Questo video è particolarmente importante, quindi vi invito a guardarlo, magari più volte. Si tratta di un resoconto di una ricerca condotta da uno dei principali gruppi bancari americani nel 2006 che, in sostanza, ha previsto ciò che stiamo vivendo oggi. Il contenuto di questo video non solo vi aiuterà a comprendere il sistema economico in cui viviamo, ma vi sarà anche utile per interpretare meglio un’intervista che ho recentemente realizzato con il Vaso di Pandora e che vi riproporrò prossimamente. Citigroup, il gruppo bancario menzionato nel video, nel 2006 ha prodotto tre rapporti dedicati all’analisi di quello che hanno definito “plutonomia”; in questo video scoprirete esattamente di cosa si tratta. Il relatore di questa conferenza è Guy Turner, che abbiamo già visto in un video precedente. Turner è uno dei conduttori di Coin Bureau, in particolare di Coin Bureau Finance, un canale YouTube che offre informazioni in ambito cripto e finanziario generale.
Una cosa che dovete capire è che il modello finanziario britannico è stato adottato negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra; oggi, quello che vedete applicato negli USA è lo stesso modello che la Gran Bretagna aveva sperimentato e messo in pratica nell’Ottocento e poi nel Novecento. Lo stesso modello è stato adottato anche in Canada, che è una colonia britannica, quindi questo non ci sorprende. Nel video si parla di asset e ci si riferisce ai beni, soprattutto a quelli tangibili come gli immobili, l’oro e le materie prime, ma anche a quelli intangibili come i titoli azionari e altri titoli. Si parla anche di plusvalenze, ovvero i guadagni ottenuti tramite investimenti di capitale. Si parla infine di economia a forma di K, un termine molto usato negli Stati Uniti negli ultimi tempi. Se pensate alla forma della lettera K, vedrete che ci sono due triangoli, o perlomeno una linea verticale e due linee diagonali: una di queste linee punta verso l’alto e rappresenta la fascia più alta della società, mentre l’altra punta verso il basso e rappresenta il resto della società.
Quindi, un’economia a forma di K si evolve rendendo i ricchi sempre più ricchi e tutti gli altri sempre più poveri. Ed è esattamente la situazione in cui ci troviamo e in cui continueremo a trovarci, finché l’attuale sistema finanziario non verrà radicalmente trasformato, cosa che non sarà facile da realizzare. Comunque, perlomeno, tramite questo video, comprenderete meglio come funziona. Ecco il video.
[Guy Turner]
Dicono che l’economia continua a crescere, eppure per la maggior parte delle persone la vita sembra solo diventare sempre più difficile. Questo perché quasi tutta la crescita economica odierna proviene dall’alto, vale a dire che la creazione della ricchezza globale proviene dalla classe alta che si trova al vertice della società. E, che ci crediate o meno, gli investitori istituzionali lo sanno da decenni e si sono preparati silenziosamente per trarre vantaggio da questa situazione. Ecco perché oggi analizzeremo un rapporto che era stato dimenticato da lungo tempo, ma che aveva previsto esattamente tutto ciò che stiamo vedendo ora. Vi spiegheremo come funziona davvero il sistema e riveleremo cosa il rapporto dice che dobbiamo aspettarci per il futuro. Mi chiamo Guy, e state guardando il canale Coin Bureau Finance.
Prima di tutto, però, voglio chiarire che non sono un consulente finanziario e nulla in questo video dovrebbe essere considerato consulenza finanziaria. È un contenuto didattico pensato per aiutarvi a capire cosa sta realmente accadendo nel sistema economico. Se vi sembra una buona idea, allora mettetevi comodi e guardate questo video per intero. Il rapporto di cui parleremo oggi è una nota sulla strategia azionaria pubblicata da Citigroup nell’ottobre del 2006. Il titolo di questo rapporto è letteralmente: “Plutonomia: Come gli Acquisti di lusso spiegano gli squilibri globali.” Per chi non ne avesse mai sentito parlare, per plutonomia si intende un’economia in cui la crescita è sostenuta da una ristretta cerchia di ricchi che si trovano al vertice della società e che ne consumano gran parte dei prodotti. Gli autori del rapporto hanno osservato che questo fenomeno era ben già radicato in quelle che hanno chiamato le principali plutonomie, vale a dire gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada. E la cosa interessante era che non si trattava manco di una distorsione passeggera. Prevedevano che sarebbe continuata e che avrebbe acquisito sempre più forza e ampiezza.
