Europa in ginocchio? – MN #245

Ho da poco rilasciato un’intervista sul canale Money.it che come fatto anche in passato vi ripropongo all’interno di un video che però è un po’ più vestito con alcuni contenuti aggiuntivi che vi aiuteranno a capire meglio la situazione e qual è la tendenza dove stiamo andando. Quindi prima di entrare nel merito di interviste, prima di anticipare una serie di commenti aggiuntivi che sono solo per voi, vi propongo un video della televisione, una rete televisiva privata indiana che si chiama Firstpost che ha abbastanza successo, è una concorrente di Wion che già ho proposto in passato e che fornisce uno scorcio abbastanza interessante sulla situazione corrente nel Mar Rosso. Ecco il video.

La crisi del Mar Rosso

[Palki Sharma – Firstpost]

Il mondo è impegnato con una crisi in corso nel Mar Rosso, dove gli attacchi missilistici continuano senza sosta. L’ultimo è arrivato oggi. Gli Houthi hanno sparato diversi missili. Hanno preso di mira le navi statunitensi. Gli americani sono riusciti a respingere gli attacchi. Ma il quadro generale non sembra buono. Questi attacchi stanno dissanguando le economie, tra cui quella dell’India. Le esportazioni indiane subiscono ritardi. Le spedizioni sono bloccate e i commercianti stanno subendo perdite. Stasera ci concentreremo su come questa crisi stia colpendo direttamente l’India. Vedete, l’India è fortemente dipendente dal Mar Rosso.

Questa rotta commerciale viene utilizzata per raggiungere quattro regioni: Europa, Nord America, Nord Africa ed Asia occidentale. Merci per un valore di miliardi di dollari vengono trasportate attraverso questa via. Le esportazioni dall’India attraverso il Mar Rosso sono valutate a 18 trilioni di rupie, ovvero circa 217 miliardi di dollari satunitensi. E poi ci sono anche le importazioni provenienti da queste regioni e dirette in India. Tali importazioni valgono 17 trilioni di rupie, ovvero 205 miliardi di dollari.

Questo commercio è stato colpito nella sua interezza, soprattutto a causa dei ritardi. Il tempo necessario per spedire le merci da un luogo all’altro è aumentato notevolmente. Le spedizioni sono ritardate di quasi un mese, per la precisione il ritardo è compreso tra i 21 e i 28 giorni. E le ragioni rimangono le stesse. Le navi evitano la rotta del Mar Rosso. Invece di passare per il Canale di Suez, vengono dirottate verso la punta meridionale dell’Africa, dove aggirano il Capo di Buona Speranza, il che aggiunge 6.500 chilometri al viaggio, 6.500 chilometri e almeno due settimane aggiuntive di navigazione. Alcune navi sono state trattenute direttamente in porto. In effetti, abbiamo una rottura della catena distributiva globale.

Quando è iniziata la crisi del Mar Rosso, il 25 % delle spedizioni in uscita dall’India è stato bloccato. Le merci che sarebbero dovute partire sono invece state rimandate direttamente nei magazzini, e non hanno affatto lasciato l’India. E questo perché gli esportatori non sono stati in grado di trovare navi per trasportarle. E quelli che sono riusciti a trovare le navi hanno dovuto prendere la strada più lunga. Circa il 95% delle navi da carico provenienti dall’India hanno preso questa rotta africana, la rotta più lunga. E continueranno a farlo nel prossimo futuro perché non c’è alcuna soluzione in vista.

L’India sta facendo la sua parte per mitigare la crisi. La Marina indiana è al lavoro. Le nostre navi presidiano le acque del Mar Rosso e dei mari vicini. Hanno messo in sicurezza alcune rotte vitali. Hanno salvato diversi marinai a rischio persino nell’Oceano Indiano. La nostra Marina ha condotto almeno nove operazioni negli ultimi giorni. Ha salvato navi commerciali. Ma nonostante la forte presenza indiana e la capacità delle nostre strutture difensive, le spedizioni non si sono stabilizzate.

Gli esperti prevedono perdite importanti nel commercio internazionale. Nell’ultimo anno finanziario, infatti, l’India ha esportato merci per un valore complessivo di 451 miliardi di dollari, ma oltre 30 miliardi di dollari di tali esportazioni potrebbero essere impattate dalla crisi nel Mar Rosso. Si tratta di quasi il 7% delle esportazioni indiane.

E questa è solo una stima iniziale. Stiamo aspettando gli ultimi dati governativi sul volume di commercio. Ci mostreranno la reale entità del danno. Ciò che appare chiaro è il fatto che un’interruzione prolungata della rotta sul Mar Rosso danneggerà l’India e la sua crescita economica. Questa è anche la conclusione a cui è giunta l’agenzia di classificazione finanziaria Fitch. Hanno suonato il campanello d’allarme. Consentitemi di citare la relazione fornita da Fitch. Se le perturbazioni del Mar Rosso dovessero persistere, le conseguenti revisioni al ribasso delle nostre previsioni sull’India saranno probabilmente significative, e intaccheranno anche le nostre previsioni di crescita del 4 %, che abbiamo formulato per l’Asia in generale nel 2024.

Quindi dovranno rivedere al ribasso le previsioni di crescita e questo non riguarda solo l’India. Fitch afferma che anche paesi come il Bangladesh sono vulnerabili. In realtà, l’intera regione è a rischio, ma poiché l’India è l’economia più grande, è probabile che subirà l’impatto più significativo.

La crisi del Mar Rosso non è solo una sfida alla sicurezza per Nuova Delhi, ma metterà anche alla prova la resilienza dell’economia indiana. Domani il ministro delle Finanze indiano presenterà un bilancio provvisorio. Stiamo aspettando di vedere se ci sono misure o raccomandazioni per affrontare questa crisi.

Quindi abbiamo visto qual è la situazione, quindi il video ci ha spiegato abbastanza chiaramente qual è la situazione da un punto di vista pratico. Per la precisione gli Huthi non attaccano soltanto le navi che battono, come abbiamo visto il video ci ha proposto una fotografia della situazione nel Mar Rosso. Dobbiamo tenere conto anche del fatto che gli Huthi, che sono questa forza indipendente yemenita, non stanno attaccando solo le navi israeliane o collegate direttamente con Israele o che sono dirette ad Israele, ma stanno anche attaccando naturalmente le navi britanniche, americane e di tutte quelle nazioni che partecipano a questa forza militare che cerca, cercano di proteggere senza successo il Mar Rosso.

Quindi non è soltanto riservata alle navi di nazionalità israeliana oppure collegate tramite proprietari di qualche genere con Israele e di nuovo gli Huthi non attaccano soltanto le navi con bandiera americana o bandiera britannica, ma qualsiasi nave abbia un proprietario che sia in qualche modo collegato anche lontanamente con gli Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma adesso vi propongo un secondo video che secondo me è molto interessante. Eccolo.

La Cina come finta mediatrice?

[Palki Sharma – Firstpost]

Vi abbiamo parlato della crisi del Mar Rosso, di come gli Huthi di stanza nello Yemen abbiano attaccato le navi, di come una coalizione guidata dagli Stati Uniti li abbia colpiti con missili, e di come tutto questo abbia danneggiato il commercio globale. La situazione sta andando avanti da più di un mese. Cosa serve per fermare gli Huthi? Può farlo forse la Cina? Vi dirò la ragione di questa domanda. L’interruzione del commercio del Mar Rosso colpisce tutti, ma soprattutto la Cina, perché la Cina trae grandi benefici dal commercio con l’Europa attraverso il Mar Rosso. E ora sta sentendo gli effetti di questo blocco, come tutti gli altri, il che spiega il contenuto di un nuovo rapporto che sta circolando. A quanto pare la Cina sta cercando di convincere gli Huthi a fare marcia indietro. Il nostro prossimo reportage vi spiegherà come.

