La guerra dell’energia – parte 1 – MN #240

In questo video, che è di commiato prima di Natale, vi faccio subito gli auguri di Buon Natale e di Felice Anno Nuovo. E poi voglio fare un una sintesi del lavoro di ricerca che ho condotto in ambito economico, energetico, politico negli ultimi tempi e che in parte ho già espresso in un’intervista rilasciata di recente sul canale Money.it, di cui vi riproporrò in questo video la versione integrale, però integrandola con altre cose che ho acquisito nel frattempo e che aiutano un po’ a completare il quadro, che credo che sia molto interessante e che sicuramente getta un’immagine diversa rispetto anche alla visione che avevo solo una settimana fa quando ho fatto l’intervista con Money.it.

L’intervista che rimane assolutamente valida come contenuti, ma che va a questo punto allargata e ampliata con una prospettiva che io stesso non mi aspettavo di trovare, ma che spiega molte cose e quindi ci aiuterà a capire meglio dove siamo diretti. Questo video è un po’ più lungo del solito, me ne scuso, ma d’altro canto non ci vedremo per almeno due settimane e quindi ho pensato di lasciarvi con materiale a sufficienza per tenervi impegnati durante le vacanze natalizie.

In più voglio anche ringraziare tutti coloro che si sono uniti alla legione Bitcoin e vorrei offrire un omaggio ai legionari, vale a dire da domani attiverò l’accesso gratuito perché fa parte della legione anche alla sezione Nuovo Ordine Mondiale, quindi chiunque faccia parte della legione avrà accesso praticamente a tutti i contenuti riservati di Mazzoni News, avrete altri video da poter vedere, nel caso non li abbiate già visti, per completare un po’ il vostro bagaglio informativo sulla situazione in cui ci troviamo oggi e sulle origini di tale situazione e mi auguro appunto che questo vi aiuti a capire meglio e inoltre appunto sia una cosa gradita e un forma di ringraziamento da parte mia a tutti coloro che hanno accettato la sfida e sono uniti alla legione Bitcoin.

La guerra energetica si sposta sul canale di Suez

Bene, allora quello che affronteremo in questo particolare video è la guerra energetica, la guerra energetica e questo sarà un primo video, poi avremo un seguito naturalmente che approfondirà aspetti più tecnici e anche storici su come mai siamo arrivati qui e dove quindi potremo andare, ma credo che già in questo video avrete parecchia carne al fuoco e sarete in grado di capire qual è la realtà corrente e quali sono gli sviluppi nel breve medio periodo.

Ora, la guerra energetica naturalmente è iniziata già da qualche tempo, ma ora siamo arrivati in una fase acuta, sicuramente con la guerra in Ucraina abbiamo visto le sanzioni hanno mirato a bloccare il flusso di petrolio e di gas naturale dalla Russia verso l’Europa, in particolare verso la Germania e vediamo che la Germania da parte sua, anche a seguito di errori drastici di giudizio commessi in passato, si trova in situazioni molto difficili in termini energetici, perché non riesce a generare abbastanza energia usando le tecnologie rinnovabili, quindi l’eolica piuttosto che la fotovoltaica, anche in ragione della sua posizione geografica non particolarmente fortunata in tal senso e mancando il supporto russo che rappresenta circa il 40%, rappresentava il 40% l’alimentazione industriale tedesca, l’industria tedesca deve necessariamente ridimensionarsi e alcune industrie in particolare, quelle dell’acciaio, quelle del vetro, quelle della ceramica, cioè praticamente tutte quelle industrie che usano grandi quantità di energia sono costrette sostanzialmente a lasciare la Germania.

Alcune si trasferiscono in Europa, per esempio all’interno dell’Europa, per esempio in Ungheria che invece mantiene un cordone umbilicale con la Russia e continua ad avere accesso a gas a basso costo e altre invece stanno semplicemente trasferendo negli Stati Uniti o in altri posti, però gli Stati Uniti direi che è una delle destinazioni primarie e vedremo un po’ più avanti perché la Germania anche si trova in questa situazione particolare, però questo giusto per darvi un’idea del fatto che la situazione geopolitica attuale è sostanzialmente centrata sul problema energetico, sullo sviluppo del nucleare sicuramente che vede Cina, Russia e Stati Uniti all’avanguardia, soprattutto i cinesi che stanno costruendo molte centrali nucleari, molte nuove centrali nucleari, persino i sauditi vogliono costruire centrali nucleari usando tecnologia americana e quindi risparmiare il proprio petrolio per venderlo ad altri e invece usare al proprio interno l’energia nucleare, con questo non voglio fare uno spot pubblicitario per l’energia nucleare, ho una formazione in ambito nucleare paradossalmente, ma mi rendo conto che la gestione dell’energia nucleare non è così facile e soprattutto deve essere affidata a persone e a stati che abbiano un elevato grado di responsabilità.

Detto questo tuttavia vediamo che la Russia oggi ha una grandissima quantità di centrali nucleari e tende a continuare a svilupparle, la Cina le sta costruendo molto rapidamente e gli Stati Uniti hanno già avviato una serie di progetti sui centrali nucleari di nuova generazione che dovrebbero sostituire quelle precedenti o affiancarsi. E gli Stati Uniti già dispongono di una sostanziale autonomia energetica, vale a dire già dispongono di abbastanza riserve di petrolio all’interno o possono procurarsene dai vicini il Canada in particolare piuttosto che il Messico, piuttosto che il Venezuela, anche un pochino più lontano, oppure il Sud America in generale.

Quindi così come anche in passato la maggior parte delle guerre che abbiamo visto combattere dalla Prima Guerra Mondiale in avanti sono state guerre centrate sul petrolio sostanzialmente e oggi ci stiamo spostando dal petrolio verso altre forme di energia dove il nucleare sembra quello più probabile ma probabilmente dovranno anche sviluppare altre forme di generazione energetica oppure delle versioni nucleari più moderne. Rimane comunque il centro dell’energia anche perché l’energia è alla base del nostro sistema economico.

Tutto quello che viene prodotto industrialmente richiede energia a basso costo eppure l’erogazione di servizi richiede energia a basso costo quindi la carenza di energia o la disponibilità di energia vantaggiosa e vicina fa la differenza, assolutamente fa la differenza. È ovviamente che il terreno di scontro al momento è in Ucraina che era, perché ormai non lo è più, un punto di smistamento importante per il gas russo e che rappresenta anche naturalmente un territorio importante per i russi dal punto di vista di sicurezza interna e vediamo che si è giunto il Medio Oriente, in particolare il Medio Oriente sul territorio per il momento israeliano e di Gaza, ma con la possibilità e il rischio che si aggiungano altri giocatori importanti e vediamo in particolare che in questo particolare periodo un gruppo di ribelli che si trova nello Yemen.

Ora quindi vediamo che il terreno di scontro di questa guerra energetica che poi si trasforma anche in guerra cinetica, l’abbiamo visto in Ucraina e lo stiamo vedendo nel Medio Oriente, vede appunto in Ucraina uno degli epicentri anche perché l’Europa dell’Est è stata per molto tempo una fonte di fornitura di energia a basso costo per la Germania e per il resto dell’Europa e vede naturalmente il Medio Oriente con la situazione incresciosa che vediamo nella striscia di Gaza, l’intervento crudele dell’esercito israeliano, ma comunque questa situazione sta generando una crisi generale nell’area, infatti abbiamo visto i ribelli Huti che dallo Yemen hanno sostanzialmente bloccato l’accesso al Mar Rosso e quindi di conseguenza hanno bloccato il canale di Suez.

Vediamo che i principali spedizionieri stanno evitando il canale di Suez perché lo considerano un rischio e in effetti le compagnie assicurative europee non sono più disposte a coprire i viaggi, i vascelli che attraversano il Mar Rosso e lo stretto che si trova in fondo al Mar Rosso che viene presidiato dagli Huti, a meno che le navi non vengano scortate da convogli militari, un po’ come nella seconda guerra mondiale quando le navi che arrivavano dagli Stati Uniti dovevano essere scortate da vascelli militari per proteggerle dai sommergibili tedeschi.

Non è un caso quindi che gli Stati Uniti abbiano formato una task force, un insieme di nazioni, dieci per l’esattezza, di cui fa parte anche l’Italia, che hanno la mansione di presidiare il Mar Rosso, di inviare vascelli militari nell’area e cercare di impedire appunto attività piratesche da parte degli Huti o comunque fungere da elemento dissuasore. Sicuramente gli americani hanno interesse nel territorio sia per accordi pregressi con i sauditi, nei confronti dei quali hanno un obbligo di protezione militare, sia perché il Mar Rosso è un canale di collegamento fondamentale per sicuramente l’Europa in particolare, visto che attraverso il Mar Rosso passa un terzo della produzione globale, scusate, un terzo del traffico, il 30% del traffico complessivo di container, è un contatto fondamentale per la merce che arriva dalla Cina e per i prodotti che vanno in Cina, oltre a essere naturalmente un canale importante per sia il petrolio che il gas naturale che vengono dal Medio Oriente verso l’Europa.

Quindi, avendo chiuso il canale di Suez, ci sono una serie di complicazioni economiche per l’Eurozona. Giusto per epilogare un pochino le dimensioni del traffico di cui stiamo parlando, ci sono 9 milioni di barili di petrolio al giorno che passavano attraverso il canale di Suez, oltre che 113 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto che sempre passavano attraverso il canale di Suez, 80 milioni di tonnellate di grano e appunto il 30% dei container in viaggio per il mondo per un valore di circa un trilione di dollari annuali.

Il problema della chiusura del canale di Suez è duplice, vale a dire, oltre a complicare i trasporti, perché a questo punto bisogna fare il giro dell’Africa e si aggiungono 26 giorni al percorso, si aggiungono anche naturalmente costi di conservazione delle merci, ritardi nelle consegne e una maggiorazione dei costi complessivi di tutto quello che arriva dalla Cina o che arriva dal Medio Oriente diretto all’Europa. Noi ricordiamo che l’Europa nel tentativo di sostituire l’energia, il gas naturale, il petrolio che non arrivavano più dalla Russia, ha avviato dei rapporti di collaborazione con alcuni stati nel Medio Oriente, in particolare il Quatar.

Il grande perdente: l’Eurozona

Il Quatar dovrebbe fornire una quantità importante di gas naturale all’Europa sotto forma liquefatto, però questo gas naturale deve uscire dal Quatar, fare il giro passando attraverso lo strato di Hormuz che è controllato dall’Iran e che è collegato agli Huti e poi rientrare in Mar Rosso e risalire verso l’Europa. Se questa connessione, questo collegamento è impedito, a quel punto non è più praticabile la fornitura dal Medio Oriente verso l’Europa e di conseguenza l’Europa deve rifornirsi presso qualcun altro, tipicamente gli Stati Uniti che non hanno vincoli sulla fornitura perché attraversano l’Atlantico.

