La verità sul 6 di gennaio – parte 1 – MN #203

Il 6 di gennaio 2021 è una data fondamentale per la storia americana e per la storia di MazzoniNews. Quel giorno eravamo tutti insieme, presenti in diretta per seguire l’evoluzione finale delle elezioni presidenziali del 2020. Donald Trump, il presidente uscente, aveva invitato tutti i suoi sostenitori a raggiungerlo a Washington promettendo grandi notizie dopo due mesi di accese battaglie sui media e nelle sale dei tribunali per cercare di fare luce su una delle più contestate e compromesse consultazioni elettorali nella storia dell’Occidente.

Un nutrito gruppo di parlamentari e un piccolo gruppo di senatori del partito Repubblicano erano determinati a porre interrogazioni sulla legittimità della scelta dei grandi elettori in sei stati, quelli più controversi e ci si aspettava, potenzialmente, che il vice presidente in carica, Mike Pence, usasse le sue prerogative come presidente della sessione al Senato per rimandare i voti alle legislazioni dei singoli stati, quasi tutti a maggioranza repubblicana, in modo che si esprimessero in modo formale a riguardo ed avessero magari il tempo di riesaminare i voti nelle contee più critiche.

La procedura, di per sé legale, e tentata anche dal Partito Democratico in diverse occasioni in passato, costituiva di fatto un potenziale ribaltamento del risultato elettorale che era già stato tentato senza successo rivolgendosi a diverse corti federali e alla Corte Suprema.

L’establishment di entrambi i partiti era fortemente contrario a questo approccio e aveva segnalato a più riprese il proprio desiderio che Donald Trump si ritirasse in buon ordine lasciando il posto a Joe Biden.

Lo stesso Attorney general, il procuratore generale e Ministro della Giustizia, William Barr, nominato da Trump, aveva dichiarato che qualsiasi affermazione d’irregolarità nelle elezioni non fosse credibile, senza tuttavia aver condotto alcuna indagine sulle migliaia di testimonianze, molte delle quali giurate, che erano arrivate da scrutatori e da singoli elettori.

Quel giorno, dopo un breve comizio tenuto nel parco Ellipse, davanti alla Casa Bianca, Donald Trump si è allontanato dalla folla invitando una parte dei manifestanti a raggiungere il Campidoglio poco distante per dimostrare in modo pacifico il proprio supporto ai parlamentari e senatori che avrebbero dovuto sollevare la contestazioni.

In poco tempo la manifestazione è sfuggita dal controllo, grazie anche all’operato di diversi agenti provocatori mescolati tra la folla e alla collaborazione di alcuni poliziotti posti a presidio del Campiglio che aprirono le porte e lasciarono entrare diverse centinaia di persone, molte delle quali si limitarono a girare tra le stanze del Campidoglio mentre l’assemblea al Senato e alla Camera dei Deputati veniva sospesa proprio prima che la prima mozione di contestazione venisse presentata al Senato.

Alcuni dei manifestanti si scatenarono in atti vandalistici, mentre diversi degli altri manifestanti cercavano di fermarli.

L’apice dei disordini è stato raggiunto quando una delle manifestanti, Ashli Babbitt, fu uccisa da un colpo di pistola sparato da uno dei poliziotti del Campidoglio mentre era nell’atto di scalare una finestra che era stata sfondata.

L’uccisione apparve subito ingiustificata perché a era disarmata e dietro di lei c’era un’intero reparto di forze di polizia in assetto di guerra che sarebbe potuto intervenire facilmente per riportare ordine nei caso in cui la giovane donna si fosse rivelata davvero pericolosa.

Il Congresso si riunì di nuovo quella notte per condurre una votazione cerimoniale a porte chiuse e azzerando definitivamente qualsiasi possibilità di fare chiarezza sulle elezioni.

Nelle settimane seguenti, l’FBI e il ministero della giustizia da cui essa dipende, si è lanciato in una caccia all’uomo senza precedenti per arrestare tutti quelli che erano entrati nel Campidoglio e per imprigionarli per mesi in condizioni di isolamento nella prigione della Città di Washington senza la possibilità di uscire su cauzione o di contattare le proprie famiglie e in condizioni di privazioni personali che alcuni parlamentari repubblicani che, dopo grande insistenza, sono riusciti a visitarli, hanno definito da gulag.