[Giornalista Firstpost]

Recentemente, la situazione nel Mar Rosso si è aggravata bruscamente, e la Cina ne è profondamente preoccupata. Il governo cinese chiede di porre fine alle molestie e agli attacchi nei confronti delle navi civili, e di mantenere il flusso regolare della catena industriale e di approvvigionamento globali, e di preservare l’ordine commerciale internazionale”. Queste sono state le parole pronunciate dal ministro degli Esteri cinese, pochi giorni fa. Ha chiesto di porre fine alle molestie e agli attacchi contro le navi civili. È stata la posizione più antagonista agli Huthi che la Cina abbia mai assunto pubblicamente. Ma in privato è un’altra storia. È stato pubblicato da poco un nuovo rapporto. Dice che Pechino sta esercitando pressioni al fine di far cessare gli attacchi nel Mar Rosso. E tali pressioni non vengono esercitate direttamente sugli Huthi, bensì  sui loro sostenitori in Iran. è ampiamente risaputo che l’Iran sostenga gli Huthi dello Yemen.

È una delle loro forze militari che operano per procura nell’Asia occidentale. L’Iran definisce l’insieme di questi suoi alleati col nome di “asse della resistenza”. Tale asse comprende gli Huthi nello Yemen, Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano e varie milizie in Iraq e Siria. L’Iran è considerato il leader di questo asse anti-occidentale e anti-israeliano. In questo momento, l’intera coalizione araba è in rivolta per le azioni condotte da Israele contro Hamas a Gaza. Stanno tutti agendo a modo loro per mostrare solidarietà nei confronti dei palestinesi e per cercare di danneggiare Israele. Gli Huthi hanno iniziato ad attaccare le navi nel Mar Rosso. Il Mar Rosso fa parte di un’importante rotta commerciale globale.

Le navi lo attraversano per raggiungere il Mar Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. È il modo più efficiente per trasportare merci dall’Asia all’Europa. Gli Huthi dicono che stanno prendendo di mira solo le navi che sono dirette in Israele o che sono affiliate ad Israele. Ma i loro attacchi hanno spaventato anche quasi tutte le altre navi. Le tariffe di trasporto sono aumentate, l’assicurazione marittima è aumentata e molte navi evitano del tutto la rotta del Mar Rosso. Stanno prendendo la rotta più lunga che doppia il Capo di Buona Speranza al largo del Sud Africa.

Ciò significa che il commercio sta diventando più costoso, il che costituisce un problema per i grandi esportatori come la Cina. Pechino vuole che il commercio globale torni a come era prima, e ora sta chiedendo all’Iran di tenere a freno gli Huthi. Ma perché Teheran dovrebbe ascoltare Pechino? Perché la Cina è una delle poche nazioni che ha relazioni di commercio dirette con l’Iran. Secondo quanto riferito, l’anno scorso ha acquistato il 90% delle esportazioni di petrolio greggio prodotte dall’Iran. Sembra una quantità enorme, ma la Cina è una nazione divoratrice di petrolio.

Il greggio iraniano rappresenta solo il 10% delle sue importazioni di greggio, il che significa che si tratta di una relazione asimmetrica in cui la Cina tiene la leva del potere. E spera di usare tale leva per convincere l’Iran a fermare gli Huthi. Ma può davvero funzionare? L’Iran si trova in una situazione delicata. Non può chiedere pubblicamente agli Huthi di fermarsi. Ha una reputazione da mantenere come leader dell’Asse della Resistenza. Lo status dell’Iran nel mondo arabo subirebbe un duro colpo se qualcuno scoprisse che Teheran ha ceduto alla pressione cinese. Ma questo non è l’unico dilemma. Questa situazione presenta anche un’opportunità per l’Iran. Il rapporto afferma che Teheran è scontenta della lentezza degli investimenti cinesi nel Paese.

Nel 2021, La Cina e l’Iran hanno firmato un accordo di cooperazione della durata di 25 anni. Ma, da allora, la Cina ha investito solo 185 milioni di dollari in Iran. Confrontate questo con i miliardi che Pechino ha promesso d’investire in Arabia Saudita, una nazione che, fino a poco tempo fa, rappresentava una nemesi per gli iraniani. Teheran potrebbe cercare di convincere Pechino ad aprire le sue casse, in cambio di una frenata degli Huthi. Per l’Iran, la posta in gioco è alta. C’è un ampio rischio e una ricompensa altrettanto grande nello sfidare il drago. Scopriremo presto quale strada sceglierà di intraprendere.

L’emergere di un’alternativa all’Europa?

Dunque, vediamo quindi che la situazione è abbastanza articolata e abbastanza complicata, ma se ci allontaniamo un attimo vediamo che forse nella pratica è più semplice di quello che appaia. Innanzitutto le navi cinesi passano sostanzialmente indisturbate, tant’è che anche molte navi non cinesi hanno cominciato a modificare i loro segnalatori elettronici che dall’interno della nave segnalano la posizione della nave, la natura, l’equipaggio eccetera, indicando che o hanno bandiera, che battono bandiera cinese, hanno modificato le proprie carte all’ultimo momento, oppure hanno a bordo un equipaggio cinese.

Questo per consentire appunto il passaggio indenne nel Mar Rosso e poi nel Canale Suez. Quindi i cinesi si hanno una certa preoccupazione del fatto che il loro commercio con l’Europa diminuisca perché se passano le navi cinesi non passano le navi europee, di conseguenza il flusso si riduce in ogni caso. Ma d’altra parte per loro non è un problema così pressante come vogliono farci intendere, anche perché i cinesi sono danneggiati meno degli indiani, ossia il percorso è molto più lungo per gli indiani in proporzione rispetto a prima, è quattro volte più lungo, perché prima l’India era a due passi dal Mar Rosso, quindi poteva comunicare di dati all’Europa molto velocemente e molto efficacemente e adesso deve fare un percorso quattro volte più lungo, quindi per gli indiani il costo è aumentato esponenzialmente.

Per i cinesi sicuramente costa di più, però considerando comunque il percorso relativamente lungo dalla Cina, il fatto di passare attraverso il Sudafrica, quindi il capo di Buona Speranza, e fare il giro non è poi così problematico. E in ogni caso quello che appunto i cinesi, più che altro di cui i cinesi soffrono, sarà l’importazione di merci dal Medio Oriente o dall’Europa, quindi sicuramente per i cinesi può essere un problema, ma è un problema che tutto sommato possono cercare di risolvere, perché gli Stati Uniti possono continuare a commerciare attraverso il Pacifico, l’Oceano Pacifico, e di conseguenza l’impatto del Mar Rosso non c’è in quella direzione.

E questo vale anche per gli indiani, è vero che gli indiani hanno uno sviluppo importante verso l’Europa, ma io ritengo che la gran parte delle esportazioni che loro hanno ancora sia verso gli Stati Uniti, infatti dicono di aver perso, se non sbaglio, il 7%, quindi è una perdita fastidiosa ma non è determinante. In più, appunto, nel caso degli indiani rispetto ai cinesi, dove c’è chiaramente una competizione perché gli indiani vorrebbero prendere il posto da Cina, Cina probabilmente non vorrebbe essere scalzata dalla propria posizione, per i cinesi è solo un vantaggio, se per gli indiani costa molto di più esportare verso l’Europa. In più, vediamo che nel mondo oggi il 98% della marina mercantile è prodotta in Cina, e questo perché? Per un seri di fattori.

