono interessati anche loro a scendere a patti. Se ho capito bene, possiamo quindi passare al capitolo dedicato alla politica estera. L’accordo, che è stato annunciato oggi, prevede una sorta di moratoria su queste tariffe e la possibilità di stipulare ulteriori intese in futuro.
In sostanza, si tratta di un accordo che, in modo apparentemente semplice, prevede che le parti si impegnino a non applicare le tariffe in modo unilaterale. È stato raggiunto tra le due massime potenze, sia a livello economico che, in realtà, a livello militare. Se ho ben capito, è funzionale ai rispettivi obiettivi di politica interna. Se non ho capito male, hanno trovato un accordo sul fatto che conviene sia a chi governa Washington che a chi governa Petunia per realizzare i propri obiettivi. Aggiungiamo a questo anche un’ulteriore riflessione: l’Unione europea di cui abbiamo parlato prima, il cosiddetto Vecchio Continente, che tipo di ruolo ha in tutto ciò? A me sembra un teatro del tutto secondario e dimenticato da tutti. Non sono neanche sicuro che importi più di tanto né a lui né agli altri. Quando fu eletto Trump, feci una battuta: “Non so, lo preferisco a Biden”. Per tutta una serie di ragioni, però, ho l’impressione che quello che lui potrà fare, tra virgolette, di buono per i nostri interessi sarà solo una casualità. Nel senso che, solo qualora i nostri interessi coincidessero con i suoi, andrebbe bene, ma dei nostri interessi non gli importa niente.
Scusa se sono così brutale, ma questa è l’impressione che ho. Sì, certo, allora diciamo che l’Europa è composta da due cose: l’Europa come continente e il Vecchio Continente, che sicuramente è una realtà con tante nazioni, ciascuna delle quali avrà le proprie esigenze e i propri problemi, e secondo me troveranno la propria strada, a livello individuale, per il futuro. Dopodiché abbiamo l’Unione Europea che, dal punto di vista di Washington, semplicemente non esiste. Perché allora il problema dell’Europa è questo: è abbastanza centralizzata da impedire una gestione efficiente dei rapporti con una singola nazione, ma non è abbastanza centralizzata per avere un interlocutore centrale con cui discutere di un accordo globale. Quindi, se Trump incontra qualcuno inviato da Bruxelles, che cosa concordano? Una cosa che potrebbero concordare è ridurre le multe a Google, Facebook e Twitter, e magari qualcosina d’altro, ma non molto altro. L’Unione Europea è un progetto a metà, come ha affermato uno degli esperti di finanza che è stato consultato durante la progettazione dell’euro e che ha espresso la stessa opinione a chi stava progettando l’euro all’epoca.
L’Unione Europea è un’entità che ha una valuta singola, ma non ha un mercato unico dei titoli di stato. Ogni singolo Stato vende i propri titoli del tesoro indipendentemente dagli altri. Questo significa che ci sono valutazioni diverse e non c’è un mercato unico, non c’è un titolo del tesoro europeo, ma titoli del tesoro tedeschi, italiani, eccetera, e invece la valuta è singola. La valuta dipende dal titolo del tesoro, quindi c’è uno scolamento bestiale e quindi è un lavoro fatto a metà, destinato a fallire, perché la Cina, con tutti i suoi difetti, ha una gestione centralizzata attraverso la banca centrale e il governo, che sono cinesi e agiscono in modo coordinato per quanto riguarda il capitale, la valuta e il flusso dei capitali all’interno della nazione. Lo stesso vale per gli Stati Uniti tra la Federal Reserve e il Tesoro degli Stati Uniti. In Europa non c’è.
Quindi, in realtà, già oggi le singole nazioni sono di fatto fuori dall’euro per quanto riguarda la gestione dei propri bilanci nazionali, ma sono dentro l’euro per quanto riguarda l’uso della valuta. È un paradosso: in una situazione di questo genere, è impossibile trovare un accordo in tempi ragionevoli, e soprattutto un accordo che abbia senso. Di conseguenza, quello che succederà sarà che probabilmente l’Unione Europea resterà in piedi per un po’, anche perché se l’Unione Europea venisse smantellata, bisognerebbe smantellare anche la NATO. Nessuno vuole farlo, perché non sanno cosa fare, quindi dal punto di vista statunitense è vantaggioso mantenere queste due strutture in essere, perché possono garantire introiti a Washington e indebolire, in generale, la posizione contrattuale dell’Europa nel suo complesso. Se guardate, l’unica nazione del vecchio continente con cui gli Stati Uniti hanno fatto un accordo, che è un accordo iniziale che poi dovrà essere sviluppato, è la Gran Bretagna.