Risulta anche interessante che il rapporto ha evidenziato un netto divario globale. Le suddette economie anglofone, come affermavano gli autori, avevano abbracciato la disuguaglianza. Nel frattempo, gli autori hanno inserito paesi come Francia, Germania e Giappone in quello che hanno definito il blocco egalitario, vale a dire società che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno costruito sistemi fiscali più forti e istituzioni concepite appositamente per ridistribuire la ricchezza in modo più equo. L’unico caso eccezionale è stata la Svizzera, la cui neutralità e le cui politiche fiscali hanno contribuito a preservare il capitale dei ricchi durante entrambe le guerre, facendo in modo che la nazione mantenesse una delle suddivisioni del reddito più stabili del mondo sviluppato. Per gli analisti di Citigroup, questo dimostra che la distribuzione della ricchezza viene plasmata dal disegno istituzionale, e non dall’ideologia politica.
Ma la conclusione centrale a cui sono arrivati era brutalmente semplice, e probabilmente anche la più agghiacciante. Gli autori hanno scritto che, in una plutonomia, il consumatore medio cessa di esistere. In parole povere, la gente comune non conta più. I ricchi assorbono una quota così ampia di reddito e di consumi, che basare l’analisi economica sul comportamento delle classi medie o delle classi inferiori è, per usare le loro parole, “sbagliato fin dall’inizio”. Infatti è il modo più semplice per finire fuori strada e, per dimostrarlo, hanno presentato alcuni dati sconcertanti. Nei primi anni del nuovo secolo, l’uno percento più ricco delle famiglie statunitensi rappresentava circa il venti percento del reddito totale, vale a dire che circa un milione di famiglie controllava la stessa quantità di reddito che veniva controllata da sessanta milioni di famiglie appartenenti alla fascia economica più bassa. E questo squilibrio non era un difetto, bensì una caratteristica pre-impostata del sistema. Quando un gruppo di persone possiede così tanta ricchezza, anche un piccolo cambiamento nelle loro abitudini di spesa o di risparmio può sovrastare completamente l’attività combinata di tutti gli altri. Per usare un esempio pratico, è facile annegare in un lago con una profondità media di un metro e venti se si mette il piede nella parte profonda. La maggioranza della popolazione potrebbe anche cercare di risparmiare, ma i suoi sforzi sarebbero quasi inesistenti se confrontati con il potere d’acquisto dei super-ricchi.
Ma come siamo arrivati a questo punto? Secondo il rapporto, la rinascita della plutonomia a partire dagli anni Ottanta si riduce a tre forze che lavorano insieme. L’esplosione della tecnologia che ha superalimentato la produttività, l’ondata di innovazione finanziaria creativa che ne è seguita, e i governi desiderosi di cooperare con le fonti di capitale attraverso regimi fiscali sempre più favorevoli. L’azione combinata di queste forze ha creato un nuovo tipo di élite. La vecchia classe di individui che vivevano di rendita, incassando gli interessi generati da fortune ereditate, è stata rimpiazzata da un’aristocrazia tecnocratica manageriale, vale a dire persone che guadagnavano stipendi sproporzionati grazie alle tecnologie e alle rivoluzioni finanziarie che essa stessa aveva contribuito a costruire. E quella trasformazione ha segnato il primo passo cruciale nella costruzione di quella che gli autori chiamano la macchina plutonomica.
Ma ora che sappiamo per chi è stata costruita la plutonomia, il passo cruciale successivo è capire come funziona veramente. Alla base, la macchina plutonomica può essere ridotta a una semplice formula, che ci viene proposta dagli analisti di Citigroup. E tale formula dice che la plutonomia abbinata al boom del valore degli asset, equivale a una diminuzione del tasso complessivo di risparmio. Quindi, in pratica, quando l’uno percento più ricco della popolazione vede la propria ricchezza crescere grazie al progresso tecnologico e all’innovazione finanziaria, sperimenta ciò che gli economisti chiamano l’effetto ricchezza. Si sentono più ricchi e, di conseguenza, spendono immediatamente una quota maggiore delle loro plusvalenze. In altre parole, risparmiano di meno. E quando quel tasso di risparmio più basso viene applicato alla loro enorme quota di reddito nazionale, anche un piccolo cambiamento nelle loro abitudini di spesa, genera un impatto sproporzionato sull’economia in generale. Come risultato abbiamo un enorme calo del risparmio totale in tutta l’economia, che sovrasta completamente il comportamento di tutti gli altri. I dati parlano da soli. Il rapporto ha mostrato che, tra il millenovecentonovantadue e i primi anni duemila, durante il periodo del boom azionario, il tasso di risparmio del venti percento più ricco delle famiglie statunitensi è crollato, passando da un valore superiore all’otto percento a un valore inferiore al due percento. In altre parole, il segmento più ricco d’America spendeva più di quanto guadagnasse, e il sistema ne era entusiasta.
