Questo video ha lo scopo di fornirvi informazioni più approfondite che vi aiuteranno a comprendere alcune delle interviste che vi ho proposto e che vi proporrò, nonché altri video informativi che ho realizzato e che potremmo realizzare in futuro. Il video è stato realizzato da Gay Turner, un esperto finanziario britannico che lavora a Dubai. È un esperto di finanza in generale, ma anche di criptovalute in particolare. Nel video si parla di politica ESG (Environmental, Social and Governance), ossia di politica orientata all’ambiente, al riscaldamento globale e a tutte queste belle cose. È stata una moda che ha imperversato per parecchio tempo in Europa e negli Stati Uniti. Ora, negli Stati Uniti, è piuttosto in declino. BlackRock e Larry Fink sono stati tra i paladini di questa politica, anche perché gli faceva comodo. Ora, come ogni bravo camaleonte, segue l’onda. Negli Stati Uniti, quindi, ha dimenticato la politica ESG, mentre in Europa, dove è richiesta, è pronto a seguirla.
Fitch è invece una delle aziende americane che forniscono un rating sulla validità di un prodotto di investimento finanziario. Ce ne sono tre e, in pratica, queste aziende, queste agenzie, forniscono un punteggio sulla credibilità di un investimento, indicando se un investimento potrà garantire un ritorno o se è altamente rischioso. Il rating va dal massimo, che è AAA, al minimo, che è D, che equivale a “default”: un prodotto finanziario classificato come D probabilmente andrà in default e non verrete ripagati per i soldi che ci avete investito. In base a questa valutazione, gli investitori decidono dove mettere i loro soldi. È evidente che i prodotti finanziari, i titoli di Stato e gli altri titoli con un rating basso dovranno offrire un tasso di interesse più alto. Per concludere, il rating di tre nazioni europee a novembre 2025: la Germania è ancora AAA, la Francia è stata declassata a A+ e l’Italia è in attesa di revisione da parte di Moody’s. Per quanto riguarda la Germania, nonostante una crescita economica debole e un aumento del deficit previsto fino al 3,5% del PIL entro il 2027, mantiene comunque una solida struttura istituzionale, un basso debito netto e una forte posizione di bilancio esterno, il che significa che continua a esportare molto. La Francia, invece, ha subito declassamenti da parte di diverse agenzie a causa del rilevante debito, dell’instabilità politica e delle difficoltà nel consolidamento fiscale. Per ora ha mantenuto il rating A+, ma c’è la possibilità che venga ulteriormente degradata.
L’Italia è in fase di revisione da parte di Moody’s, quindi scopriremo quale sarà il suo rating. In precedenza aveva un rating BBB-, quindi piuttosto basso. Il rendimento delle obbligazioni, in particolare dei titoli di Stato, aumenta naturalmente con il rischio. Più il rischio è alto, più lo Stato deve offrire un tasso di interesse elevato agli investitori affinché siano disposti a comprare i suoi titoli di Stato e quindi a finanziare l’attività di quello Stato, visto che nessuno degli Stati occidentali è in grado di sostenersi unicamente con le tasse. Questo vale per l’Eurozona, per gli Stati Uniti, per la Cina e per tutti gli altri Stati principali coinvolti nel sistema globalista.
Nel caso dell’Europa, la situazione è piuttosto variabile, perché alcuni Stati sono più indebitati e devono quindi indebitarsi ulteriormente, come l’Italia e la Francia, mentre altri, come la Germania, erano relativamente poco indebitati e potevano vendere i propri titoli a un basso tasso di interesse e farlo di rado. Nel caso di un eventuale declassamento della Germania, tutto il sistema Euro verrà declassato, secondo me.