Joe Biden ha definito l’intero elettorato di Donald Trump, 79 milioni di persone, terroristi interni, e il Pentagono ha cominciato una lunga operazione di epurazione interna, espellendo chiunque apparisse favorevole all’ex-presidente Donald Trump e, in generale, alle politiche da lui sposate.

Questo ha portato a una drastica diminuzione nell’organico di alcuni reparti strategici, ultreriormente decimati dall’imposizione vaccinale che è venuta dopo. Come risultato oggi il Pentagono è incapace di raggiungere le proprie quote di reclutamento e al momento è in forte carenza di soldati.

L’azione di repressione a vasto spettro si è allargata a tutti i settori del governo e della società, con il bando di diverse persone anche dai social media, compreso il presidente Donald Trump che fu espulso da Twitter nella stessa giornata del 6 di gennaio 2021, decisione poi annullata recentemente da Elon Musk, senza che però Trump sia mai ritornato. Oggi Trump usa unicamente Truth Social come canale di comunicazione sociale e ha da poco pubblicato una richiesta personale che tutti i prigionieri politici che sono detenuti nella prigione di Washington sotto la falsa accusa d’insurrezione siano rilasciati, dando loro la possibilità di avere un processo costituzionale.

Qusta richiesta viene dopo che il nuovo Presidente della Camera dei Deputati statunitensi, Kevin McCarthy, ha consegnato a Tucker Carlson, il giornalista mainstream più popolare negli Stati Uniti, 40.000 ore di registrazioni delle videocamere di sicurezza del Campidoglio da cui Carlson ha già attinto per smontare diverse delle tesi insurrezioniste, in aggiunta a quelle che aveva già smontato in precedenza.

Questo evento spiana la strada alla candidatura presidenziale di Donald Trump e apre uno spiraglio per fermare questa operazione di repressione in stile sovietico che avrebbe fatto invidia alla polizia segreta di Stalin.

Ma prima di vedere i nuovi video pubblicati, è necessario capire gli eventi che hanno reso possibile questo colpo di scena e che avranno un’importanza fondamentale per il futuro degli Stati Uniti e del mondo.

In questa prima parte ci concentreremo quindi sulla prima fase di questa vicenda.

Cominciamo da un servizio televisivo pubblicato da Tucker Carlson il 6 di gennaio 2023, dove, a distanza di due anni, smonta alcune delle accuse assurde che sono state costruite intorno all’evento del 6 gennaio 2021 e che lo ha messo in posizione di essere poi scelto per il rilascio esclusivo dei nuovi video che gli hanno portato un pubblico sei volte maggiore rispetto a quello di CNN.

Nel video Carlson parla di diversi personaggi, tra cui il parlamentare democratico che ha sostituito Nancy Pelosi alla Camera come leader della fazione democratica, che ora è in minoranza. Ricordate questo nome perché lo vedremo riapparire più volte durante questa serie di video.

La verità su Ashli Babbitt

[Tucker Carlson]

Buonasera e benvenuti a Tucker Carlson. A quest’ora tarda, Kevin McCarthy continua nel proprio tentativo di diventare presidente della Camera e dovrebbe esserci un nuovo voto proprio questa sera. Ne parleremo dal vivo proprio qui su Fox News, ovviamente. Ma prima, dedichiamoci a un anniversario. Esattamente due anni fa, un agente della polizia del Campidoglio, di nome Michael Byrd, ha sparato al collo a una donna disarmata. Al momento di quell’omicidio, Bird aveva già una storia documentata di grave negligenza nell’uso delle armi da fuoco. Aveva lasciato una pistola Glock carica in un bagno pubblico degli uomini al Campidoglio, un’azione che, per un funzionario delle forze dell’ordine, porta automaticamente al licenziamento.

Ma per qualche ragione, Michael Byrd era ancora in servizio quel giorno. La donna che ha ucciso si chiamava Ashli Babbitt, una donna sposata che aveva alle spalle 14 anni di servizio nell’esercito americano. A quell’epoca, gestiva insieme al marito un’impresa per la manutenzione delle piscine a San Diego. Di corporatura minuta, Ashli era disarmata. In seguito, lo stesso ha ammesso di non avere visto nessun indizio che lei portasse un’arma. In effetti, non rappresentava una minaccia visibile, ma l’ha uccisa comunque. In circostanze normali, Byrd sarebbe stato licenziato e immediatamente accusato di un omicidio che ha chiaramente commesso. Ma non è successo.