È chiaro che il gas liquefatto che arriva dall’Atlantico, scusate, che arriva dall’America, costerà di più, sia perché gli Stati Uniti comunque hanno diverse richieste di fornitura e non hanno una fornitura illimitata, sia perché c’è un viaggio più lungo e sia perché a quel punto, essendo l’unico fornitore disponibile, i prezzi di mercato salgono. Quindi la situazione energetica europea è estremamente critica, in particolare per quello che riguarda la Germania.

Se guardiamo già quello che è successo recentemente nel recente passato per l’Europa, vediamo che già l’assetto complessivo della fornitura si sta spostando decisamente verso gli Stati Uniti. Il 46% del gas liquefatto arrivato in Europa veniva dagli Stati Uniti nell’ultimo anno, se non sbaglio, mentre il 12% è venuto comunque dalla Russia attraverso vari giri e comunque a prezzo maggiorato.

Quindi vediamo che sarà sempre più così, i russi forniranno di meno mentre invece gli americani dovranno fornire di più. Quelli che non sono assolutamente colpiti dalla crisi del canale Suez sono la Cina, che può ricevere i prodotti direttamente dall’America attraverso il Pacifico oppure dalla Russia attraverso la rota artica. La Russia può sfruttare la rota artica in sostituzione del percorso Suez e poi Oceano Indiano e in generale il punto critico è l’Europa, l’Europa che ha bisogno dell’accesso attraverso il canale Suez alle risorse che vengono dal Medio Oriente, dall’Africa piuttosto che dalla Cina.

Quindi abbiamo due punti di strozzatura importanti, uno è lo stretto che dà accesso al Mar Rosso che è controllato dagli Huti che sono un proxy, quindi una forza militare che lavora per conto e opera per conto dell’Iran che controlla l’accesso al canale Suez. Dall’altro abbiamo lo stretto di Hormuz attraverso cui esce una buona parte del petrolio che proviene dagli Emirati Arabi Uniti, dal Kuwait piuttosto che dal Qatar e dall’Arabia Saudita anche che viene invece controllato e controllabile dall’Iran.

Quindi abbiamo queste due strozzature potenziali che possono da una parte ridurre in modo sistematico e importante la fornitura di gas naturale e petrolio che proviene dal Medio Oriente, dall’altra mettere in crisi in modo piuttosto serio l’Europa in termini di forniture energetiche. La situazione è tra l’altro resa ancora più critica a proposito della guerra in Ucraina perché prima del conflitto ucraino attraverso il canale di Suez passavano soltanto 2,7 milioni di barili al giorno, ma con la chiusura delle condotte che andavano direttamente in Europa siamo passati a 6,5 milioni di barili al giorno.

I russi prendono la rotta artica

Per i russi il problema si pone relativamente perché da una parte possono sfruttare la rotta artica e raggiungere la Cina che è uno dei loro principali clienti oggi senza dover passare da Suez, dall’altra possono comunque attraversare Suez attraverso una flotta fantasma, laddove i russi prima usavano in modo importante compagnie spedizioniere, quindi petroliere europee, di produzione europea gestita da europei e all’interno dell’eurozona o comunque all’interno del continente europeo e assicurate da società, compagnie assicuratrici europee, oggi dopo le sanzioni la situazione è completamente cambiata, i russi usano vascelli, navi che sono in dipendenza di un’azienda europea, che sono indipendenti dall’Europa e che sono assicurate da compagnie assicuratrici cinesi piuttosto che indiane, piuttosto che russe.

Quindi hanno un circuito totalmente indipendente e possono arrischiarsi di passare attraverso il mar rosso nonostante gli Huti che probabilmente non gli spariranno addosso anche se potrebbero farlo, in ogni caso il rischio è minore anche perché è comunque un rischio calcolato dal loro punto di vista, in più con lo sviluppo della rotta artica, quindi siamo in una situazione in evoluzione, i russi dipenderanno sempre meno dal canale Suez, con lo sviluppo di nuove condutture verso la Cina dipenderanno sempre meno dai trasporti marittimi e quindi saranno in grado di proseguire la vendita del loro gas naturale, del loro petrolio ai livelli che hanno mantenuto finora, oggi i livelli di vendita sono gli stessi che avevano prima dell’invasione dell’Ucraina, quindi le sanzioni non hanno funzionato affatto.

D’altro canto non ci meravigliamo nemmeno perché anche in Europa laddove ci sono le sanzioni, dove ci sono dei limiti massimi di prezzo che sono stati imposti dalla Commissione Europea, di fatto la Bulgaria è esente da questi limiti, quindi può comprare il petrolio e il gas russo al prezzo che vuole e poi può ridirezionarlo verso l’Europa naturalmente mescolandolo con il prodotto proveniente da altrove in modo da mascherare l’origine o comunque non renderlo più ufficialmente gas oppure petrolio russo e marginarci sopra così come fanno già i turchi e così come fanno gli indiani.

Quindi l’Europa continuerà ad avere energia ma sarà un’energia molto più costosa a meno che disponga di capacità di produzione autonome, quindi che disponga di centrali sul proprio territorio che siano in grado di compensare la carenza di gas naturali oppure di petrolio a basso costo. Nel caso della Francia per esempio abbiamo una discreta presenza di centrali nucleari anche se un po’ vecchiotte, anche se vanno rimodernate e tutto il resto però ci sono.

Mentre invece in Germania abbiamo visto che sono tornati a bruciare carbone, in alcuni casi addirittura legno per sostituire le centrali nucleari che sono state chiuse. Quindi anziché ottenere un beneficio ambientale di miglioramento delle condizioni climatiche piuttosto che ecologiche tedesche, oggi abbiamo una situazione molto peggiore, sono tornati indietro al 1800 quando eravamo alla prima rivoluzione industriale basata sul carbone dove le macchine erano a vapore e dove l’Europa ha avuto un ruolo centrale nella rivoluzione industriale proprio perché il carbone in Europa è presente in grandi quantità ed è facile da estrarre sia in Germania che in Gran Bretagna.

Non a caso alla fine dell’800 e all’inizio dell’900 abbiamo visto emergere come centrali, centri di produzione industriale importanti proprio la Gran Bretagna e la Germania che poi sono andate in rotta di coesione. Ma direi che dal 1920-1930 in avanti il carbone è stato sostituito progressivamente dal petrolio e questo ha favorito l’emergenza naturalmente degli Stati Uniti come potenza industriale internazionale proprio perché gli Stati Uniti avevano già allora e ancora oggi una grossa disponibilità interna e sono stati i primi a sfruttare questa risorsa in modo su vasta scala.

Giusto per avere un quadro di confronto a livello statistico di percentuali, prima della guerra in Ucraina il 50% dell’esportazione di risorse energetiche russe andava in Europa, oggi il 90% del petrolio russo invece va in Asia e queste sono informazioni che ho raccolto in vari video, alcuni di quali proposti da un autore americano che è presente su YouTube che è cinese e che fa delle analisi abbastanza centrate sull’aspetto energetico e che si capisce ha una posizione abbastanza vicina alla Cina, quindi ci danno un po’ un modo di vedere le cose come probabilmente le vedono a Pechino, ossia da Pechino vedono la politica americana come la politica di progressivo isolamento tra Cina ed Europa perché appunto le esportazioni e le importazioni tra i due mercati diventeranno sempre più costose, sempre più difficili e al tempo stesso vedono una trasformazione energetica che rende più difficile da parte degli europei approvvigionarsi delle risorse necessarie per mantenere le proprie industrie e quindi una maggiore difficoltà di nuovo di commerciare laddove commerciano con la Cina e questo è il caso per esempio della Germania.

La Germania ha commesso una serie di peccati gravi, vabbè a parte quelli storici, ma diciamo in tempi recenti la Germania ha avuto una politica industriale centrata sull’energia proveniente dalla Russia e centrata sulla vendita di prodotti e tecnologia o materie prime ai cinesi, acquisto di prodotti ai cinesi, quindi una fortissima integrazione con la Cina in termini di partner commerciale con la Russia, entrambe situazioni naturalmente che non erano gradite agli Stati Uniti e in più ha avuto anche se vogliamo, ha commesso l’errore grave di lanciare l’euro come moneta di scambio internazionale alternativa al dollaro e questo naturalmente non è mai stato ben visto a Washington e è sempre stato in qualche modo integrato nel sistema complessivo del dollaro ma credo che siamo arrivati al capitolo finale.

Quindi in questa situazione complessiva che vede nel bene e nel male, poi possiamo discutere se è la cosa giusta o la cosa sbagliata, quali siano le posizioni relative, non è lo scopo di questo video, però in questo scenario che vede progressivamente affrontarsi Stati Uniti e Russia come due nuovi leader industriali che in qualche modo vogliono difendere la propria posizione o migliorare la propria posizione, chiunque si ponga in mezzo rischia di essere schiacciato e questa è la situazione dell’Europa, in particolare della Germania. Quindi, fatta questa premessa che ci dà un’idea di come si sono evolute le cose finora, veniamo al video di Money.it, l’intervista che ho fatto e poi faremo una chiusura importante, quindi stay tuned, non scappate, restate fino alla fine perché credo che sia un finale particolarmente interessante. E ora eccovi il video di Money.it.

Intervista con Money.it sull’evoluzione economica America-Europa

[Fabio Frabetti – Money.it]

Buonasera amici di Money.it, con molto piacere che ci troviamo nel nostro incontro mensile dagli Stati Uniti, Roberto Mazzoni, ciao Roberto. Buongiorno a tutti, bentrovati. Allora, caro Roberto, partiamo anche dagli ultimi tuoi video dove affronti un po’ appunto il nuovo mondo in arrivo, partendo dall’idea di una sorta di implosione del sistema per cui lo conoscevamo, nel sistema monetario in particolare, a vedere questi video, a leggere le tue parole, sembra anche un’implosione sotto certi aspetti anche voluta e per andare dove? Poi cercheremo anche, come al solito, di trovare delle possibili vie d’uscita in un momento dove tutto questo, l’aspetto monetario, si intreccia con quello delle risorse, anche questa crisi nel Mar Rosso va a complicare ancora di più poi tutta la catena di approvvigionamento e quindi si aggiunge un ulteriore tassello. Che situazione si sta delineando?

