Pandora: Il collasso del dollaro

Amici del Vaso di Pandora, benvenuti, ben ritrovati. Il fatidico mercoledì 2 aprile è arrivato, tutto è pronto: partono i dazi di Trump, che saranno immediatamente operativi. L’Europa e l’Italia ne saranno pesantemente colpite, soprattutto l’Italia nei settori dell’auto, dell’alimentare, del farmaceutico e della meccanica. Ma i dazi colpiranno tutti, a partire dalla Russia e dalla Cina. Cosa succederà adesso per l’America e per il resto del mondo? Si tratta del vero piano di Trump o è un’altra arma che vuole giocarsi contro tutti, magari segreta? Un Trump che, tra l’altro, sappiamo e vediamo, non riesce a trovare un accordo con Putin sul conflitto ucraino, cosa che chiaramente gli sta creando non pochi problemi. Ne parliamo oggi, lo vediamo qui di fianco già con Roberto Mazzoni, che ci collegherà dalla Florida.

Buongiorno a tutti, vi parlo dal Golfo dell’America. Dal Golfo dell’America. Non si chiama più Golfo del Messico, ufficialmente è il Golfo dell’America e oggi è il Liberation Day. È il giorno della liberazione, quello che ha nominato Trump. Sì, quindi ci liberiamo.

Permettimi, Roberto, prima di iniziare, di scusarmi con gli ascoltatori che seguono il mio canale Telegram personale, Carlo Savegnago, la rassegna stampa del mercoledì alle 7.30. Purtroppo, non ho potuto tenerne una neanche oggi, come è successo la scorsa settimana. Confido di riprenderla fin da mercoledì prossimo e vi ringrazio per la comprensione. Allora, Roberto, è il Liberation Day, no?

Sì, finalmente gli americani e gli Stati Uniti si liberano dal vincolo del dollaro. Eccolo lì, siamo già entrati nel vivo, prego! Esatto, infatti la strategia di Trump, che può sembrare incredibilmente confusa, se non se ne comprende la radice fondamentale, è molto semplice.

Trump vuole distruggere il dollaro per salvare il sistema del dollaro. Ora vi spiego come funziona, spero di spiegarvelo nel tempo a disposizione e di per sé non è molto complesso, bisogna conoscere il funzionamento del sistema del dollaro e del sistema dell’euro-dollaro che, come vedremo, sono due cose diverse. Trump ha dichiarato di voler prima di tutto ricostruire l’industria americana, riportando soprattutto industrie manifatturiere all’interno degli Stati Uniti e creando posti di lavoro per gli americani. Inoltre, vuole ristrutturare l’industria della difesa, che durante la guerra in Ucraina ha dimostrato di non essere all’altezza, rendendola indipendente dalle forniture estere, in particolare dalla Cina.

Oggi molte delle forniture militari statunitensi dipendono da componenti cinesi e, stando a una proiezione già fatta dal Pentagono fino al 2014, entro il 2030 la quasi totalità dei sistemi d’arma americani dipenderà da componenti cinesi, che possono riguardare l’acciaio, l’elettronica o qualsiasi altra cosa, sia cinese che taiwanese. Anche i bulloni, per esempio, sono componenti fondamentali. Si sta quindi uscendo da un’ottica di politica economica, la politica economica è finita, siamo liberi dalla politica economica, entriamo in quella che negli Stati Uniti viene definita Statecraft Economy, ovvero l’economia dell’arte del governare. In parole povere, si è disposti a perdere anche tanto in termini economici, pur di salvaguardare la nostra indipendenza industriale, militare e il nostro posto nel mondo in quanto nazione. Trump ha ammesso che il periodo di egemonia americana è finito, il periodo globalista è finito o sta finendo, e che gli Stati Uniti, alla pari delle altre superpotenze (Russia, Cina, India e forse qualcun’altra in futuro), dovranno ritagliarsi il loro posto nel mondo, definendo i confini che ritengono essere più vantaggiosi per sé.

D’altro canto, gli stessi russi hanno dato il via a questo discorso con l’invasione dell’Ucraina. In questo contesto, quindi, l’idea di dare preminenza al risultato economico, alla profittabilità e ai risultati di Wall Street scende in secondo piano rispetto alla necessità di salvaguardare l’integrità nazionale. America first: l’America viene per prima. Possiamo quindi definire il sovranismo come politica, in senso stretto. Esattamente, quindi gli Stati Uniti hanno una finestra di tempo relativamente ristretta per compiere questa manovra, che è una manovra di inversione a 180 gradi rispetto al passato. Non dimentichiamo che gli Stati Uniti forniscono il dollaro come valuta di riserva e di scambio internazionale. Per molto tempo, le varie nazioni hanno investito in titoli del tesoro americani per conservare i propri risparmi e usarli per acquistare, tendenzialmente, petrolio o qualsiasi altra merce di cui avessero bisogno. Noi sappiamo che, grazie anche all’operato dell’amministrazione Biden e alle sanzioni che non hanno funzionato, oggi c’è una notevole spinta da parte dei paesi BRICS a dedollarizzare, a usare valute alternative per acquistare petrolio o per scambiare tra di loro.