Dopo aver praticamente insabbiato qualsiasi indagine sulla sparatoria, le forze di polizia del Congresso, gestite da Nancy Pelosi, hanno nominato Byrd eroe nazionale, e i media sono stati enfaticamente d’accordo. Byrd è persino andato in televisione per accettare encomi e lamentarsi del razzismo. Non è mai stato punito per aver ucciso Ashley Babbitt, anzi è stato ricompensato. La madre di Ashli Babbitt, nel frattempo, ha ricevuto un tipo di trattamento molto diverso. è stata arrestata oggi a Washington dalla polizia del Campidoglio. Quale sarebbe il suo crimine? Ha cercato di tenere una cerimonia commemorativa per la morte della figlia. Due anni dopo, è chiaro che la morte di Ashli Babbitt è l’evento di gran lunga più significativo accaduto al Campidoglio quel giorno. Ma allo stesso tempo, è l’evento meno discusso. Per quale motivo? Rivelare i fatti su ciò che è realmente accaduto il 6 gennaio sconvolgerebbe le menzogne su tutto ciò che vi hanno detto a riguardo.

E tali bugie si sono dimostrate molto utili all’amministrazione Biden e al governo permanente di Washington. Sulla base di un mito interamente inventato di ciò che accadde quel giorno, il Pentagono di Biden ha condotto un’epurazione politica senza precedenti, e a tutto campo, delle forze armate americane. Parallelamente, l’FBI e le varie agenzie di intelligence hanno aumentato la loro influenza sui media americani. E, ovviamente, al Dipartimento di Giustizia è stato permesso di perseguire e incarcerare centinaia di manifestanti politici nonviolenti, il cui solo crimine era di avere le opinioni sbagliate. Le menzogne sul 6 gennaio, che sono state implacabili, hanno permesso ad alcune delle persone più prive di scrupoli del nostro paese di farsi beffe della nostra Carta Costituzionale e di rubare le nostre libertà fondamentali.

Quindi non possono parlare di Ashli Babbitt perché renderebbe molto chiaro chi sono i veri colpevoli e quali individui continuano a costituire la vera minaccia per questo paese. E costoro non sono i manifestanti del 6 di gennaio. Quindi, ci mentono su ciò che è successo quel giorno, e lo fanno nei modi più spudorati possibili, senza alcuna vergogna e con la massima aggressività. Ecco a, leader dei democratici alla Camera, che vi dice che cinque agenti di polizia sono stati uccisi il 6 gennaio, quando in realtà il totale reale è zero.

[Hakeem Jeffries – leader di minoranza alla Camera dei Deputati per il Partito Democratico]

Siamo qui riuniti qui per onorare la loro memoria e riconoscere con profonda gratitudine l’enorme coraggio delle centinaia di ufficiali che ci hanno difeso in questa cittadella della democrazia, in quel fatidico giorno.

Come risultato degli eventi del 6 gennaio, cinque eroici agenti di polizia hanno perso la vita.

[Tucker Carlson]

Ci ha detto che cinque eroici agenti hanno perso la vita. È quasi impossibile credere che degli adulti possano stare in piedi dietro di lui mentre lo dice, perché tutti, nella foto che avete appena visto, sanno che non è vero. Non è semplicemente un’interpretazione distorta degli eventi. È una bugia assoluta. Il 6 di gennaio non è stato ucciso nessun agente di polizia, punto a capo. Il 6 di gennaio è stata uccisa Ashley Babbitt, ma è probabile che i vostri nipoti non lo sapranno mai, perché la storia registrerà, come verità, la menzogna che avete appena sentito, semplicemente perché è stata ripetuta così spesso. Tutte le persone in posizioni di autorità l’hanno ripetuta all’unisono, e ininterrottamente, per due anni interi. Come ha recentemente affermato il nostro procuratore generale, un uomo completamente disonesto, non dimenticheremo mai i cinque ufficiali che hanno risposto disinteressatamente il 6 di gennaio e che da allora hanno perso la vita. Il suo capo, Joe Biden, ha ripetuto la stessa menzogna oggi, dalla Casa Bianca.

[Joe Biden]

Queste persone e le persone che rappresentano coloro che non hanno potuto essere qui perché hanno dato la vita per questo.

Hanno compiuto atti incredibilmente importanti. Questo non è un discorso politico, è un fatto storico.