[Roberto Mazzoni]

Allora, come descrivevo negli ultimi due video su Mazzoni News, il dollaro sta salendo di valore, con degli andamenti più o meno non continui, non stabili, perché in buona sostanza viene abbandonato progressivamente nella contrattazione internazionale e anche come forma di risparmio da parte di alcune nazioni importanti, come la Cina, piuttosto che la De Saudita, piuttosto che la Russia, naturalmente evidenziando. Quindi il fatto che si sia una sempre maggiore scarsità di dollari, che poi si traduce in una sempre maggiore scarsità di euro, sempre una maggiore scarsità delle varie valute, significa che il dollaro sale di valore e abbiamo quello che è l’esplosione verso l’alto, ossia il crash verso l’alto. Nel momento in cui il dollaro arrivasse a un valore eccessivo, che non è una cosa di domani, prima crulleranno altre valute sicuramente, a quel punto l’intero sistema finanziario si spaccia e si realizzerebbe quello che già dagli anni ’30 i tecnocrati hanno codificato come sistema ottimale per gestione dell’economia, vale a dire un sistema dove il denaro venga eliminato completamente e dove si usano dei certificati energetici.

Quindi in base a quello che la persona consuma, in base a quante energie è stata necessaria per realizzare un certo prodotto, con questi buoni che comunque avranno una validità annua, quindi dopo un anno saranno statuti, questo è il principio delineato nel 1934, per la precisione da un volume di 290 pagine con tutte le modalità di attuazione della tecnocrazia realizzata negli Stati Uniti, si daranno quindi queste certificati, questi buoni, questi buoni potranno essere spesi in modo selettivo in funzione dei prodotti che si acquistano, in funzione dei propri comportamenti del consumo che si ha avuto individualmente e naturalmente di energia e della disponibilità di energia complessiva.

Quindi tutto sommato stiamo tornando un po’ alle radici fondamentali dell’economia, ossia l’economia è fondata, la nostra economia occidentale in particolare, ma adesso ormai l’economia del mondo è basata sull’energia, quindi il prezzo dell’energia, in particolare il prezzo del petrolio, ha fatto il progetto tecnocratico, che è stato implementato dalla famiglia Rockefeller a partire dagli anni ’70 e se guardate agli anni ’70 in avanti, quella che è stata una progressione continua della razza umana dal ‘700 in poi, che vedeva un continuo aumento quasi esponenziale del consumo di energia e quindi del progresso sociale, si è fermata e dal ’70 viaggia in orizzontale, anzi con un leggero calo.

Questo perché naturalmente abbiamo il cambiamento climatico e tutte le altre cose carine che ci hanno proposto con l’obiettivo di ridurre sempre di più i consumi energetici per dare modo a chi gestisce le fonti energetiche di approfittare di più, di guadagnare di più e per dare modo di controllare le popolazioni, perché sappiamo che il controllo dell’energia controlla tutto il mondo. Quindi oggi quello che vediamo svilupparsi per esempio nel Mar Rosso con gli Huti che attaccano le navi che stanno cercando di passare attraverso lo stretto di Al-Mandab, che esce dal Mar Rosso per andare verso l’Asia e quindi bloccando quello stretto bloccano di fatto i canali di Suez, vediamo una interruzione dei canali energetici che alimentano l’Europa in particolare e anche una riduzione notevole di quello che è il flusso di commercio internazionale, siamo in un clima di deglobalizzazione, siamo in un clima di riduzione delle disponibilità di prodotti a basso costo e quindi aumento dei prezzi, anche perché nel momento in cui la rotta non può più passare dai canali Suez ma per raggiungere l’Europa deve fare il giro dell’Africa, potete raggiungere 26 giorni se non sbaglio di navigazione e quindi aggiungere costi notevoli su gran parte dei prodotti, oltre che rendere anche probabilmente non praticabile il commercio di alcuni prodotti.

Ma la crisi energetica è sempre stata l’elemento chiave della nostra vita fin dall’Ottocento direi, perché la grande rivoluzione industriale che ha avuto il centro origine in Europa in particolare, in Gran Bretagna e poi si è espansa verso la Germania, nasceva grazie all’uso più efficiente del carbone come forma energetica e quindi le macchine a vapore, le cui prime macchine di fatto furono sviluppate in Gran Bretagna proprio per facilitare l’estrazione del carbone, quindi era un sistema che si autoalimentava ed è cresciuto molto rapidamente ed ha permesso di consolidare l’Europa come centro industriale ed economico dell’epoca.

Poi con la scoperta del petrolio, o meglio il petrolio si conosceva già prima però, con l’uso del petrolio, l’efficienza del petrolio, la raffinazione, le tecniche di produzione dei vari combustibili come forma energetica migliore rispetto al carbone, perché comunque il petrolio ha una maggiore concentrazione energetica, è più facile da trasportare, è più pulito nell’uso pratico e ha permesso tra l’altro anche lo sviluppo dell’industria della plastica, quindi tutta una serie di derivati anche in ambito farmaceutico che naturalmente con il carbone non erano disponibili.

Quindi con l’arrivo del petrolio l’Europa ha capito che i suoi giorni erano contati come potenza finanziaria e industriale, hanno combattuto la prima guerra mondiale i tedeschi perché volevano conquistare l’accesso ai giacimenti del Medio Oriente e poi hanno perso, hanno conquistato, è una presenza importante del Medio Oriente, ma poi hanno perso dopo, l’importanza del potere si è spostato laddove c’era il petrolio, quindi in Unione Sovietica e negli Stati Uniti, quindi in Unione Sovietica sappiamo a che fine ha fatto, però da quel momento in poi l’Europa è stata al traino di uno di due, ossia uno di due doveva fornire energia qualche fosse, oppure il Medio Oriente, però nel Medio Oriente a quel punto anche britannici hanno perso la capacità di influenzare la situazione politica, di controllarla e quindi la tutela è passata sotto gli americani.

Gli americani che dagli anni ’70 in avanti tra l’altro appunto avevano spinto a ridurre i consumi anche perché erano finiti i giacimenti facilmente accessibili negli Stati Uniti, quindi dovevano procurarsi una quota importante di petrolio dall’Arabia Saudita o del Medio Oriente e quindi avevano interesse in quel contesto particolare.

Dal 2012 in avanti questo è cambiato con la rivoluzione del shale, quindi l’estrazione di petrolio da pietre che vengono frantumate secondo una tecnologia particolare negli Stati Uniti, ma che producono sia gas naturale che petrolio, direi quasi la sufficienza per alimentare gli Stati Uniti o comunque in gran parte la sufficienza oggi credo che gli Stati Uniti siano i secondi produttori di petrolio al mondo.

Gli Stati Uniti sono diventati indipendenti e molto meno interessati al Medio Oriente e molto meno interessati all’Europa naturalmente o a difendere l’accesso per gli europei a fonti energetiche, anzi semmai, abbiamo visto con la vicenda ucraina, sono semmai interessati a tagliare i contatti con la Russia per vari motivi che non ci raccontiamo qui, ma anche i tedeschi stessi hanno sempre avuto un rapporto molto difficile con i russi e il fatto di essere diventati sostanzialmente dipendenti al 100% dai russi, non dico 100% però dipendenti in modo significativo dai russi per poter alimentare l’industria è diventato un problema e quindi abbiamo visto come è finita la situazione oggi dove sostanzialmente l’Europa continua a importare petrolio e gas naturale dalla Russia a prezzi molto maggiorati anche se in quantità sempre inferiori e compensa la differenza comprandola sostanzialmente dagli Stati Uniti oppure in Africa oppure dovunque riesca a trovarla, l’Europa ha fatto un accordo strategico con il Qatar per comprare gas naturale che dovrebbe arrivare in forma liquida dal Qatar, però la situazione attuale nel Medio Oriente non è molto positiva perché il Qatar è uno dei principali sostenitori di Hamas, l’Europa comunque ha una posizione antagonista con i fonti di Hamas, quindi il Qatar potrebbe decidere di porre un embargo sull’invio, potrebbe essere costretto per vivere con i vicini arabi, porre un embargo sulla fornitura del gas liquefatto, in più già abbiamo il canale di Suez bloccato, magari è un blocco temporaneo, però vediamo 10 nazioni, troppo anche l’Italia, che stanno mandando la marina per difendere l’area dall’attacco degli Houthi che sono in buona sostanza un attributo di ribelli finanziati in modo indiretto dall’Iran, ma che però controllano quella porzione di Yemen che blocca lo stretto che permette di accedere al Mar Rosso, quindi la situazione complessiva di evoluzione nel Medio Oriente oggi e dell’Ucraina da ieri e ancora oggi, ci fa capire che per direi, bisogna augurarsi che in Europa riescano a trovare ancora delle locomotive a vapore, perché fra un po’ l’Europa resterà soltanto il carbone che è il suo prodotto interno disponibile e la sostanza più disponibile in termini di produzione di energia, considerando il fatto che la Germania ha chiuso tutte le sue centrali nucleari, la Francia ne ha ancora alcune attive, ma non sono in ottime condizioni e probabilmente non potranno continuare a funzionare in eterno, non ci sono progetti reali per sviluppare accesso a giacimenti di gas naturale europeo o di cerchi di nuovi giacimenti petroliferi, probabilmente troppo costoso andare a prendere il petrolio dove è necessario, l’esperimento delle energie alternative è stato un fiasco colossale, l’abbiamo visto, quindi il problema fondamentale è che per il momento con questa nuova crisi dove tra l’altro gli Stati Uniti hanno dichiarato che in buona sostanza se ne vogliono lavare le mani, nel senso che si mandano la flotta per proteggere il Mar Rosso perché comunque hanno anche un accordo di protezione reciproca con la Saudita che ha interesse a mantenere quella rotta aperta, però non hanno particolare interesse strategico a avviare, salvo alcuni che sono decisamente fuori ai margini, agli estremi, non c’è interesse a Washington per avviare una guerra diretta contro l’Iran o coinvolgersi direttamente nel Medio Oriente, dopo l’esperienza dell’Iraq e dell’Afghanistan che hanno chiuso il capitolo e perciò questo diventa poi un problema squisitamente europeo, nel senso che gli europei da Washington dicono a Israele noi possiamo condannare quello che sta facendo, però non interverremo per fermare Israele, lasceremo che Israele faccia quello che ritiene giusto fare, perciò il conflitto tra Israele, Hamas e potenzialmente altre fazioni che potrebbero essere coinvolte nel West Bank continuerà, continuerà sicuramente nel 2024 e potenzialmente anche oltre e tutto quello che gli Stati Uniti sono interessati a fare in questo momento è mantenere e continuare a imporre sanzioni nei confronti dei russi dove l’obiettivo che assumiamo da Washington poi potremmo magari cambiare con la prossima elezione presidenziale, però l’obiettivo è di ridurre a metà la produzione e l’export di petrolio russo entro il 2030, quindi da qui al 2030 dovrebbero continuare le sanzioni e quindi da qui al 2030 cosa succede in Europa? Sappiamo che la Unione Europea ha posto dei limiti di prezzo a 60 dollari al barile per il petrolio proveniente dalla Russia, ma sono limiti di pulcinella perché poi ci sono esenzioni per la Romania che ne può importare quanto ne vuole, al prezzo che vuole e quindi alla fine arriva comunque in Europa il petrolio americano, il petrolio russo, quello che arriverà dal Rabia Saudita che i saluti riusciranno a mandare e poi per il resto per l’Europa sarà un problema perché appunto con anche la spedizione di gas liquido che oggi arriva dagli Stati Uniti prevalentemente e dalla Russia in certa misura, mancano le infrastrutture per aumentare il flusso che provenga direttamente dall’Africa oppure dal Medio Oriente e con questa situazione decisamente instabile per il prossimo futuro non si prevede neanche la possibilità di fare degli investimenti per costruire altre infrastrutture. Quindi qual è la situazione complessiva?