Questo è dovuto sia a motivi storici che pratici: la Gran Bretagna ha bisogno di stringere urgentemente un accordo con gli Stati Uniti per stabilire quanto gli americani possono prelevare senza affondare completamente l’impianto, perché non vogliono affondare l’impianto, se no sarebbe un problema, tuttavia vogliono assicurarsi di poter incassare il fiorino. Non ci resta che piangere, quindi credo che abbiano centrato l’obiettivo e che i britannici abbiano detto sì, va bene, siamo d’accordo, non c’è nessun problema. D’altro canto, una volta conclusa la trattativa con il Governo britannico, la Banca Centrale britannica e il Governo canadese (che poi sono praticamente l’alter ego dei britannici), la questione sarà risolta. Ci saranno comunque parecchi movimenti all’interno e, secondo Trump, si arriverà all’assimilazione da parte degli Stati Uniti di una parte importante delle risorse del Canada o del Canada nel suo complesso. Questo, però, è un altro discorso. Resta il fatto che c’è un percorso, un accordo e degli introducenti: il gioco è impostato, si va avanti.
Lo stesso discorso vale per la Cina, dove ci sono fazioni diverse. Xi Jinping, per esempio, appartiene a una fazione che vuole sganciarsi dal meccanismo dell’impianto impostato dai britannici ad Hong Kong, tanto per cominciare. È allineato con Trump in questo senso, ma al tempo stesso non può permettersi un crollo del livello di occupazione in Cina, perché questo comporterebbe instabilità politica, soprattutto nei confronti dei suoi avversari politici che sono agguerriti e che vorrebbero rimpiazzarlo con altri. Perciò, è nell’interesse di entrambi trovare un accordo che nel tempo permetta di consolidare le proprie posizioni, in modo da spostarsi gradualmente in direzione di ciò che ciascuno vuole di più, e soprattutto liberarsi del terzo incomodo: la City di Londra, su cui sono d’accordo tutti e due, compresi i russi. Quindi, se si considerano i tre o quattro alleati più importanti per il futuro, si tratta di Stati Uniti, Russia, Cina e India. Se queste quattro nazioni riescono a trovare un modo per convivere, i giochi sono fatti per i prossimi 50 anni. Avrei un’ultima domanda, se posso. Italia. Rapporti tra l’Italia e gli Stati Uniti.
L’Italia si trova in una situazione molto particolare da tanti punti di vista e, per quanto riguarda il Regno Unito, ci sarebbe molto da dire, ma forse è meglio rimandare ai libri di Fasanella su questo argomento. Io mi soffermerei sul ruolo e sulle opportunità che potrebbe avere il nostro Paese nei rapporti con gli Stati Uniti, perché da noi si fa molto gossip, tipo “Ah, Georgia Meloni sta tanto simpatica a Trump”, ma sinceramente io di queste fregnacce, cioè, se voglio leggere gossip mi leggo il gossip e mi diverto pure, ma se parliamo di cose serie, parliamo di cose serie. Secondo te, anche in base ai dati che hai elaborato, quali sarebbero le opportunità del nostro Paese nelle relazioni con gli Stati Uniti?
Anche senza considerare l’ipotesi di uno sganciamento dall’Unione Europea, che come bilancio non è ottimale, e considerando l’attuale direzione politica, stendiamo un velo pietoso. Sì, allora, io direi innanzitutto che l’Italia, insieme all’India, è l’unica che ha ricevuto la visita di Gedi Vence, il vicepresidente, quindi non hanno mandato un ministro del tesoro o un ministro degli esteri che, per loro natura, hanno autorità. Nel caso specifico dell’Italia, però, è arrivato Gedi Vence che, naturalmente, ha una posizione importante all’interno della presidenza. Inoltre, è considerato un potenziale sostituto di Trump nel caso in cui quest’ultimo lasciasse la Casa Bianca. È un cattolico di recente conversione: Gedi Vence è diventato cattolico di sua iniziativa, tant’è che ha visitato anche il Vaticano poco prima della morte del papa, e oggi abbiamo un papa americano. Tra l’altro, sarei anche curioso di chiederti quali sono state le reazioni negli Stati Uniti per l’elezione del papa, anche se lui ha due nazionalità, in realtà, perché se non ricordo male anche quella peruviana.