Questo smentisce completamente la narrazione dominante secondo cui il basso tasso di risparmio e il deficit nella bilancia dei pagamenti americana sono causati dalle abitudini sfrenate dei consumatori comuni. Gli analisti di Citigroup, partendo dalla loro visione all’interno della macchina plutonomica, hanno liquidato come irrilevante quell’idea già vent’anni fa. Nel loro rapporto, sostengono che questi cosiddetti squilibri globali non sono segni di un collasso imminente, ma piuttosto una caratteristica strutturale stessa della plutonomia, ossia il risultato naturale di un’estrema disuguaglianza. Quindi l’élite finanziaria non era preoccupata perché il sistema funzionava esattamente come previsto, convogliando sempre più capitale verso i vertici. E questa realtà ha imposto un cambiamento fondamentale nella strategia d’investimento dei fondi istituzionali. Se i consumatori motivati dal salario non contano più, perché preoccuparsi di vendere loro nuovi prodotti o servizi? La risposta è semplice: questi consumatori non contano niente. Il vero guadagno ora risiede nel servire la macchina della ricchezza, non quella dei consumi. E oggi possiamo osservare la presenza di questa svolta istituzionale ovunque guardiamo.
Negli Stati Uniti, ci sono attualmente circa diciannovemila fondi di gestione del capitale privato, ma solo circa quattordicimila punti vendita di McDonald’s. Questa statistica da sola ci offre una fotografia della trasformazione. Un ruolo centrale è stato assunto da società per la gestione del capitale privato, gestori patrimoniali e istituzioni finanziarie non bancarie. Hanno capito che c’è molto più profitto nel gestire i beni di qualche migliaio di clienti ultra-ricchi anziché nel servire milioni di consumatori comuni. Lo stesso schema si ripete nelle valutazioni delle aziende che sono coinvolte nella produzione. Il produttore di auto di lusso Ferrari vale circa il doppio di Honda. Anche Walmart, un tempo archetipo del commercio al dettaglio destinato alla classe media, sta spostandosi verso il segmento di fascia superiore per rivolgersi a clienti con un reddito più alto. Quindi tutto questo dimostra che i gestori del capitale si sono adattati alla nuova situazione. Hanno abbandonato la maggioranza della clientela che si trova in difficoltà economiche, e ora ruotano interamente attorno alla capacità di spesa e agli investimenti della minoranza ricca, che, ovviamente, sta diventando sempre più ricca. In parole povere, il consumo di una persona della classe media rappresenta ormai solo un errore di arrotondamento nell’economia globale. Ma ora spostiamoci in avanti, e diamo un’occhiata alla realtà dei nostri giorni, perché è chiaro che le previsioni fatte dagli analisti di Citigroup vent’anni fa non sono più previsioni, ma sono diventate realtà. All’epoca, il progetto indicava la tecnologia dirompente come uno dei principali acceleratori della disuguaglianza.
E oggi, questo motore è stato potenziato dall’intelligenza artificiale e da una manciata di giganti tecnologici monopolisti. Aziende come Google, Amazon e Nvidia sostengono da sole il resto del mercato azionario statunitense, e nella prima metà del 2025, la spesa per l’Intelligenza Artificiale ha contribuito tanto alla crescita del prodotto interno degli Stati Uniti quanto la spesa di tutti i consumatori nel suo complesso, il che, se ci pensate, è piuttosto assurdo. Ma qui la storia prende una piega inaspettata. Questa nuova ondata tecnologica ha creato quello che gli economisti chiamano il fossato invalicabile del monopolio. Queste grandi aziende prosperano grazie a enormi economie di scala e a quelle che chiamano esternalità di rete, vale a dire l’idea che ogni utente aggiuntivo del loro prodotto rende il prodotto stesso più prezioso. Questa dinamica rende quasi impossibile per i concorrenti entrare nel mercato, permettendo alle aziende dominanti di operare quasi come latifondisti digitali moderni, che prelevano forzatamente affitti e rendite semplicemente grazie al fatto che controllano il mercato. E questa concentrazione di potere alimenta quella che gli economisti chiamano un’economia a forma di K, dove l’aumento dei prezzi degli asset rende i proprietari di tali beni sempre più ricchi, mentre i lavoratori comuni restano indietro in una condizione stagnante.