[Tucker Carlson]

Questo è un fatto storico, dice Joe Biden mentre s’inventa la storia di sana pianta, e ci racconta menzogne. Ci hanno raccontato le stesse menzogne fin dal primo giorno,

[Giornalista CNN]

Il 6 gennaio 2021. Quasi come se fosse un’operazione coordinata. Ricordate quando vi hanno detto che Brian Sicknick, l’agente Brian Sicknick, è stato picchiato a morte con un estintore.

[Giornalista CNN]

L’agente Sicknick è morto dopo essere stato colpito alla testa con un estintore.

[Giornalista CNN]

Sicknick è morto dopo essere stato colpito alla testa con un estintore.

[Giornalista CNN]

L’agente Brian Sicknick è morto dopo essere stato colpito alla testa con un estintore.

[Giornalista CNN]

Durante l’attacco durato ore, hanno picchiato a morte un agente di polizia del Campidoglio con un estintore.

[Giornalista MSNBC]

L’agente Brian Sicknick è morto dopo essere stato colpito alla testa con un estintore.

[Giornalista MSNBC]

è morto all’età di 42 anni dopo essere stato colpito dall’estintore.

[Tucker Carlson]

Non è vero. E alla fine, grazie al medico legale del Distretto di Columbia, abbiamo appreso la realtà dei fatti, vale a dire che Brian Sicknick è morto per un ictus ben dopo la protesta del 6 di gennaio. Non è stato picchiato a morte con un estintore, ma questo non ha impedito loro di mentire e non li ha nemmeno rallentati nel farlo. Joe Biden ha appena assegnato una delle più alte onorificenze civili di questo paese, la Presidential Citizens Medal, la medaglia presidenziale per i cittadini, agli agenti che il 6 gennaio lavoravano al Campidoglio. E questo include gli agenti che hanno aperto le porte del Campidoglio facendo entrare i cosiddetti insorti. Insomma gli ufficiali che li hanno fatti entrare sono stati ricompensati per la loro opera dal Presidente degli Stati Uniti. A questo punto vi chiederete che cosa stia succedendo. Ma non vi è permesso saperlo.

Non si può nemmeno conoscere l’ovvio ruolo clandestino svolto dalle agenzie federali che hanno incoraggiato lo svilupparsi degli eventi del 6 gennaio. è un fatto accaduto, ma i relativi dettagli non ci sono mai stati spiegati. C’è ancora molto d’inesplicabile su quel fatidico giorno, nonostante un comitato che è stato nominato allo scopo, ci abbia lavorato per più di un anno. Ricordate, ad esempio, l’attentatore che ha piazzato una bomba all’esterno della sede del Comitato Nazionale Democratico? Scopriamo che quegli esplosivi si trovavano al di sotto di una panchina nello stesso momento in cui Kamala Harris era in quel posto, nonostante che lei fosse affiancata dalla protezione del Servizio Segreto che aveva passato al setaccio l’intero edificio. Come hanno fatto gli agenti del Servizio Segreto statunitense a mancare una bomba che era in bella vista durante la loro ispezione di sicurezza? Non possiamo rispondere perché l’FBI, ancora oggi, si rifiuta di rilasciare tutti i filmati di sicurezza. Perché? Cosa sta succedendo qui? Quasi unico tra i media, Revolver News ha posto questa domanda.

[Giornalista di Revolver News]

Il bombarolo guarda direttamente nella telecamera, per qualche motivo. È molto frustrante perché non possiamo vedere il momento in cui l’attentatore posa la bomba, ma l’FBI può vederlo. Questo perché l’intera scena dovrebbe essere catturata anche dalla telecamera numero uno, e molto più chiaramente rispetto alla telecamera numero due. La telecamera uno ha una chiara inquadratura di entrambe le panchine. Se l’FBI rilasciasse il video completo della prima telecamera, potremmo vedere l’attentatore nell’atto di piazzare l’esplosivo.

[Tucker Carlson]