Nel video si parla anche di Ethereum e Solana, due criptovalute utilizzate in particolare per costruire stablecoin o sistemi di pagamento e che hanno anche un mercato individuale, quindi vengono vendute come criptovalute. Hanno un sistema che consente di effettuare transazioni molto veloci e sono abbastanza facili da programmare. In particolare, Ethereum ha un gran numero di programmatori che hanno sviluppato esperienze in questo campo e la vediamo ben introdotta nel mondo finanziario tradizionale. Nel video si parla anche di tassi di interesse negativi, ovvero interessi inferiori all’inflazione, per cui, nonostante vi diano un interesse nominale, alla fine perdete soldi. Gli spread, invece, nell’Eurozona indicano la differenza tra i rendimenti dei titoli di Stato di diversi Paesi e misurano il rischio percepito dagli investitori. In particolare nell’Eurozona, si riferisce comunemente al differenziale tra il rendimento dei titoli di Stato decennali italiani, i BTP, e quelli tedeschi, i Bund, considerati il benchmark di stabilità.
Infatti, la Germania è il mercato più stabile in assoluto nell’Eurozona. Per esempio, se il BTP decennale rende il 4% e il Bund il 2%, quest’ultimo, essendo più affidabile, deve pagare un interesse inferiore. Lo spread è di 200 punti base, che equivalgono al 2%, infatti 100 punti base equivalgono all’1%. Più alto è lo spread, maggiore è il rischio percepito del Paese rispetto alla Germania. Nel video si parla anche del costo del debito: un alto spread indica che lo Stato deve offrire interessi più alti per collocare i propri titoli. Si parla anche di leva finanziaria, che significa semplicemente indebitamento, ovvero prendere a prestito dei soldi da qualcuno, creando così un debito. Si parla anche di estrazione del rendimento, che si riferisce al calcolo del rendimento di un investimento, ossia a quanti soldi si ricavano, alla percentuale di guadagno rispetto all’investimento o alla percentuale di perdita.
Si parla anche di spese in conto capitale, o capex in inglese, che sono investimenti effettuati da enti pubblici, aziende o Stati, naturalmente per migliorare o mantenere beni durevoli come mobili, infrastrutture, impianti e attrezzature. Il capex, quindi, sono gli investimenti indirizzati alla costruzione e alla ricostruzione di un impianto industriale, per esempio. Si parla poi di private equity, una forma di investimento di capitale a rischio effettuata in aziende non quotate in borsa. Si tratta di capitale investito privatamente da azionisti privati che, naturalmente, sperano in rendimenti superiori a quelli che potrebbero ottenere in borsa.
L’investment banking è il ramo della finanza che aiuta aziende, governi e istituzioni a raccogliere capitali, quindi va alla ricerca di finanziatori, organizza fusioni e acquisizioni e gestisce operazioni complesse nei mercati finanziari. Bene, spero che con questo breve cappello introduttivo il video vi sia più chiaro. Ora vi propongo il video di Guy. Eccolo.
[Guy Turner]
L’Unione europea sta forse affrontando una crisi esistenziale? In questo momento, il blocco sembra sempre meno una potenza globale e sempre più un puro e semplice slogan politico, con la Francia che da sola ha bruciato quattro primi ministri in un solo anno, e probabilmente ne brucerà altri. Ma questo caos non è casuale. È il culmine di decenni di decadenza, divisione e cattiva gestione economica, che ora ribolle ed esce dalla pentola. Ecco perché oggi analizzeremo il motivo per cui l’Europa ha dimenticato come crescere, e come il modo in cui l’euro è stato progettato sta facendo a pezzi l’unione, e cosa significa tutto questo per i mercati e per voi in quanto individui. Mi chiamo Guy e state guardando il canale Coin Bureau Finance.
Prima di tutto, però, voglio precisare che non sono un consulente finanziario e che nulla in questo video dovrebbe essere preso come un consiglio finanziario. Si tratta di contenuti educativi progettati per aiutarvi a capire cosa sta succedendo nel sistema economico europeo che sta andando a pezzi. Tornando al nostro tema centrale, vediamo che la Francia è nel caos, i mercati obbligazionari europei lampeggiano in rosso, e i politici cercano di accaparrarsi una sedia prima che la musica smetta di suonare. Ma non si tratta di uno shock che è arrivato all’improvviso.