Direi che nel prossimo futuro, nei prossimi due o tre anni vincerà chi ha un governo oppure qualcuno che sia in grado d’influenzare il governo, con una profonda conoscenza del mercato dell’energia. Putin sicuramente qualifica perché se non sbaglio se l’ha reato in materia, poi la Russia ha nella produzione di energia il suo filo all’occhiello, è la produzione più importante e non dimentichiamoci che anche i russi sfruttano il canale di Suez ora che sono costretti ad esportare gran parte del loro petrolio nel Far East, se non sbaglio fino a prima della guerra esportavano il 50% in Europa, adesso è il 90% in Far East. Però innanzitutto non credo che gli Huti affondino una nave russa, potrebbero anche farlo, ma il problema fondamentale è che per i russi il passaggio dal canale di Suez è fondamentale, nel senso che possono seguire la rota artica che hanno già aperto e che permette di raggiungere il Far East molto più in fretta, senza dover dipendere da nessuno e avendo il pieno controllo di quello che è la rota e il percorso. Quindi per i russi il futuro è abbastanza chiaro, loro cominceranno sempre di più con l’Oriente, useranno delle rote che sono fuori dal controllo del Medio Oriente, quindi non saranno neanche particolarmente interessati a quello che succede nel Medio Oriente, salvo tutelare eventuali alleati e a oggi nonostante le sanzioni la produzione di petrolio russo è esattamente la stessa, la vendita di petrolio russo è esattamente la stessa che c’era prima della guerra in Ucraina, quindi tanto ci da tanto, fra due anni sarà ancora così oppure sarà aumentata, l’unico motivo per cui non è aumentata è che hanno ridotto la produzione perché vogliono mantenere i prezzi alti così che possono finanziare lo sforzo bellico in Ucraina.

Ergo, vedremo quindi secondo me un progressivo disimpegno degli Stati Uniti da confronti diretti che prevedano l’uso di truppe americane sul campo, che è una novità rispetto al passato, vediamo un progressivo disimpegno ormai anche nei confronti dell’Ucraina, hanno ridotto drasticamente i finanziamenti e credo che stiamo arrivando un pochino al lumicino, quindi il testimone passa all’Europa a questo punto, sappiamo che la von der Leyen ha detto che vuole realizzare un esercito europeo e c’è un trattato anche con la Gran Bretagna che faceva parte dell’accordo Brexit in base al quale la Gran Bretagna comunque cede a Bruxelles la gestione del proprio esercito, quindi potrebbero pensare di avviare loro una campagna in Russia o da qualche altra parte, che mi sembra abbastanza assurdo, però questa sembra essere la dichiarazione alla volontà della Commissione Europea.

Quindi per l’Unione Europea direi che il problema è un problema epocale, perché si ritrovano a dover affrontare una carenza che ormai è sistemica di energia a basso costo, che sta azzoppando in modo significativo l’industria tedesca e questo poi si tradurrà in conseguenze di una cascata sui paesi che collaborano con la Germania all’interno dell’Europa. Non dimentichiamoci che da un punto di vista economico i risultati delle decisioni che vengono prese oggi si vedranno fra 12 e 24 mesi, non sono immediate, questo anche rende più difficile seguire gli eventi e cercare di trovare una conseguenza, quindi stabilire qual è stata la causa di una determinata evoluzione. Però se allarghiamo un attimino la visione, riusciamo a capire che se non fanno qualcosa di molto intelligente e molto urgente per l’Europa, la capacità di produrre industrialmente a livello competitivo diventa un problema e la capacità di importare dalla Cina a livello competitivo può diventare un problema, dipende innanzitutto da quello che i cinesi sono interessati a fare nel conto dell’Europa e dipende anche da quello che sarà il futuro del Mar Rosso.

Il problema del Mar Rosso oggi è che in buona sostanza non c’è uno stato specifico che ha deciso di chiudere l’accesso a Canale di Suez come era successo in passato con Israele, però siccome ci sono attacchi continui nei confronti delle navi, addirittura navi militari statunitensi sono stati attaccati, non per particolare successo perché sono bombe di piccole dimensioni, ma il fatto stesso che ci sono degli attacchi, ci sono dei tentativi di abbordaggio, qualcuno è stato dirottato ed è stato catturato quindi dai pirati, pone gli assicuratori europei nella condizione di non voler assicurare il carico, quindi tutti gli spedizionieri europei primari stanno evitando il Cana di Suez, quindi hanno istruito i propri capitani o di restare in porto e aspettare di capire cosa succederà, oppure di fare la circumnavigazione dell’Africa.

Con la circumnavigazione dell’Africa, se dovesse essere un progetto che va avanti su un lungo periodo, vuol dire che oggi le petroliere usate per portare il petrolio in Europa non sono più gestibili, hanno dei costi proibitivi, quindi dovremmo vedere la rinascita o riemergere delle cosiddette superpetroliere, che abbiamo visto ancora negli anni ’70.

Tutto questo richiede quindi una riorganizzazione complessiva dell’impianto in un momento tra l’altro storico dove la stessa Arabia Saudita vuole abbandonare progressivamente il petrolio come forma di primaria di guadagno, visto che comunque diventa sempre più costoso estrarlo, comunque non è il limitato quello disponibile all’Arabia Saudita e comunque considerando il fatto che alla fine costituisce anche un problema di rapporti con i vicini e quindi una potenziale instabilità per la casa regnante in Arabia Saudita.

Ora è chiaro che non possiamo liquidare in due parole la situazione del Medio Oriente perché è estremamente complicata e non voglio farlo, però possiamo tuttavia guardare in modo semplificato a quello che è l’assetto energetico complessivo e noi possiamo vedere che da una parte abbiamo la Cina che si rifornisce dalla Russia senza problemi, ha accesso ad altre fonte energetiche in giro per il mondo usando e non deve passare dal canale di Suez e neanche dallo stato di Hormuz che è vicino all’Iran e che regola invece il flusso di gas naturale liquido che arriverebbe da Qatar.

Quindi la Cina è indipendente, gli Stati Uniti sono indipendenti, hanno capacità produttiva interna notevole, possono compensare abbondantemente quello che manca di produzione interna acquisendo petrolio o altre risorse dal Canada oppure dal Messico. In più abbiamo visto riaprire il commercio con il Venezuela che ha una grande capacità di produzione e anche un’apertura di uffici di due grandi compagnie petrolifere in Guiana e Sud America dove ci sono dei gestimenti molto importanti che quindi potrebbero compensare anzi più che compensare quello che è la mancanza del petrolio arabo. Gli Stati Uniti in generale sono meno interessati, in particolare l’amministrazione Biden, a tenere buoni rapporti con i Sauditi e quindi a impegnarsi nel Medio Oriente, al di là di mandare qualche nave a proteggere i porti o le vie di navigazione principali, però senza possibilmente farsi coinvolgere in un combattimento vero e proprio.

Il fatto stesso che oggi ci siano 10 nazioni, appunto il G7 più la Norvegia, la Spagna che stanno mandando le loro risorse militari nautiche nell’area, lascia chiaramente indicare che questo sarà un problema che dovrà essere affrontato dall’Europa.

Il problema è che in Europa al momento non vedo una leadership che abbia una reale competenza in materia di energia, d’altro canto se no non ci potremmo spiegare il motivo per cui abbiano chiuso le centrali nucleari e stiano riaprendo le centrali a carbone, salvo che il progetto sia quello di far tornare tutti quanti sul calesse con i treni a vapore e con la stufa a legna.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Abbiamo letto in queste ore di Trump e quindi di questo ulteriore ostacolo, almeno così raccontato da noi, però dici tu se effettivamente è un ostacolo, cioè quello di non poter correre in un determinato Stato per i fatti noti che gli sono stati addebitati. Vincesse Trump, questa analisi che tu ci fai è indipendente da quello che sarà l’esito delle elezioni del Presidente?

[Roberto Mazzoni]

Sì, credo di sì, anche perché è un cambio strutturale, quindi per gli Stati Uniti onestamente è lo stesso Trump, lo dice, gli Stati Uniti oggi hanno problemi interni che sono molto più seri di quelli esterni, quindi tutto sommato la popolazione statunitense nella grande maggioranza non vuole più essere coinvolta in guerre estere, non ne vede l’utilità, non ne vede assolutamente il ritorno, visto che negli Stati Uniti ci sono veloci necessità di investimenti per infrastruttura, per riqualificazione personale, non se, ma visto che ci stiamo disaccoppiando dalla Cina, è necessario costruire nuove fabbriche, nuove persone che vanno a lavorare in fabbrica, quindi avere anche quelle competenze di lavoro tecnico che erano state in gran parte perdute.

Fortunatamente gli Stati Uniti dal punto di vista di popolazione e demografico hanno una generazione millennial che è piuttosto numerosa, quindi è in grado di fare questo passaggio e possono compensare quello che manca attingendo dal Messico. Il Messico ha un problema intrinseco di infrastrutture dove è difficile spostare merci complete dagli Stati Uniti, dal Messico e viceversa, però sappiamo che gli Stati Uniti stanno investendo insieme al governo messicano per migliorare questo tipo di situazione e nell’arco di una decina d’anni avranno l’infrastruttura necessaria per compensare una parte importante delle importazioni che vengono dal Far East con prodotti realizzati in Nord America, quindi energia proveniente da Canada, dagli Stati Uniti e dal Messico, che comunque anche il Messico ha una produzione importante di energia e potenzialmente da parte Nord del Sud America, forze a lavoro statunitense e messicana. Quindi questa è la direzione che io vedo per gli Stati Uniti, poi gli Stati Uniti possono naturalmente agire in modo più intelligente o meno intelligente nel gestire situazioni esterne, per esempio fare un’escalation nel confronto rispetto ai russi, però supponiamo che venga eletto Trump e supponiamo che sia in grado di funzionare in quanto Presidente, che è un’altra grossa domanda, supponiamo che ci sia un’elezione e che è un’altra grossa domanda, però supponiamo che Trump arrivi alla Casa Bianca e si insedia come Presidente, possiamo aspettarci una de-escalation di rapporti nei confronti dei russi.