E la macchina plutonomica agisce mediante due forze strettamente collegate. La prima forza è il salario basso. La tecnologia ha reso il lavoro più produttivo, ma anche più sostituibile. Che tu sia un analista junior oppure un direttore di banca, il software standardizzato ha trasformato le competenze in materie prime facilmente accessibili e trasferibili. E con l’Intelligenza Artificiale che ora è destinata ad automatizzare il lavoro dei colletti bianchi, i lavoratori stanno perdendo quel poco potere contrattuale che gli era rimasto. I numeri parlano molto chiaro. Negli ultimi quarant’anni, la produttività personale è quasi raddoppiata, eppure i salari medi, aggiustati per l’inflazione, sono aumentati solo di circa il venti percento. E i guadagni che sono derivati da tale progresso non sono stati condivisi. Sono stati invece catturati da quella che gli analisti di Citigroup un tempo chiamavano l’aristocrazia manageriale, una struttura all’interno della quale ora gli amministratori delegati guadagnano circa duecento volte più della media dei loro dipendenti. Tornando alla macchina plutonomica, vediamo che la seconda forza è l’aumento vertiginoso dei prezzi degli asset. Quando la maggior parte dei salari delle persone è stagnante, le aziende vedono pochi incentivi per investire nella produzione reale.
Al contrario, abbiamo una situazione in cui il capitale posseduto dai ricchi, che è talmente vasto da non poter essere speso, finisce per inseguire beni già esistenti come azioni, immobili di lusso e altri beni di lusso. Ecco perché l’economia è diventata dipendente dall’inflazione del prezzo degli asset. I ricchi spendono le loro plusvalenze, non i loro redditi. E se quei portafogli dovessero mai vacillare nella spesa, l’intero motore del consumo si bloccherebbe. Infatti tale motore funziona sulla base del dieci percento più ricco della popolazione che controlla metà dell’intera spesa nazionale. Tutto questo mentre la maggioranza dei lavoratori, coloro che non dispongono di proprietà oppure di portafogli azionari, paga ai ricchi l’affitto, gli interessi sul debito e bollette da capogiro imposte da un regime di monopolio. I ricchi, a loro volta, riciclano quel denaro acquistando nuovi beni, facendone salire sempre di più i prezzi. Il risultato è una spirale auto-perpetuante, in cui la disuguaglianza non si stabilizza, bensì accelera. Gli elementi essenziali della vita, vale a dire l’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, diventano sempre più difficili da mantenere, e con essi sfuma la possibilità della mobilità sociale. La classe media, un tempo pietra angolare del capitalismo, viene silenziosamente cancellata. E il sogno, l’idea che sia possibile cambiare la propria vita mediante il duro lavoro, sta svanendo nei meandri della storia.
Ma tutto questo è davvero sostenibile dal punto di vista sociale? Anche gli analisti di Citigroup sospettavano che la risposta fosse negativa. Nelle loro stesse parole, la plutonomia funziona come un elastico. La concentrazione di ricchezza e di capacità di spesa nelle mani di pochi, probabilmente ha i suoi limiti, e a un certo punto l’elastico tornerà indietro di scatto colpendo chi lo sta tenendo in mano. Il rapporto ha identificato tre grandi minacce, o leve, che potrebbero porre fine alla plutonomia. La prima e più potente è quella che hanno definito la rivolta della classe lavoratrice. La maggioranza della popolazione potrebbe anche non avere potere economico all’interno di questo sistema, ma conserva comunque un potere di voto uguale a quello di ciascun individuo nella classe abbiente. E col calare del proprio tenore di vita, tale potere politico diventa l’ultima leva che la gente comune può azionare a propria difesa.