Trump dice: “Per il momento comunque il dollaro rimane ancora nel suo posto di preminenza. Gli stessi paesi BRICS lo riconoscono e dicono: ‘Non vogliamo sostituire il dollaro, vogliamo avere delle alternative, delle valvole di sfogo, non essere dipendenti fino in fondo'”. Trump dice: “Fantastico, voi siete ancora legati a noi. Quindi sapete cosa vi dico? Ha colto l’occasione per incendiare il sistema e, con questo incendio, ha la necessità di svalutare il dollaro a livelli iperbolici, perché è l’unico modo per ridurre il debito pubblico americano e indebitarsi. È la famosa corsa al ribasso, chi sopravviverà avrà più ossigeno. La corsa verso il fondo è già in atto e in questi giorni Trump sta compiendo il suo primo movimento, soprattutto per confondere i mercati azionari con l’obiettivo specifico di provocare una caduta della borsa, che è esattamente l’opposto della tendenza della sua prima presidenza. Durante il suo primo mandato, Trump usava la borsa. L’andamento della borsa era per lui un indice di riferimento del suo successo politico, ma oggi ha detto no: a me della borsa interessa relativamente poco, non voglio tutelare Wall Street, voglio tutelare Main Street, cioè la strada principale.

Voglio tutelare l’economia reale, voglio creare costi di lavoro, voglio portare nuove industrie e voglio ricostruire l’infrastruttura produttiva americana. In un contesto di questo genere, quindi, per Trump più caos e più incertezza ci sono, meglio è, perché? Perché questo gli permette di fare cosa, in pratica? Te lo spiego adesso. Adesso arriviamo. Ci sono diversi fattori in gioco: il primo è che durante il periodo Biden, Biden ha iniettato nell’economia una grandissima quantità di denaro per investimenti di tipo pubblico, spesso sparsi, che tuttavia hanno creato liquidità e hanno fatto sembrare che gli Stati Uniti non fossero in crisi, quando in realtà lo sono già da un paio d’anni. Questo ha fatto apparire gli Stati Uniti migliori rispetto ad altri operatori internazionali, compresa la Cina, se vuoi, piuttosto che l’Europa in particolare.

Questo ha creato una grande bolla della borsa che va sgonfiata. Trump dice: “Meglio sgonfiarla subito, così faccio un grosso buco nella bolla e la situazione si stabilizza all’inizio della presidenza, così posso dare la colpa a Biden e recuperare il tempo perso in seguito, quando la gente se ne sarà dimenticata o comunque non ne sarà particolarmente preoccupata, in vista delle elezioni di medio termine e della rielezione presidenziale fra quattro anni circa”. Quindi scusami, Roberto, nei piani di Trump la situazione dovrebbe essersi stabilizzata già in occasione delle elezioni di medio termine, fra un anno e mezzo, praticamente. No, secondo gli analisti finanziari ci sarà una crisi finanziaria paragonabile a quella del 2008 che durerà fino al 2028, quindi fino alle elezioni vere e proprie. Trump ha comunque dei progetti per proteggere l’America dalle conseguenze, staremo a vedere. Le tariffe giocano un ruolo importante in questo senso. In pratica, Trump sta trasformando la struttura monetaria americana in modo che assomigli a quella cinese: ci saranno due dollari, uno prodotto internamente e uno esternamente. Quello esterno verrà distrutto, mentre quello interno verrà tutelato.

Quello che ci stai dicendo è clamoroso. Prego, prego, prego. Vi racconto quello che sento, quindi quello che sento dagli esperti, quello che appare anche dalle mostre di Trump, quello che appare nei suoi programmi, eccetera. Quindi, volevo farti solo una domanda velocissima: in questa strategia è previsto un innalzamento dell’inflazione in America? Sì, ci sarà un rincaro dei prezzi. Un rincaro dell’inflazione? È l’unico modo per ridurre il debito, l’unico modo per abbattere il debito a livello globale, perché l’intero sistema economico mondiale è basato sul debito. L’unico modo per ridurre il debito è attraverso l’inflazione. Questa inflazione, scusami, dopo ti lascio proseguire, ma erano proprio domande che vengono spontanee, e credo anche ai nostri ascoltatori: di conseguenza, l’inflazione crescerà anche in altre aree del mondo, per esempio in Europa?

Questa inflazione verrà quasi per intero esportata. Sì, d’accordo. Quindi la pagheranno gli altri. La pagheranno gli altri. Questo è l’aspetto più rilevante, adesso ti spiego il perché. È una cosa che abbiamo già visto succedere nel 1971, quindi non è una novità, e vi farò un breve excursus storico su come si arriva a questo punto e come funziona. In ogni caso, giusto per riprendere il discorso iniziale, Trump deve far scendere la borsa, sta creando terrorismo mediatico e le trattative con Putin servono più che altro per creare confusione all’interno della politica americana, tenere gli avversari politici in confusione, dare contentini agli avversari politici nel suo stesso partito e far vedere che lui si dà da fare. Ma Trump non ha particolari interessi a concludere, anche perché sa che le richieste che dovrebbe avanzare a Putin, a causa delle pressioni interne dei suoi alleati o avversari politici, non potranno mai essere accolte. Quindi, l’unica soluzione possibile per Trump è che i russi finiscano la cosa in maniera militare e che, una volta risolta la situazione, di fronte all’evidenza dei fatti, si arrivi a qualche tipo d’accordo.

Quindi, in pratica, sta dicendo che Trump stesso lascerà la Russia completare il suo percorso in Ucraina? Quali sono le alternative? Non è che si possa fare nulla, per il momento non si arriva a un accordo. Forse neanche a fine anno, forse l’anno prossimo, i russi l’hanno già detto. Quindi, finché i russi non avranno conquistato le regioni che vogliono conquistare e non avranno un controllo militare diretto su di esse, non si scenderà a nessun accordo, perché Trump non può presentarsi davanti al Parlamento americano, in particolare davanti al Senato, e proporre di regalare ai russi territorio che non hanno ancora invaso. Sarà già difficile far accettare la situazione di fatto, ma per quell’epoca molte cose dovrebbero essere cambiate e quindi sarà più facile ottenere quel risultato.