È l’atto finale di una storia iniziata più di un decennio fa. Tutto è iniziato all’indomani della crisi finanziaria globale del 2008, quando i leader mondiali si sono trovati di fronte a una scelta semplice: potevano stimolare le rispettive economie e investire nella crescita, oppure potevano stringere la cinghia per ridurre i deficit. Gli Stati Uniti e la Cina hanno scelto lo stimolo e hanno riacceso le loro economie. L’Europa, d’altra parte, ha scelto invece l’austerità, guidata dall’ossessione della Germania per lo schwarze null, tradotto in zero nero, vale a dire la politica di nuovo debito zero. Quasi due decenni dopo, quella scelta è ora vista come uno dei più grandi atti di autosabotaggio economico della storia moderna. La quota dell’Europa nel PIL mondiale è scesa dal 20% nel 2000 ad appena il 14% nel 2023.
Così, mentre i suoi concorrenti erano impegnati a costruire il futuro, l’Europa era impegnata a far quadrare i bilanci e a prendere scorciatoie per evitare le scelte difficili. Come ha affermato una volta l’ex presidente della Banca centrale europea (BCE) Mario Draghi, “L’Europa è diventata un gigante invecchiato, intrappolato in un lento e doloroso declino”. Al centro di questo declino c’è una semplice verità: l’Europa ha dimenticato come crescere. La produttività si è appiattita, l’innovazione si è bloccata e l’invecchiamento della popolazione lascia troppo pochi giovani lavoratori per portare il carico dell’economia. E mentre l’Europa compete ancora nei settori tradizionali, come l’automotive e l’industria manifatturiera, non è riuscita a cavalcare nessuna delle nuove ondate di innovazione, a partire da Internet e per includere, francamente, tutto ciò che è venuto dopo la diffusione di Internet. Basta guardare i numeri. L’età media delle cinque maggiori aziende europee sfiora i 100 anni, mentre negli Stati Uniti è di poco inferiore ai 40 anni.
Negli ultimi 50 anni, non è stata costruita da zero una sola azienda europea con un valore superiore a 100 miliardi di euro. E dal 2008, un terzo delle startup più promettenti d’Europa, i cosiddetti unicorni, hanno lasciato del tutto il continente, trasferendosi in luoghi in cui possono effettivamente scalare e diventare più grandi. Gli investimenti del settore privato raccontano la stessa storia. Le imprese in Europa spendono solo l’1,2% del PIL in ricerca e sviluppo, appena la metà del livello di spesa delle aziende negli Stati Uniti. Se a questo si aggiunge un labirinto di normative e costi energetici che sono arrivati alle stelle, non c’è da stupirsi che tanto il talento quanto il capitale continuino a fuggire dall’Europa verso mercati più favorevoli. E, parlando di energia, vediamo che è proprio qui che l’autosabotaggio dell’Europa diventa quasi comico. Quando, nel 2022, le forniture di gas russo sono state interrotte, la Germania, vale a dire la potenza industriale europea, ha deciso anche di smantellare le proprie centrali nucleari che ancora rimanevano in funzione.
Quella decisione ha paralizzato l’industria pesante, ha fatto impennare i prezzi dell’energia e ha reso interi settori non competitivi quasi da un giorno all’altro. Non sarebbe possibile stilare una politica peggiore nemmeno mettendoci tutto l’impegno Dopo di che, c’è il problema del mercato del lavoro. L’Europa sta perdendo i propri talenti. Milioni di lavoratori altamente istruiti si stanno dirigendo negli Stati Uniti, nel Regno Unito e altrove in cerca di migliori opportunità. Il più delle volte, vengono sostituiti da migranti meno qualificati, molti dei quali dipendono dal sostegno del governo, mettendo ancora più a dura prova i sistemi di welfare costruiti dagli stessi contribuenti che ora se ne stanno andando. Nel frattempo, circa 100 milioni di europei rischiano di cadere nella povertà. Ora, questo declino economico ha prodotto una conseguenza politica che le élite europee non possono più ignorare: un elettorato arrabbiato e disilluso. E francamente, chi può biasimarli?