Ma d’altra parte per i russi questo non cambia granché, perché innanzitutto il problema dell’America è un problema, ma c’è poi il problema anche dell’Unione Europea, l’Unione Europea ha partecipato in modo attivo alla guerra in Ucraina, continua a partecipare in modo attivo, continua con le sanzioni, di fatto da Bruxelles stanno facendo pressione su Washington, hanno fatto pressione su Washington affinché desse più soldi agli ucraini, cosa che poi Washington non ha fatto, gli è nati ma sono pochi e quindi noi lo sappiamo, Trump ha detto fin da subito, per lui la Nato è un impianto obsoleto, non ha più ragione di esistere e quindi credo che se lui avesse la possibilità di fare quello che voleva fare fin dall’inizio, uscirebbe dalla Nato, la Nato a quel punto collasserebbe.

Dal punto di vista dei russi però, questo non credo che sarebbe sufficiente, abbiamo visto ultimamente il 4 aprile la Finlandia entrare nella Nato, oggi ha, pochi giorni fa ha firmato un accordo con gli Stati Uniti per posizionare basi americane in Finlandia, credo che quelle basi comunque creeranno una modifica dell’assetto sostanziale anche militare russo, infatti Putin ha già detto che intende allargare le forze armate, oggi l’esercito russo è il più grande in Europa sicuramente e ne posizioneranno e il confine con la Finlandia è molto più grande rispetto al confine che aveva con l’Ucraina, quindi è ancora più problematico dal loro punto di vista la situazione, quindi vedremo un escalation di tensione che se venisse detto Trump potrebbe non essere ulteriormente acuita dalla politica statunitense, gli Stati Uniti potrebbero finalmente porsi in disparte, anche se un po’ per volta gradualmente, ma per Putin la cosa più importante è il rapporto con l’Europa che a questo punto direi che è compromesso, cioè anche qualora si riuscisse a raggiungere un nuovo accordo con l’Unione Europea, con quello che resterà dell’Unione Europea, non credo che Putin sarebbe disposto a fornire energia a basso costo, non credo che Putin sarebbe disposto a ripristinare ad esempio progetti come quelli del Nord Stream 1 e 2, e non credo che a quel punto sarebbe neanche interessato a modificare il suo assetto commerciale che oggi lo vedo proiettato soprattutto verso l’est.

Quindi il problema dell’Europa resta tale quale, se arriva Trump magari è un po’ meno peggio, ma non credo che Trump verrebbe a risolvere il problema europeo, potrebbe contribuire magari a dare degli indirizzi, ma abbiamo visto che in passato poi in particolare tutto quello che veniva da Trump veniva sostanzialmente disatteso e in Europa si fece esattamente l’opposto, di conseguenza per gli Stati Uniti sicuramente ci dovrà essere un cambiamento interno fondamentale perché gli Stati Uniti stanno arrivando a una situazione di instabilità sociale, però dal punto di vista economico i Stati Uniti funzionano ancora abbastanza bene, proprio perché hanno al di là di quelle che le ruberie e tutto quello che gira intorno con il complesso industriale militare, con una sistema finanziario che in ogni caso sta facendo pressioni notevoli sulla popolazione per prendere il più possibile, rimane comunque un territorio altamente produttivo con alte potenzialità di produttività, molto variegato.

Per cui appunto mettiamo a Trump non può essere eletto in particolare un Stato, chi se ne frega se non viene eletto in uno Stato, tanto non servono 50 Stati per essere eletti e semmai quello che agli americani oggi preme è evitare una spaccatura interna degli Stati Uniti che porti di fatto a una separazione tra gli Stati, che sembra essere un po’ la direzione in cui andremmo se non si pone rimedio all’assetto politico, sociale, giudiziario.

Quindi gli Stati Uniti l’hanno detto già nel 2012, a noi degli Stati dell’Europa non importa più assolutamente niente, ci siamo perché ci fa comodo, quindi per qualche motivo ci fa comodo, vuoi avere un elemento di dissuasione con fronte ai russi, vendere il nostro petrolio e il nostro gas naturale sovrapprezzo, perché a questo punto l’Unione Europea dovrà comprare petrolio e gas naturale dagli Stati Uniti a qualsiasi prezzo, perché non ha più fornitori alternativi realisti, nel momento in cui anche la Russia sparisse del tutto, cosa che penso che Putin abbia intenzione di fare e non avendo nessun progetto in questo momento europeo per rimpiazzare le fonti che vengono a mancare, non vedo molte alternative.

Quindi questa è una mia modesta opinione che vedo confermata anche da quello che vedo emergere anche sui medi alternativi con gli Stati Uniti. Quindi gli Stati Uniti la gente è stufa di occuparsi dell’estero, non vuole più sentirne parlare, vuole ha problemi interni, vuole risolvere problemi interni e vuole concentrare le risorse economiche, le risorse produttive, gli stessi militari, molta gente vuole che tornino a casa e vadano sul confine con il Messico per ridurre il traffico incontrollato di immigrati illegali, oltre che il traffico di droga e il traffico umano che chiaramente è esploso con l’arrivo della presidenza Biden. Quindi queste sono le priorità negli Stati Uniti e non credo che, a meno che arrivi Gavin Newsom come presidente, non credo che si riuscirà a evitare questi temi, dovranno essere affrontati, dovranno fare qualcosa. Per l’assetto generale, appunto, quello che vedo è che da una parte gli Stati Uniti sono così posizionati, i russi ormai hanno scelto la loro direzione, stanno collaborando con la Cina, lo stesso Giappone ha bisogno della Cina per poter funzionare, quindi deve equalizzarsi e coordinarsi, può importare petrolio facilmente dai russi attraverso la rotta artica che è molto vicina, quindi per il Giappone la soluzione può essere quella e potrebbe restare l’Australia, ma l’Australia è un mercato un po’ particolare e comunque dipende pesantemente dai cinesi.

In Medio Oriente ci sono riassetti di pesi e importanze, è chiaro che quello che sta facendo adesso Israele non sarà positivo per lo Stato israeliano in futuro e quindi verrà probabilmente sempre più marginato nel momento in cui per l’oggi gli Stati Uniti dicono noi siamo disposti a intervenire a distanza e lasciamo che voi facciate quello che volete, non vogliamo impedirvi o imporvi di fare determinate cose piuttosto che altre nei confronti del governo israeliano, però questo vuole anche dire che non c’è più un appoggio così importante.

D’altro canto l’abbiamo visto anche nei sondaggi all’interno degli Stati Uniti, la volontà di supporto nei confronti di Israele è precipitata. Quindi per gli Stati Uniti adesso è una questione di gestire il disaccoppiamento con la Cina, portare nei Stati Uniti più industrie europee possibili, potenzialmente dalla Germania che stanno già arrivando, vendere all’Europa quanto più gas naturale e petrolio sovrapprezzo, ridurre l’impatto russo sull’Europa, impedire che i russi possano continuare a vendere energia, ma non credo che i russi siano interessati a farlo e risanare quello che può essere la situazione interna, preparandosi semmai a un confronto con la Cina da vedere quale potrebbe essere, però insomma ormai ci dicono a tempo il vero focus, il vero obiettivo, la Cina, l’Oriente per una serie di motivi.

Quindi non sono più interessati a spendersi particolarmente nel Medio Oriente e in Europa e perciò queste due aree dovranno riassestarsi. In Medio Oriente abbiamo i sauditi, MBS, il Principe Reggente che dice che lui vuole sostituire l’Europa, che il Medio Oriente sarà la nuova Europa e che quindi praticamente vuole sviluppare le industrie interne rubando il più possibile l’Europa.

A questo punto ci vuole qualcuno di veramente sveglio in Europa o dei singoli paesi che si muova di conseguenza, altrimenti la vedo francamente difficile e non voglio spargere il terrore, non è questo l’obiettivo, però mi sembra che è abbastanza la parisiana, la soluzione possibile. Abbiamo visto che l’Ungheria si sta muovendo molto bene, ha mantenuto rapporti con la Russia, un rapporto neutrale, hanno accesso all’energia a basso costo, diverse industrie stanno spostando dalla Germania in Ungheria che è più vicino che non andare naturalmente negli Stati Uniti.

Diverse industrie cinesi hanno deciso di andare in Ungheria perché diventa interessante essere presente sul posto e poi servire direttamente il mercato europeo. La Bulgaria ha l’esenzione dal prezzo che ha il Mirato e può comprare il petrolio a quello che vuole e quindi rivendono praticamente sotto banco al resto dell’Europa mescolandolo col petrolio che viene da altre parti. Sicuramente queste due nazioni europee avranno delle prospettive interessanti per il futuro, l’Europa e Sud-Atlantica, l’Ungheria in particolare. Per il resto è tutto da vedere.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Volevo tornare un attimo sul tema del Mar Rosso, è uscito un articolo di Pierluigi Fagan proprio sull’area premium di Moni.it che raccontava anche un po’ quello che accennavi prima, c’è questo stretto di Bab al Mandab, è uno stretto già che ha un nome impausto, porta della Mille Tre, che collega il golfo di Aden e prima l’Oceano Indiano e il Mar Arabico col Mar Rosso. Ci passano tra il 12 e il 14% nei commerci mondiali, quasi tutti quelli euroasiatici, tant’è che nel paese affacciato sullo stretto, Djibouti, hanno basi navali e militari stati uniti, Italia, Francia, Arabia Saudita e anche il Giappone e la Cina, queste ultime due uniche basi ex-territoriali per i due asiatici.

I russi se ne stanno costruendo una poco più a nord sulla costa sudanese. Giusto di fronte c’è lo Yemen e nello Yemen del nord ci sono questi UTI, Shiiti, i quali pare stiano da un po’ di tempo lanciando razzi e droni armati contro alcune navi mercantili di passaggio. Siccome abbiamo parlato spesso del rischio anche di approvvigionamenti, oltre che i costi che aumentano chiaramente, ma per il momento non ci sono stati in questi anni grandi problemi se non di costi. E’ vero che effettivamente qualche materia prima è mancata, però non ha mandato in tilt il sistema produttivo. Pensi che questa vicenda sommata alle altre, quindi la crisi ucraina, la crisi a Gaza, a un certo punto si potrebbe bloccare tutto?

[Roberto Mazzoni]

Ma dicono che è la somma che fa il totale. In questo caso per il momento potrebbe essere una crisi temporanea, vuole dire che nessuno dei giocatori importanti dell’area, a partire dall’Iran, sono interessati a un’escalation oltre a un certo livello.