Finora, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la marina americana ha presidiato i mari internazionali, garantendo la sicurezza della navigazione, e questo ha permesso a tutti gli altri di concentrarsi sulla componente commerciale, quindi non serve alla Cina mandare i propri navi militari a proteggere i propri convogli, come non serviva all’India e come non serviva all’Europa.

Gli Stati Uniti, visto che vogliono riprendere, è stata presentata proprio recentemente in questa settimana una proposta di legge al Parlamento di Washington, in cui vogliono far rinascere l’industria navale commerciale, quindi non quella militare ma quella di uso civile, in cui prima gli americani erano leader, adesso sono praticamente spariti, quindi vogliono riportare i cantieri negli Stati Uniti e naturalmente non sono più interessati a proteggere il flusso di navi cinese, né tanto meno quello di altre nazioni, tant’è che vediamo che nel Man Rosso presidiano e proteggono soprattutto le navi con bandiera americana e hanno chiesto agli altri di occuparsi delle proprie navi rispettive.

Quindi in una situazione di questo genere vediamo che tanto la Cina, quanto gli Stati Uniti e quanto altri giocatori importanti, soprattutto nel Medio Oriente, non hanno particolari interessi a difendere la navigazione internazionale e a difendere a questo punto il flusso dall’Asia verso l’Europa, visto che da un punto di vista cinese il mercato europeo è importante, però potrebbe essere sostituito dal mercato medio orientale, che comunque ha ambizioni di sostituirsi all’Europa, vi ricordate?

La leadership del Rave Sovita ci ha già detto, ci sta già dicendo di questo tempo, che per loro è arrivato un nuovo rinascimento e che sarà il loro momento di sostituirsi all’Europa e dal punto di vista indiano e dal punto di vista anche cinese la cosa avrebbe un senso, visto che il Medio Oriente è molto più vicino all’Europa, tra l’altro dal Medio Oriente comunque prelevano petrolio e gas naturali e risorse naturali, il Medio Oriente è anche un settore dove la Russia può dare una mano a tenere sotto controllo la situazione e di certo quello che stiamo notando è che laddove prima c’era un conflitto perenne tra Arabia Saudita e Iran, che è sfociato poi anche nella guerra in Yemen e che ha portato l’Arabia Saudita ad avvicinarsi, anche su pressione degli Stati Uniti, verso Israele con l’obiettivo di fare un accordo strategico con Israele, oggi la situazione si è ribaltata.

Gli Arabi hanno molto più interesse a questo punto a garantirsi una collaborazione con i Cinesi, tenendosi buono negli Stati Uniti il più lungo possibile e soprattutto a svincolarsi dall’Europa, anche perché, parliamoci chiaro, in Europa il mercato comunque si sta comprimendo, la prospettiva demografica per il futuro non è entusiasmante, mentre invece il Medio Oriente ha una popolazione più giovane, l’Africa ha una popolazione di scendenti più giovane, sono mercati che offrono potenzialità molto più vaste, oltre al fatto appunto di disporre di materie prime in quantità importanti e in più da un punto di vista strettamente pratico, costa molto meno dialogare con il Medio Oriente e spingere l’Arabia Saudita a un accordo con l’Iran, anche perché abbiamo visto la tendenza da parte del sistema bancario europeo di congelare i fondi russi, potrebbe naturalmente portare a domani a congelare i fondi cinesi piuttosto che i fondi indiani, piuttosto che i fondi di qualsiasi altro partner e di conseguenza laddove non possono attaccare direttamente gli Stati Uniti e sistemare il dollaro perché ancora è troppo potente, possono sicuramente prendersela con l’Europa.

Vediamo, tra l’altro i cinesi, non è detto in questo video ma in altri video che sto vedendo, stanno trasferendo moltissime industrie direttamente in Messico, verso cui stanno anche confluendo industrie americane che prima erano andate in Cina. Di conseguenza il Messico è diventato il partner commerciale più importante degli Stati Uniti nell’ultimo anno, a differenza della Cina. Di conseguenza gli Stati Uniti si stanno spostando verso un’asse verticale, che era un po’ un progetto che c’era già da tempo, commerciando prevalentemente col Messico, attingendo risorse da Canada laddove necessario e poi estendendosi verso l’America del Sud.

I cinesi cercano di avere una posizione anche lì dentro ma si stanno a questo punto concentrando di più sulla componente orientale e medio orientale, dove ci sono più potenzialità. Per l’Europa credo che i cinesi siano interessati ad avere un presidio importante in una posizione relativamente vicina ai loro interessi, ma senza dare ulteriore forza a quella che può essere l’Unione Europea, che sia per i cinesi che per gli americani, che è dove sta diventando un’entità scomoda. Vediamo i cinesi che stanno investendo in Ungheria.

Ungheria è una nazione relativamente piccola, che può essere facilmente, non dico controllata, però con cui è facile avere relazioni perché non si farà venire idee di grandezza, e al tempo stesso ha mantenuto ottimi rapporti con la Russia, dispone di energia a basso costo, ha prospettive di crescita. I tedeschi stessi stanno trasferendo industrie verso l’Ungheria, quindi l’Ungheria potrebbe diventare il nuovo Polo, il nuovo Messico europeo, e questo sembra essere decisamente la direzione. Quindi è chiaro che il Medio Oriente presenta una situazione estremamente critica, che potrebbe andare nella direzione sbagliata, ma è anche chiaro che moltissimi dei giocatori mediorientali sono stufati di Israele, e anche per gli Stati Uniti Israele sarà un alleato che può durare ancora per un tempo limitato, visto che è diventato incontrollabile.

Quindi, dati i tempi necessari per aggiustare i vari passaggi, ci sono possibilità che Israele si trovi decisamente isolato e decisamente ridimensionato. Ma al di là di questo c’è anche una considerazione ancora più pratica. Per i produttori di petrolio dell’OPEC, un aumento dei prezzi di petrolio fa solo bene. Già stavano cercando di mantenere i prezzi alti laddove l’economia europea stava calando e l’economia anche cinese stava calando. Oggi, con i blocchi prodotti da questi conflitti, hanno la scusa di poter aumentare il prezzo di petrolio, esportare di meno, tenerselo in casa propria e darlo soltanto agli amici, gli amici a cui tengono veramente.

Quindi, per qualsiasi nazione che vorrà mantenere prodotte commerciali importanti con l’estero sul lungo distanza, sarà necessario sviluppare una prima marina militare senza poter più fare affidamento su quella americana. Gli stessi neocon, ce lo stanno dicendo da tempo, non sono più interessati a presidiare, a fornire un presidio, anche perché questo presidio sta andando interamente a favore della Cina. E quindi, visto che gli Stati Uniti, già nella presidenza Trump e poi comunque anche in buona misura nella presidenza Biden, che ha mantenuto la stessa politica nei confronti della Cina, ha identificato nella Cina una concorrente importante, non hanno motivo di spendere soldi e dei contribuenti per costruire una marina militare, che tra l’altro sta avendo anche difficoltà e che va a ripensare completamente, per difendere le rotte di un avversario.

È molto più semplice per gli americani concentrarsi su un sistema di commercio verticale, dove non sia necessario il trasporto via mare e dove la gran parte della produzione venga appunto via terra, così come vale per i cinesi e per i russi e per i medi orientali. Perciò vedremo quale sarà l’evoluzione, ma è chiaro che in uno scenario di questo genere l’Europa resta abbastanza isolata, non ha elementi concreti da portare sul tavolo e può soltanto cercare di collocarsi al meglio delle possibilità e con le politiche che vengono applicate in questo momento non mi sembra che stiano andando in tre direzioni.