È evidente però che Trump ha già ottenuto un enorme risultato riattivando le relazioni con Putin; per lui è più importante riattivare i rapporti tra Stati Uniti e Russia, perché tutto questo gioco che vi sto descrivendo dipende fortemente dalla gestione dell’energia. Infatti, se guardi quali sono i protagonisti principali delle discussioni di pace, ti renderai conto che è così. Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita, che ospita? Ecco perché la scelta dell’Arabia Saudita di ospitare i vertici tra le parti non è per nulla casuale. Sono le tre superpotenze energetiche mondiali e devono risolvere le loro controversie, perché l’ondata inflazionistica che sta per arrivare colpirà soprattutto i Paesi poveri di energia. Dove sta andando l’oro dell’Europa? Quello di Londra sta prendendo la strada dell’oltre Atlantico, dell’oltre Oceano. La stessa cosa sta accadendo in Svizzera, quindi dall’Europa l’oro sta fuggendo verso gli Stati Uniti.

Questo succede ogni volta che è previsto un conflitto, che sia militare o di altro tipo, che rende instabile la situazione economica di un’area. Quindi, chi possiede denaro che può essere messo a rischio, e in questo caso si tratta di denaro importante, perché sappiamo che in situazioni di grave crisi è quello che regge di più, anche se probabilmente il suo prezzo scenderà e ci saranno delle oscillazioni. Tuttavia, è un bene rifugio, quindi il bene rifugio va custodito dove pensi che sia più al sicuro. Questo giustifica anche l’attacco agli Huthi in Yemen, che io personalmente condanno, ma che tuttavia ha una logica se osservato a distanza. È vero che gli Huthi stanno dando fastidio a Israele, che ha una forte influenza negli Stati Uniti; quindi, in qualche modo, Trump sta dando un contentino ai suoi avversari politici, a coloro che devono in qualche modo cedere sulla Russia negli Stati Uniti, ma soprattutto sta dando un contentino agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita, che sono storicamente nemici degli Huthi.

Gli Huthi hanno condotto una guerra di quasi dieci anni con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti e, come impareremo a capire meglio in seguito, si scatenano i bombardamenti su Yemen e cosa succede poco dopo? Gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita arrivano e gli Stati Uniti dicono: “Siamo pronti a investire 2 trilioni di dollari in strutture industriali negli Stati Uniti”. E infatti è venuto qualche settimana fa. Non stiamo parlando di noccioline, e Trump ha detto agli Stati Uniti: “Perché vi siete impegnati a investire 600 miliardi di questi 2 trilioni? Perché non avete investito direttamente un trilione?”. Quindi, può essere una situazione un po’ cinica, però è realpolitik, è politica realista. Io tutelo i miei interessi e mi alleo con coloro che possono avere interessi coincidenti con i miei. Tornando agli obiettivi immediati di Trump, ha bisogno di far scendere la borsa americana il prima possibile, perché vuole purgare il sistema dalla bolla creata da Biden, addossargli la colpa della crisi che ne conseguirà inevitabilmente, forzare una svolta anche interna agli Stati Uniti da un’industria prevalentemente finanziaria a un’economia più industriale e costringere Wall Street a mettersi al passo con i tempi.

Ma la cosa più importante è che Trump ha un altro asso nella manica da giocare contro Biden: le emissioni di titoli del tesoro a breve termine con tassi di interesse molto alti, che devono essere rifinanziati a partire da aprile fino a giugno. Quindi, se la borsa è in calo o in crollo, dove la gente mette i soldi? Non ha alternative: deve acquistare titoli di Stato a basso interesse e potenzialmente a lunga durata. Inoltre, sta esercitando pressione sulla Fed e sulla Riserva affinché interrompano l’attività di prosciugamento del contante dall’economia, che stava portando avanti per arginare l’inflazione interna, e inverta la tendenza. Questo è necessario anche perché, per ricostruire l’industria americana, Trump deve inondare l’economia di contante, quindi deve generare inflazione.

Tuttavia, è importante ricordare che le tariffe, storicamente, si sono dimostrate essere deflazionistiche. Pertanto, quando vengono applicate, soprattutto se importanti, hanno un effetto interno deflazionario, causando un’inflazione monetaria controbilanciata dalla deflazione causata dalle tariffe stesse. Quindi, per l’americano, l’effetto interno sarà più basso, perché l’inflazione verrà esportata fuori mediante le tariffe, che funzioneranno da baluardo per impedire che l’inflazione torni indietro. Dunque, sgombriamo il campo da dubbi: adesso tutti in Europa e in Italia, nel nostro caso, stanno puntando i riflettori sui dazi. I dazi non sono un fine, ma un mezzo. Sono un mezzo, sono la linea sullo scafo degli Stati Uniti. Se avete seguito la guerra in Ucraina, saprete che nel 2023 gli ucraini si preparavano a lanciare una grande controffensiva nei confronti della Russia per riconquistare l’accesso al mare, in particolare al mar d’Azov, e raggiungere la Crimea. Il generale Surovikin fu incaricato dal Cremlino di creare una linea di difesa su cinque livelli, tale per cui gli ucraini non potessero passare. Se vi ricordate, lo Surovikin fece ritirare i russi da vaste porzioni dell’Ucraina che erano state occupate dai russi, in modo da consolidare le truppe all’interno di questa linea e dedicarsi per mesi alla costruzione di questa linea di difesa. E cosa successe?