Quindi qualcuno ha piazzato bombe fuori dalla sede di uno dei due principali partiti politici di questo paese. Sembrerebbe una notizia di grande rilevanza. Eppure nessuno ne ha mai più parlato, nemmeno l’FBI. In effetti, l’FBI non rivelerà alcuna informazione sul sospetto, sulla sua altezza, sul suo peso, sul suo numero di scarpe, nulla. Ma se volessero davvero catturare questo individuo, non vi aspettereste che vi dicessero tutto il possibile sulla sua persona? Però non lo stanno facendo. Perché? E cosa ci faceva Kamala Harris da quelle parti? Perché ha mentito sul fatto di essere lì? Non possiamo rispondere, ma dovremmo essere in grado di farlo. Nessuna persona in autorità vuole nemmeno parlare di Ray Epps, vale a dire l’uomo che è stato ripreso su nastro mentre incoraggiava la folla fuori dal Campidoglio, sia il 5 che il 6 gennaio, spingendola a commettere il crimine d’invadere il Campidoglio. Il fatto interessante è che il comitato del 6 gennaio, sotto la pressione dell’opinione pubblica, alla fine ha intervistato Ray Epps. Non disponiamo di tutti i nastri prodotti dal comitato nel corso di quell’intervista, anche se dovremmo. Ma alcuni sono stati rilasciati, e ci raccontano una storia fuori del comune. Infatti il comitato istruisce Ray Epps su come rispondere alle domande relative al suo coinvolgimento. Riportiamo alla lettera.

Epps scrive: “Ero in prima fila con pochi altri. Ho anche orchestrato la cosa, e ho contribuito a portare le persone sul posto”. Queste sono le parole con cui Epps ammetteva il suo coinvolgimento in un messaggino scambiato con un parente il 6 gennaio. Ammetteva i crimini di cui però non è mai stato nemmeno accusato. Ma ciò che è molto affascinante è che quando questi fatti sono emersi durante la sua intervista, qualcuno del comitato ha risposto in questo modo, e riportiamo le esatte parole. Virgolette: “Voglio solo capire un po’ di più sul suo uso della parola orchestrato. Mi sembra che a questo punto, quando ha inviato questo messaggino, si fosse in parte allontanato in ragione di alcuni eventi con cui non era d’accordo. Non è vero? Quando ha inviato questo messaggio, si stava già allontanando dal Campidoglio perché preoccupato del fatto che la situazione avesse preso una piega diversa”. Chiuse virgolette. Questa è probabilmente la domanda più allusiva e pilotata che sia mai stata posta nella storia di un’audizione congressuale. E l’intervista prosegue tutta nello stesso modo. Tenete presente che Ray Epps è una delle poche persone riprese da una telecamera quel giorno nell’atto d’incoraggiare gli altri ad infrangere la legge. È uno dei pochi.

Eppure non è mai stato accusato. E il comitato del 6 gennaio era dalla sua parte. Perché il comitato e i relativi membri hanno lavorato tanto duramente per aiutarlo? Dunque, nella sua intervista con il comitato, Ray Epps ha dichiarato di non lavorare per le forze dell’ordine. Lo ha detto in una risposta formulata in modo molto specifico, e chiaramente pensata in anticipo. La domanda che ci poniamo è se Ray Epps abbia lavorato oppure abbia avuto contatti con una qualche agenzia governativa. Se abbia parlato degli eventi del 6 di gennaio prima che accadessero, con un qualsiasi dipendente del governo degli Stati Uniti. Ma non lo sappiamo. Sappiamo solo che due anni dopo il 6 di gennaio, molto tempo dopo che parecchie altre persone sono andate in prigione per aver vagabondato all’interno del Campidoglio, Ray Epps è ancora un uomo libero. Non è mai stato accusato, tanto meno imprigionato in isolamento come tanti altri. Perché mai? Dunque, è il momento che smettano di raccontarci fandonie. Il perché è abbastanza ovvio. Ma naturalmente ci stanno ancora mentendo al riguardo.

In questo video appare chiaro che tanto Joe Biden, quanto il suo partito, con la complicità della dirigenza del partito repubblicano, hanno continuato a propinare menzogne sfacciate, impedendo l’emergere di qualsiasi fatto che fosse contrario alla loro narrazione.

All’inizio del video, Carlson menziona Kevin McCarthy, parlamentare repubblicano proveniente dalla California che per lungo tempo è stato leader di minoranza dei repubblicani alla Camera.

La sua nomina era attesa per il 3 di gennaio 2023, ma è stata bloccata da una minuscola fazione di 6 parlamentari repubblicani, poi cresciuta a 20, che hanno preteso una serie di modifiche alle procedure della Camera prima che McKarthy potesse essere eletto. Tra queste richieste c’era anche la pubblicazione dei video delle telecamere di sicurezza del Campidoglio ripresi il 6 di gennaio.

Questo piccolo gruppo di parlamentari repubblicani che appartiere al cosiddetto Freedom Caucus, vale a dire la fazione più conservatrice del partito, ha di fatto messo in atto una strategia che già i parlamentari progressisti, quelli più a sinistra nel partito democratico, avevano tentato nei confronti di Nancy Pelosi, ma che era fallita.