Di nuovo, per quello che riguarda l’Italia, penso che resterà comunque nella sfera di influenza statunitense, perché gli Stati Uniti vogliono comunque avere una presenza nel Mediterraneo e quindi ci potranno essere, un po’ più avanti, una volta che la situazione europea dovesse smontarsi definitivamente, un contributo più diretto da parte degli Stati Uniti. Non saprei dire in che forma, ma potrebbe essere appunto di creazioni e infrastrutture che facilitino un certo tipo di presenza militare statunitense e magari di commercio, ma non particolarmente di commercio, credo perché gli Stati Uniti stanno concentrando sempre di più verso la produzione interna. Però ci sono alcuni prodotti made in Italy che sono sempre apprezzati, perciò potrebbero avere un futuro. E con questo preambolo vi propongo l’intervista su Money.it.

L’Europa in ginocchio?

[Fabio Frabetti]

Buona serata amici di Money.it, l’appuntamento mensile insieme a Roberto Mazzoni collegato con noi dagli Stati Uniti. Ciao Roberto. Buongiorno a tutti, bentrovati. Allora, caro Roberto, situazione molto ingarbugliata, soprattutto per quanto sta avvenendo in Medio Oriente e con quelle che sono le ripercussioni, la vicenda del Mar Rosso che tiene ancora banco e più ovviamente la situazione di Gaza. Con poi anche le elezioni presidenziali in vista negli Stati Uniti, molti si chiedono con la vittoria se dovesse essere Trump come pare, l’avversario di Biden o chissà, vedremo quello che accadrà. Cosa cambierebbe anche nello scacchiere internazionale proprio in queste vicende belliche, l’Ucraina e il Medio Oriente? Che situazione vedi?

[Roberto Mazzoni]

Dunque, chiaramente la situazione più critica adesso è nell’area Medio Oriente in relazione anche al commercio internazionale e al flusso di energie, di petrolio e di gas naturale. Sappiamo che il Mar Rosso è parzialmente bloccato, i porta container lo stanno evitando, credo in massa, non credo che ci sia più traffico. C’è stato un tentativo di due navi americane che hanno cercato di passare con uno schieramento difensivo della Marina Mediterranea americana, gli Houthi, che sarebbero i ribelli, gli Yemeniti, hanno sparato una serie di razzi, uno che è andato molto vicino a una delle navi per cui hanno fatto un match in dieta e sono tornati al punto di partenza, verso il Canale di Suez.

Di conseguenza quell’area si sta bloccando progressivamente, gli Houthi sono riusciti a colpire alla fine una nave di origini britanniche che portava nafta, credo prodotta in Russia con un equipaggio indiano e sono riusciti a incendiarla, quindi a incendiare uno dei serbatoi di nafta, l’equipaggio è riuscito a domare in incendio parecchie ore di lavoro e con l’assistenza della Marina Militare indiana che è presente, qui stiamo parlando di un attacco nel Golfo di Aden, quindi addirittura fuori dal Mar Rosso, siamo già spingendoci di più verso il mare arabico e quindi sono riusciti a salvare la situazione, però la nave è dovuta tornare in porto, è dovuta andare nel primo porto disponibile per essere riparata.

È chiaro che con questa situazione quello che appare evidente è che la famosa operazione militare organizzata dagli Stati Uniti in Gran Bretagna e alcuni altri partecipanti, ma soprattutto gli Stati Uniti in Gran Bretagna, sta fallendo, non sta ottenendo nessun risultato positivo, gli obiettivi che vengono colpiti dai vari raid aerei missilistici organizzati da britannici e dagli Stati Uniti sono di fatto obiettivi fasulli che gli Huthi hanno predisposto all’occorrenza e di conseguenza la capacità militare degli Huthi rimane invariata, sì stanno perdendo alcuni uomini, ma questi sono combattenti che sono stati abituati a combattere con gli stessi tipi di contro, gli stessi tipi di armi guidate, aerei in questo caso specifico, dai sauditi e hanno vinto, hanno cominciato per 8 anni se non sbaglio, ma alla fine hanno vinto loro, quindi è difficile che gli americani con qualche nave e qualche nave britannica riescano a spuntarla, quindi direi che decisamente il Mar Rosso sarà sempre più bloccato.

Il Canale di Suez sarà sempre più bloccato e non si vede una fine in vista, anche perché gli Huthi hanno dichiarato che continueranno fin tanto che Israele proseguirà la sua campagna militare su Gaza, Israele ha detto che continuerà la campagna militare su Gaza per tutto l’anno e probabilmente anche l’anno prossimo, Israele non se la sta cavando molto bene a Gaza, in realtà a parte uccidere una quantità esorbitante di civili, sono riusciti a incidere ben poco sulla truppa di Hamas, credo che abbiano di fatto conquistato circa il 20% dei tunnel sotterranei costruiti da Hamas a Gaza, quindi resta ancora l’80% e vediamo che di nuovo gli israeliani stanno ritirando dei soldati, perché stanno subendo vittime sul campo e quindi per il momento sembra che la partita su Gaza sia abbastanza persa da un punto di vista militare per l’esercito di Israele, al di là di quello che poi sono i problemi delle accuse di genocidio e tutto quello che c’è di contorno, però da un punto di vista estremamente militare non sta andando a nessuna parte e quindi anche la campagna americana e britannica contro gli Huthi non andrà da nessuna parte e il Mar Rosso resterà bloccato a tempo indeterminato, forse per tutto l’anno.

Nel frattempo sappiamo che diverse milizie legate in qualche modo direttamente o indirettamente all’Iran hanno portato avanti attacchi su varie aree, soprattutto Siria, Iraq, contro postazioni americane che sono presenti, che non dovrebbero esserci, però ci sono, e alla fine dopo 150 attentati, 150 tentativi, sono riusciti alla fine a colpirne una, uccidendo tre soldati americani e ferendone, credo che oggi il conteggio sia circa 40, quindi creando un impatto diretto più visibile nei confronti degli Stati Uniti e che a questo punto si sentono costretti a rispondere.

Vedremo, penso che quando questo video uscirà avremo qualche dettaglio in più sul tipo di attacco previsto negli Stati Uniti contro le forze filoiraniane, sappiamo che a Washington da anni ci sono personaggi che spingono per un bombardamento diretto dell’Iran, vedremo, forse è più probabile che colpiscano delle navi iraniane che si trovano nel Mar Rosso e che forniscono informazioni e aiuti su come triangolare i colpi e che colpiscano postazioni filoiraniane o di gruppi cosiddetti filoiraniani in Siria e in Iraq, in ogni caso quello che potrebbe essere sarà una campagna militare soprattutto con colpi, bombardamenti di aviazione, quindi sortite mediante aviazioni di 3/4 giorni, 5 giorni, che di nuovo lascerà il tempo che trova, però porterà una nuova escalation da parte dei filoni filoiraniani, quindi stiamo guardando un’escalation progressiva e nel caso del governo Israele, siccome la situazione è molto critica, Netanyahu il primo ministro sa che se pone fine alla guerra finisce sotto processo sicuramente e potenzialmente anche in galera, la sua intenzione e interesse personale è quello di far proseguire il conflitto più lungo possibile.

Quindi siccome a Gaza non stanno cavando neanche un buco, si sta, al meno guardando i quotidiani, quelli più importanti, israeliani, il governo e l’apparato militare israeliano stanno preparando una campagna importante contro Hezbollah nel nord di Israele, quindi Cisgiordania, nel caso questo succedesse il rischio per l’esercito israeliano è notevole, perché da alcuni fondi che ho raccolto pare che in azione di Hezbollah sono molto più forti rispetto ad Hamas, direi un ordine di grandezza o due ordini di grandezza, sono addestratissimi, sono combattenti che sono già formati durante la guerra civile in Siria e sono iper armati e oltretutto hanno già respinto un attacco di Israele due volte nel 2006 e più recentemente contro il Libano che loro presidiano.

