I nazisti del Pentagono – Operazione Paperclip – parte 3 – MN #237

In questa terza puntata dedicata all’Operazione Paperclip, con cui l’esercito americano e la CIA hanno portato negli Stati Uniti scienziati nazisti, vediamo altri aspetti di questa operazione e le relative conseguenze sul futuro degli Stati Uniti e dell’Europa.

Questa operazione risulta ancora più odiosa perché ha garantito ai nazisti immunità e spesso posizioni di alta responsabilità all’interno di vari governi occidentali nonostante avessero partecipato a gravi crimini di guerra nei vari campi di concentramento nazisti dove sono stati sterminati 6 milioni di ebrei e 11 milioni di cittadini di altre nazionalità e fede religiosa.

Cominciamo subito con la parte finale della conferenza tenuta da Annie Jacobsen per la presentazione del libro, “Operation Paperclip”, che descrive questa operazione segreta condotta dalle forze armate statunitensi a partire dalla parte finale della guerra fino agli anni Ottanta e anche oltre.

In questa parte finale, l’autrice risponde a diverse domande del pubblico, ho selezionato per voi quelle più interessanti. Fa riferimento al Freedom of Information Act, una legge americana che consente di fare causa al governo degli Stati Uniti per ottenere la consegna di documenti ufficiali riservati.

Un caso di alto tradimento

[Lettore]

Bene, grazie mille. Ho due domande. Anch’io ho  fatto molte ricerche di questo tipo negli archivi. Nella sua ricerca, si è imbattuta in prove del fatto che i documenti erano stati distrutti, oppure le sono stati negati? E la mia seconda domanda è: che cosa dire sugli sforzi di denazificazione degli Alleati?

[Annie Jacobsen]

Quindi, rispondendo alla prima parte della domanda, Il fatto che un documento sia stato smarrito oppure sia mancante è una specie di eufemismo per indicare qualcosa che non ho ancora decifrato del tutto. Ma Otto Ambrose è il caso migliore: ha ottenuto un contratto con il Dipartimento dell’Energia, ma penso di aver trascurato di menzionare che la parte peggiore della sua storia è che quando Ambrose ha ricevuto clemenza dall’Alto Commissario degli Stati Uniti, John McCloy, anche le sue finanze sono state completamente reintegrate. Gli hanno ridato quel bonus di un milione di marchi che aveva ricevuto da Hitler.

E volevo sapere come mai gli è stato permesso di venire negli Stati Uniti visto che era un criminale di guerra nazista condannato. Ciò nonostante è venuto negli Stati Uniti due o forse tre volte. Perciò, quando ho presentato il Freedom of Information Act, ho chiesto al Dipartimento di Stato gli schedari con i documenti di viaggio di Ambros e i relativi permessi speciali, ma è sempre venuto fuori che erano smarriti o mancanti. Per favore mi ripeta la seconda parte della sua domanda.

[Lettore]

Che cosa dire sugli sforzi di denazificazione degli Alleati?

[Annie Jacobsen]

È stato uno sforzo enorme. In Germania, molte persone sono state imprigionate, interrogate, rieducate, ci sono stati enormi cambiamenti.

[Lettore]

Vorrei sentire i suoi commenti e i suoi pensieri sulla sincerità di tali sforzi.

[Annie Jacobsen]

Ebbene, gli Alleati avevano diviso la Germania in quattro parti, la parte che spettava gli Stati Uniti ospitava 20 milioni di tedeschi. Le autorità di occupazione hanno inizialmente stabilito che c’erano 3,9 milioni di potenziali criminali. Col passare del tempo, hanno ridotto quella cifra a 970.000. Di questi 970.000, alla fine solo 170.000 sono stati processati nei tribunali di denazificazione di cui sta parlando. 50.000 persone sono state condannate a scontare una pena per aver commesso crimini. Molte volte si trattava di lavoro gratuito oppure di pagare una multa. Alla fine, di questi 50.000, solo circa 1.000 sono stati messi in prigione.

[Lettore]

Grazie.

Una volta che gli Stati Uniti e gli alleati decisero che ci sarebbe stata una Germania Ovest, molti nazisti entrarono a far parte dei servizi segreti tedeschi. In effetti, c’è un generale di cui ho dimenticato il nome, che ne divenne il capo.

[Annie Jacobsen]

Ghelen ne divenne il capo subito dopo la guerra.

[Lettore]

Quindi non pensa che stessero trascurando di pensare alle vittime di quest’uomo? Non ci pensavano più,  ma erano maggiormente interessati ad acquisire le conoscenze dai tedeschi e anche ad essere più forti per affrontare il nuovo nemico, che era la Russia.

[Annie Jacobsen]

Sì, ha assolutamente ragione. E ne parlo a lungo nel libro perché la minaccia sovietica è stata considerata estrema molto prima di quanto pensiamo. Fu proprio nei mesi successivi alla guerra, che il Joint Intelligence Committee che riferiva le informazioni al Joint Chiefs of Staff, diede al Joint Chiefs of Staff un documento in cui dicevano: “Dobbiamo prepararci alla guerra totale”. Questa era la citazione che usavano con i sovietici. E hanno detto che sarebbe stata una guerra ABC, atomica, biologica e chimica. Quindi la posizione era assolutamente che dovevamo prendere quegli scienziati oppure li avrebbero presi i sovietici.