Nancy Pelosi aveva quindi trasformato la gestione della Camera in un regime sostanzialmente dittatoriale, eliminando qualsiasi possibilità di presentare nuove leggi in aula oppure di discutere quelle proposte, a meno che lei non fosse d’accordo.

L’iniziativa da parte di questi 20 parlamentari è stata osteggiata da tutti gli altri repubblicani, compreso Donald Trtump, che in questo senso ha commesso un’altro errore nella relativamente lunga serie di cantonate che ha preso durante la sua attuale campagna elettorale.

Uno dei parlamentari più visibili di questo gruppo è Matt Gaetz, che nel prossimo video vediamo intervistato da Laura Ingraham di Fox News che, pur essendo tradizionalmente vicina alle posizioni dei conservatori, cerca di convicerlo a interrompere la propria battaglia in questa fase cruciale della nomina del nuovo Presidente della Camera.

Trump si sbaglia

[Laura Ingraham]

Si unisce a me ora, un membro del Congresso che viene dalla Florida, Matt Gaetz, che ha votato undici volte per candidati diversi da Kevin McCarthy. Grazie per essere qui. Mi ha divertito vederti, tra l’altro, con la deputata Jayapal. Adoro guardare quel video. Qualsiasi indiscrezione che puoi darci? Mi sono detta, di cosa stanno parlando?

[Matt Gaetz]

Le mie conversazioni con i democratici sono state in gran parte per assicurarmi che non lasciassero la Camera dei Deputati per andare a cena oppure a una raccolta di fondi, o quant’altro. Avevamo bisogno di mantenere il denominatore nell’equazione per l’elezione del Presidente della Camera al fine di avere una leva per ottenere le numerose cose che abbiamo chiesto in materia di bilancio, di limiti del mandato, sul modo di gestire la Camera dei Deputati, tra cui l’assegnazione alle varie commissioni e la nomina dei relativi presidenti, in modo che non vengano mercanteggiate in base a chi è in grado di ridistribuire il maggior numero di soldi provenienti dai lobbisti, mentre il popolo americano viene spesso lasciato da parte da un sistema congressuale che ormai è guasto e corrotto.

[Laura Ingraham]

Sì, penso che sia importante la questione che hai sollevato in tema di non abbandonare l’aula per correre agli eventi con consulenti o raccolte fondi. Ho visto tuttavia che c’era un’e-mail di raccolta fondi inviata da Andy Biggs, uno dei deputati che, ovviamente, si oppone a McCarthy. Ha inviato una richiesta di raccolta fondi proprio mentre la votazione era in corso nell’aula, dicendo, abbiamo impedito a Kevin McCarthy di diventare presidente della Camera. Ma ora noi conservatori dobbiamo guidare la lotta per ottenere la leadership che meritiamo. Dunque, noi tutti amiamo l’onorevole Biggs, ma pensi che questo sia l’approccio giusto, considerando quello che hai appena detto sull’impedire che i parlamentari se ne vadano a una raccolta fondi?

[Matt Gaetz]

Io volevo solo assicurarmi che le persone rimanessero nell’aula. Anch’io ho inviato e-mail simili, perché i gruppi repubblicani a favore di McCarthy hanno attivato sistemi di chiamata automatica nei nostri distretti, cercando di fare pressione su di noi e costringerci a cedere. Quindi, quando hai un Kevin McCarthy che utilizza le sue vaste risorse politiche per combattere contro i conservatori della Camera, vogliamo che i grandi patrioti del nostro paese vadano su MattGaetz.com, e contribuiscano in modo che io possa combattere e far arrivare un messaggio sui grandi obiettivi che stiamo cercando di raggiungere. E non è la fine del mondo se impieghiamo qualche giorno in più, o forse anche un paio di settimane, per risolvere la situazione.

Laura, ci sono alcuni giorni al Congresso in cui l’unica cosa su cui votiamo è il cambio del nome di un ufficio postale. In questo momento stiamo decidendo chi sarà il secondo in linea di successione alla presidenza. E la formula delle concessioni che stiamo chiedendo, di fatto trasforma la presidenza della Camera, in una posizione puramente cerimoniale. Se i miei colleghi ottengono ciò che vogliono da McCarthy, il presidente del Freedom Caucus sarà davvero più importante del presidente della Camera nel determinare che tipo di legislazione arriva in aula, come vengono elaborati gli emendamenti e come verrà gestita la spesa in futuro.