Gli ucraini si arresero di fronte alla linea Surovikin, non riuscendo a superare nemmeno la prima barriera, e fu un disastro. Le tariffe sono la linea sullo Surovikin per la guerra finanziaria che Trump si sta preparando a scatenare, perché quando lanci la crisi a livello globale, crei quanta più confusione possibile: la gente comincia ad avere incertezza e i capitali si muovono. In questa mossa di capitali, tu metti delle barriere per impedire che i capitali che verranno generati all’esterno come effetto inflazionistico tornino indietro negli Stati Uniti, mentre nel frattempo ci saranno capitali che fuggiranno dagli Stati Uniti. Trump ha modificato le regole di reinvestimento del capitale cinese nella borsa di New York e di Wall Street. Di conseguenza, i cinesi, se vogliono continuare a investire a Wall Street, devono pagare tasse molto alte. Questo ha fatto sì che il denaro cinese se ne andasse dagli Stati Uniti e arrivasse dove? In Europa.

La Borsa europea ha infatti registrato una crescita, perché sono arrivati capitali cinesi che, naturalmente, possono essere investiti nell’oro. Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno acquistando oro, quindi sono tutte mosse che preparano il terreno di combattimento affinché, quando ci sarà lo scontro finale, gli Stati Uniti saranno protetti. Una battaglia che potrebbe iniziare quando? Oggi, proprio oggi. Oggi è la giornata ufficiale in cui inizierà lo scontro a tutto campo: i senatori stanno infatti convocando i rappresentanti del governo cinese e giapponese per discutere della questione coreana, perché sono tra i principali possessori di titoli del tesoro americano e questo avrà un impatto su di loro. Un’altra domanda, vado un po’ a braccio. Quando a Bruxelles la von der Leyen dice: “Abbiamo le armi, risponderemo”, è una domanda un po’ retorica: è una frase detta tanto per dire qualcosa? Hai presente Indiana Jones: “Il ponte è quello delle funi”? Ecco, io ho pensato che Trump sia all’estremo con il macetto pronto a tagliare le funi e la risposta sarà: “Ci terremo strette le funi mentre il ponte precipita”. Questa è un po’ la logica. Ma spiegherò anche il perché.

Per capire questo meccanismo dobbiamo conoscere quello che si chiama il dilemma di Triffin. Il dilemma di Triffin fu elaborato da un economista americano negli anni ’60 e diceva che quando una nazione fornisce la valuta di riserva internazionale, soprattutto la valuta di scambio internazionale, ci sarà un momento in cui gli interessi dell’economia globale e internazionale saranno in conflitto con gli interessi dell’economia interna. Questo è il dilemma, in buona sostanza, perché all’epoca tutto il mondo girava sui dollari. Gli Stati Uniti dovevano esportare dollari per far sì che il resto dell’economia funzionasse e importare merci, e c’era quindi un costante sbilanciamento della borsa degli scambi e della borsa commerciale.

Questo naturalmente provocava un’inflazione costante di dollari verso l’esterno, ma faceva anche fuggire l’industria dagli Stati Uniti, perché se tu devi comprare all’esterno e all’esterno costa meno produrre, porti le tue industrie altrove. Certo, è naturale. Questo è il motivo per cui i cinesi non hanno alcuna intenzione di trasformare lo Yuan nella valuta di riserva internazionale e vogliono che il dollaro continui a svolgere quel ruolo. È chiaro? È un pensiero molto importante, sì. BRICS non ha alcuna intenzione di creare la propria valuta, sarebbe un suicidio, considerando che la forza della Cina è la produzione e la capacità produttiva.

Nel momento in cui si deve esportare valuta all’esterno, si esportano anche le industrie, e con il denaro. Abbiamo visto il verificarsi di questo dilemma già alla fine degli anni ’60, quando gli Stati Uniti, facendosi coinvolgere nella guerra del Vietnam al posto dei francesi e avviando tutta una serie di programmi di deficit interno di tipo socialista durante la presidenza Johnson, si sono trovati nella posizione di non poter più convertire dollari in oro, così come si erano impegnati a fare in passato. Se vi ricordate, all’epoca fu de Gaulle a inviare una nave da guerra francese per prelevare il suo oro a New York e, se non sbaglio, il 15 agosto 1971, Nixon attuò quello che sarebbe diventato famoso come lo “shock di Nixon”, annunciando: “Cari signori, ci dispiace, ma da ora in avanti non è più possibile convertire dollari in oro”, impedendo così ai tedeschi e ai britannici che avrebbero voluto fare altrettanto di agire.

Questo evento segnò il primo default americano nel sistema e chiaramente provocò una certa dose di problemi tra gli europei, in particolare. Pochi mesi dopo, a novembre del 1971, John Connolly, all’epoca segretario del tesoro americano, partecipò a una riunione del G10, in cui dichiarò: Si trovò di fronte a diversi europei che erano inviperiti dal fatto che non ci fosse più questa convertibilità e che il dollaro potesse fluire liberamente e quindi essere svalutato, perché tramite la svalutazione del dollaro era a quel punto possibile ridurre il debito americano. Se un debito di 10 dollari ha un valore dimezzato, dopo due anni costa meno ripagarlo.

E Connolly cosa rispose? «Cari signori, il dollaro è la nostra valuta, ma è il vostro problema. Troverete una soluzione voi, noi siamo gli Stati Uniti, facciamo quello che ci pare». Perfetto, dopodiché, mentre gli europei stavano cercando di trovare una soluzione, gli americani ebbero un’idea che fu quella di creare il cosiddetto petrodollaro. Come funzionava il petrodollaro? Andarono dall’Arabia Saudita e dissero: “Cari arabi, voi siete tra i principali produttori di petrolio. In quel momento, eravate i principali produttori, perché la produzione americana era calata. Facciamo così: voi vi impegnate a vendere il vostro petrolio unicamente in dollari; in cambio, noi vi offriamo protezione militare e, inoltre, vi aiutiamo a costruire la vostra nazione che, all’epoca, era abbastanza arretrata”.