Certo, è una figura che proviene dal continente americano e che è stata accolta con molto piacere, in modo particolare. Poi, di nuovo, io non sono in grado di formulare valutazioni nel merito. Se c’è una cosa che si sta facendo in questi giorni e che io rigetto assolutamente, sono tutti questi parallelismi con altre figure. Ho scritto un articolo su Leone XIII che sarà pubblicato nelle prossime ore e nei prossimi giorni, perché su Leone XIV non sono in grado di dire nulla, lo valuteremo alla prova dei fatti. Su Leone XIII, morto oltre 100 anni fa, si può dire qualcosa, infatti su di lui ho scritto, ma questo è un altro discorso. Perfetto, quindi, visto con molta buona volontà, nel senso che è sicuramente ben visto nel complesso e fa piacere agli americani avere il dottor un papa è una cosa nuova, quindi tutto sommato l’americano è un popolo semplice e si sentono lusingati.
Quindi l’Italia gioca un ruolo importante e Vance è andato anche in India, sua moglie è indiana, naturalmente, perché l’India è destinata ad accogliere una parte importante della produzione, che sta già accogliendo, ma che in futuro accoglierà molto di più di quello che oggi viene prodotto in Cina, perché stiamo deglobalizzando, ma non sarà una deglobalizzazione istantanea e totale. Ci sarà una riduzione della produzione in Cina che verrà spostata in India o in altri Paesi, come il Vietnam, in modo che la produzione sia locale e non si tratti di merce cinese ri-marchiata e rimandata negli Stati Uniti, come avveniva attraverso il Vietnam piuttosto che il Messico.
Ciò significa che la produzione non coinvolgerà l’uso del dollaro e, se ci saranno scambi tra India, Vietnam e Cina, questi avverranno nelle valute locali. È positivo che usino un sistema BRICS. Non è un problema, perché si vuole ridurre la quantità di dollari in circolazione. Se non si riduce la quantità di dollari in circolazione, non si esce dalla situazione in cui gli Stati Uniti oggi sono: per esportare dollari all’estero, hanno dovuto delocalizzare industrie e posti di lavoro. Quindi, nel complesso, si deve ridurre la quantità di dollari in circolazione, riportandoli un po’ a casa per pagare i debiti e non esportandoli più. Questo significa che, in futuro, se l’Europa dovesse avere bisogno di ingenti prestiti in dollari, come è successo nel 2012 durante la grande crisi finanziaria, dovrà richiederli e li otterrà in cambio dell’acquisto di titoli del tesoro americani e di concessioni politiche importanti. Questo è in pratica quello che Washington sta facendo.
Aspettano Bruxelles al varco perché hanno risolto il problema con i britannici, hanno raggiunto un armistizio temporaneo, un cessate il fuoco. Hanno risolto anche il problema con i vietnamiti che sono arrivati qui a razzo per dire: “No, attenti, noi va bene, vi ricicliamo la roba dai cinesi, però noi la facciamo perché siamo costretti. Cerchiamo di andare d’accordo, perché se noi non esportiamo verso gli Stati Uniti abbiamo finito”. Il discorso con il Messico è più complicato, ma con il Canada sarà un’evoluzione dell’anglosfera complessiva, quindi sarà un percorso più lungo e graduale di conquista progressiva da parte degli Stati Uniti. Del resto, era già stato previsto anche in un libro di Quigley, che spiegava come l’evoluzione degli imperi finisca poi per essere conquistata dalle province, in buona sostanza, e come queste ultime consolidino i propri rapporti con l’India, che diventa un hub produttivo più importante, ma soprattutto con l’Arabia Saudita.