C’è da dire che gli Huti non sono particolarmente sotto controllo di nessuno, quindi loro hanno già fatto una dichiarazione in cui hanno detto che l’Alleanza Marittima, forze militari del G7, degli Stati Uniti e degli altri, insomma le dieci nazioni che presidieranno quell’area, troveranno in quell’area il loro cimitero. Quindi hanno già fatto capire che hanno interesse a creare incidenti militari.

D’altra parte tuttavia abbiamo una situazione che forse è più importante, perché poi alla fine quello che conta è la percezione sui mercati. Oggi nessun assicuratore europeo è disposto ad assicurare una nave che passi attraverso il canale Suez. Attraverso il canale, se non sbaglio, passa il 30% di traffico di container del mondo, passano 80 milioni di tonnellate di cereali e 9 milioni di barili di petrolio al giorno e 4, scusate, qui c’è anche un big fit, una grande quantità di gas liquido. Quindi è una via che nel momento in cui venisse chiusa creerebbe dei problemi di approvvigionamento importanti, che fino adesso non abbiamo visto.

Poi magari si troverà la soluzione delle superpetroliere che fanno il giro e portano il petrolio così come è successo quando c’è stata la crisi degli anni ’70. Però il problema qui è questo, che oggi per esempio i russi stanno vendendo il loro petrolio attraverso una flotta fantasma, quindi una flotta di navi che non sono assicurate dagli assicuratori occidentali che fino a poco tempo fa, fino a prima della guerra in Ucraina avevano sostanziale monopolio del traffico marittimo, bensì vengono assicurate attraverso assicuratori che sono indiani, piuttosto che russi, piuttosto che cinesi.

Quindi si sta creando un intero mercato di assicuratori che gestiscono il commercio, il commercio comunque tende a proseguire in ogni modo, cerca di trovare delle vie diverse. Ma questo di fatto impoverisce tutti i vari assicuratori e soprattutto le compagnie spedizioniere europee che fino adesso sono state abbastanza centrali su quelli che erano i circuiti commerciali del mondo.

Oggi ci dicono che gli armatori non sono disposti a far passare le proprie navi nei canali Suez e poi dopo nel Mar Rosso almeno che siano accompagnati da una nave militare, quindi da una scorta militare, un po’ come ai tempi della seconda guerra mondiale quando i convogli commerciali dovevano essere accompagnati dalle navi militari per evitare i sommergibili tedeschi. Queste situazioni poi tendono a permanere, per gli Huti è relativamente economico creare un incidente, lanciare un paio di razzi che magari non fanno danni perché non sono in grado di danneggiare una, cioè far affondare una nave, però possono per esempio provocare una perdita o creare un incidente tale per cui la nave si trova ferma all’interno del Mar Rosso.

In una situazione di quel genere se la nave non è assicurata il problema è grave perché non ci sono, rispetto all’armatore che fa si carico tutti i costi di recupero, di traino, di tutto quello che ne consegue, quindi gli armatori non se la sentono di farlo a meno che non ci sia una scorta armata, perciò è la scorta armata e non mi immagino gli Stati Uniti che mandino i propri incrociatori a fare la scorta armata, che ne so alle petroliere norvegesi piuttosto che a quelle che devono poi arrivare in Olanda, che poi riforniscono di fatto l’Europa. Quindi deve essere fornita agli europei e questo vuol dire che buona parte della spesa pubblica che finora non è stata spesa per spese militari dovrà andare verso il budget militare, quindi un po’ quello che Trump diceva di fare, quindi un aumento drastico degli investimenti di tipo militare per cercare di mantenere aperte queste rotte, il cui mantenimento non interessa a nessun altro che non gli europei, perché i cinesi non ne hanno bisogno, possono comunicare con i russi attraverso o i condotti che stanno costruendo, oppure attraverso la rota artica e in ogni caso hanno bisogno del canali Suez solo per esportare prodotti in Europa che tuttavia possono mandare attraverso la circumnavigazione dell’Africa facendo ripagare di più e nel momento in cui gli europei non hanno alternative gli devono pagare le prezze che arrivano.

Perciò il problema è che l’escalation potenziale è sempre possibile, ma conoscendo quelli che sono gli interessi piuttosto intrecciati e complicati dei vari attori dell’area, le rivalità reciproche, il fatto che comunque nessuno vuole esporsi troppo per il rischio di essere di fatto conquistato dai vicini. Quello che succederà è che questa situazione, questo conflitto probabilmente durerà a lungo, relativamente a lungo, gli utils sono in Yemen da un sacco di tempo e c’è una guerra civile che sta andando avanti da un sacco di tempo, si allargerà al canale di Suez e se questo incidente quindi non diventa semplicemente occasionale, ma a quanto pare non lo sarà perché Israele ha deciso che andrà avanti con la sua strategia, gli Stati Uniti non hanno intenzione di fermarli.

Questi in ogni caso sono interessati a fare casino perché pensano di ricavare dei benefici e probabilmente li ricavano, diventa una rotta che non è più praticabile e diventa un impoverimento importante per quello che è tutto il sistema marittimo, il commercio marittimo europeo che ha bisogno del canale di Suez, è fondamentale, che invece non è assolutamente importante per tutti gli altri perché gli Stati Uniti possono importare la Cina tramite il Pacifico, anzi importano la Cina tramite il Pacifico, non hanno bisogno di passare di lì, i russi appunto hanno la rotta artica, gli africani sono direttamente collegati attraverso l’oceano indiano, gli indiani sono lì a due passi, quindi gli unici che hanno bisogno del canale di Suez sono gli arabi per far passare il petrolio soprattutto verso l’Europa, perché verso l’Asia passano attraverso lo stato di Hormuz che è controllato dagli iraniani e che quindi è un pochino più sicuro, un pochino spostato rispetto all’area dove adesso ci sono i conflitti, invece il canale di Suez è effettivamente un grosso problema, anche perché nella crisi del 70 la chiusura dipendeva da uno stato, Israele, che poteva essere messa sotto pressione e che aveva degli interessi, in quel caso particolare era quello di dissuadere l’Egitto dal continuare la guerra contro Israele e quindi imporre all’Egitto un trattato di pace, un regime di pace a fronte della perdita dei guadagni che l’Egitto ricava dal passaggio di navi attraverso il canale di Suez.

Ma nel momento in cui non è uno stato, ma sono semplicemente dei ribelli che non sono sotto controllo di nessuno, la situazione anche se di per sé militarmente non è grave e non ci aspettiamo che ci sia, almeno nella fase attuale, un’escalation pericolosa, diventa problematica a livello commerciale, quindi mancano delle rute sicure su cui la gente possa programmare il traffico di merci e di conseguenza dovrà re-indirizzare le merci attraverso altri percorsi.

E questo pone costi e problemi di disponibilità soprattutto perché aggiungendo un mese nel percorso si sente.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Nel tuo video hai parlato chiaramente anche di Bitcoin, hai lanciato anche l’iniziativa dei legionari di Bitcoin e ho visto che te l’avevi dibattuto anche nei commenti, tu hai avuto un posto a cercando anche di fare chiarezza su alcuni luoghi comuni o comunque su alcuni dubbi, ad esempio noi ne prendiamo uno qui dalla chat, dice “lei consiglia il Bitcoin e pare che sia basato su chiavi criptografiche della NSA e che avrebbe delle backdoor che potrebbero hackerarlo irrimediabilmente, cosa può dire in merito?”

[Roberto Mazzoni]

Allora, il sistema criptografico della chiave pubblica e chiave privata viene dalla NSA perché tutto quello che era l’attività di criptografia fino ad ancora adesso, sostanzialmente negli Stati Uniti è gestito dalla NSA, ma quello è semplicemente un piccolo componente e quindi non c’è nessuna backdoor anche perché l’intero software di Bitcoin è open source, chiunque lo può vedere, lo può esaminare, può verificare se c’è una backdoor e fino a adesso non l’ha trovata nessuno.

Quindi è una favola raccontata credo da Snowden che forse sono altre cose meglio da fare, forse per giustificare il suo passato nella NSA, però è una delle cose che si, è uno dei miti metropolitani. Guardate, il discorso è molto semplice, il dollaro sta morendo e insieme al dollaro devono morire tutte le altre valute e le altre moriranno prima, però se c’è una cosa che gli americani sanno fare bene è la finanza perché l’hanno dimostrato nel bene o nel male e quindi hanno capito che oggi con la situazione attuale dove ci si sposta sempre di più verso le risorse, dove probabilmente il denaro verrà sostituito da cedole, buoni pasto che potrete usare dove vi dicono e quando vi dicono per comprare quello che dicono.

In questa transizione quelli che comunque hanno soldi, soldi veri, hanno bisogno di tutelarli e per farlo hanno bisogno di una riserva di valore, quindi qualcosa in cui investire proprio denaro che non si svaluti rapidamente.

Fino adesso sono stati usati i titoli di tutela americani che hanno costituito un po’ il punto di riferimento mondiale, molti stati ancora lo fanno e quindi c’era quella soluzione ed era facile acquistarli, c’era un mercato internazionale, c’era una discreta, una ampia disponibilità visto che il governo statunitense continua a indebitarsi, quindi continua a mettere buoni nel tesoro. Però l’andamento dei buoni nel tesoro degli ultimi due anni è tale per cui chi ha comprato il buono nel tesoro due anni fa se oggi dovesse rivendere ha perso il 40% del valore, il 30% del valore, quindi non è un grande investimento.

Se io sono la Cina o io sono la Russia o se io sono l’Arabia Saudita e devo estrarre il petrolio per vendere oggi in cambio di titoli che poi se dovesse rivendere mi valgono il 30% di meno lo lascio sotto terra, non mi conviene esportarlo. Mi conviene esportarlo in cambio di qualcosa che abbia valore reale e può essere l’oro, però l’oro ha dei problemi, l’oro nel momento in cui c’è una grande quantità di commercio che debba essere regolata tramite l’oro che è quello che stanno facendo adesso all’interno di Bricks, bisogna mandare questi lingottoni giganteschi avanti e indietro che poi devono essere rifusi per controllare che siano autentici.

Questo se già dimostrato non funzionale 100 anni fa, è difficile che diventi funzionale oggi, può essere una soluzione temporanea per tamponare, però vediamo per esempio i prodotti cinesi che hanno già pensato oltre, quindi i cinesi cosa fanno?

Comprano infrastrutture, costruiscono infrastrutture nel porto del Pireo piuttosto che comprano la fornitura di rame per i prossimi 25 anni, comprano un’infrastruttura di raffinazione in Medio Oriente che poi useranno per raffinare il petrolio che andrà in Cina etc. Quindi investono in infrastrutture usando i dollari che ricevono dagli Stati Uniti o dal mercato per comprare i prodotti cinesi senza tenere più, ottenendo sempre meno titoli del Tesoro Americano.