Il sistema funzionò alla grande da lì in avanti, perché? Perché gli americani fornirono protezione nucleare ai sauditi che, comunque, non erano ben visti nell’area e poterono, quindi, consolidare la propria presenza politica e costruire un’Arabia Saudita molto moderna. Ma cosa successe quindi agli europei e a tutti gli altri? Dovettero procurarsi per forza i dollari necessari per acquistare petrolio o perlomeno averne a disposizione per far fronte ai futuri acquisti di petrolio o comunque ai vari acquisti di materie prime che erano denominati in dollari, creando così il circuito dell’euro-dollaro. L’euro-dollaro è praticamente un circuito di generazione di dollari, vengono creati nuovi dollari che vengono creati fuori dagli Stati Uniti. Per questo viene chiamato euro-dollaro: vengono creati in Europa da banche europee con la partecipazione anche di banche americane.

Se non sbaglio, le banche americane hanno circa il 20% della presenza nel circuito dell’euro-dollaro, ma il 40%, e forse fino a 60% sono banche britanniche. Infatti, il circuito dell’euro-dollaro è stanziato nella città di Londra, non negli Stati Uniti e poi ci sono banche europee che partecipano. Il sistema dell’euro è in qualche modo ancorato al sistema dell’euro-dollaro e l’area dell’eurozona si è sostenuta economicamente anche grazie ai flussi di interessi derivanti dalla gestione di questo circuito, dall’interesse maturato sulle emissioni di dollari d’uso internazionale. Cosa è successo in quel momento? Il dilemma di Triffin si è spostato dagli Stati Uniti in Europa. Adesso il problema ce l’avete voi. Com’è la situazione lì?

Certo, quindi in questo senso ce l’abbiamo noi. Qual è la situazione in pratica? La situazione è questa: nel momento in cui Trump avvia una svalutazione del dollaro, deve svalutare il dollaro a tutti i costi, difendendo al tempo stesso i titoli di Stato. Questo lo può fare svalutando la borsa e attirando persone verso i titoli di Stato, che rimangono comunque il bene rifugio più interessante e più liquido, perché non è solo un problema di benedifugio: io potrei comprare oro quanto ne voglio, ma diventa difficile liquidarlo. Se devo onorare dei debiti che ho accumulato nel frattempo, devo trovare qualcuno disposto a comprare quell’oro, a valutarne il peso, a fondere i lingotti e a verificarne la purezza. Ci sono tutta una serie di lunghezze d’onda che non funzionano bene con il sistema economico che abbiamo oggi. Infatti, se vi fate caso, Trump quando fa le affermazioni più assurde in assoluto? Le fa il sabato! Esatto, quando le borse sono chiuse, si crea un pandemonio nel corso del weekend e dopo il lunedì si scaricherà. Esatto. Quindi cosa succede? In una situazione del genere, il dollaro tende naturalmente ad aumentare di valore. Perché?

Perché Trump ha detto: “Attenzione, non siamo più così amici come prima, quindi non siamo più interessati a fornirvi dollari”. Quali erano i modi in cui gli Stati Uniti fornivano dollari al resto del mondo? Attraverso l’importazione di merci. Questo è finito, adesso vogliamo produrla da noi, vogliamo ridurre il disavanzo commerciale e quindi vogliamo attrarre le industrie. Voi mandatele e noi non acquisteremo i vostri prodotti: questa è la logica. Poi ci sono gli aiuti umanitari, tipo USAID, che è stata demolita: non vi mandiamo più aiuti, il Piano Marshall è un ricordo del passato. La terza linea è quella delle cosiddette swap line, ovvero delle linee di scambio con le varie banche centrali. La Federal Reserve, per esempio, ha linee di scambio con la banca centrale europea. Quando c’è stata la grande crisi del 2012, i dollari hanno perso valore perché le banche non prestavano più, sentendosi in pericolo, quindi tenevano i soldi in casa.

Tra l’altro, i tassi di interesse scendevano vertiginosamente, quindi non c’era neanche vantaggio a fare prestiti. Quindi, manca liquidità e, a quel punto, la Federal Reserve interviene prestando denaro alle banche centrali per tenere il sistema a galla. Questo strumento si chiama swap line: tu mi dai euro in cambio dei miei dollari, tu emetti euro che non metti in circolazione e io ti do dei dollari che tu puoi usare sul circuito internazionale. Questi swap line non ci saranno più o ci saranno solo con quelle nazioni o con quelle strutture che saranno disposte a fare quello che gli Stati Uniti vogliono. La tua descrizione è molto chiara e articolata, ma prima che completi il disegno vorrei farti una domanda: ci sono possibilità che questo disegno estremamente complesso ideato dalla squadra di Trump, ovviamente non da Trump, non vada in porto o che un’alternativa si riveli un boomerang? È molto improbabile, innanzitutto perché non si tratta di un disegno, ma di un meccanismo che esiste già dal 1970. Dal 1961, tutto il mondo ha vissuto con i dollari creati al di fuori degli Stati Uniti, ed è un dato di fatto.