Questa reazione, ci avvertivano gli analisti di Citigroup, si sarebbe manifestata su due estremi: l’estrema sinistra che avrebbe spinto per il protezionismo a difesa dei posti di lavoro nazionali, e l’estrema destra che avrebbe spinto per politiche anti-immigrazione, al fine di limitare la presenza di manodopera a basso costo. E se vi guardate intorno oggi, vedete che corrisponde esattamente alla nostra realtà: un mondo più polarizzato che mai. Al centro di questo dibattito si trova ciò che il rapporto ha descritto come la morte del sogno. Storicamente, la plutonomia era tollerata perché le persone credevano di avere una possibilità di farne parte. Il sistema era sicuro finché gli elettori sentivano di arricchirsi in termini assoluti, anche se stavano perdendo terreno in termini relativi. Ma quell’illusione è crollata. Con la mobilità sociale scesa ai minimi storici e con i costi degli alloggi e dell’istruzione che sono saliti alle stelle, la persona media non crede più di poter salire la scala gerarchica. E quando le persone smettono di credere di poter salire, iniziano a votare per abbattere la scala, per spartirsi la torta della ricchezza. Si può persino vedere questo crollo del sogno nella configurazione geografica stessa. Poiché la maggior parte della popolazione appartiene alla classe dei lavoratori, non dei consumatori, finisce per riversarsi nelle città più ricche, nei luoghi dove il denaro circola ancora.
Le regioni più povere si svuotano mentre le città ricche diventano sovraffollate, inaccessibili e stratificate. Il risultato è un cupo paradosso. La classe operaia deve continuare a far aumentare il valore dei beni posseduti dai ricchi al solo fine di sopravvivere nella stessa economia dominata dai ricchi. Quindi, se i rischi sono così evidenti, perché l’elastico non si è ancora rotto? Perché la macchina della plutonomia continua ad accelerare? Gli analisti di Citigroup avevano una risposta anche a questo, ed era dolorosamente semplice. Nelle loro parole, le tre leve che avrebbero potuto porre fine alla plutonomia avevano, in realtà, un effetto attivamente benigno a favore dei ricchi. Innanzitutto, i diritti di proprietà erano saldamente tutelati e questa stabilità continua ancora oggi, rendendo l’Occidente il rifugio preferito per i plutocrati globali. In secondo luogo, il regime di tassazione era neutro oppure apertamente favorevole alle classi più ricche. Infatti, all’epoca, i responsabili politici statunitensi spingevano per attuare tagli permanenti alle tasse sui dividendi e alle tasse di successione.
Oggi, le pressioni delle aziende e la concorrenza fiscale hanno garantito che l’aristocrazia manageriale mantenesse la sua lauta quota di profitti. E in terzo luogo, la reazione dei lavoratori veniva neutralizzata dalla globalizzazione. Le aziende hanno protetto i loro margini mandando la produzione all’estero, verso paesi dove c’era una manodopera a basso costo e importando lavoratori qualificati quando era conveniente, entrambi fattori che impedivano l’aumento dei salari nazionali. Nella misura in cui fosse riuscita a mantenere l’illusione della prosperità e a proteggere queste leve politiche, la macchina avrebbe potuto continuare a funzionare. E per anni, ha effettivamente continuato a funzionare. Anche quando un amministratore delegato di alto profilo veniva perseguito legalmente oppure uno scandalo faceva scalpore, non si verificava un vero e proprio reset, ma erano solo azioni pro-forma, una sorta di teatrino di pubbliche relazioni concepito per far sembrare il sistema più equo per il tempo strettamente necessario a mantenerlo in vita. Il che ci porta alla domanda più importante di tutte: che significato possiamo trarre da questo piano della plutonomia formulato vent’anni fa per l’evoluzione dei mercati e per voi in particolare. Bene, cominciamo con le regole proposte a beneficio degli investitori istituzionali. Citigroup, in questo caso, ha fornito un consiglio piuttosto semplice: ignorare i timori macroeconomici e acquistare il paniere della plutonomia, ovvero le azioni delle aziende che vendono i beni amati dai ricchi, come i marchi di lusso, gli immobili di pregio e i servizi di private banking.
Questa strategia ha funzionato. Per decenni, ha prodotto rendimenti annualizzati di quasi il diciotto percento, con prestazioni ampiamente superiori agli indici globali. Ma questo successo ha un lato oscuro. Ha creato una fragilità strutturale, dove le differenze di posizione di vincitori e perdenti sono diventate chiare come il sole. In primo luogo, tutto ciò che è legato al consumatore medio è ora a rischio. Settori tradizionali come il commercio al dettaglio non di lusso e l’automotive devono attingere da una classe media con salari stagnanti e un debito familiare a livelli da record. Le imprese che dipendono dal fatto che i consumatori prendano in prestito sempre di più al solo fine di continuare a spendere, sono in difficoltà. In secondo luogo, lo stesso sistema finanziario tradizionale ora si trova a rischio.