Quando milioni di persone sono alle prese con l’aumento del costo della vita e il collasso dei servizi pubblici, le persone iniziano a chiedere risposte. Ma quando l’establishment non è in grado di fornire soluzioni complesse, quelle semplici iniziano a sembrare molto più attraenti. E questo è il fondamento del terremoto politico in corso in Europa. Il sostegno ai partiti populisti è triplicato dagli anni ’90, passando da circa il 10% dei voti a quasi il 30% di oggi. E lo si può vedere più chiaramente in Germania, dove l’estrema destra di Alternative für Deutschland, o AfD, è cresciuta fino a diventare il principale beneficiario della rabbia pubblica.
Gran parte di questa rabbia deriva da politiche impopolari, costose e verdi, come la controversa legge sul riscaldamento che ha costretto le famiglie a spendere decine di migliaia di euro per installare pompe di calore al posto dei sistemi di riscaldamento convenzionali. Quindi, anche se i principali investitori come BlackRock hanno silenziosamente preso le distanze dalla narrativa ESG, Bruxelles, Berlino e altri governi europei continuano a seguirla con ancora più convinzione. Ma la rivolta non riguarda solo la politica, bensì anche la fiducia. Una quota crescente di europei vede i propri leader come corrotti, isolati e irresponsabili. Le indagini hanno rivelato che quasi un quarto dei legislatori dell’Unione Europea ha affrontato scandali, che vanno dalle molestie sessuali ai casi di corruzione in piena regola come il Qatargate e il HuaweiGate.
Peggio ancora, molti di questi casi sembrano essere perseguiti in modo selettivo, con i politici dell’opposizione presi di mira in modo più aggressivo di quelli che si trovano all’interno dell’establishment. E da nessuna parte l’erosione della fiducia è più visibile che nella stessa Commissione europea, in particolare sotto la sua attuale presidente, Ursula von der Leyen, il cui mandato è stato segnato dalla segretezza e dal tergiversare sulle questioni importanti. Forse l’esempio più chiaro è arrivato quando i giornalisti hanno chiesto dettagli sull’accordo multimiliardario per l’acquisto dei vaccini Pfizer, solo per sentirsi dire che non c’era alcuna registrazione ufficiale perché i negoziati erano stati condotti tramite messaggini di testo sul telefono cellulare. Per l’europeo medio, questo sembra meno un governo e più una burocrazia d’élite che serra i ranghi per proteggere sé stessa. E proprio quando l’Europa meno poteva permettersi questo decadimento interno, lo shock finale è arrivato dagli Stati Uniti.
L’alleanza transatlantica di lunga data che ha garantito ed ancorato la sicurezza dell’Europa per quasi 80 anni si è interrotta bruscamente il giorno di San Valentino del 2025, quando il vicepresidente degli Stati Uniti Gei D Vance ha detto ai leader europei che la partnership non può più essere data per scontata. Il suo messaggio era chiaro: la nuova priorità dell’America non è difendere l’Europa, ma combattere le proprie battaglie culturali a livello nazionale. Per far capire in modo chiaro la sua posizione, Vance si è rifiutato di incontrare il cancelliere tedesco in carica all’epoca e, invece, si è seduto in una riunione con il leader di AfD, una mossa che ha provocato onde d’urto nelle capitali europee. Nelle chat di gruppo trapelate in seguito hanno peggiorato le cose, rivelando che Vance e il suo segretario alla Difesa avrebbero detto che, cito, “odiano l’idea di salvare di nuovo l’Europa”, e hanno definito gli alleati europei, cito, “scrocconi e patetici”. Per gli Stati Uniti, l’Europa sembra sempre meno un partner e sempre più un peso.