Non è che Trump se l’è inventato o che Bessent, il nuovo ministro del tesoro, l’abbia inventato. È così, tant’è che la famosa crisi finanziaria del 2008 è stata provocata dal fatto che le banche internazionali che lavoravano sul circuito dell’eurodollaro hanno detto: “Fermi tutti!”. C’è qualcosa che non funziona, quindi fermiamoci e tiriamo i remi in barca. Da quel momento, infatti, è iniziato il quantitative easing, l’allentamento monetario, con gli Stati Uniti che hanno iniettato sempre più grandi quantità di denaro e le altre banche centrali che hanno fatto lo stesso, nel tentativo di compensare la reticenza da parte del sistema bancario internazionale a fornire i dollari necessari a far funzionare la crisi finanziaria. Il secondo shock simile si è verificato nel 2020 con la crisi del Covid, quindi è un sistema meccanico che ha già dimostrato di funzionare perfettamente.

Quindi il sistema funziona e non può che funzionare. L’altra domanda che mi sono posto era: il sistema potrebbe rivelarsi un boomerang per gli Stati Uniti? Sì, ma a lungo termine, molto più in là, perché cosa succederebbe? A questo punto gli Stati Uniti accelerano, quindi accelerano la loro caduta, e gli altri devono stargli dietro, cosa che faranno fatica a fare. Tra l’altro, gli Stati Uniti partono da un tasso di interesse del 5%, mentre mi sembra che oggi la banca centrale europea sia al 2%. Sì, mi sembra di sì. È corretto? Potrebbe essere un po’ di più, potrebbe essere un po’ di meno, ma mi sembra che questo è più una differenza. Quindi, chi è che arriva prima a zero? Dopodiché, sfruttando la picchiata, l’idea è quella di recuperare terreno grazie alla velocità acquisita.

Come viene compensato? Allora, la vera scommessa di Trump non è che questo sistema non funzioni, ma quanto a fondo dovrà spingere l’acceleratore prima che gli altri cedano e dicano: “Ok, sediamoci al tavolo e facciamo un accordo, comprendiamo che dobbiamo farci carico di una parte importante del debito americano, trattiamo”. Secondo te, quando potrebbe verificarsi questa situazione? Hai un’idea? Non lo sappiamo, dipende da quando i cinesi cederanno, perché alla fine sono loro a decidere. Da questa picchiata generale ne resteranno soltanto due: il dollaro o i yuan. Gli altri, se ancora esisteranno, saranno valutati diversamente. Se ancora esisteranno. Per esempio, la Russia ha dimostrato di avere un’economia abbastanza blindata, quindi presumibilmente continuerà a esistere. Infatti, di nuovo, chi sopravviverà meglio saranno quelle nazioni che sono autosufficienti a livello pubblico.

Stavo proprio per dire “autosufficienti”. Quindi, ammesso che si sia ancora in tempo, la strategia migliore per una nazione sarebbe quella dell’autarchia, in pratica. Se si hanno le risorse e l’energia necessaria. Sì, certo. Altrimenti, dovrai rivolgerti a paesi amici per averla. Un santo protettore, dire: “Ok, cosa vuoi che faccia, mettiamoci d’accordo”. È la logica che Trump sta applicando e applicherà nei confronti dell’Europa. Ci saranno accordi specifici con le singole nazioni, in base a ciò che ciascuna può offrire e a ciò che può essere di interesse per gli Stati Uniti. In questo senso, quindi, andrà avanti e si verificherà lo smembramento dell’Unione Europea, se Trump porterà avanti la strategia degli accordi specifici con ogni singolo Paese. Secondo me, più che smembramento sarà uno svuotamento. Svuotamento di importanza. Perché né Trump né Putin, credo, vogliono smembrare completamente la NATO.

Ti spiego il perché. L’Unione Europea è legata alla NATO, quindi finché la NATO persiste, persiste anche l’Unione Europea. Per Trump non è possibile andare al Congresso e dire: “Ci ritiriamo dalla NATO, perché sono troppi gli interessi in ballo, le mazzette e, in generale, un trattato non è una cosa che lui possa fare di propria iniziativa”. Però può ridurne l’importanza. Può, per esempio, tagliare i fondi, cosa che sta già facendo, o ridurre il numero di soldati e di risorse, perché è un altro modo per portare fuori i dollari, esportare truppe, basi militari e cose di questo genere. Ha già detto: “Voglio ritirarmi dall’Europa, lasciatevelo dire, il problema lo lascio a voi, la NATO è vostra, gestitela voi”. Questo l’ha già detto, è già una realtà di fatto. Gli americani saranno ben disposti a prendere i vostri 800 miliardi di euro, quello che resterà, perché una parte andrà agli amici, un’altra parte sarà destinata a pagare gli interessi su quegli stessi 800 miliardi e una parte probabilmente verrà spesa per acquistare sistemi d’arma dagli Stati Uniti, presumo, anche perché non c’è una reale prospettiva di riconversione dell’industria europea.

Non esiste proprio, manca tutta l’infrastruttura, manca l’energia, serve energia a basso costo per fare questo tipo di lavoro, servono materie prime, servono tante cose. Quindi, se non si hanno le materie prime e l’energia sufficiente per essere autonomi, semplicemente non lo si è. Quindi, in pratica, questo piano non è fattibile. In questa logica complessiva, abbiamo visto che Trump dice: “Ragazzi, festa della Liberazione, da questo momento in avanti siamo noi e voi siete voi, ciascuno per sé e Dio per tutti. I dollari ce li abbiamo noi e quindi sono nostra valuta e sono il vostro problema”. A questo punto il sistema euro/dollaro deve andare avanti, perché non può crollare completamente, altrimenti l’economia si sfascia del tutto. In parte dovrà essere alimentato da chi ha dollari in riserva, come Cina, Giappone e Arabia Saudita, che dovranno quindi vendere titoli del tesoro a prezzi bassi, perché dovranno essere venduti prima della scadenza. Questo aiuterà a ridurre l’indebitamento americano, perché è come fare un saldo estratto, dici alla banca “guarda, chiudiamo, te ne do 70 e siamo a posto”. Dopodiché cosa succede?