E tra l’altro hanno costruito ci dicono dei tunnel sotto il mar di Galilea e in generale sotto quell’area, in modo che quello che succederà potenzialmente è che le truppe israeliane arriveranno verso il confine con il Libano, varcheranno il confine per attaccare Hezbollah, Hezbollah spunterà le spalle e farà un massacrino, con il potenziale di perdere una parte importante del territorio nord di Israele che finirebbe sotto il controllo di Hezbollah.

Quindi a quanto pare Israele sta andando a tutta velocità verso una direzione che sembra poco salutare per lo stesso Stato di Israele e la Casa Bianca non pare essere in grado di gestire questo trend e di conseguenza anche gli Stati Uniti potrebbero essere coinvolti in un conflitto più vasto con l’Iran che non sono in grado di sostenere assolutamente, anche perché ci siamo resi conto, sentivo anche alcuni commentatori di area russa, che naturalmente esagerano un pochino, però onestamente, guardandolo da un punto di vista distaccato, direi che i russi con il loro progetto di demilitarizzare l’Ucraina stiano riuscendo a demilitarizzare la NATO perché con tutte le armi che sono state mandate in Ucraina e distrutte, e con le ultime riserve che hanno mandato in Israele e che sono state esaurite in buona parte a Gaza, la NATO ha veramente poco con cui combattere.

Quindi ci troviamo in una situazione dove abbiamo una Casa Bianca che ormai è disperata perché sta perdendo su tutti i fronti, sta perdendo sul fronte internazionale, ha fatto un disastro con il ritiro in Afghanistan, ha perso la guerra in Ucraina, sostanzialmente sta perdendo la guerra in Israele, sicuramente perderà la guerra con gli Huthi e se avviarsi una guerra con l’Iran a questo punto quante guerre hanno perso? Cinque!

In più ha un livello di gradimento interno che è disastroso e sta perdendo anche lo scontro interno nel confronto del Texas che ha avviato un confronto, una sfida su Rio Grande creando una barriera per bloccare l’immigrazione clandestina, barriera che la Corte Suprema ha dichiarato deve essere rimossa, ma i texani non ci pensano neanche lontanamente e i texani tra l’altro adesso stanno ricevendo il supporto di altri stati sempre amministrati da governatori repubblicani, tra cui la Florida che stanno mandando forze di polizia oppure truppe della Guardia Nazionale dei rispettivi stati e quindi Casa Bianca finora non si è azzardata a cercare di togliere questa barriera di propria iniziativa.

Quindi siamo in una situazione direi al di poco demenziale e paradossalmente, parallelamente Biden ha bloccato lo sviluppo, un progetto che doveva rendere operativi tutta una serie di terminali per esportare gas naturale liquido che sarebbe arrivato in Europa dagli Stati Uniti e quindi non c’è neanche quello, di conseguenza in Europa se è avanti così la stretta energetica diventerà sempre più importante, se poi per qualsiasi motivo, perché ho sentito anche un pochino commenti di alcuni neoconservatori americani che suggeriscono che il modo migliore per attaccare il Iran sarebbe di colpire gli impianti di lavorazione di petrolio e di carica di gas, quindi non di scarico del petrolio dell’Iran, se questo succedesse naturalmente gli iraniani colpirebbero gli impianti sauditi e tutta una serie di altri impianti israeliani, quindi vedremo saltare per aria tutti gli impianti di produzione di gas e di petrolio nel Medio Oriente con prospettive di riparazione magari all’anno prossimo con danni ingentissimi, ma soprattutto a questo punto con una black out sulla fornitura del petrolio e del gas naturale con prezzi che andrebbero alle stelle semplicemente.

Quindi bisogna comprare le bombole dalla Russia direttamente, e andare in Russia a portarle a casa con il camioncino, se va avanti così. Quindi direi che siamo in una situazione che sta sfuggendo di controllo alla Casa Bianca, è già sfuggita di controllo alla Casa Bianca, che sta unicamente muovendosi in modo reattivo all’interno di una campagna elettorale che si pronuncia piuttosto disastrosa, anche perché con la situazione di Gaza Biden ha perso in modo evidente, ufficiale l’appoggio dell’elettorato di origine araba, che comunque costituisce una componente importante per il Partito Democratico, in più ha perso il favore di una porzione importante dell’elettorato giovane, il Partito Democratico che è sempre stato abbastanza favorevole alla causa palestinese e in più si trova in difficoltà nei confronti di un Trump che ormai direi che si è consolidato nella posizione di candidato per i Repubblicani.

Le primarie per i Repubblicani non sono ancora finite, però ormai direi che il discorso è chiuso, ci saranno ancora alcuni stati, magari ci saranno ancora alcuni dibattiti, alcune votazioni, però la gara è tra lui e Nikki Haley. Nikki Haley non è assolutamente popolare, quindi nessuno si immagina che possa battere Trump. Di conseguenza Trump è il candidato repubblicano e, dal punto di vista di sondaggi, Trump è molto avvantaggiato oggi rispetto a Biden in uno scenario di elezione nazionale e in più Trump giustamente, sfruttando anche la leva di quello che sta succedendo in Texas, ha direzionato l’intera sua campagna elettorale sulla questione del confine, dell’immigrazione illegale, che è un tema sicuramente caldo per gli americani che invece sono meno sensibili alle questioni di politica estera, perché comunque sono lontane per loro, a parte costali, soldi, perché le loro tasse vengono buttate al vento, il problema più immediato è quello che dicono di giorno in giorno.

Quindi concentrandosi sull’aspetto di immigrazione evita di sbilanciarsi sulla questione internazionale, sulla questione israeliana dove credo che per Trump sarebbe un po’ difficile posizionarsi, perché comunque sappiamo che lui è sempre stato abbastanza vicino a Israele come posizione durante la sua presidenza e perciò potrebbe essere spinoso come tema, quindi può permettersi di evitarselo.

Allora, la situazione attuale direi che segna una conclusione abbastanza forzata della guerra in Ucraina, perché i parlamentari repubblicani che sono al congresso a questo punto manterranno la loro posizione di blocco, una porzione dei parlamentari, non tutti, però sono sufficienti a bloccare la situazione, di blocco dei finanziamenti dell’Ucraina qualora il confine non venga chiuso, cosa che Biden non ha nessuna intenzione di fare, anche perché se cedessero sul confine adesso che sta diventando il tema primario per l’elezione di Trump, si farebbero male da soli, inimicherebbero Trump, creerebbero una situazione che chiaramente non vogliono creare e di conseguenza il blocco dei finanziamenti continuerà e mancando finanziamenti degli Stati Uniti le riserve in Ucraina ormai si stanno esaurendo, credo che finiscano il mese prossimo e di conseguenza l’Ucraina dovrà venire a battere cassa in Europa, non ci sono alternative.

So che in Europa c’è disponibilità a finanziarli usando potenzialmente i soldi sequestrati dalla Russia, se fosse così sarebbe un pasticcio terrificante per l’Eurozona perché il sistema bancario europeo dove questi soldi in questo momento sono congelati perderebbe qualsiasi credibilità e quindi ci sarebbe un’espansione di quello che già esiste, fuga di capitali all’esterno dell’Eurozona. Quindi in questo scenario complessivo direi che vediamo una guerra in Ucraina che via via si sta riducendo, l’arrivo di Trump potenziale alla Casa Bianca che è quello che dobbiamo vedere perché è tutto da giocare, possiamo aspettarci di tutto da qui all’anno prossimo, a novembre, al periodo delle elezioni, però anche se arrivasse hanno già approvato alcune misure al Parlamento, in particolare al Senato degli Stati Uniti che gli impediscono per esempio di sciogliere la NATO oppure di uscire dalla NATO.