Ora, come se la divisione politica non bastasse, l’ultima crepa nelle fondamenta dell’Europa passa direttamente attraverso la sua moneta comune, l’euro medesimo. Tutto è iniziato quando la Germania, l’emblema della disciplina fiscale, ha stracciato il proprio libro delle regole. Dopo la scossa alla politica estera di Trump, Berlino ha eliminato il freno all’indebitamento e ha fatto approvare uno stimolo da un trilione di euro, che copre tutto, dal riarmo alle infrastrutture. Dopo decenni spesi ad imporre l’austerità a tutti gli altri, la Germania si è appena concessa il permesso di prendere in prestito qualsiasi cifra a piacimento, dichiarando, di fatto, che il vecchio ordine fiscale non è più valido. Questa decisione ha confermato ciò su cui lo storico dell’economia Russell Napier ci ha messo in guardia per anni: l’eurozona è strutturalmente destinata a fallire e ha già fallito, e la Banca centrale europea non può più funzionare come una vera banca centrale. La contraddizione è semplice. Come può la Banca Centrale Europea fissare un tasso di interesse unico per un’unione in cui il debito totale della Francia, pubblico, privato e delle famiglie, è superiore al 350% del Prodotto Interno Lordo, mentre quello della Germania è più vicino al 200% del Prodotto Interno Lordo? La risposta è che non può. Per salvare la Francia, la Banca Centrale Europea avrebbe bisogno di creare anni di inflazione sostenuta, intorno al 6 o 7% annuo per più di un decennio, che l’Europa intera dovrebbe pagare al fine di ridurre il debito francese.
Ma questo è politicamente impossibile. Non c’è motivo per cui tedeschi debbano tollerare la spesa fiscale sfrenata della Francia. E questo è il cuore del problema. Poiché la Banca Centrale Europea non è in grado di risolverlo, il potere di creare denaro si sta silenziosamente spostando di nuovo a livello nazionale, nelle mani di 20 governi separati, ciascuno dei quali, ora, sta portando avanti le proprie politiche indipendenti. Questa è la campana che suona a morto per la moneta unica. E quello che stiamo vedendo qui è quello che Russel Napier chiama repressione finanziaria, un ritorno silenzioso al credito diretto dallo stato, in cui i governi decidono chi ottiene i finanziamenti e i risparmiatori pagano silenziosamente il conto. E questa non è più solo teoria. In tutta Europa, i governi stanno già dicendo alle banche dove prestare e a chi prestare, mentre lo stato garantisce il rischio. In Spagna e in Italia, ad esempio, quasi il 100% della crescita dei prestiti alle imprese è garantita dallo Stato. Nel frattempo, i fondi pensione sono spinti o, meglio, costretti, ad acquistare i titoli di Stato nazionali a tassi politicamente convenienti. In altre parole, Berlino imposterà la curva dei rendimenti tedesca, Parigi imposterà quella francese, e così via.
Si tratta del silenzioso smantellamento dell’unità monetaria che sta accadendo in tempo reale. E se c’è un paese che potrebbe sferrare il colpo finale, questo è proprio la Francia. Lo scorso ottobre, la nomina del suo primo ministro è durata solo 14 ore, dopo di che ha dovuto lasciare la carica. Ciò è avvenuto dopo che Fitch aveva già declassato il rating del credito della Francia ad “A plus”, citando come motivazione la profonda paralisi politica. Potete solo immaginare cosa stiano pensando a questo punto le diverse agenzie di rating. Ma i numeri raccontano il resto della storia. Un deficit di bilancio del 6%, il doppio del limite imposto dall’Unione Europea, con nuovi prestiti che vengono utilizzati solo per rifinanziare il vecchio debito.
Di conseguenza, l’obbligazione francese a 10 anni ora rende circa il 3,5%, mentre quella a 30 anni è superiore al 4,3%, vale a dire un interesse otto volte superiore rispetto a quello che veniva pagato nell’era del COVID. E qual è la risposta della BCE? La presidente Christine Lagarde insiste sul fatto che non c’è fretta di intervenire, che i mercati stanno funzionando bene e che la Francia deve solo attenersi alle regole di bilancio. Ma dietro i discorsi di richiamo alla disciplina fiscale, è chiaro che la Banca Centrale Europea non può lasciare che la Francia affondi., Del resto, per dimensioni, si tratta della seconda economia dell’Eurozona. Eppure, l’intervenire per salvarla potrebbe essere proprio la mossa che distrugge definitivamente l’intero progetto dell’euro. Quindi, dobbiamo aspettarci che l’Unione Europea resti con le mani in mano e lasci che tutto cada a pezzi? Certo che no.