Si parla tanto di Trump, Israele e giustamente, perché Israele è un problema e la lobby israeliana è potentissima negli Stati Uniti e quindi ha un effetto notevolissimo. Non c’è nessun parlamentare, eccetto uno. Uno c’è già, ed è molto. Uno è il nostro parlamentare che abbiamo qui nel nostro circondario, una donna. Solo due parlamentari sono stati eletti senza l’influenza o contro l’influenza della lobby israeliana. Tutti gli altri, se vengono eletti, è perché godono dell’appoggio della lobby israeliana. Anche Trump ha ricevuto generosi finanziamenti, ricordiamo. Nessuno può diventare presidente degli Stati Uniti senza l’imprimatur della lobby israeliana. Questo è vero soprattutto nel partito repubblicano. Questa è una legge assoluta. Non ci sono storie. Quindi, se vuole trattare con la Russia, deve dare corda a Israele. Non ci sono alternative. Non se ne discute. Non è neanche una questione da mettere sul tavolo. È proprio fuori discussione. È fuori discussione. Poi cambierà. Le situazioni evolveranno. Tuttavia, per il momento è così. Però, per Trump, la vera alleanza strategica, anche nella prima presidenza, è con l’Arabia Saudita, non con Israele.
Perché l’Arabia Saudita? Inizialmente, c’è un rapporto molto stretto tra la famiglia Trump e MBS, che sta emergendo in Arabia Saudita e che dovrà consolidarsi come nuovo regnante. E questo può farlo soltanto con l’appoggio degli Stati Uniti, quindi è interessato in tal senso. Inoltre, l’Arabia Saudita è il principale potere energetico, insieme agli Stati Uniti e alla Russia, nel mondo. Se ci fai caso, dopo la famosa Liberation Day, il prezzo del petrolio è sceso. Eh sì, è vero. Come mai? Perché è la fine del cartello dell’OPEC. È finito. Cioè, non poteva scendere senza il consenso esplicito di Russia e Arabia Saudita.
È impossibile. Quindi, vuol dire che hanno raggiunto un accordo tra Mosca, Riyadh e Washington su un programma che non conosciamo, ma che possiamo intuire, e che prevede un riassetto globale del Medio Oriente, dove tanto la Russia quanto gli Stati Uniti hanno interessi, così come la Cina, che tuttavia prevede un ruolo più centrale in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti come potenza finanziaria, e MBS l’ha detto da tempo. Diventeremo la nuova Europa. Noi saremo la nuova Svizzera. I soldi europei finiranno tutti là. Già molti medici ci stanno andando, per fare una battuta. No, è così perché il centro finanziario si vuole spostare da quelle parti attraverso un’operazione sull’oro su cui i cinesi sono d’accordo e una concentrazione del potere energetico che viene erogato in Europa. Anche l’accordo sulle terre rare e tutto il resto, che non riguarda solo le terre rare, è stato fatto con l’Ucraina dagli Stati Uniti, il famoso contratto, eccetera. Tutto questo serve per annullare un precedente contratto stipulato con i britannici. Vedi, questo non lo sapevo. Questa è una notizia interessantissima.
Eh sì, i britannici avevano firmato un accordo per il quale si sarebbero impegnati a fornire supporto agli ucraini per cent’anni, in cambio della concessione di tutte le risorse interne. Questo prima dell’arrivo di Trump. Il nuovo accordo cancella quello precedente. Quindi i britannici sono fuori gioco. Possono partecipare solo con il consenso di Washington e, cosa più importante, cancella ogni prospettiva per l’Ucraina di entrare nell’Europa, nell’Unione Europea. Cosa potrebbe entrare? Non c’è niente da offrire. Tutto è ipotecato dagli Stati Uniti. Inoltre, questo semplifica i rapporti con i russi sotto molti aspetti, perché a questo punto non sono più gli ucraini a decidere della gestione delle proprie risorse interne, ma Stati Uniti e Russia, attraverso delle partnership che potranno essere create in futuro. Questo è il discorso energetico su quel fronte, il gas russo. Si parla anche della possibilità che gli Stati Uniti prendano in gestione il Nord Stream 1 e il Nord Stream 2.
È vero, anche quella notizia è un po’ caduta nel dimenticatoio, però se ne è parlato anche in quel contesto. Bravo. Il futuro, quindi, è questo. Mentre i cinesi hanno lavorato molto per creare la Belt and Road Initiative, ovvero la nuova Via della Seta, che tuttavia ha avuto un successo non propriamente eclatante, soprattutto a causa dei problemi in Africa e, in generale, in America Latina, per cui gli investimenti non sempre si traducono in risultati. In ogni caso, anche per i cinesi, ora che il circuito dell’euro-dollaro viene prosciugato, il discorso sulla linea della seta diventa difficile, perché loro lo finanziavano con i dollari in eccesso. Riducendo il flusso di dollari verso la Cina, tutto questo dovrà riconsolidarsi. Per cui manterranno sicuramente una linea in tal senso, ma non sarà più così pervasiva come era prima e sarà invece complementata da una linea diretta tra India e Medio Oriente. Il Medio Oriente raccoglie anche l’energia che poi viene inviata in Europa. Gli attori principali nella situazione saranno l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Quattro Arabi, per quello che riguarda il Medio Oriente, con una compartecipazione di Israele, se sopravviverà come Stato.