[Lettore]

La ringrazio per il suo meraviglioso discorso. C’è uno statuto di prescrizione per i crimini di guerra e qualcuna di queste persone è ancora viva oggi?

[Annie Jacobsen]

Per quanto ne so, tutti gli scienziati dell’operazione Paperclip sono morti. La questione della prescrizione è emersa quando abbiamo cercato di liberarci del dottor Schreiber, dopo che era scoppiato questo enorme scandalo sulla stampa. Una vittima dei crimini di guerra aveva riconosciuto Schreiber e aveva testimoniato all’FBI dicendo che era la stessa persona che aveva operato nel campo di concentramento di Ravensbrück. Un giornalista di Time Magazine ha chiesto al capo dell’Air Force esattamente questa domanda, e lui ha risposto: “Non ricominceremo da capo i processi di Norimberga”. Quindi questo risponde alla domanda. Era il 1951.

[Lettore]

Il Mossad stava cercando di arrivare a queste persone? Qualcuno lo sa? Avendo saputo che trascinavano le persone fuori dall’Argentina, non avrebbero potuto trovarle per strada anche negli Stati Uniti? Perché era così difficile?

[Annie Jacobsen]

Nel mio libro non mi occupo del Mossad, ma voglio dire, c’erano programmi come Paperclip che erano in corso anche in tutto il Medio Oriente.

Sì.

[Lettore]

Lei ha detto che anche i sovietici erano interessati a questi scienziati. Quindi c’era una sorta di competizione. Di conseguenza quanto ha avuto successo, potrebbe non essere la parola giusta, diciamo, come sono andati gli sforzi degli americani rispetto a quelli dei sovietici?

[Annie Jacobsen]

Questa è una domanda molto importante. In particolare per quel che riguarda gli scienziati specializzati in missili, perché ne abbiamo saputo appena prima della fine della guerra. Quindi c’era una vera e propria corsa contro il tempo per far uscire gli scienziati tedeschi da Nordhausen, visto che quell’area sarebbe stata presto sotto il controllo sovietico. Ne abbiamo recuperati 114. I russi ne hanno recuperati 200, 500, oppure 900, dipende dalla fonte di informazione utilizzata.

Ma ecco il problema. Per la maggior parte, i sovietici detestavano i tedeschi e viceversa, a causa della guerra. Perciò i sovietici trattarono i loro scienziati tedeschi come cittadini di seconda classe, mentre i nostri scienziati tedeschi, gli scienziati missilistici in particolare, furono messi su un piedistallo e gli furono anche date posizioni di leadership nel programma. Gli scienziati tedeschi erano invece considerati cittadini di seconda classe per quanto riguardava i russi. Al punto che li hanno spremuti di informazioni e poi li hanno rispediti in Germania. A quel punto la CIA creò un programma chiamato Operazione Drag And Return, operazione pesca e riporta.

E mandarono agenti della CIA in Germania per raccogliere informazioni e testimonianze da tutti gli scienziati tedeschi che erano stati in Unione Sovietica. Volevano scoprire cosa sapevano del programma missilistico sovietico, che non era quasi nulla, perché erano stati tenuti lontani dalle informazioni. Quindi la storia finale è che il programma sovietico è andato molto bene senza l’aiuto degli scienziati nazisti, il che ci fa porre la domanda: avevamo davvero bisogno di loro?

Sì.

[Lettore]

Due semplici domande. La prima è da dove viene il nome dell’Operazione Paperclip.

[Annie Jacobsen]

Quei due gruppi di cui vi parlavo, che si trovavano in Germania per interrogare, o piuttosto intervistare gli scienziati tedeschi e prepararli per il passaggio verso gli Stati Uniti, alcuni di loro erano molto contrari al programma. E così, come mezzo per assicurarsi che i fascicoli arrivassero alle persone giuste, gli ufficiali favorevoli al programma, gli ufficiali dei servizi segreti, fissavano una graffetta sulla cartelletta come mezzo di riconoscimento. All’epoca non si chiamava Paperclip, bensì Programma Overcast, che significa Nuvoloso. Fissavano quindi una graffetta sulla parte superiore del fascicolo per segnalare che doveva andare alla persona giusta. E da qui ha preso il nome Paperclip, che significa appunto graffetta.

[Lettore]

È chiaro che gli scienziati tedeschi lavorarono fianco a fianco con gli scienziati americani, alcuni dei quali probabilmente avevano combattuto in guerra. Qual è stata la loro reazione nel lavorare con ex nazisti?

[Annie Jacobsen]

Questa è una domanda interessante. Alcuni di loro erano ebrei. Ho intervistato molti di questi scienziati per il mio libro precedente, Area 51. E l’idea era che questi fossero scienziati tedeschi buoni e, a conti fatti, non c’era motivo per cui gli scienziati americani non dovessero credere al loro governo, per cui lavoravano, quando gli era stata detta questa bugia.