L’Unione Europea ha un piano. E come sempre accade a Bruxelles, il piano non riguarda tanto la risoluzione del problema quanto il mantenimento del controllo. In estrema sintesi, si tratta di una strategia su due fronti, progettata per assicurarsi che, anche se l’euro dovesse collassare, le élite europee mantengano la loro presa sul capitale europeo e su tutti voi. Il loro problema è semplice: i soldi se ne stanno andando dall’Europa. Come ammesso dallo stesso Mario Draghi, l’Unione Europea ha bisogno di circa 800 miliardi di euro di investimenti annuali per finanziare le sue priorità ideologiche, che vanno dall’energia verde alla difesa. Ma, nel frattempo, i risparmiatori europei inviano circa 300 miliardi di euro all’anno verso i mercati esteri. La prima parte della soluzione è la creazione dell’Unione del risparmio e degli investimenti, abbreviata nella sigla Siu.
Ufficialmente, ha l’obiettivo dichiarato di aiutare gli europei a investire i loro risparmi invece di lasciarli inattivi nei conti bancari. Ma come sempre succede nelle iniziative dell’UE, il diavolo si nasconde nei dettagli. Il vero obiettivo è quello di incanalare i 10 trilioni di euro di risparmi delle famiglie europee in attività e in beni che sono allineati con le priorità dell’Unione Europea. Questo non accadrà attraverso la confisca vera e propria, almeno non ancora. Invece, arriverà attraverso l’iscrizione automatica. I lavoratori troveranno le loro pensioni tranquillamente reindirizzate in fondi gestiti da istituzioni come BlackRock, i cui mandati si allineano convenientemente con l’agenda di Bruxelles. Il piano si rivolge agli investitori al dettaglio, chiedendo loro di investire i risparmi di una vita in piccole e medie imprese illiquide, declinando ogni responsabilità in caso di problemi. In altre parole, se perdete soldi, non venite a lamentarvi a Bruxelles.
Ma quando la carota non basta per portare abbastanza soldi, l’Unione Europea prende il bastone, l’euro digitale. La spinta della Banca Centrale Europea a lanciare una valuta digitale della banca centrale, o CBDC, è stata alimentata dalla paura, dal timore che le stablecoin garantite dal dollaro possano minare l’esistenza dell’euro. Quindi, per rimanere rilevante, la Banca Centrale Europea ha persino discusso l’implementazione della sua valuta digitale su blockchain pubbliche come Ethereum o Solana. Ma non fatevi illusioni, questa non è innovazione. Si tratta di controllo. Come ha detto senza mezzi termini il capo della Banca dei Regolamenti Internazionali, Agustin Carstens, le banche centrali avranno, cito, “controllo assoluto” su come vengono utilizzate le CBDC, con limiti alle partecipazioni aziendali, limiti di spesa e, convenientemente, il potere di imporre direttamente tassi di interesse negativi. Ciò significa che il vostro saldo potrebbe ridursi in tempo reale, non a causa dell’inflazione, ma per il solo motivo che la Banca Centrale Europea decide di eliminare una parte dei vostri risparmi a meno che voi non li spendiate o li investiate in attività approvate dall’Unione Europea, come i green bond, vale a dire le obbligazioni verdi. Per salvare le apparenze, la Banca Centrale Europea sta cercando di ridefinire la programmabilità delle CBDC chiamandola pagamenti condizionati, e sta cercando di esternalizzare la gestione delle restrizioni alle banche commerciali. Ma poiché queste banche rispondono alla Banca Centrale Europea, il controllo rimane interamente centralizzato. È un sistema costruito sulla coercizione e sul capitale mal allocato.