Per il momento, ci deve essere per motivi politici interni statunitensi, britannici e francesi. Quindi, al momento, questo potrebbe essere l’assetto: ci saranno anche i turchi e l’Italia. Per quanto riguarda l’alimentazione, dall’Ucraina ci saranno sicuramente i russi, magari in partnership con gli americani, anzi molto probabilmente in partnership con gli americani. L’approvvigionamento energetico dell’industria europea sarà quindi sottoposto al controllo congiunto delle tre superpotenze energetiche: Russia, Arabia Saudita e Stati Uniti. In questo circuito entra l’Italia in qualità di punto di controllo militare, sicuramente, perché c’è bisogno di qualcuno che garantisca l’integrità di queste linee. L’Italia potrebbe anche fungere da punto di appoggio diplomatico e da punto d’approdo materiale, anche perché, grazie ai numerosi porti italiani, si può far fluire materiale che altrimenti dovrebbe essere indirizzato altrove.
Con i britannici si risolverà la questione dell’Atlantico e dell’Artico, della Groenlandia (su cui i britannici hanno una opzione d’acquisto) e del Canada, naturalmente. Questo è un po’ il succo della questione, mentre verso sud il discorso del Messico si sta evolvendo, come pure quello del Centro America, di Panama e dintorni. L’idea è dunque quella di spostare gli Stati Uniti verso un’asse verticale piuttosto che orizzontale, disinvestire rispetto all’Europa e mantenere una presenza importante in Italia. Poi, si dovrà gestire la relazione con i britannici e il resto si vedrà. In uno scenario di questo tipo, direi che l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, almeno secondo la mia opinione, sarebbe più un ostacolo che un’opportunità. Secondo me, diventa solo una questione decorativa, perché è dal punto di vista pratico. Basta vedere l’elenco delle banche strategiche stilato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali di Berna, che è la banca centrale delle banche centrali. Ha stilato un elenco di banche da salvare a tutti i costi, affermando: “Queste non possono fallire”. In questo elenco ci sono diverse banche francesi, cinesi e americane, al primo posto naturalmente c’è JP Morgan, per chi non l’avesse capito. L’Italia ha due banche, Intesa e Unicredit, che sono all’ultimo posto.
Quindi, da un momento all’altro potrebbe riuscire, quindi, da un punto di vista europeo, il sistema bancario italiano non è particolarmente strategico né particolarmente garantito. E questa è una bella notizia, altro che qualche punto si raddrizzeranno le antenne ascoltando queste parole. Certo, però se gli Stati Uniti dicessero: “Per noi l’Italia è un punto di approdo strategico”, sarebbe un bene. Se dovesse fallire il sistema dell’euro o se, dal punto di vista delle banche che gestiscono il sistema stesso, le banche italiane non fossero più così importanti, una telefonata a Washington e una linea di credito potrebbero arrivare. È chiaro che ha un prezzo. Beh, ci sta. Se si paga un prezzo e si ottengono dei vantaggi, dal mio punto di vista, non c’è niente da dire. Il problema è quando paghi un prezzo e poi non ottieni nulla in cambio. È lì che non stanno bene le cose.
È un altro discorso. Non posso garantire che l’interesse italiano venga tutelato, ma non credo neanche che vogliano distruggere una situazione su cui fanno leva. Questo è ciò che intendo. Inoltre, secondo me, c’è anche una certa affinità con il Papa e con Vance, in ogni caso, con GD Vance. Perciò, per quello che può valere, secondo me nel complesso è una prospettiva positiva. Secondo me, dovrebbe essere di interesse strategico anche per i sistemi bancari italiani, perché, a parte queste due banche, le altre sono già ufficialmente sacrificabili e queste due sono in fondo la lista. Basta che escano dalla lista, nel senso che il sistema dell’euro-dollaro è stato inventato dalla Banca di Regolamento Internazionale, così come il sistema dell’euro, che ha inventato anche il sistema M-Bridge che verrà usato dalla Cina per far quadrare i conti all’interno delle nazioni BRICS. Quindi, si tratta di un sistema che non funziona esattamente e che, in ogni caso, non è destinato a un futuro luminoso.