Di conseguenza non potrebbe fare alcune delle cose che aveva progettato di fare al primo giro e poi in realtà non ha riuscito a fare, non ha voluto fare qualunque sia la situazione e il risultato che si ottiene è che probabilmente sarebbe ingessato, sarebbe congelato, anzi si parla già di un colpo di stato morbido nei suoi confronti, vale a dire creare prima del suo insediamento, qualora riuscissero a insediarsi, tutta una serie di vincoli, di limitazioni e autorità che in pratica non gli consentono di fare niente.

Quindi sarebbe la casa bianca, ma sarebbe lì il suonato a fare presenza perché le decisioni fondamentali su gestione dell’esercito che a quel punto gli verrebbe sottratta e gestione dell’apparato burocratico, soprattutto licenziamento di persone dell’apparato burocratico che a quel punto verrebbe osteggiata o bloccata, gli impedirebbe di fare granché, poi è chiaro che potrebbe comunque fare, intanto che lì facendo dei ricorsi, facendo una serie di battaglie, però diciamo che un arrivo suo alla casa bianca non credo che cambierebbe drasticamente la situazione, per lo meno all’inizio, per lo meno nei primi sei mesi o primo anno, se appunto riescono a costruire questa specie di gabbia intorno. Se invece gli lasciano gli spiragli, magari sì, potrebbe fare cambiamento.

Sappiamo che lui non è interessato alla guerra in Ucraina e quindi vi porrebbe fine, mentre invece sul Medio Oriente è coinvolto, in qualche modo sappiamo che voleva ritirare le truppe del Medio Oriente e comunque poi alla fine non l’ha fatto, non ci è riuscito, sappiamo che ha dato concessioni importanti ad Israele e quindi ha un rapporto, aveva per lo meno, probabilmente non sappiamo se l’ha ancora, però sicuramente ce l’ha avuto in passato con Israele e quindi potrebbe essere per lui meno interessante o più difficile sganciarsi da quella guerra specifica. Io direi che da un punto di vista complessivo, comunque vado a finire, vediamo un grosso problema in Europa, perché dal punto di vista americano l’idea è che non vogliono più, non possono più permettersi di sostenere le guerre su tutti i fronti e quindi molleranno la patata bollente agli europei, che comunque vogliono portare avanti il conflitto in Ucraina che durerà probabilmente ancora almeno un anno, visto che i russi devono ancora conquistare parecchio terreno e stanno muovendosi lentamente, in modo prudente e perciò avanzano di poco in poco, dovranno conquistare per lo meno l’interezza delle 4 regioni che hanno annesso da un punto di vista amministrativo e che oggi controllano solo in parte e poi potenzialmente potrebbero raggiungerne altre 4.

Il conflitto andrà avanti, presumo per tutto il 2024, forse anche il 2025 e in questo periodo è molto improbabile che l’Europa riesca a concludere una riappacificazione con i russi, sempre che sia possibile in tempi ragionevolmente brevi per procurarsi energia a basso costo. Con il blocco del Medio Oriente, progressivo blocco anche in espansione del Medio Oriente con magari un attacco diretto sull’Iran che comprometterebbe la fornitura di petrolio anche alla Cina che arriva dall’Iran e dal Medio Oriente in generale, a questo punto per l’Europa sarebbe un problema di proporzioni notevoli, ossia la merce dalla Cina e dall’India non arriverebbe più, farebbe fatica ad arrivare e queste nazioni dovrebbero a questo punto basarsi prevalentemente su carburante acquistato dalla Russia e sarebbero a questo punto incentivate a produrre di più per mercati differenti, magari per gli Stati Uniti usando il Pacifico come veicolo azione della merce, mentre invece l’Europa sarebbe abbastanza isolata e in una condizione di questo genere credo che nel caso della Germania continuerà la deindustrializzazione che è già avviata e per altre nazioni probabilmente ci sarà una situazione critica.

[Fabio Frabetti]

Hai fatto dei video Roberto in cui hai messo in comune proprio questi conflitti li hai chiamati la guerra dell’energia, in parte in ordine, lo sei anche intuito da questo tuo intervento, pensi che possa essere proprio l’energia uno dei moventi che parallelamente si è inseguito ovviamente anche su altre cause che poi hanno scatenato questi conflitti?

[Roberto Mazzoni]

Io direi di sì anche perché è l’elemento ricorrente, ci sono di questi conflitti, impatta in modo diretto e specifico la fornitura di energia, nel caso dell’Ucraina l’abbiamo capito subito anche con l’esplosione della conduttura Nord Stream, quindi il fatto che si è stata presa di mira espressamente quella linea di fornitura di gas naturale, proprio per impedire che anche in futuro la Germania potesse accedere a quantità importanti di gas a basso costo, in più la guerra in Ucraina medesima tende, anzi sta bloccando le condutture ucraine, resta un flusso di gas che arriva attraverso la Turchia, arriva attraverso l’Ungheria, però è molto più basso rispetto a prima, costa molto di più, c’è un giro di petrolio che arriva indirettamente attraverso l’India, però con il blocco del Cane Suez a questo punto viene a mancare.

Quello che mi ha convinto è che questa in realtà, al di là di eventi che possono essere casuali, possono, anche se non sono casuali, sono casuali, ma sono casuali, anche se andando a vedere quelle che sono le cronache, i racconti delle persone che hanno vissuti, resta evidente che erano prevedibilissime, anzi c’erano per esempio l’attacco del 7 ottobre, raccontava un testimone israeliano che raccontava la vicenda, l’aveva vissuta direttamente, Hamas si stava esercitando a cielo aperto, quindi davanti a tutti e l’ha attaccato per diversi giorni prima di lanciare l’attacco e sappiamo che l’Egitto aveva avvisato il setto segreto israeliano con diversi giorni in anticipo del fatto che Hamas avrebbe attaccato, quindi non era una sorpresa.

Sappiamo che nei mesi precedenti il Ministero dell’Interno israeliano aveva vietato l’uso dei brachini, quindi dei radio amatoriali che erano invece molto comuni in Israele, che venivano usati dai cittadini israeliani per segnalare eventuali movimenti sospetti e attività che i cittadini facevano volentieri e facevano in modo volontario, quindi spontaneamente, il fatto che questo servizio sia stato eliminato indica che proprio il governo non voleva sapere o non voleva che le informazioni circolassero tra la popolazione prima di quello che è successo, ci sono troppe coincidenze che puntano in quella direzione.

Ed è evidente che con lo sviluppo tra l’altro della politica usata dagli israeliani, perché è vero che gli israeliani hanno una fortissima influenza sugli Stati Uniti, però è anche vero che non è che siano loro a decidere la politica estera piuttosto che la politica militare statunitense, quindi il fatto che siano tutti e due focalizzati sull’escalation del conflitto, su creare sempre più focolai, sull’estendere questo fuoco conflittuale in tutto il Medio Oriente, dove sappiamo che circola gran parte dell’energia, avendo tagliato fuori la Russia è l’unica cosa che resta, con la sola eccezione quello che può arrivare dal Nord Africa, però l’attenzione è che anche al Nord Africa non è così garantito, visto che l’Algeria è un paese arabo ed è allineata contro Israele e quindi tutti gli accordi che l’Europa può aver fatto in tempi recenti per compensare la fornitura di gas o di petrolio che manca dalla Russia, stanno sfumando o sono già sfumati. In condizioni di questo genere cosa vuoi fare?