Wall Street, che fino adesso ha viaggiato sostanzialmente su sistemi finanziari che si basavano sui titoli del Tesoro Americano, si è resa conto di questo fatto e quando guarda quali sono gli asset, quali sono i beni che sono apprezzati di più, hanno guadagnato più valore negli ultimi 10 anni e il più grosso è sicuramente Bitcoin.

Bitcoin ha il vantaggio di essere facilmente trasferibile, è possibile trasferire una cifra qualsiasi in qualsiasi parte del mondo in 10 minuti e questo trasferimento non è confutabile, c’è una volta che il trasferito è finito e andate come aver spedito un lingottone d’oro o un’intera nave piena di lingotti d’oro da un’altra parte che viene ricevuta però 10 minuti dopo. Quindi stanno, quello che citavo nel mio ultimo video è un rapporto pubblicato da Fidelity, Fidelity è uno dei più grandi gestori di fondi di investimento americano, quindi è un’azienda che ha una quantità enorme di soldi in gestione e hanno fatto un rapporto dedicato ai loro stessi clienti per spiegare tutti quelli che sono i miti metropolitani su Bitcoin e spiegare perché Bitcoin non ha quei problemi, magari ne ha degli altri, della serie ci può essere il rischio che un domani si scopra qualcosa che già non conosciamo, c’è sempre qualcosa di inconoscibile che potrebbe verificarsi, oppure ci potrebbe essere il rischio che si verifichi un problema interno del software che provochi, come è successo in passato, stavamo parlando nel 2013 poi non si è più verificato un’interruzione della rete per qualche ora, ma poi non si è più verificato, quindi sono delle cose che naturalmente loro devono segnalare ai loro clienti, perché i loro clienti investono milioni di dollari in quella direzione, devono saperlo, ma lo fanno perché vogliono assolutamente aggiungere Bitcoin al portafoglio, questo vuol dire che Bitcoin sostituirà il dollaro?

No, il dollaro andrà avanti ancora per un bel po’, ancora abbastanza, fino a che non sarà il momento di sostituire con qualcos’altro, ma io tra l’altro di nuovo non do consigli di investimento, quindi fate quello che volete, io quello che faccio però è cerco di spiegare dove si stanno muovendo quelli che hanno soldi veri e che non ascoltano appunto le leggende, perché devono investire trilioni di dollari e stiamo vedendo appunto che probabilmente all’inizio dell’anno prossimo verranno approvati una serie di fondi, questa è la stima, dovrebbe essere nella prima metà di gennaio, diversi fondi di investimento che daranno accesso alle multinazionalità internazionali e internazionali di investire su Bitcoin senza dover avere una persona specifica che abbia in mano Bitcoin, ma altra volta comprano le quote all’interno del fondo, così come oggi ci sono i fondi per l’oro, ci sono i fondi di altro tipo.

Quindi per questo che ho creato la Legione di Bitcoin perché secondo me a questo punto è fondamentale e direi soprattutto in Europa capire i meccanismi finanziari, come si stanno evolvendo. Il dollaro in questo momento è una specie di palla demolitrice che sta demolendo tutto quello che trova sul suo percorso e naturalmente chi la usa e chi la sta manovrando lo fa perché vuole avere dei vantaggi, siamo in una guerra energetica, una guerra valutaria, una guerra economica, abbiamo anche la guerra cinetica in Israele e in Ucraina e quindi ci vuole un approccio un pochino più militare se vogliamo, per questo il nome di Legione che non ha velleità militare naturalmente, però dà l’idea di voler fornire quelle informazioni che sono sia su Bitcoin, ma anche sul sistema del dollaro, sul sistema finanziario globale, sul sistema monetario, su quelle che sono le evoluzioni previste da persone che fanno questo di mestiere tutti i giorni per i prossimi anni in modo che uno possa rendersi conto di dove si sta andando e prenda le misure di conseguenza.

Allora se noi guardiamo le statistiche fornite dagli stati, dai vari governi siamo rovinati perché sono tutte statistiche pilotate, il modo più semplice per capire se una nazione sta salendo oppure sta scendendo è guardare il consumo di petrolio, perché se la nazione consuma meno petrolio vuol dire che sta producendo di meno, non importa quello che c’è scritto nelle cifre del prodotto interno lordo e del resto, perché basta stampare il nuovo denaro che va in circolo e quello genera pile, genera prodotto interno lordo che è un prodotto interno lordo gonfiato, nel senso che sì, c’è più giro d’affari perché le cose costano più, ma non è che perché se ne producono di più, se ne producono in modo più efficiente.

Quello che invece bisogna guardare è il consumo, il consumo di petrolio, noi stiamo guardando che a lato pratico, nonostante Arabia Saudita, Russia, continuano a tagliare la produzione giornaliera di barili, il prezzo del petrolio non sale, c’è fatica a sbagliare, adesso è salito per l’incidente nel Mar Rosso, però tende a mantenersi abbastanza stabile perché i consumi continuano a calare, naturalmente una parte di questo calo importante viene dalla Cina che sta facendo una frenata progressiva sempre più significativa, ma viene anche dall’Europa e viene anche in parte dagli Stati Uniti, ma direi soprattutto dall’Europa, quindi in queste situazioni qui il problema diventa cercare di conservare le proprie risorse finanziarie per il futuro, soprattutto in previsione dell’arrivo dell’euro digitale.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Un flash, c’è una domanda di Sonia, quando avverrà secondo lei la morte del dollaro? Su questo possiamo chiudere poi.

[Roberto Mazzoni]

Non sono in grado di dirlo, stiamo parlando di diversi anni, forse 10, perché tra l’altro non è dipendente da nessuno in particolare, ossia non c’è un’entità che possa determinare, tutti stanno spingendo in quella direzione, compreso Washington, mi sembra abbastanza evidente, però al tempo stesso ci sono molte forze che reagiscono, quindi quello che stiamo vedendo è che il dollaro viene mantenuto vivo perché c’è una costante calo di liquidità a livello globale, quindi finché la liquidità cala il valore del dollaro continua a salire perché c’è sempre meno soldi in circolazione, paradossalmente i prezzi salgono perché cala anche la merce disponibile, cala la disponibilità di energia, ma fino a che non si prosciuga la riserva, ci dicono che ci sono 65 trilioni di dollari di debiti in giro per il mondo che devono essere ripagati, quindi quelli vanno riassorbiti, ci sono riserve che sono parecchie piuttosto robuste in titolo di tesoro americani, di Cina, Giappone e Arabia Saudita che devono essere liquidate e più ci sono i dollari in circolazione, nel circuito ufficiale che sono prechi, quindi prima che possa morire ci vorranno un po’ di tempo e prima che il dollaro muoia ve ne accorgerete perché morirà l’euro, moriranno altre valute, quindi non sarà una sorpresa.

[Fabio Frabetti – Money.it]

Caro Roberto, allora invitando come sempre a visitare mazzoninews.com, tanti auguri di Natale e buon anno e ci vediamo a gennaio.

[Roberto Mazzoni]

Perfetto, auguri anche a voi.

Il collasso della Germania e il nuovo ruolo per l’Italia

Bene, allora abbiamo visto che, bene, questo video ci ha dato una prospettiva di quello che sarà l’evoluzione economica ed energetica nel breve periodo e anche della situazione geopolitica, in particolare per quello che riguarda il Medio Oriente. John Mearsheimer, uno degli osservatori politici più famosi negli Stati Uniti, critico della posizione statunitense nei confronti dell’Ucraina e dell’insistenza da parte degli Stati Uniti di voler inserire l’Ucraina nella NATO, e grande conoscitore della realtà cinese, visto che lui ha speso molto tempo in Cina. Una realtà che conosce molto bene e che è vicina al suo punto di vista realista.

Mearsheimer è un docente universitario statunitense specializzato in politica estera e soprattutto specializzato in quello che è l’approccio realista, vale a dire il concetto che ogni Stato, indipendentemente dal suo tipo di governo, democratico, piuttosto che autoritario e comunista, segue fondamentalmente delle regole fondamentali che consistono nel garantire la sopravvivenza dello Stato medesimo e quindi ogni Stato cerca di tirare l’acqua al proprio mulino e una gestione realista della politica tiene conto di questo fatto.

Quindi non può esistere una superpotenza che domini l’intero mondo, così come gli Stati Uniti hanno cercato di fare dal ’91 fino ad oggi e che non potranno più fare, ma devono esistere diversi centri di potere, ciascuno con interessi più o meno contrastanti o allineati a seconda dei casi, che possono anche cambiare nel tempo e quindi delle alleanze che si devono formare per in qualche modo garantire un minimo di stabilità.

Mearsheimer ci dice anche che sostanzialmente il sistema globale mondiale è in uno stato di anarchia, visto che non c’è nessuna autorità che ha la capacità di disciplinare i singoli Stati, non ha funzionato, le Nazioni Unite non hanno funzionato, gli accordi internazionali non funzionano, rimane sempre il concetto che le Nazioni cooperano fin tanto che hanno interesse a cooperare, ma che questo interesse che può essere di tipo economico non supera mai l’interesse di sopravvivenza della singola Nazione, quindi la Nazione è disposta a commettere anche atti che sono contrari al proprio benessere, il benessere economico, se percepisce, il governo di quella Nazione percepisce che questo tipo di atti siano necessari per garantire la sopravvivenza e da questo punto di vista, quindi, il confronto tra Stati Uniti e Cina, secondo Mearsheimer, è inevitabile.

Non sarà necessariamente un confronto di tipo militare diretto e nessuno si auspica che lo sia naturalmente, però ci dà la necessità di avere per queste due grande potenze un terreno su cui scontrarsi, secondo Mearsheimer, questo terreno è il Medio Oriente, perché è critico per la Cina nei confronti delle esportazioni verso l’Europa e comunque nell’approvvigionarsi di petrolio e di altre materie prime che vengono dal Medio Oriente, perché la Russia può compensare in parte quello che viene dal Medio Oriente, ma non a sufficienza.

Quindi serve comunque petrolio che viene dall’Iran piuttosto che dall’Arabia Saudita ed è critico in generale per l’Europa che ha una partnership piuttosto stretta di collaborazione con la Cina. In quest’ottica quindi Mearsheimer ci dice che il Medio Oriente diventerà il nuovo, lo è già stato in passato, ma diventerà un nuovo terreno di confronto tra Cinesi e Stati Uniti con gruppi che si allineeranno sulle due posizioni e con nazioni che invece semplicemente verranno messe da parte, perché non saranno in grado di tenere il passo.