Quando si vendono questi titoli del tesoro, di fatto si brucia il denaro, perché il denaro e il debito, nel momento in cui vengono venduti, scompaiono. Quindi, si prosciuga costantemente la disponibilità di dollari sul circuito dell’euro-dollaro, mentre nel frattempo gli Stati Uniti continuano a immettere dollari nell’economia americana che, in modo misurato, grazie alle barriere delle sanzioni, escono dall’economia americana esportando inflazione. Non dico che non ci sarà inflazione anche negli Stati Uniti, ma l’obiettivo americano, per esempio, è quello di ridurre il costo delle case del 25%; questo è altamente deflazionistico e le case sono già scese del 10%, perché vogliono riportare il costo delle case a un livello che l’americano medio può permettersi. Questo perché c’è un cambiamento generazionale: i millennial stanno sostituendo i boomer e vogliono avere la possibilità di avere una vita decente come quella dei boomer.

Di conseguenza, le case di alto valore sono un beneficio per i boomer e un problema per i millennial: svaluti uno e ripagano l’altro. In questa situazione, cosa succede? Cosa si deve fare in Europa e nel resto del mondo? I cinesi hanno le riserve, spendono i titoli del Tesoro americani, di cui vogliono liberarsi, e dovranno accettare uno sconto importante. Lo incamereranno nel costo di impresa e aiuteranno gli Stati Uniti a ripagare parte del loro debito. Inoltre, una parte importante di cinesi privati comprerà il famoso visa d’oro di Trump, che con 5 milioni di dollari dà la possibilità di ottenere la carta verde per gli Stati Uniti, senza pagare nessuna tassa all’estero. Quindi, hanno una protezione fiscale superiore a quella di un cittadino americano, che deve pagare le tasse su tutto quello che guadagna ovunque nel mondo. Invece, questi signori hanno praticamente un paradiso fiscale costruito apposta per loro, al costo modico di 5 milioni.

Credo che ci siano già 7 mila aderenti, basta che aggiungano un altro po’. Sono tutti soldi che entrano e che vanno alle casse degli Stati Uniti. Allora, cosa succede nel resto del mondo? Gli altri Paesi dovranno generare dollari nel proprio sistema bancario in modo autonomo, senza il supporto degli Stati Uniti. Per generare questi dollari, a questo punto, senza supporto statunitense o con un supporto statunitense mirato in funzione di “do questo e tu mi dai qualcos’altro”, devono ipotecare beni reali all’interno della propria economia, devono avere gli stessi risparmi, non possono più far leva sugli interessi che maturavano sul sistema dell’euro-dollaro, alimentato dagli Stati Uniti, devono attingere a risorse interne che devono ipotecare al fine di poter emettere dollari. Sì, piuttosto complesso, ma il disegno è chiaro. Più che un disegno, è un meccanismo. È un meccanismo.

Nel senso che, come hai sentito, per combattere la guerra con la Russia, che nessuno vuole e che tutti sanno che si perderà comunque, è necessario finanziare la Russia, pagando il gas e il petrolio a un prezzo superiore al reale. Per combattere, prepararci, armarci, dobbiamo ipotecare i vostri risparmi. Ve l’hanno già detto, non è un progetto, è la realtà. E con questo non voglio fare terrorismo, ma è la situazione verso cui stiamo andando. Gli Stati Uniti, tra l’altro attraverso il Ministero degli Interni, che negli Stati Uniti non si occupa di sicurezza, ma di gestione dei territori e delle risorse interne, stanno aprendo molte terre che finora erano bloccate per uso da parte dell’industria e stanno aumentando la disponibilità di beni interni che possono essere sfruttati a beneficio dello Stato.

Hanno anche creato per la prima volta un fondo sovrano di investimento. Gli Stati Uniti, quindi, come governo, investiranno in questi beni congiuntamente con paesi esteri o con attori esteri, aumentando drasticamente la quantità di beni a bilancio che possono sostenere il debito. Dall’altra parte, però, devi impegnare i tuoi beni per generare dollari che non hai. Il meccanismo è chiaro, anche se complesso, e seguendo con attenzione lo si può capire.

Senti, Roberto, il quadro mi sembra piuttosto completo. Possiamo completarlo in pochi minuti per chiudere il cerchio di questo nostro appuntamento, che oggi è particolarmente importante. Allora, o vi orientate verso il dollaro o imparate il mandarino.

Allora, posto che ci vuole una volontà politica per fare una cosa o un’altra, cosa converrebbe all’Europa secondo te?

Secondo me, non ha più senso parlare di Europa. Ovviamente, bisognerà ragionare di Stati sovrani. Si ragionerà di Stati sovrani, perché finora a Washington non hanno voluto ricevere neanche una telefonata da von der Leyen, né hanno voluto ricevere nessun esponente dell’Unione Europea. Quindi, dal punto di vista di Washington, l’Unione Europea e la Banca Centrale Europea non esistono. Questo è un concetto che deve essere accettato, perché è dimostrato dagli eventi e dai fatti. Per loro, l’interlocutore principale in Europa sarà la Banca d’Inghilterra, tant’è che hanno nominato Mark Carney come nuovo ministro in Canada, perché è una figura di spicco ed è considerato una personalità di primo piano del sistema. È stato governatore della Banca d’Inghilterra, tra l’altro.