I Capi di Stato Maggiore sapevano la verità, ma pochissime persone, al di fuori di quella cerchia ristretta, lo sapevano veramente.

Come vediamo da questa ultima parte dell’intervista, l’operazione Paperclip è stata di fatto un atto di tradimento commesso da alti ufficiali del Pentagono all’insaputa dei loro stessi commilitoni. L’intera operazione è stata inizialmente gestita da uno speciale ufficio creato all’interno del Pentagono, il Joint Intelligence Objectives Agency (JIOA) che aveva lo scopo esplicito di reclutare scienziati nazisti e collocarli in tutte le branche delle forze armate statunitensi e poi, dal 1947 in avanti, nella CIA che era appena stata formata.

Il JIOA era un sottocomitato del Joint Intelligence Committee, un’organizzazione di spionaggio che forniva informazioni ai Joint Chiefs of Staff, il massimo apparato direzionale del Pentagono.

Come ci spiega Annie Jacobsen, i partecipanti dell’operazione Paperclip operavano in segreto anche rispetto ai colleghi che al loro fianco si trovavano in Germania per interrogare i prigionieri tedeschi.

Vediamo che un programma di reclutamento simile era in corso parallelamente anche da parte dei sovietici e da parte di diverse nazioni del Medio Oriente, a la Jacobsen lascia intendere che una di queste era Israele.

Walter Schreiber, il chirurgo capo del Terzo Reich, non ha fatto parte della prima infornata del progetto Paperclip, ma è stato recuperato da un secondo programma chiamato Accelerated Paperclip che ha portato negli USA anche persone che prima erano state considerate indesiderabili.

Grazie all’Operazione Paperclip e alle operazioni seguenti, gli Stati Uniti hanno cambiato completamente la forma del proprio complesso industriale militare dotandosi di tutte le armi sviluppate in origine dai nazisti: i missili balistici, le bombe a grappolo con gas nervino Sarin, la peste bubbonica usata come arma, i bunker sotterranei, e una lista interminabili di armi leggere, carri armati e aerei. A questo si sono aggiunti i viaggi spaziali che sono culminati, durante la presidenza di Donald Trump, con la formazione della Space Force, dedicata espressamente alle guerre spaziali.

Con questa iniezione di nazisti non riformati, l’esercito americano è diventato sempre più simile a quello tedesco, con grande enfasi sull’aviazione e sui bombardamenti a distanza, e con una capacità sempre inferiore di combattimento sul terreno, sempre più imperniata sull’uso di armi sofisticate.

I 1600 nazisti reclutati tramite Paperclip sono solo la punta dell’iceberg, infatti vediamo che la CIA ha riassorbito quasi interamente la rete di spie naziste che operavano in Unione Sovietica, inizialmente nota con il nome di Gehlen Organization e vediamo che la stessa Gehlen Organization è stata la base per creare il nuovo servizio segreto tedesco dopo la fine della guerra.

Poiché l’Unione Sovietica era l’obiettivo primario per la CIA, è chiaro che la Gehlen Organization e il numero enorme e imprecisato di ex nazisti ingaggiati dalla CIA ha determinato da subito le modalità di comportamento della CIA, tra cui anche gli esperimenti di manipolazione mentale con droghe iniziati immediatamente dopo la sua formazione.

Dall’intervista di Annie Jacobsen scopriamo infine che, a parte i pochi condannati al processo di Norimberga, la quasi totalità dei nazisti ne è uscita indenne, o con pene risibili, e ha continuato a svolgere ruoli importanti in Germania oppure all’interno di altre organizzazioni governative segrete nei Paesi Occidentali.

Anche i sovietici hanno usato ampiamente le invenzioni naziste e gli ex-scienziati nazisti. Di fatto, come scrive Linda Hunt, nel suo libro Secret Agenda”, il primo a parlare dell’operazione Paperclip, uno degli ufficiali dei servizi segreti militari che gestiva Paperclip, William Henry Whalen, era di fatto una spia sovietica.

In realtà diventa molto difficile stabilire chi spiasse su chi visto che sia la CIA sia l’apparato di sicurezza sovietico erano profondamente infiltrati da ex-nazisti. In Russia i nazisti erano penetrati prima della guerra e di certo non volevano essere scoperti dai colleghi scienziati che erano stati temporaneamente deportati in Russia e che sono quindi stati mantenuti isolati da tutto il resto. Negli Stati Uniti, la gran parte dei nazisti è arrivata dopo e molti di loro sono rimasti completamente sconosciuti perché Gehlen si è sempre rifiutato di condividere con gli americani i nomi delle proprie risorse.

Vediamo un riepilogo dei personaggi menzionati in quanto abbiamo visto sinora al fine di inquadrare la realtà in cui hanno operato.