Per quello che riguarda quali nazioni saranno messe da parte, cito un altro osservatore americano che mi ha aiutato a completare un po’ la visione di quello che sarà il futuro immediato o a breve scadenza diciamo nei prossimi anni, che si chiama Peter Zeihan. È un po’ particolare perché è molto sicuro di sé, molto convinto del fatto che le proprie analisi siano sempre corrette, che non necessariamente è vero, ma ha il vantaggio da un altro punto di vista di essere molto vicino al mondo del Deep State americano o dei neocon o comunque di quella fazione politica permanente che è trasversale ai due partiti che si trovano negli Stati Uniti e che in sostanza continua a governare a dispetto da quale sia il presidente eletto.

E quello che dice Zeihan, in realtà, non è molto lontano anche da quelle che sono un po’ le aspettative di Trump durante la sua presidenza e che potrebbero essere di nuovo le previsioni di Trump una volta che fosse arrivasse di nuovo alla Casa Bianca. Ossia Zeihan ci dice una cosa molto semplice e direi estremamente importante.

Dice che la Germania ha un grandissimo problema demografico, vale a dire i tedeschi hanno fatto pochi figli, quindi l’attuale generazione di lavoratori che ha portato avanti l’impianto industriale tedesco, che è uno dei più importanti al mondo, sta per andare in pensione e non verrà sostituita da un numero sufficiente di nuovi tedeschi.

Anche gli immigrati che sono arrivati in Germania non sono sufficienti a colmare questo divario importante e se a questo aggiungiamo le politiche disastrose fatte dai tedeschi in termini energetici, che di nuovo non sono state imposte da nessuno, nel senso che le hanno scelte i tedeschi medesimi per ragioni interne che ora non andremo a esaminare e la scelta della Germania sostanzialmente linearsi con la Cina creano una serie di condizioni tali per cui la Germania è destinata a precipitare in termini economici e secondo Zeihan la Germania entro cinque anni non sarà più in grado di sostenere l’Eurozona. Il che è anche, se vogliamo, un obiettivo in diretto degli Stati Uniti che hanno sempre voluto togliere di mezzo l’Euro e che naturalmente non tolleravano avere un concorrente che potesse essere alternativo al dollaro, questo lo si capisce abbastanza bene.

In ogni caso l’Eurozona non ha funzionato un gran che bene onestamente e mi sembra che alla fine la gran parte degli stati che partecipano all’Eurozona non hanno ricavato grandi benefici, da una parte la Germania crede di dover pagare i debiti anche degli altri e quindi che l’Eurozona sia un peso per gli altri, per molti degli altri far parte dell’Eurozona è di fatto un vincolo alla propria libertà, insomma non è una situazione gradevole, è comunque sbilanciata dal punto di vista finanziario perché laddove l’emissione della valuta è centralizzata le politiche fiscali dei singoli stati non lo sono e questo non è una ricetta di successo. Quindi, secondo Zeihan, l’Eurozona e il sistema, probabilmente anche l’economia europea, scusate l’Unione Europea entro cinque anni si scioglierà da sola, oppure se non si scioglierà immediatamente resterà viva come elemento puramente burocratico perché la burocrazia ci vuole un po’ prima che si sgonfi, di fatto non avrà più nessun potere o nessuna influenza. Secondo Zeihan, la Germania stessa in quanto nazione è a rischio e fra dieci anni potrebbe non esistere più, quindi non avere più la forza e la coesione necessarie per mantenere insieme la popolazione tedesca in una singola entità nazionale e quindi disperdersi e distruggersi.

A questo si aggiunge una difficile situazione dei tedeschi oggi con i rapporti con la Russia che sono degradati, vediamo che la Germania sta incominciando a riarmarsi, cosa che si era detto non avrebbe mai dovuto più succedere dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo visto i tedeschi mandare 5.000 uomini in Lituania se non sbaglio, quindi soldati tedeschi come presenza permanente in Lituania.

Quindi diciamo la Germania rappresenta anche un problema potenzialmente di sicurezza all’interno dell’Europa, però data la problematicità demografica non costituisce un rischio significativo, sarà semplicemente una spina nel fianco per i russi che dovranno preoccuparsi anche della Germania in aggiunta all’Ucraina e naturalmente della Finlandia che ora è entrata a far parte della NATO, accoglierà basi americane e che presenta un confine molto più lungo rispetto all’Ucraina, molto più vicino a Mosca e quindi ancora più pericoloso.

Perciò vediamo una situazione nel nord Europa complessa e intricata che non favorirà uno sviluppo economico e secondo Zian a questo punto la leadership del continente europeo passerà alla Francia, la Francia che ha una combinazione demografica abbastanza giovane anche se include parecchi immigrati con tutti i problemi del caso, però i francesi sono abituati appunto a gestire la rivoluzione in generale, hanno comunque abbastanza energia interna per poter far sì che sia male, almeno le cose, probabilmente dovranno cambiare governo, però hanno la possibilità di emergere come un nucleo, una potenza importante in Europa e anche grazie al fatto che sono comunque indipendenti o quasi indipendenti dal punto di vista energetico e che hanno un’economia che è abbastanza indipendente dal resto dell’Europa o della Cina.

Di nuovo, probabilmente sarà necessario un cambio di governo, però i francesi hanno una potenzialità e i francesi hanno sempre avuto con gli Stati Uniti un rapporto di amore odio, quindi non è stato mai una relazione facile, di conseguenza gli americani non si fidano completamente della Francia e vogliono avere qualcuno che possa tenere a bada i francesi ad una certa misura e dare accesso all’America, agli Stati Uniti, al Mediterraneo che diventerà di nuovo un centro importante di influenza geopolitica all’interno del confronto con i cinesi, infatti l’idea è di evitare un confronto diretto su Taiwan e spostarlo in Medio Oriente e questo sembra che sia più o meno l’idea anche dei cinesi, da quello che dice Mearsheimer.

Quindi la presenza del Mediterraneo diventa essenziale e la presenza francese non basta, visto che i francesi avranno i loro obiettivi di grandezza, avranno delle politiche interne francesi che non necessariamente saranno allineate con quelle americane, di conseguenza gli americani secondo Xi’an continueranno ad avere come partner preferenziale l’Italia, l’Italia che a questo punto dovrebbe essere agganciata direttamente al treno americano, quindi non essere più collegata alla Germania, chiunque abbia attività che prevedono interazione industriale con la Germania probabilmente farebbe bene a riprogrammare la propria attività perché la Germania è decisamente in fase di discesa precipitosa, secondo quello che dice Zeihan. Inoltre sarebbe un bene per gli italiani che hanno rapporti di collaborazione estesa con i cinesi di cercare di rivederli e trovare delle alternative, magari con gli Stati Uniti oppure con l’Africa che sicuramente avrà una importanza crescente in quello che è il futuro prossimo evolutivo geopolitico ed economico.

Quindi in questo scenario avremo la Gran Bretagna che necessariamente si allineerà con gli Stati Uniti e continuerà ad essere un alleato, Portogallo e Olanda che si allineeranno con la Gran Bretagna in antagonismo alla Francia, la Francia che cercherà comunque di avere una crescita di importanza sul livello continentale, la Germania destinata ad eclissarsi, l’Eurozona destinata a smontarsi probabilmente e anche l’Unione Europea probabilmente a smontarsi insieme all’Eurozona.

Quanto ai tempi, Zeihan ci dice 10 anni, potrebbero essere di più, potrebbero essere di meno, però a questo punto abbiamo un percorso interessante per il futuro e in particolare per gli Stati Uniti e per l’Italia.

Gli Stati Uniti hanno un’economia ancora molto robusta, grazie anche al fatto che abbiamo moltissimi immigrati, quindi non c’è un problema demografico e in ogni caso gli americani hanno continuato a fare figli, quindi abbiamo una grande generazione millennial che sostituisce numericamente, può sostituire l’altra generazione che sta andando in pensione. In più con l’arrivo di immigrati soprattutto dall’America Latina c’è una forza lavoro fresca e anche la capacità di produrre nuove generazioni che si ravviva, cioè si amplia.

È stato notato, dice sempre Mearsheimer, che gli immigrati che vengono dall’America Latina e che vengono dal Far East e che arrivano negli Stati Uniti si integrano molto più rapidamente degli immigrati che arrivano dall’Europa, quindi è un ciclo di rinnovo che faciliterà il mantenimento da parte degli Stati Uniti di una capacità produttiva e di una base di popolazione importante.

Mentre invece parallelamente sappiamo già che la Russia è destinata a diminuire in termini demografici in modo significativo nei prossimi dieci anni, quindi i russi devono giocarsi la partita adesso perché se non lo fanno adesso quello che vogliono fare non avranno più la possibilità di farlo fra dieci anni e i cinesi pure sono in una traiettoria di diminuzione demografica drastica dovuta a quello che è stata la politica del singolo figlio per tanto tempo, che quindi lascia una generazione di anziani che stanno in pensione che non ha una quantità di giovani cinesi sufficiente per rimpiazzarle, quindi un ridimensionamento drastico della popolazione, del consumo interno potenzialmente e naturalmente della produttività a livello internazionale, già vediamo l’economia cinese essere in discesa controllata.

Quindi in questo scenario si apre un 2024 molto interessante e si apre una trasformazione profonda, quindi chi voleva che l’Italia uscisse dall’euro magari verrà contentato e chi voleva che l’Italia uscisse dalla comunità europea probabilmente sarà contentato anche perché semplicemente si smonterà da sola.

Quale sarà il nuovo riferimento per l’Italia? Non saprei, però potenzialmente potrebbe essere il dollaro, guardando quello che è successo, sta succedendo in Argentina, in Argentina abbiamo visto la nomina di un Presidente recentemente, Javier Milei, che ha dichiarato di voler chiudere la Banca Centrale d’Argentina, un progetto che per il momento ha messo in attesa adottando e seguendo quelle che erano i dettami del Fondo Monetario Internazionale che ha fatto prestiti importanti all’Argentina in passato. Però questo ha permesso Milei di tagliare il cordone ombelicale con la Cina che se l’ha fatta avanti per fare prestiti importanti all’Argentina, per portarla nella propria sfera di interesse e di controllo, sganciandosi con la Cina dovranno pagare un po’ il prezzo nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, però tecnicamente questo dovrebbe dare la possibilità all’Argentina di passare dal peso al dollaro direttamente.

Queste perlomeno sarebbero le intenzioni dichiarate da Millei, non sappiamo se si riuscirà però ci dà una traiettoria, una direzione e in più una volta adottato il dollaro poi sarebbe facile aggiungere al dollaro come è successo nel caso di Salvador non avendo più una banca centrale interna bitcoin. Naturalmente il 2024 sarà un anno molto importante per bitcoin e ci saranno novità incredibili quindi saremo tutti presenti nella legione per tutti quelli che ne fanno parte per seguirle, per trarne il massimo beneficio. Vi ringrazio d’attenzione e vi auguro di nuovo a buon Natale e Buon Anno Nuovo.

Roberto Mazzoni

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