Dopodiché scopri che Biden blocca la fornitura di gas naturale dagli Stati Uniti che invece potrebbe essere un valvo di sfogo, sicuramente un’occasione di guadagno per gli Stati Uniti perché venderebbero gas naturale a prezzo maggiorato all’Europa, guadagnandoci, tra l’altro sarebbe un costo relativamente basso perché gli Stati Uniti hanno un’abbondanza di gas. Il fatto che abbia bloccato questa fornitura vuol dire che proprio vuole e strangolare l’Europa in termini energetici, io non vedo l’altra lettura e questo credo che sia come obiettivo. Noi sappiamo che c’è questa tendenza verso la deglobalizzazione, quindi devi portare agli Stati Uniti industrie che altrimenti non ci sono più perché le hanno mandate in Cina e le hanno mandate altrove.

In parte stanno rimpatriando, però è difficile portare industrie dal Far East negli Stati Uniti e ricominciare da capo, è più semplice far migrare industrie europee che si portano dietro mare anche i dipendenti, che sono già addestrati e che quindi possono spostarsi da una fabbrica in un posto e da un’altra in un altro, magari con un clima migliore, ad esempio in Texas e continuare il proprio lavoro. Quindi credo che ci sia una strategia di questo genere, nel senso che negli Stati Uniti è chiaro che la tendenza è quella di diventare sempre più autonomi, gli Stati Uniti già oggi sono indipendenti in termini di energia, vale a dire tra il petrolio e il gas naturale prodotti sul territorio statunitense che possono essere aumentati perché erano stati ridotti in modo con decisione politica da Biden, ma basta di aprire i rubinetti e ci sono.

La quantità notevole di gas e petrolio che può arrivare dal Canada e dal Messico, più altre fonti come il Venezuela piuttosto che l’America Latina, gli Stati Uniti hanno energia da vendere, considerando anche il fatto che stanno sviluppando parecchio energia nucleare. Io credo che sia un trend in qualche modo trasportare verso gli Stati Uniti industrie che si trovano in Europa e che potrebbero essere trapiantate più rapidamente che non portandole dalla Cina e per ottenere una posizione di preeminenza su quello che è il nuovo sviluppo dell’energia rinnovabile, che è il nucleare in realtà.

Ci hanno detto tanto, ci hanno parlato tanto dell’eolico e del fotovoltaico quando in realtà stavano pensando fin dall’inizio al nucleare e stavano lavorando fin dall’inizio sul nucleare. Il problema occidentale sul nucleare però è che in Occidente costruire una centrale nucleare costa 10 volte tanto quello che costa ai cinesi e ci vogliono 4-5 anni invece di 6 mesi. Quindi capisci che è una corsa alla rincorsa dove mors tua vita mea, questa è la lettura che ho, soprattutto dal punto di vista dell’amministrazione Biden. Quindi è sicuramente un problema energetico, non riesco a leggere nient’altro.

[Fabio Frabetti]

Nel tuo sito dicevi prima delle accuse di genocidio a Israele, tu hai dedicato anche approfondimento proprio a quello che è accaduto il 7 ottobre che poi ha scatenato la reazione di Israele, si è molto parlato della sottovalutazione da parte di Israele, dei servizi segreti, di quelli che potevano essere gli allarmi, che idee ti sei fatto tu su quanto è accaduto?

[Roberto Mazzoni]

Lo dicono loro, dicono che questo è il 9-11 settembre, quindi è la stessa cosa. Ma io credo incredibile che un’azione come Israele, che in termini di spionaggio elettronico su tutto il mondo, non solo su Israele perché gli israeliani ascoltano tutto di tutti in continuazione, che è in grado di monitorare qualsiasi cosa, possa farse sfuggire una cosa così evidente quando gli stessi cittadini locali hanno denunciato movimenti estremamente sospetti. I combattenti di Hamas volavano sui delta pani e sparavano, solo che invece di sparare verso gli israeliani, sparavano verso il mare, però non ci voleva uno scienziato per capire che stessero preparando qualcosa. Lo stavano facendo a 100 metri dai luoghi che poi hanno attaccato, non lo stavano facendo a 20 km di distanza, forse che non è anche possibile, non credo neanche che ci sia tutto questo spazio a Gaza.

Tutti i testimoni che raccontano di questi fatti, che sono israeliani, alcuni di quali si hanno messo anche la pelle, i genitori, i parenti, dicono che contattavano i funzionali di sicurezza israeliani e quelli dicevano che Hamas si stava esercitando, non si preoccupassero. Dopodiché abbiamo l’Egitto che contato ufficialmente il servizio segreto israeliano per dire che Hamas sta preparando qualcosa nei prossimi giorni e preparatevi perché ci sarà qualcosa di grosso. Persino in Cina, Xi Jinping diceva che ci sarebbe stato qualcosa di importante nel Medio Oriente, persino a Pechino è arrivata la notizia. Quindi è assolutamente incredibile, non ci crede nessuno, non è così.

In più vediamo che da subito il governo israeliano ha cominciato a raccontare balle perché il conteggio dei morti era 1.400, poi sono andati 1.200, poi sono andati 1.000, perché hanno contato anche alcuni palestinesi che sono stati uccisi. C’è tutto un pasticcio, una confusione. Hanno preso i cadaveri, li hanno sepolti dentro le macchine dove erano stati uccisi, triturando le macchine. Non so se avete visto i film della mafia quando schiacciano la stessa cosa.

Non c’è niente che quadra lì dentro, nella situazione non c’è una sola cosa che quadri. La cosa che colpisce è che sono loro che continuano a parlare di un nuovo 11 settembre e è accaduto esattamente quando ormai la situazione in Ucraina era disperata, ormai si capiva che il discorso ucraino era finito, la famosa contro-offensiva d’estate era esaurita con nulla di fatto, gli ucraini avevano perso troppi uomini per poter pensare di immaginarsi persino di rifarla l’anno dopo e perciò il discorso ormai era da archiviare. Quindi si riva a qualcos’altro. Questa è l’idea che mi sono fatta personalmente, poi magari mi sbaglio, ma ci sono troppe coincidenze e troppe cose che non quadrano assolutamente.

[Fabio Frabetti]

Si parla molto di intelligenza artificiale da noi, in America come viene affrontato questo tema? La sensazione in Italia che era stato introdotto quasi così simpaticamente nei mesi scorsi, tutti a curiosare, a vedere, poi l’argomento era un attimino uscito dal dibattito, adesso è rientrato prepotentemente e con molta rapidità, la sensazione è che vedremo dei cambiamenti molto radicali nella società, nel lavoro e non solo. Lì dall’altra parte come viene vista questa cosa?

[Roberto Mazzoni]

In modo misto, offre alcune opportunità molto sovrastimate dai media, nel senso che quello che si può effettivamente fare in alcune aree è molto interessante, per esempio nella creazione di video, di immagini, di elaborazione sonora, sicuramente è utile e è da dare dei risultati molto interessanti. In altri settori come può essere la gestione aziendale piuttosto che l’automazione industriale c’è ancora molto da fare e il problema fondamentale è che si tratta di sistemi che sono basati su meccanismi statistici, quindi ci azzeccano il 80% dei casi, non è una cosa su cui puoi fare affidamento al 100%.

La cosa che semmai qui preoccupa di più è che vogliono sostanzialmente sostituire i medici, quindi creare questi sistemi di intelligenza artificiale che si occupino delle diagnosi e che forniscano la cura naturalmente basata su farmaci proposti dai soliti noti. In quel caso allora diventerebbe un sistema di automazione di un meccanismo che già esiste, che però oggi ha un freno nell’individualità del medico che può decidere o meno se indicare i farmaci, se applicare una cura piuttosto che un’altra. Nel momento in cui il medico viene progressivamente disintermediato e lo sostituisce con un sistema automatico che naturalmente viene programmato da qualcuno che ha interesse a spingere una cosa o un’altra, allora la questione cambia.