Le persone menzionate da Annie Jacobsen

Janina Iwanska: una delle poche sopravvissute del campo di sterminio di Ravensbrück, in Germania, riservato alle sole donne e dove si conducevano esperimenti medici letali. Si stima che nel campo siano passate 132.000 donne, di cui il 15% ebree, e 85% di altre razze e culture, con una forte prevalenza di donne polacche e tedesche, anche se ci sono stime molto più alte. Le donne erano catalogate, all’83%, come prigioniere politiche e, al 12%, come antisociali. Janina era una cattolica polacca che era stata separata dai suoi genitori all’età di 14 anni, dopo l’insurrezione di Varsavia del 1944. Nel 1951 è andata negli Stati Uniti per ricevere cure mediche, e ha identificato per caso il dottor Walter Schreiber, come uno dei medici che conducevano esperimenti sulle donne del campo.

Gli esperimenti consistevano nel tagliare le gambe delle donne su un fianco e cospargere l’interno della ferita con batteri, terriccio, pezzi di vetro e schegge di legno, dopo di che la gamba veniva ingessata, e si lasciava che andasse in suppurazione per sperimentare l’efficacia di vari farmaci. A volte venivano anche eseguiti trapianti di ossa e amputazioni sperimentali. Chi non collaborava o gridava troppo forte per il dolore, veniva ucciso con un iniezione letale oppure con un colpo di pistola nei boschi vicini.

Dottor Walter Schreiber: generalmaggiore dell’esercito tedesco e chirurgo capo del Terzo Reich, vale a dire la massima autorità medica in Germania durante il regime di Hitler. Responsabile di tutti i servizi medici in tempo di guerra come parte del comando supremo dell’esercito tedesco. Membro del Consiglio di Ricerca del Reich e capo di tutte le attività in materia di guerra chimica e batteriologica. Catturato dai sovietici durante la battaglia di Berlino, comparve come testimone a sorpresa per conto dei sovietici durante il processo di Norimberga. Faceva parte del team di accusatori sovietici contro il capo dell’aviazione nazista, Hermann Göring, con cui Schreiber era stato in personale antagonismo. Attribuì a Göring tutta la responsabilità degli esperimenti con peste bubbonica e tifo condotti su cavie umane dicendo di essere stato contrario, ma che Hitler aveva dato a Göring pieni poteri.

Nel 1948 fuggì dal controllo dei sovietici e si consegnò immediatamente agli americani che, sotto la protezione dell’Operazione Paperclip, lo trasferirono dapprima al campo militare statunitense di Camp King, vicino a Francoforte, dove si praticavano tecniche di tortura, e, in seguito, alla scuola dell’aviazione militare statunitense in Texas. Dovette abbandonare gli Stati Uniti e trasferirsi insieme alla famiglia in Argentina a seguito delle accuse portate dal medico americano Leopold Alexander, che aveva partecipato come esperto medico accusatore al processo di Norimberga.

Alexander  aveva mostrato la foto di Schreiber a una testimone del processo di Norimberga, che era stata vittima di esperimenti medici al campo di concentramento di Ravensbrück. La donna si trovava a Boston per ricevere cure come sopravvissuta all’Olocausto. Riconobbe Schreiber e disse che era stato presente nel campo di concentramento, anche se non aveva condotto esperimenti direttamente su di lei. Dal resoconto di Annie Jacobsen, sappiamo che Walter Schreiber era solito praticare iniezioni letali di fenolo ai prigionieri dei campi di concentramento per ucciderli in modo più spiccio. Sappiamo inoltre che il Pentagono non aveva nessuna intenzione di rinunciare al medico nazista anche se era stato riconosciuto e denunciato. Alexander fece quindi una petizione al presidente degli Stati Uniti affinché Schreiber venisse espulso.

Dottor Karl Gebhardt: ufficialedi grado superiore delle SS, medico personale di Himmler, il capo delle SS, e chirurgo capo delle SS. Gebhardt è stato dichiarato responsabile di una serie di atrocità mediche commesse sui prigionieri dei campi di concentramento di Auschwitz e Ravensbrück. In quest’ultimo operava sotto la direzione del general maggiore Walter Schreiber che invece è scampato dalla condanna consegnandosi ai sovietici e testimoniando contro di lui al processo di Norimberga, facendolo impiccare.

Generale di divisione Reinhard Gehlen: Ufficiale di massimo grado dell’intelligence nazista sul fronte orientale. Fu assunto dalle forze armate statunitensi per gestire la Gehlen Organization, un gruppo di spie tedesche che raccoglievano informazioni sul blocco sovietico e che avevano sede a Camp King, una base americana in Germania. L’organizzazione fu assorbita dalla CIA nel 1949 e tutte le informazioni relative sono state mantenute segrete fino al 2001. Una volta che la Germania acquistò di nuovo la propria sovranità territoriale, Gehlen divenne il presidente fondatore del servizio segreto tedesco, il BND, e reclutò numerosi ex membri delle SS e della SD, l’organizzazione nazista che spiava sui tedeschi e che era affiliata con la Gestapo, la polizia segreta del partito nazista. Ha ricevuto la grade croce al merito dalla Repubblica Federale Tedesca nel 1968.

Colonnello Gordon D. Ingraham: comandante della base americana di Camp King in Germania dal 1949 al 1951 dove le forse armate statunitensi conduceva interrogatori sui prigionieri tedeschi, e dove la CIA ha, in seguito, condotto esperimenti somministrando ai prigionieri la droga allucinogena LSD come parte dell’operazione Project Bluebird che mirava a sviluppare nuove tecniche di manipolazione mentale.