E, come dimostra la storia, finisce sempre allo stesso modo, in una crisi seguita da un reset, il che ci porta alla grande domanda. Cosa significa tutto questo per voi e per i mercati? Bene, cominciamo con l’ovvio. L’euro è seduto su una bomba a tempo e la miccia è già stata innescata. La BCE sta giocando un pericoloso gioco della paura, fingendo di poter far rispettare la disciplina fiscale pur sapendo che non può lasciare che la Francia fallisca. L’unica cosa che impedisce agli spread di esplodere è la convinzione del mercato che la Banca Centrale Europea alla fine dovrà cedere, ma questa convinzione è mal riposta. I difetti dell’euro sono strutturali, e quindi il suo declino sarà lento, politico e profondamente doloroso. Mentre i governi nazionali prendono il controllo della creazione di credito, il passo logico successivo è il controllo dei capitali, dove gli stati più forti, probabilmente la Germania, saranno costretti a limitare il flusso degli euro di nuova creazione verso gli stati più deboli. Questo segnerebbe effettivamente la fine della moneta unica, anche se il nome euro dovesse rimanere come semplice facciata.
Ma una crisi non si limita a distruggere la ricchezza, bensì la ridistribuisce. In questa nuova era, i rendimenti non si ottengono attraverso la competizione. Vengono assegnati tramite criteri di politica che vengono dall’alto. I vincitori saranno le aziende che si allineeranno con le priorità di spesa pubblica definite da Bruxelles, e i perdenti saranno quelli legati al vecchio ordine del libero mercato. Le misure disciplinari di Bruxelles includeranno pressione sui fondi d’investimento passivo basato sugli indici, sulle società finanziarie tradizionali e su tutto ciò che basa la propria esistenza sulla leva finanziaria e sull’estrazione del rendimento, vale a dire il private equity e l’investment banking tradizionale. Tutti questi settori verranno letteralmente svuotati.
Sul fronte positivo, d’altra parte, avremo le spese in conto capitale. L’Europa sarà costretta a ricostruire la propria infrastruttura industriale e i governi faranno in modo che questi progetti vengano finanziati, a qualsiasi costo. Sarà in questi settori che fluirà il denaro a buon mercato e politicamente garantito. Dopo di che, naturalmente, ci sono asset resistenti alla censura come l’oro e il Bitcoin. Ma in tale ambiente, la possibilità di custodire tali beni in proprio è essenziale. Se avete un’esposizione tramite ETF o portafogli di custodia, non vi state proteggendo. Vi state offrendo volontari per essere controllati. Ma al di là dei mercati, qualcosa di ancora più grande sta cambiando. L’era di un’Europa unificata e guidata dall’Occidente sta svanendo. Le popolazioni chiedono politiche di immigrazione più severe, piani energetici pragmatici e meno crociate ideologiche.
Di conseguenza, stiamo già assistendo a un ammorbidimento della posizione dei leader europei nei confronti della Cina e di altre potenze emergenti, con il baricentro geopolitico che si sta inclinando verso est. E anche se potrebbe sembrare inverosimile, basta guardarsi intorno. L’Alleanza transatlantica è a pezzi, il progetto europeo vacilla e la volatilità di Washington rende quasi impossibile una partnership a lungo termine con gli americani. Quindi, se gli Stati Uniti non sono più disposti a tenere l’Europa unita, forse nessuno lo farà. Speriamo solo che l’imminente reset dell’economia europea porti riforme e non rovina.
Secondo me, il video è abbastanza chiaro. L’arrivo delle stable coin americane mette in difficoltà il sistema bancario europeo e la BCE è in enorme ritardo con il suo progetto di euro digitale, tanto che sta deviando verso progetti basati comunque su tecnologia americana, strettamente controllata da Washington e Wall Street: Solana ed Ethereum. Quindi, il sistema dell’euro digitale sarà controllato tecnologicamente dall’esterno e vediamo già banche europee che stanno accelerando i tempi, dichiarando di voler adottare una stable coin in euro prodotta dalla società americana Circle. La BCE aveva in programma di creare la sua valuta digitale, ma non ci è riuscita finora, o almeno il progetto che è stato avviato si è rivelato tecnologicamente inferiore rispetto alle stable coin già presenti sul mercato e che hanno come valuta di riferimento il dollaro.