Come ha avvertito la Banca per i Regolamenti Internazionali, il sistema finanziario è ora governato da vasti meccanismi nascosti, dal mercato degli scambi sulle valute e da enormi istituzioni finanziarie non bancarie che amplificano gli shock finanziari portandoli oltre i confini delle singole nazioni. Il boom del credito privato mostra come il capitale sia fuggito dal contesto del prestito bancario tradizionale. I margini di profitto di banche e assicurazioni sono stati ridotti da questi cambiamenti strutturali. Quindi l’intero sistema ora poggia su un singolo fragile fondamento: i ricchi che si sentono ricchi. I loro portafogli alimentano i consumi. Ma se il flusso di spesa proveniente da tali portafogli dovesse cessare, l’intero motore si bloccherebbe. Per usare un termine tecnico, l’intera economia andrebbe completamente a farsi benedire. Eppure, ci troviamo di fronte a un paradosso. La macchina plutonomica è strutturalmente instabile, ma funzionalmente indistruttibile, per lo meno se facciamo ricorso a mezzi tradizionali.
Infatti, le élite hanno creato un meccanismo di retroazione a circuito chiuso. L’influenza politica e la spesa fiscale sono sempre pronte a salvare il valore dei mercati degli asset, usando denaro pubblico. In tal modo si mantiene vivo il ciclo economico a forma di K. Ecco perché i mercati azionari si sono mantenuti a valori elevati anche quando i tassi d’interesse hanno raggiunto i massimi degli ultimi decenni. Il dolore economico viene attutito dagli enormi deficit governativi. Quindi, se il sistema è instabile, ma viene costantemente salvato dalla politica, come dovreste posizionarvi in termini di investimenti? La risposta è di uscire dalla sfera di controllo della plutonomia. Cominciate ad acquistare beni che conservino e aumentino il proprio valore perché non possono essere inflazionati. Oro, argento e immobili selezionati hanno storicamente avuto buoni risultati durante periodi di deficit governativi persistenti. Anche le banche centrali stanno ora investendo sull’oro, segnalando che si aspettano una continua riduzione del valore delle rispettive valute. I beni tangibili offrono un tipo di protezione che la macchina della plutonomia non può facilmente confiscare o svalutare. Dopo di che ci sono le criptovalute. La loro rapida ascesa è la conseguenza diretta, seppur non intenzionale, del progetto della plutonomia.
Citigroup aveva previsto una crescita guidata dalla tecnologia e dall’innovazione finanziaria. Semplicemente non immaginavano che quegli stessi strumenti avrebbero dato potere alle persone comuni per costruire un sistema finanziario alternativo. Le criptovalute veramente decentralizzate come Bitcoin ed Ethereum sono completamente fuori dal controllo governativo e potrebbero offrire una via di fuga dalla disuguaglianza auto-rinforzante documentata dal rapporto di Citigroup. E sebbene la spinta verso le CBDC e altre tecnologie distopiche probabilmente non porterà da nessuna parte a breve, l’ironia è che più spingono sulle CBDC e sulle regolamentazioni restrittive, più attraenti le criptovalute decentralizzate diventano per chiunque cerchi libertà finanziaria e privacy. Ma, in ultima analisi, il rapporto di Citigroup non era una teoria complottista. Era semplicemente una strategia di investimento basata sui dati, che scommetteva sull’evolversi di un mondo definito da disuguaglianze estreme. Il vostro obiettivo, però, è diverso: vale a dire che volete investire in un mondo definito dalla possibilità di scelta. Diversificate il vostro patrimonio acquistando beni durevoli. Mantenetevi agili con una gestione attiva del vostro portafoglio.
Perché, a mano a mano che più persone inizieranno a vedere cosa succede davvero dietro le quinte, vorranno cercare alternative. E sebbene la macchina della plutonomia possa aver operato sotto il radar fino ad ora, una volta che gli elettori inizieranno a chiedere un vero cambiamento, ne vedremo delle belle. Speriamo solo di uscire dall’altra parte del tunnel con un sistema finanziario più sano e più equo che lavori a beneficio di tutti, perché le alternative sarebbero probabilmente totalmente distopiche.