Otto Ambros: chimico della IG Farben, ha contribuito alla scoperta del gas Sarin, e della gomma sintetica Buna. Ha ricevuto direttamente da Hitler un premio di un milione di marchi per i traguardi scientifici da lui conseguiti. Ha servito nel Terzo Reich come capo del Comitato per le armi chimiche. è stato anche manager della fabbrica gestita ad Auschwitz dalla IG Farben, che impiegava come schiavi i prigionieri del campo di concentramento. è stato infine manager di una fabbrica nella cittadina di Dyhernfurth, dove si produceva un gas mortale. Processato e condannato a Norimberga, è stato liberato anzitempo e ha lavorato per l’azienda chimica americana Grace, per il dipartimento statunitense dell’Energia e per altre attività gestite da aziende e governi europei. 

John McCloy: avvocato, banchiere, politico e consigliere per numerosi presidenti degli Stati Uniti. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale è stato assistente del Segretario della Guerra e ha svolto un ruolo determinante nel lancio dell’Operazione Paperclip. Dopo la guerra, dal 1947 al 1949, ha servito come presidente della Banca Mondiale, dopo di che, nel 1949 è stato nominato Alto Commissario degli Stati Uniti in Germania. In tale posizione, ha dato vita alla versione accelerata dell’Operazione Paperclip, denominata Progetto 63, con cui ha scarcerato e riciclato molti ex nazisti, anche quelli che erano stati condannati al processo di Norimberga.

Finito questo lavoro, è tornato negli Stati Uniti come presidente della Chase Manhattan Bank, uno dei principali colossi bancari statunitensi controllato dalla famiglia Rockefeller, che aveva anche notevoli interessi nell’industria del petrolio e nell’industria farmaceutica, tra cui anche quella tedesca. Fu quindi membro della commissione Warren, costituita dal presidente Lyndon Johnson per indagare sull’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy, che tuttavia non fece mai luce sulle vere cause dell’attentato. Del resto McCloy aveva avuto anche un ruolo centrale nella formazione della CIA, che alcuni sospettano avesse avuto un ruolo nell’uccisione di Kennedy. Infine troviamo McCloy nella posizione di presidente del Council for Foreign Relations, l’organizzazione primaria di controllo politico creata dai Rockefeller, e che costituisce una componente essenziale nel progetto della famiglia Rockefeller di creare un Nuovo Ordine Mondiale. Ne parliamo più diffusamente nella sezione Nuovo Ordine Mondiale di MazzoniNews.

Tenente colonnello William Henry Whalen: ufficiale dei servizi segreti militari americani che gestiva, insieme ad altri, l’operazione Paperclip, mentre contemporaneamente era una spia sovietica. Ha fornito informazioni segrete ai sovietici dal 1959 al 1963, mentre lavorava al Pentagono all’interno dello staff dei capi di stato maggiore delle forze armate statunitensi.

Molti dei personaggi coinvolti nell’operazione Paperclip erano figure di secondo piano, ma il libro di Annie Jacobsen si concentra su 21 personaggi che erano tutti nazisti di primo pianoi otto personaggi erano nazisti di altissimo livello.

Per inquadrare la situazione di questi personaggi chiave, vi propongo una parte dell’introduzione del libro scritta da Annie Jacobsen.

Introduzione al libro Operazione Paperclip

Nel corso dell’operazione Paperclip che è iniziata nel maggio del 1945, gli scienziati che hanno aiutato il Terzo Reich a condurre la guerra, hanno continuato le loro ricerche sullo sviluppo di armi per il governo statunitense, sviluppando razzi, armi chimiche e batteriologiche, medicina aviatoria e spaziale (per aumentare le prestazioni degli aviatori e degli astronauti), e molte altre armi a un ritmo febbrile che ha definito la cosiddetta Guerra Fredda.

Era iniziata l’epoca delle armi di distruzione di massa, e con essa arrivò il pericoloso concetto di brinkmanship, la politica del rischio calcolato, vale a dire l’arte di spingere la politica ai limiti della sicurezza prima di fermarsi. L’assunzione di nazisti convinti e dedicati al nazismo era un’azione senza precedenti, priva di princìpi morali, e intrinsecamente pericolosa non solo perché il Segretario della Guerra, Robert Patterson, aveva dichiarato nel discutere dell’approvazione di Paperclip che “Questi uomini sono nemici”, ma anche perché contraddiceva gli ideali democratici.

Gli uomini di cui parliamo in questo libro non sono nazisti qualsiasi. Otto dei ventuno, vale a dire Theodor Benzinger, Kurt Blome, Otto Ambros, Walter Dorberger, Siegfried Knemeyer, Walter Schreiber, Walter Schieber, e Werner von Braun – avevano tutti lavorato in un momento o nell’altro a fianco di Adolf Hitler, Heinrich Himmler, o Herman Göring durante la guerra. Quindici dei ventuno erano membri dedicati del partito nazista, e dieci di loro si erano anche uniti alle squadre paramilitari ultraviolente del partito nazista, le SA (che in tedesco significa truppe di assalto), e le SS (che in tedesco significa squadrone di protezione); due di essi indossavano il distintivo d’oro del partito, il che indicava che godevano del favore personale del Fhurer; e uno aveva ricevuto un milione di marchi come premio per i risultati conseguiti.