Non tanto perché abbiano scelto il dollaro come valuta di partenza, ma perché hanno condotto dei test e hanno proposto sia l’euro che il dollaro digitale in giro per il mondo, e la gente ha scelto solo il dollaro, quindi ora si stanno concentrando su quello. Abbiamo già centinaia di milioni di utenti che usano queste stable coin, quindi, con le recenti leggi di cui vi ho già parlato, la legge Genius, approvata di recente negli Stati Uniti, la finanza tradizionale e le banche americane si fonderanno con il sistema delle stable coin, il che dovrebbe dare ulteriore impulso al dollaro e diffonderlo in tutto il mondo attraverso un sistema di garanzia di qualità superiore rispetto a qualsiasi altra valuta, perché, nel caso del dollaro, così come dell’euro e di qualsiasi altra valuta, inclusa quella cinese, la maggior parte della valuta viene emessa dalle banche commerciali a fronte della creazione di debiti.
Queste nuove forme di valuta, queste nuove banconote, che in realtà vengono emesse elettronicamente, hanno come garanzia solo il 10% del totale, o anche meno, il che significa che, se tutti andassero a ritirare i soldi nello stesso momento, non li troverebbero. Perché in banca non ci sono. Nel caso delle stable coin, invece, ogni dollaro è garantito da un corrispondente dollaro espresso in titoli del tesoro americani, quindi è 10 volte più affidabile rispetto a un dollaro qualsiasi o all’euro. Perciò, vediamo che le banche europee hanno già capito che la BCE sarà in enorme ritardo e che utilizzerà comunque la tecnologia americana. Quindi, perché non buttarsi prima? E questo sta già succedendo. Vediamo, infatti, arrivare delle versioni di euro digitale sotto forma di stable coin che verranno probabilmente offerte privatamente dalle singole banche, prima dell’arrivo dell’euro centrale sotto forma di CBDC.
Ora, è probabile che la BCE sfrutti questo meccanismo per imporre le regole che intendeva imporre con l’euro digitale centralizzato, utilizzando le banche come interlocutori. Questo potrebbe avere un certo effetto, dato che la BCE ha un controllo sulle banche. Tuttavia, dobbiamo tenere conto del fatto che la tecnologia, i finanziamenti e le garanzie per l’emissione di queste nuove stable coin in euro probabilmente arriveranno dagli Stati Uniti, il che ridurrà l’influenza della CBDC. Vedremo come andrà a finire. Quello che mi sembra di capire da quanto ci dice Guy e anche da quanto sta accadendo è che l’euro resterà solo una facciata. In parte è sostenuto e finanziato dal sistema del dollaro per la parte finanziaria e in parte dal sistema cinese per la parte industriale, con l’intervento dei russi per la componente energetica.
Quindi, alla fine, Bruxelles avrà ben poca voce in capitolo, ma questo sarà un percorso lento e piuttosto movimentato, che non sarà uguale per tutti i paesi europei, perché ognuno di essi ha i propri problemi individuali. Già ora vediamo che ogni singolo paese sta conducendo politiche monetarie sostanzialmente indipendenti, quindi il concetto di euro unificato sta già andando in declino. La BCE vuole mantenere il controllo e ha già dichiarato che con l’euro digitale sarà possibile avere solo 500 euro di risparmi, ma credo che alla fine, magari con l’uso di questo dollaro mascherato da euro o di quello che sarà, sarà possibile fare diversamente. Vedremo, comunque è chiaro che il futuro dell’Eurozona e dell’Unione europea è molto incerto e mi auguro che questo video vi abbia fornito un’idea più chiara.
Ho voluto proporvi una fonte esterna di origine britannica che si occupa di finanza a livello mondiale, giusto per darvi un’idea che non è frutto della mia opinione o che non si concentra esclusivamente sulla prospettiva americana. Spero che vi sia utile e vi rimando al prossimo video.
Roberto Mazzoni