[Laura Ingraham]

Comprendo, e come sai, sul tema del riformare l’establishment sono totalmente con te. Ma cerco anche di dedicarmi all’arte del possibile. Cosa è davvero possibile fare in questa situazione? Avete ottenuto una serie di concessioni che non sono sicura che io stessa vi avrei concesso se fossi stata al posto di McCarthy, ma lui ha accettato diverse vostre richieste nel tentativo di arrivare a 218 voti. Ha abbassato la soglia dei voti necessari per iniziare il processo di rimozione di se stesso come Presidente della Camera. Ora basta un solo parlamentare per farlo. Ha anche concordato di mantenere il suo fondo per le donazioni al di fuori delle primarie del Partito Repubblicano, e di aggiungere più membri del Freedom Caucus al Comitato che stabilisce i regolamenti della Camera. E mi risulta che abbia anche accettato un processo di approvazione separato per ciascun accantonamento di bilancio, e abbia consentito di portare in aula un voto sui limiti di mandato per i parlamentari e su una specifica legislazione sulle politiche di frontiera. Cos’altro deve accettare prima che Matt Gaetz voti per lui.

[Matt Gaetz]

Non scommetterei sul mio voto per Kevin McCarthy in quasi nessuna circostanza. Ma è importante notare che tutti questi punti che abbiamo proposto.

[Laura Ingraham]

Aspetta un attimo. Si tratta allora di una questione personale. Hai appena sollevato questo punto fondamentale. Non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca. Non si può dire, sono un uomo di principi e credo in X, ipsilon e Z, ma anche se mi concedesse X, ipsilon e Z, non voterò per lui. Che senso ha?

[Matt Gaetz]

Laura, ecco perché ha senso. Kevin McCarthy è la testa di ponte delle varie lobby, e sono dispiaciuto per la misura in cui fa riferimento ai lobbisti e ai gruppi di potere per dettare le decisioni politiche, per decidere sulle strategie, e per determinare le scelte delle posizioni di leadership. Kevin McCarthy è stato al comando per 14 anni e ha venduto quote di se stesso a diversi gruppi di potere, e a vari comitati di raccolta fondi. Ed è per questo che non penso che sia una scelta appropriata. Inoltre non possiede alcuna ideologia di riferimento. Cosa hai detto?

[Laura Ingraham]

Tu sei molto vicino a Trump.

[Matt Gaetz]

Sì, lo sono.

[Laura Ingraham]

Perché Trump è favorevole a McCarthy? Quanti altri post dobbiamo vedere su Truth Social dove il presidente Trump vi dice che è stato divertente, ma che bisogna dargli un taglio?

[Matt Gaetz]

Beh, amo il presidente Trump. L’ho difeso molto al Congresso, ma la scelta delle risorse umane non è mai stato il suo punto di forza. Il presidente Trump ci ha portato gente come Jeff Sessions, Bill Barr, Jim Mattis e Mark Esper, persone che hanno raramente portato avanti la sua politica di priorità per l’America.

[Laura Ingraham]

Quindi pensi che abbia torto.

[Matt Gaetz]

Sì, credo che il presidente Trump abbia torto nella misura in cui sostiene Kevin McCarthy. Sosterrò il presidente Trump quando correrà per la rielezione presidenziale nel 2024, ma non lo sosterrò in questo gioco. Vedrete cosa saremo in grado di ottenere.

[Laura Ingraham]

Allora saresti disposto a rischiare che, alla fine ci sia un accordo raggiunto con i democratici moderati e che dia ai democratici una sorta di controllo congiunto delle commissioni?

[Matt Gaetz]

No, assolutamente no. Questo non accadrà. Ci sono due scenari e io li conosco perché sono in aula. I 212 democratici voteranno sempre per Hakeem Jeffries. Per loro è un candidato di portata storica. Non si discosteranno in nessuna circostanza. Vi assicuro che se i democratici si unissero ai repubblicani che ci sono contrari per eleggere un repubblicano moderato, mi dimetterò dalla Camera dei Deputati. Questo ti dà una misura di quanto sia sicuro di quello che dico. Posso assicurare ai vostri spettatori che non accadrà.

[Laura Ingraham]

Steve Scalise potrebbe andare bene per voi, oppure no?