Se Trump sta cercando di acquisire il controllo definitivo, ormai la Federal Reserve lo ha quasi del tutto. Per quale motivo dovrebbe essere interessato alla Banca di Regolamento Internazionale, che, tra l’altro, è una creazione di matrice nazista dell’epoca nazista che ha riciclato l’oro dei nazisti e tutto il resto? Non è assolutamente interessato a dare potere a una struttura globalista come la Bank of International Settlements. Quindi, nell’ottica del rapporto diretto nazione-nazione, il sistema bancario italiano è in difficoltà, possono trovare una quadratura di conti con il tesoro degli Stati Uniti a fronte, naturalmente, di giuramento di fedeltà, qualcosa del genere. Comunque, già diciamo che siamo messi piuttosto bene da quel punto di vista, quindi non è che cambierebbe tanto, ma ripeto, forse otterremo qualche vantaggio in più rispetto all’attuale situazione.
Forse. La sopravvivenza è fondamentale, anche perché in questo contesto per l’Europa si prefigura una situazione molto difficile: dal punto di vista industriale la Germania è molto indietro, dal punto di vista energetico ormai siete con le mani legate e, per quanto riguarda l’integrazione culturale, mi sembra che non sia mai successo. Ogni singolo paese è rimasto quello che era. Certo, ci sono degli interessi comuni, ma non c’è un’entità sociale globale in cui la gente si riconosce: siamo un’Unione Europea, ci sono gli italiani, i francesi, i tedeschi, i belgi, eccetera. Di conseguenza, l’infrastruttura dell’Unione Europea, tolta la NATO che, non avendo una lunga vita davanti, diventa ridondante e superflua, non verrà smantellata domani, perché sono cose che si smontano da sole; nessuno vuole metterci le mani, ma è evidente che, mentre i britannici da una parte stanno cercando di eliminare gli effetti della Brexit facendo accordi con gli europei, dall’altra stanno cercando di mantenere i rapporti con gli Stati Uniti. si precipitano a Washington per stipulare un accordo con gli Stati Uniti che, in un certo senso, vanifica la possibilità di eliminare la Brexit, perché vincola il Regno Unito a degli standard, tra l’altro diversi da quelli precedenti, imposti dagli Stati Uniti e non compatibili con quelli europei. Questo fatto dimostra che il futuro è già determinato.
Dal punto di vista italiano, l’Italia, se è interessata, può avere una posizione stabile nei prossimi 50 anni, che prevederà alcuni cambiamenti all’interno, soprattutto di strategie. A differenza degli Stati Uniti, l’Italia si è sempre dimostrata molto fedele, più di tanti altri paesi, nonostante il periodo fascista, eccetera. Dopo l’armistizio, gli italiani si sono sempre allineati, non hanno più avuto colpi di testa, a differenza dei francesi che, invece, sono assolutamente avversi a qualsiasi tipo di relazione stabile con gli Stati Uniti e hanno manie di grandezza non giustificate, quindi sono completamente esclusi dal discorso. Non possono essere un partner e, di conseguenza, siccome il Mediterraneo è importante, la Grecia è troppo piccola, l’Italia è la scelta giusta. Questo è un punto, secondo me, anche per la finezza culturale. Assolutamente sì. Grazie infinite, Roberto.
La puntata di Mazzoni è stata veramente interessantissima e ricca di spunti. Io inviterei tutti quanti a guardarla prima di ascoltare i notiziari per farsi una propria idea.
Naturalmente invito tutti a seguire il suo blog, Mazzoninews.com, e vi lascio il link in descrizione per essere aggiornati. Tra l’altro, visto che hai pubblicato la nuova puntata sulla guerra dell’oppio, mi sembra che sia l’ultimo contributo che ho visto, e che sia estremamente interessante, anche per capire tante cose, per esempio sulla Cina. Grazie Roberto. Prego. Buona giornata. Buona giornata a tutti, perché da voi è mattina e da noi è pomeriggio. Grazie, buona giornata a tutti.
Roberto Mazzoni