Da questo video ho tratto una serie di lezioni. La prima è che bisogna aumentare drasticamente la propria capacità di guadagno. Se vi mantenete al livello attuale, siete destinati a perdere soldi, perché con l’attuale ritmo inflazionistico, i vostri soldi perderanno il 50% del loro valore ogni sette anni.
Ogni sette anni e due mesi, il potere d’acquisto dei vostri soldi si dimezza. Di conseguenza, è necessario guadagnare molto di più e trovare il modo per farlo. In questo video ci vengono indicati i mercati promettenti: i mercati di lusso, i mercati che servono la fascia più alta dell’economia o i mercati indirizzati alla nuova economia emergente, che sta nascendo con difficoltà e momenti di difficoltà. Da questo video ho imparato che innanzitutto bisogna aumentare drasticamente le proprie capacità di guadagno, perché il denaro che abbiamo, il denaro fiat, perde il 50% del suo valore ogni sette anni. Di conseguenza, è necessario guadagnare sempre di più e aumentare le proprie entrate ogni anno, altrimenti non si riesce a stare al passo. Inoltre, il video fornisce un’idea di come è strutturata l’economia e quali settori probabilmente verranno potenziati o alimentati, nonché dei settori emergenti, come quello delle criptovalute e dell’intelligenza artificiale.
Ora, non so quale sia la vostra opinione in merito, ma il mio invito è di approfondire la conoscenza sia del mondo delle criptovalute sia di quello dell’intelligenza artificiale, perché alla fine la soluzione passa attraverso la nostra competenza, la nostra responsabilità e la nostra capacità di mantenere o riportare i politici sulla retta via, anche perché la soluzione non può essere politica. Il sistema è concepito in modo tale che un singolo politico o anche un gruppo di politici non sia in grado di modificarlo da solo. Ci vuole un forte sostegno da parte della popolazione, e per ottenerlo la popolazione deve capire cosa sta facendo. Non può continuare a cercare di suddividere la torta, prendendo ciascuno una fetta, senza rendersi conto che in realtà non viene tolta al gruppo che si pensa di stare depredando, ma a tutti, perché viene generata mediante la stampa di nuovo denaro. Quindi, al massimo, i politici possono ridistribuire parte della ricchezza generata mediante il debito, ovvero mediante la creazione di nuovo debito e di nuovo denaro.
Giusto per anticipare un commento all’intervista che ho fatto con il Vaso di Pandora, se ci fate caso, Trump cerca di creare un cortocircuito fra l’estremismo di destra e quello di sinistra. Infatti, ci propone il protezionismo, le sanzioni e le tariffe, che sono un modello di sinistra, e l’estremismo nella lotta all’immigrazione clandestina, che invece è un’estrema posizione di destra. Parallelamente, tuttavia, vuole 600.000 visti speciali per persone che vengono dall’estero, tipicamente cinesi, che verranno a lavorare negli Stati Uniti nell’ambito dell’intelligenza artificiale, togliendo così l’opportunità agli americani di guadagnare di più nei settori emergenti dell’economia. Inoltre, ha confermato il taglio delle tasse sulle aziende e ha anche fornito alcuni sgravi fiscali per i singoli, dando il contentino. Tuttavia, è un uomo che rappresenta il cosiddetto populismo, che possiamo considerare come una delle due correnti di cui ho parlato in questo video, ovvero il protezionismo e la lotta all’immigrazione.
Non a caso, abbiamo visto che ha accolto con affabilità alla Casa Bianca il nuovo sindaco filocomunista di New York, Zohran Mamdani, che dovrebbe essere un suo acerrimo nemico, eppure sono grandi amici. Il concetto fondamentale è che i politici possono aiutare a instradare il sistema verso un cambiamento, ma non lo faranno mai spontaneamente, semplicemente perché non è nel loro interesse e, inoltre, non ne hanno né la capacità né la possibilità, a meno che dietro di loro non ci sia una fortissima spinta da parte degli elettori. Quello che invece non funziona è scegliere un candidato e dire: “Ok, lui risolverà tutto, non ci penso più e faccio il tifo per lui o per lei”, perché questo non ha mai funzionato in passato e non vedo perché dovrebbe funzionare in futuro. Quindi, il punto di partenza indispensabile è capire meglio noi stessi e come funziona il sistema, e mi auguro che questo video vi sia stato utile.
Roberto Mazzoni