Sei dei ventuno sono andati sotto processo a Norimberga, mentre un sesto fu rilasciato sotto circostanze misteriose, e un ottavo è stato processato a Dachau per crimini regionali. Solo uno fu condannato per strage, e schiavitù, e ha scontato una breve pena prima di ricevere clemenza e quindi essere assunto dal Dipartimento dell’Energia statunitense. Tutti loro sono venuti in America su richiesta dei capi di stato maggiore delle forze armate statunitensi. Alcuni ufficiali credevano che sostenendo il progetto Paperclip avrebbero accettato il minore dei mali, e che se l’America non avesse reclutato questi scienziati, l’avrebbero fatto sicuramente i sovietici. Altri generali e colonnelli americani nutrivano invece un rispetto e un’ammirazione personale per questi personaggi e lo dichiararono apertamente”.

Vediamo quindi che, con la scusa dell’emergenza nel confronto tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che era probabilmente alimentata dai nazisti trincerati su entrambi i fronti e che percepivano tanto l’America quanto la Russia come nemici mortali, si è creata una situazione di corsa agli armamenti e verso la quasi totale autodistruzione che ha giustificato qualsiasi crimine perché eseguito nell’interesse dello stato, esattamente la logica nazista.

Inoltre il nazismo non è semplicemente una metologia politica, ma è una vera e propria religione ed è molto difficile che i suoi aderenti cambino idea. Infatti qualsiasi sforzo di de-nazificazione è fallito sia in Occidente sia in Russia, come dimostrato dall’attuale situazione in Ucraina.

Per capire la portata dei crimini su cui i pezzi grossi del Pentagono hanno deciso di soprassedere usiamo il caso più semplice da dimostrate e da capire, non necessariamente il più grave, rappresentato dal team di scienziati nazisti usati dall’aviazione militare americana e dalla NASA.

Vi riporto alcuni brani del primo capitolo del libro di Annie Jacobsen, dove spiega le azioni che ci sono note di Wernher von Braun, che vediamo nella foto di copertina di questo video lo vediamo raffigurato insieme al presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy.

Gli orrori di Mittlewerk Nordhausen

L’uomo al centro del programma dei razzi V-2 era un aristocratico tedesco di 32 anni, prodigio della fisica, di nome Wernher von Braun.

Gli scienziati nazisti avevano ripristinato l’istituzione della schiavitù nell’intero Reich, e i prigionieri dei campi di concentramento venivano fatti lavorare fino a morire di fatica al servizio della guerra. I lavoratori impegnati nella costruzione dei razzi includevano migliaia di prigionieri malnutriti in modo grottesco, che lavoravano faticosamente all’interno di un gigantesco complesso di tunnel sotterranei, noto con il nome eufemistico di Mittelwerk, l’officina di mezzo. Il luogo veniva anche chiamato Nordhausen, in abbinamento alla vicina città, oppure Dora, il nome in codice del campo di concentramento che vi era abbinato.

Mittlewerk era un posto dove cittadini ordinari catturati in Francia, Olanda, Belgio, Italia, Cecoslovacchia, Ungheria, Yugoslavia, Russia, Polonia e Germania, erano stati trasformati in schiavi del Terzo Reich.

La fabbrica sotterranea di Nordhausen era in attività dalla fine dell’agosto 1943 quando l’aviazione britannica aveva attaccato la fabbrica di armamenti di Peenemünde, costringendo i tedeschi a spostare la costruzione delle armi altrove. Il giorno dopo l’attacco, il capo delle SS, Heinrich Himmler, era andato a trovare Hitler e aveva proposto di spostare lo stabilimento sotto terra. Hitler diede il consenso e il compito fu affidato alle SS, che avrebbero dovuto fornire gli schiavi e supervedere la costruzione della struttura.

L’individuo responsabile di espandere Nordhausen da una semplice miniera a un complesso di tunnel fu il generale di brigata Hans Kammler, che era anche un ingegnere civile e che, in precedenza, aveva costruito le camere a gas di Auschwitz-Birkenau.

Il primo gruppo di 107 schiavi arrivò a Mittlewerk alla fine dell’agosto 1943. Venivano dal campo di concentramento di Buchenwald, che si trovava a 70 chilometri a sud-est di Mittlewerk. L’insegna di ferro battuto che si trova sopra l’ingresso del campo di concentramento di Buchenwald dice: “Ciascuno riceve ciò che merita”.

Scavare tunnel era un lavoro molto duro, ma le SS temevano che i prigionieri si sarebbero ribellati se avessero avuto attrezzi di scavo, perciò li fecero scavare a mani nude.

Nel settembre del 1943 cominciarono ad arrivare macchinari e personale da Peenemünde. Il più significativo di questi, anche in ragione della sua importante partecipazione all’operazione Paperclip, era un diplomato di scuola media superiore, Arthur Rudolph.