[Matt Gaetz]

Beh, dipende se accettasse queste regole su cui abbiamo speso molto tempo. Quindi dovremmo riprendere la discussione con Steve Scalise. Finora, Steve Scalise non ha indicato che voglia candidarsi. Preferirei di gran lunga Jim Jordan. E se Kevin McCarthy si ritirasse, mi aspetto che Jim Jordan organizzi una campagna. Per il momento non è in lizza. Guarda, se Kevin McCarthy si ritirasse da questa gara e Jim Jordan si facesse avanti, la mia convinzione è che Jim Jordan vincerebbe. Penso che rinvigorirebbe il nostro movimento. Penso che goda di ampia fiducia in ogni angolo del Partito Repubblicano e da parte di molti dei nostri donatori, sostenitori e attivisti. Questo è il tipo di opzione, nel caso in cui Kevin McCarthy si ritirasse. Se Kevin McCarthy non si arrendesse, allora dovrà vivere l’intero mandato della sua presidenza con una camicia di forza costruita da queste regole su cui ora stiamo lavorando.

[Laura Ingraham]

Preferisci uno Speaker con una camicia di forza anziché uno che tu credi sia solo uno spendaccione, giusto?

[Matt Gaetz]

Nel caso di Kevin McCarthy preferisco la camicia di forza. Se fosse un Jim Jordan, certamente non ne avremmo bisogno, perché ci fidiamo di lui. Non abbiamo fiducia in Kevin McCarthy, basandoci su una vasta mole di dati. Ha votato costantemente per le grandi leggi di spesa, per l’amnistia agli immigrati illegali e ha costantemente rifiutato di unirsi a noi nel tentativo di rompere il monopolio di Big Tech. è una persona la cui bussola morale equivale a un dito bagnato nel vento.

[Laura Ingraham]

D’accordo onorevole Gaetz, vi seguiremo molto da vicino. Non vediamo l’ora di vedere cosa succederà. Grazie mille per esserti unito a noi.

Il video ci mostra come nel Partito Repubblicano sia nata una fazione determinata a portare riforme e che non si lascia influenzare nemmeno da Trump, ma che anzi può calmierarne le scelte, spiandogli la strada, ma controbilanciando la tendenza di Trump di circondarsi delle persone più sbagliate per la realizzazione delle sue politiche.

Nel video Gaetz menziona alcuni nomi illustri, come ad esempio Jeff Sessions, il primo Ministro della Giustizia nominato da Trump, che si è ricusato quasi subito dopo la nomina senza consultarsi conTrump e lasciando campo libero sulla famosa indagine del Russiagate che ha impegnato Trump per quasi due anni per poi smontarsi in una bolla di sapone, ma che ha deteriorato notevolmente i rapporti tra Stati Uniti e Russia, preparando la strada per l’attuale conflitto in Ucraina. Bill Barr, che ha sotituito Sessions, ha tolto Trump dall’impiccio del Russiagate, ma non ha fatto molto per impedire i due successivi impeachment e la grande operazione di manipolazione dell’elezione presidenziale del 2020, che può essere paragonata a una vera e propria rivoluzione colorata nello stile di quella organizzata dalla CIA in Ucraina nel 2014.

Jim Mattis e Mark Esper sono stati due ministri della difesa nominati da Trump  che tuttavia hanno boicottato gran parte delle sue iniziative, impedendogli di ritrarsi davvero dalle guerre che Trump aveva promesso di concludere.

Ma ci sono molti altri nomi che vanno aggiunti alla lista di personaggi scelti male, a cominciare dal vicepresidente Mike Pence, incaricato della gestione dell’emergenza del COVID-19 che ha portato alla Casa Bianca Anthony Fauci e che si è consultato sistematicamente circa il proprio operato con Joe Biden e con Dick Cheney (altramente controverso vicepresidente sotto George Bush junior) entrambi nemici dichiarati di Trump. E’ stata inoltre la posizione equivoca di Mike Pence a indurre Trump a compiere il grave errore di convocare il comizio del 6 di gennaio a Washington.

La lista sarebbe ancora lunga, ma ci dà un’idea del fatto che, qualora Trump tornasse alla Casa Bianca, serva al Congresso un nucleo compatto e agguerrito di parlamentari capace di calmierare gli effetti prodotti da questi ripetuti errori di scelta dei propri collaboratori.

Nel prossimo video di questa serie vedremo come si è sviluppata la battaglia tra il manipolo dei 20 e McCarthy e vedremo anche la prima parte dei nuovi video rilasciati.

Roberto Mazzoni

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