Se guardiamo come l’hanno usato in Israele, direi che abbiamo uno specchio per il futuro. In Israele hanno già la pre-crimine, questo prima dell’attacco del 7 ottobre già, usavano dei sistemi di intelligenza artificiale che ci azzeccano, se va bene, nell’80% dei casi per arrestare gente senza nessuna prova e incarcerarla preventivamente nell’attesa, nel sospetto, perché il sistema aveva detto che probabilmente avrebbe commesso qualcosa di criminale. Abbiamo visto il risultato del risultato, non funziona granché, però direi che quelle sono le aree più preoccupanti, oltre naturalmente alla creazione di monete digitali, programmabili, dove non tanto la moneta verrà gestita dal sistema di intelligenza artificiale, perché i contenuti non conterebbero mai, ma semmai affideranno al sistema di intelligenza artificiale la funzione di polizia, quindi cercare quelli che secondo loro stanno facendo cose che il governo non gradisce e quindi con un sistema alla pre-crimine, dove viene segnalato in anticipo su una base di modelli che sono stati messi insieme in qualche modo e sparano nel mucchio e chi viene preso viene preso.

Questa direi che è la parte più preoccupante, perché da una parte sono strumenti che possono avere un’utilità anche notevole, se si capisce quelli che sono i limiti e si capisce come gestirli, se invece vengono usati come stanno cercando di proporre da un punto di vista che sono sistemi che non possono mai fallire, che sono molto più intelligenti di noi, quindi una specie di oracolo da cui dobbiamo dipendere e vengono poi impiegati come hanno cominciato a fare in Israele già da un po’ di tempo ed è il modello che porteranno in Europa e intenderanno a fare anche da noi, per la medicina e l’ordine pubblico allora i problemi sono grossi.

[Fabio Frabetti]

Hai citato le CBDC, c’è stata una dichiarazione di Trump nelle scorse settimane in cui lui diceva che lui non adotterà mai, non farà mai adottare le CBDC, visto che è un progetto piuttosto avanzato, quanto sono credibili queste parole?

[Roberto Mazzoni]

Credo che lui abbia detto il vero, nel senso che innanzitutto ha visto in ogni caso il suo successo avuto dai suoi concorrenti, vale a dire De Santis e Ramaswamy che hanno cavalcato l’onda della lotta, dell’opposizione alla CBDC e quindi una volta che loro si sono ritirati, hanno concesso nei suoi confronti ha detto vabbè adesso lo prendo io come argomento perché è un argomento che funziona e credo che sia interessato a portarlo avanti, poi non è chiaro una volta che venisse eletto se questo si tradurrebbe effettivamente in un atto concreto, specifico, ma diciamo di sì, ma io credo che tra l’altro non troverebbe neanche opposizione perché sembra ormai abbastanza evidente che nei Stati Uniti l’approccio sarà differente, ossia dove nei paesi BRICS già hanno lanciato le varie CBDC e l’Europa arriverà presto, arriverà nel 2025 con l’Euro digitale e saranno centralizzati da quello che sappiamo finora, quindi la banca centrale emetterà la valuta che arriverà direttamente nei portafogli dei singoli e in questo modo disintermedierà il sistema bancario che dovrà lavorare come una specie di sistema complementare, però avrà una fortissima riduzione organico, mi immagino una discreta cura dimagrante per le banche europee già da qui fino al 2025 in termini di personale e poi un ridimensionamento significativo nel senso che diverse banche verranno chiuse e accorpate per far entrare in questo nuovo concetto.

Negli Stati Uniti invece no perché innanzitutto la Fed e la riserva costituzionalmente non può aprire conti correnti sui singoli e questo non sarebbe secondo me un problema, hanno fatto tante cose che non potevano fare, quindi farebbero anche questo, ma il punto fondamentale è che i proprietari della Fed e della riserva sono le banche primarie americane, soprattutto la JP Morgan Chase che invece vogliono fare loro il dono digitale privato che poi verrebbe in qualche modo adottato dalla Fed e della riserva, quindi questo credo che sarà la direzione, in questo caso Trump potrebbe riuscire a mantenere la sua promessa perché gli Stati Uniti non lancerebbero il dollaro digitale, però di fatto darebbero in concessione alle banche private la possibilità di costruirsi delle loro monete digitali private, magari in concorrenza anche una con l’altra, ci può stare, ma che comunque hanno quel tipo di caratteristiche e riportano poi alla Fed e alla riserva e alla Bank for International Settelements che è la Banca per i regolamenti internazionali di Basilea che comunque ha coordinato due banche centrali e che avrà un grosso registro contabile generale per tutte dove confluirebbero tutte le CDBC, tutte le valute digitali programmabili.

Quindi riporterebbero in quella direzione e a questo punto sarebbero suddivisi i settori e sicuramente i vari conflitti che vediamo adesso sono anche giustificati dal fatto che ciascuno sta cercando di ritagliarsi il proprio spazio in questo nuovo sistema finanziario che dovrà sostituire quello esistente in modo integrale, anche perché il sistema esistente non ha molto spazio di manovra, non ha ancora molto fiato e quello che si capisce è che anche questo discorso sull’energia probabilmente un po’ come stanno facendo i cinesi, è uno sforzo deciso per demolire in modo controllato il sistema finanziario esistente, così da sostituirlo con quello nuovo secondo le proprie tempistiche invece di aspettare che imploda da solo e per fare questo devi ridurre drasticamente la produzione economica in stile anni ’30, quindi grande depressione, per far sì che a quel punto la gente sia disposta a accettare qualsiasi cosa e dire fate quello che volete voi, prendiamo quello che avete e procediamo da qui in avanti.

Ed è per questo che sto dedicando molto tempo, molto del mio tempo a Bitcoin, uno spazio che ho creato apposta che si chiama Il Giornale dei Bitcoin, dove cerchiamo di sviluppare degli strumenti alternativi per poter superare l’ondata, il tonfo, sopravvivere ed emergere dall’altra parte.

[Fabio Frabetti]

Vogliamo spiegare a Roberto cosa è questo progetto dei Legionari di Bitcoin?

[Roberto Mazzoni]

Sì, è un’area dove fornisco contenuti formativi su Bitcoin, ma anche sulla economia in generale, sul sistema monetario, sul sistema bancario internazionale, sulle banche centrali, quindi un modo da avere i due elementi paralleli che si muovono contemporaneamente e poi anche delle informazioni tecniche e tecnologiche, che adesso si concentrano sull’uso di Bitcoin come strumento monetario o come strumento soprattutto di risparmio. Io non fornisco consigli di investimento, però do spiegazioni su come usarla concretamente e su come prepararsi per quello che verrà dopo, ma poi includeremo anche degli elementi di intelligenza artificiale o di sicurezza informatica quando diventerà via via più difficile innanzitutto restare in contatto, perché sappiamo che in Europa hanno approvato le leggi contro la misinformazione, quindi stanno per entrare in funzione, grazie anche a questa intelligenza artificiale, filtri di censura e poi sicuramente metteranno una serie di barriere per impedire che la gente acceda facilmente a questi strumenti che sono alternativi. Quindi l’idea è appunto creare una difesa, una truppa difensiva basata naturalmente sulla conoscenza e sulle informazioni che possa muoversi in un contesto così variabile e così potenzialmente difficile come quello che ci attende.

[Fabio Frabetti]

Bene Roberto, io ti ringrazio molto di questa tua analisi, come sempre molto approfondita e graditissima dal nostro pubblico, anche i legionari di Bitcoin lo trovate su mazzoninews.com dove trovate chiaramente poi i video seguitissimi di Roberto e grazie davvero, ci vediamo la prossima settimana.

Grazie a tutti.

Roberto Mazzoni

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