La sua specialità era l’assemblaggio dei motori dei razzi. Aveva lavorato con questa mansione sotto von Braun dal 1934.

Rudolph era un ideologo del nazismo. Si era unito al partito nel 1931 prima che ci fossero pressioni a livello nazionale per farlo.

Ciò che gli mancava come curriculum accademico veniva compensato dalle sue qualità come schiavista. In quanto responsabile operativo di Mittlewerk, Rudolph lavorò insieme allo staff delle SS per costruire la fabbrica sotterranea. Dopo di che supervisionò la produzione dei razzi sotto la direzione scientifica di von Braun.

I prigionieri lavoravano con turni di 12 ore, sette giorni alla settimana, per assemblare i razzi. Alla fine dei primi due mesi c’erano ottomila uomini che vivevano e lavoravano in questo spazio angusto sotto terra. Nei tunnel non c’era aria fresca, nessun sistema di ventilazione, niente acqua e pochissima luce. Uno dei rapporti che parlano di quel luogo scrive: “L’accensione dei motori dei razzi avveniva di continuo, e la polvere dopo ogni esplosione era talmente fitta che era impossibile vedere a una distanza di un metro e mezzo”. Gli operai dormivano nei tunnel su panche di legno. Non c’erano mezzi per lavarsi né servizi sanitari. Soffrivano e morivano di fame, dissenteria, pleurite, polmonite, tubercolosi e infiammazioni provocate dai pestaggi.

Gli uomini erano scheletri ambulanti, pelle e ossa. Alcuni morivano per le ustioni provocate dall’amoniaca che avevano respirato nei polmoni. Altri morivano sotto il peso delle parti di razzo che erano costretti a portare. I morti erano sostituibili. Nel tunnel entravano uomini e parti dei macchinari, e uscivano razzi finiti e cadaveri.

Gli operai che erano lenti nelle linee di produzione venivano picchiati a morte. Gli insubordinati venivano garrotati oppure impiccati. Dopo la guerra, gli investigatori determinarono che, alla fine, metà dei sessantamila uomini portati a Nordhausen erano stati uccisi dal lavoro.

Mittlewerk non era il primo campo di schiavi costruito e gestito dal Terzo Reich. Le SS riconobbero il valore del lavoro degli schiavi già nella metà degli Anni Trenta. Gli schiavi potevano essere scelti dalla popolazione in continua crescita dei prigionieri nei campi di concentramento, e potevano essere messi al lavoro nelle cave e nelle fabbriche.

Nel 1939, le SS avevano trovato la formula ottimale per gestire una vasta rete di campi di schiavitù sponsorizzati dallo stato, all’interno di tutti i territori europei occupati dai nazisti. Questa rete veniva gestita dall’ufficio amministrativo principale delle SS, ma richiedeva la partecipazione di partner nel mondo dell’industria. Tra questi troviamo il complesso chimico IG Farben, la fabbrica di aerei Heinkel, le case automobilistiche Volkswagen, e Stery-Daimler-Puch.

“Non prestate attenzione alle vittime umane” aveva detto il generale di brigata, Hans Kammler, al suo staff, che sovrintendeva alla costruzione dei tunnel. “Il lavoro dev’essere completato il più in fretta possibile”. Nei primi sei mesi di lavoro nello scavo dei tunnel, erano già morti 2882 operai.

C’erano anche altre ragioni per cui il lavoro degli schiavi era così importante nella costruzione di armi avveniristiche, vale a dire la sicurezza che garantiva. Le V-2 erano un arma segreta, meno gli alleati ne venivano a sapere, meglio sarebbe stato per il Reich.

Nella primavera del 1944, la produzione delle V-2 era accelerata a tal punto che le SS fornirono a Mittlewerk il suo campo di concentramento dedicato, Dora, che a sua volta si sviluppò in trenta sotto-campi. L’uomo responsabile del personale a Mittlewerk era il direttore generale, nella persona dell’ingegnere quarantaseienne Georg Rickhey, un nazista con convinzioni ardenti e membro del partito dal 1931. In seguito Rickey fu assunto dagli americani grazie al suo curriculum come direttore generale della fabbrica.

Il 6 maggio 1944, a pochi giorni dalla sua nomina alla nuova posizione, Rickhey convocò una riunione per discutere quale fosse il modo migliore per acquisire nuovi schiavi che lavorassero a Mittlewerk. Erano presenti Wernher von Braun, Walter Dornberger, e Althur Rudolph. Fu deciso che le SS avrebbero catturato in schiavitù altri 1800 operai specializzati francesi per rimpiazzare quelli che erano già morti per la fatica. I verbali della riunione indicano che von Braun, Dornberger e Rudolph non mostrarono obiezioni al piano di Rickhey.

Nel mese di agosto la stessa questione fu riproposta. Questa volta l’azione fu intrapresa dallo stesso von Braun. Il 15 agosto 1944, von Braun scrisse una lettera a un ingegnere di Mittlewerk, Albin Sawatzki, descrivendo un nuovo laboratorio che voleva far costruire all’interno dei tunnel. Von Braun disse a Sawatzki che, per velocizzare il progetto, avrebbe procurato gli schiavi necessari personalmente attingendoli dal campo di concentramento di Buchenwald.