E della Banca Centrale del Canada, perché sul Canada si giocheranno partite importanti e quindi hanno mandato il loro giocatore più importante per gestire la situazione, perché hanno capito dove sta andando il film e hanno capito che se i britannici vogliono stare al gioco della Banca d’Inghilterra, con il sistema dell’euro-dollaro, devono giocare con gli Stati Uniti. Tenete presente che il sistema dell’euro-dollaro è gestito da Londra. Non da Francoforte. Francoforte gestisce il sistema dell’euro, che è un derivato del sistema dell’euro-dollaro, a sua volta un derivato del dollaro. Nel momento in cui il sistema dell’euro-dollaro viene sconquassato, non so cosa succederebbe all’euro, non sono in grado di fornire previsioni, ma per il momento non viene neanche preso in considerazione.

Il gioco è tra dollaro e yuan. In Europa dovrebbero riuscire a decidere su quale tavolo stare, dovrebbero essere i singoli stati a decidere, in pratica. I singoli stati devono trovare un modo per farlo. Questo è il punto fondamentale: trovare un modo per farlo. È la parte difficile, altrimenti, e credo che sarà molto complicato perché richiede il disimpegnarsi rispetto al sistema dell’Eurozona o comunque rispolverare la propria banca centrale, cosa che diventa difficile, probabilmente sarà gestito a livello di singole imprese. Le singole imprese e le singole banche a livello nazionale troveranno degli accordi con la Fed o con banche americane, oppure verranno acquisite in parte da banche americane. Anche perché nelle banche americane verrà creato un sistema che permetterà alle banche di emettere dollari direttamente.

Un po’ come succedeva prima della formazione della Fed a riserva, a fine ‘800, inizio ‘900, quando ogni banca emetteva le proprie banconote autonomamente e che avevano un corso legale. Quindi, c’erano tanti dollari che funzionavano, ma il loro valore era molto basso internamente negli Stati Uniti, il famoso discorso del dollaro interno, che erano in grado di alimentare l’economia interna e che non risentivano degli spostamenti, perlomeno non in modo isolato rispetto agli spostamenti dell’euro-dollaro che, invece, è esterno. In questa maniera, come hanno fatto i cinesi? Si crea una barriera cinese, in questo caso americana, di protezione tra i problemi che si moltiplicano al di fuori dei confini e i problemi interni. Poi, siccome è tutto interconnesso, ci saranno delle conseguenze anche moleste, ma gli Stati Uniti hanno un vantaggio: possono stampare quanti dollari vogliono. Alla fine, si impatta sul proprio conto economico più di tanto, mentre gli altri, per poterli stampare, devono impegnare beni reali.

Beni reali, è chiaro? Senti, Umberto, con le analisi e anche con le previsioni potremmo andare avanti ancora parecchio. Diciamo che è stata una puntata estremamente ricca di contenuti. Con quale concetto possiamo chiudere e poi magari riprendere la prossima volta, al nostro prossimo appuntamento? Oggi è il giorno della liberazione e quindi vedremo nel nostro appuntamento del mese prossimo come staranno procedendo le cose. Come possiamo chiudere proprio con un concetto questo nostro appuntamento di oggi? Secondo me, però, tutto questo non è necessariamente negativo: bisogna solo demolire velocemente il sistema globalista, ed è un dato di fatto. Poi magari ci sarà qualcosa di peggio al suo posto, non lo sappiamo, ma di certo gli impianti che ci sono oggi sono in fase di demolizione e, essendo Trump uno che viene dal mondo immobiliare, sa bene come fare demolizioni. Questo non dipende da Trump, ma è un concetto che verrebbe portato avanti anche da qualcun altro.

Nel caso di Trump, questo processo verrebbe portato avanti più velocemente e in maniera più sfacciata. Comunque, senza ipocrisia. L’invito è quello di evitare di concentrare l’attenzione su quello che Trump dice e su tutta la confusione che viene generata, perché questo serve proprio a creare confusione. Invece, concentratevi su quello che conta: dove sta andando l’oro? In base a questo, saprete dove sta andando la ricchezza: l’oro sta andando in Cina, in Russia, in India e negli Stati Uniti. Sta andando anche in Medio Oriente. Documentatevi sulle criptovalute, perché gli Stati Uniti faranno leva pesantemente su di esse, in particolare sulle cosiddette stable coin e sul bitcoin, per fare questo cambiamento. La famiglia Trump è profondamente coinvolta in questo tipo di industria, quindi se volete inserirvi nelle economie statunitensi senza far parte degli Stati Uniti, sarete in grado di farlo. Ecco, questo è un passaggio molto importante. Quello che hai detto merita sicuramente di essere ripreso più avanti. Per quanto riguarda l’oro, anticipo già i nostri amici ascoltatori: ne parleremo proprio nel fine settimana con un consulente del settore.

Siamo alla fine di questa puntata, che credo molti di voi guarderanno, io per primo, perché ci sono tanti passaggi complessi. Per capire bene, ovviamente bisognerà risentirla, ma questo è il vantaggio di Youtube: si può riascoltare, cosa che non è possibile fare con la radio. È un gioco di specchi, quindi dovete creare il primo specchio e da lì poi orientarvi. Questa è una bellissima e saggia definizione per capire. Ringrazio Roberto Mazzoni, in collegamento come sempre dalla Florida, e ricordo il sito www.mazzoninews.com. Noi ci diamo appuntamento al mese prossimo per vedere come sono iniziati i primi 30 giorni di questa Liberation Day. Grazie Roberto, grazie. Grazie a tutti voi, amici ascoltatori.

Roberto Mazzoni

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