Nel dicembre del 1944, con gli schiavi che morivano a migliaia nei tunnel di Mittlewerk e i razzi V-2 che si abbattevano nei centri popolati europei seminando terrore e distruzione tra la popolazione civile, era difficile immaginare che le persone direttamente responsabili di tale distruzione sarebbero state considerate di grande valore per gli Stati Uniti. Eppure, in meno di un anno, Arthur Rudoplh, Georg Rickhey, Wernher von Braun e il generale di brigata Walter Dornberger, e altri ingegneri nazisti impegnati nella produzione dei razzi, sarebbero andati tutti a lavorare negli Stati Uniti.

Alla fine di febbraio del 1945, le condizioni all’interno dei tunnel di Nordhausen avevano raggiunto lo stato di un cataclisma. Il gelo era terribile, migliaia di prigionieri stavano morendo di fame e il cibo era quasi assente. Gli schiavi vivevano di una brodaglia. Il campo di concentramento di Nordhausen-Dora era stato inondato da nuovi prigionieri che arrivavano da est dopo le marce della morte dai campi di Auschwitz e Gross-Rosen. Alcuni arrivavano a piedi altri nei carri bestiame. Molti arrivavano già morti. Il crematorio di Dora era completamente sovraccarico. In questo clima, Wernher von Braun e il generale Dornberger premevano comunque per produrre più razzi ogni giorno.

Da quando aveva lasciato il suo ufficio di Peenemünde per venire a Nordhausen, von Braun era stato promosso. Ora era a capo del cosiddetto ufficio di pianificazione di Mittlebau-Dora, che a sua volta era una divisione delle SS. Viveva in una villa che era stata confiscata a un agricoltore ebreo, a pochi chilometri dal complesso di Nordhausen.

Gli schiavi emaciati che erano riusciti a sopravvivere, facevano sempre più fatica nell’assemblare i missili nei lerci tunnel ancora incompleti, senza cibo, senz’acqua, senza servizi pubblici, e nel gelo dell’inverno, e il risultato si vedeva nei prodotti finiti. Nei cieli di Europa questi razzi costruiti frettolosamente cominciarono a distrugersi da soli in volo. Esplodevano sulle rampe di lancio. I manager di Mittlewerk sospettarono il sabotaggio e cominciarono a condurre impiccagioni pubbliche per mandare un messaggio.

Uno dei rapporti sui crimini di guerra racconta che venivano impiccati fino a 57 operai al giorno con l’aiuto di una gru elettrica. Li impiccavano nei tunnel, una dozzina alla volta, con le mani legate dietro la schiena, e un pezzo di legno in bocca affinché non gridassero. I corpi penzolavano direttamente al di sopra delle linee di produzione delle V-2. Gli operai erano costretti a guardare i loro compagni mentre agonizzavano in una morte lenta. Per solidarietà, un gruppo di prigionieri russi e ucraini inscenarono una rivolta. I sospetti vennero radunati e le guardie delle SS decisero di dare un esempio. Li impiccarono e li lasciarono a penzolare per un giorno intero. I corpi vennero rimossi solo dopo che Arthur Rudolph aveva ricevuto una lamentela da parte degli ingegneri tedeschi che volevano recuperare l’uso della gru.

In aggiunta alla sua recente promozione, von Braun era anche diventato maggiore delle SS.

La fuga di von Braun e la complicità della NASA

Annie Jacobsen poi racconta del modo in cui Wernher von Braun, compreso che la fine dei nazisti era imminente, nascose tutta la documentazione dei razzi V-2 in un luogo protetto in modo da avere elementi di contrattazione nei confronti degli americani una volta che fossero arrivati. Del progetto facevano parte anche altri nazisti a lui vicini. E ci spiega come il fatto che fosse un nazista sia emerso più volte, ma che fu sempre messo a tacere dalla NASA e dal governo degli Stati Uniti fino a che Linda Hunt, dopo una lunga causa contro il governo degli USA riuscì, nel 1985, a togliere il velo dal passato di von Braun, ma ormai il barone dello spazio era morto e veniva comunque ricordato nella mente di molti americani come un eroe.

L’operazione Paperclip ci dimostra che i criminali sono presenti in qualsiasi nazione e società e tendono ad attrarsi e difendersi tra loro. Dimostra anche le vere origini del moderno deep state e il fatto che il nazismo, come ideologia, non è stato sconfitto anzi è più presente che mai, sebbene in forma meno evidente, perché non ne sono state identificate ed eradicate le vere cause. La partnership tra pubblico e privato proposta da Klash Schwab del World Economic Forum ricorda molto l’accordo di collaborazione tra SS e i complessi industriali tedeschi.

Il caso di Wernher von Braun è eclatante, ma non è il più importante. La Gehlen Organization e la storia di IG Farben sono molto più importanti e magari potranno essere il tema di altri video.

Roberto Mazzoni

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