Il modello sociale cinese è diventato il punto di riferimento per tutti i programmi che gravitano intorno al Grande Reset. L’aspirazione dell’élite finanziaria e politica occidentale è di riproporlo in versione integrale in Europa e in America.
Richiede un impiego intensivo della tecnologia informatica e una valuta completamente digitalizzata che sostituisca il dollaro e l’euro che sono al momento in circolazione. L’entità chiave per tale trasformazione sarà l’International Monetary Fund con l’appoggio della Banca Mondiale.
I primi passi sono già cominciati in sordina il 23 di marzo di quest’anno con la decisione unilaterale dell’IMF di battere autonomamente la propria valuta, denominata Special Drawing Rights, che vuole diventare la nuova moneta di scambio internazionale.
All’inizio sarà un’emissione ridotta, equivalente a 650 miliardi di dollari per saggiare il terreno, e l’operazione dovrà essere autorizzata dall’Executive Board dell’IMF nella prossima riunione di giugno. Ma già ci sono diversi governi che vogliono essere protagonisti di questo cambiamento, a partire da Pechino per arrivare fino a Città del Vaticano dove il papa, Francesco Bergoglio, ha recentemente inviato una lettera ufficiale all’IMF e alla Banca Mondiale proprio su questo tema. Se questa operazione andasse a buon fine, significherebbe la fine del dollaro come valuta di scambio internazionale e completo reset dell’intero sistema economico mondiale.
In un momento assai critico per l’economia globale, diversi governi hanno cominciato a mostrare i denti a modo proprio al fine di avere una posizione di rilievo al nuovo tavolo. Washington, attraverso la NATO, tenta puerilmente di far pressione sulla Russia mandando navi da guerra nel Mar Nero mentre l’Ucraina ha tagliato la fornitura d’acqua alla Crimea per costringere una riannessione della regione. Mosca deve quindi rifornire la Crimea attraverso a che mette in comunicazione il Mar Nero e con il Mare di Azov e ha mobilitato le proprie truppe lungo in confine Ucraino a titolo di deterrente.
La decisione di Washington di aumentare la presenza di truppe americane in Germania, opposta rispetto alla precedente volontà di Donald Trump, il ritardo nel ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan a dispetto degli accordi presi, i nuovi discorsi d’inclusione dell’Ucraina nella NATO e le sanzioni finanziarie contro la Russia sembrano tutte mosse mirate ad irritare Mosca.
La vera tensione si sta sviluppando in realtà proprio a due passi dalla Cina, nei confronti del nemico storico di Pechino: il governo nazionalista di Taiwan.
E’ ormai evidente che, dopo aver sostanzialmente assorbito Hong Kong prima del tempo, Pechino voglia acquisire anche il completo controllo dell’isola di Formosa. Qui, dopo ventidue anni di guerra civile cinese, si è formato nel 1949 un governo repubblicano che è antagonista rispetto al regime comunista di Pechino. I due governi sono ancora ufficialmente in guerra visto che non hanno mai firmato un armistizio oppure un trattato di pace. Entrambi sostengono di essere il governo legittimo della Cina, anche se Taiwan ha smorzato nel tempo le sue velleità di riconquista della Cina continentale.
Per molti anni, grazie alla pressione Pechino, nessuno ha mai riconosciuto Taiwan come stato indipendente benché gli Stati Uniti abbiano mantenuto rapporti diplomatici. Nel 1971, le Nazioni Unite hanno espulso Taiwan cedendo il suo posto alla Cina popolare. Ma nel 2019 il governo di Formosa è stato riconosciuto come nazione da 14 altre piccole nazioni, tra le quali spicca Città del Vaticano.
L’Esercito di liberazione popolare ha continuato a provocare Taiwan con voli non autorizzati di aerei cinesi su Formosa che negli ultimi mesi si sono intensificati sia nel numero sia nella frequenza. Ha anche avviato una campagna di guerra psicologica con la veicolazione di documenti falsi che mirano a screditare il governo di Formosa e che sono stati sistematicamente confutati dal primo ministro taiwanese.
Inoltre, la mattina del 6 aprile sono state avvistate dalla guardia costiera di Taiwan 2.700 carcasse di suini galleggianti al largo della cittadina di Taipei City, dov’è la capitale dell’isola.
Prima dell’arrivo di queste carcasse, il 4 di aprile, era approdata sull’isola la carcassa di un maiale bianco che era risultato positivo al virus della peste suina africana, inoltre una comparazione del virus con una banca dati genetica, ha rivelato affinità con due altri virus di origine cinese: l’ASF Wuhan 2019-1 e il CAS19-01/2019.
Le correnti esistenti nella zona portano le carcasse a galleggiare verso il porto di New Taipey City quindi esiste la possibilità che gli animali siano stati immessi nella corrente dalla Cina con l’intenzione di farli arrivare a Taiwan. Il contagio risulta rischioso solo per gli animali e gli allevatori della zona sono già stati avvisati.
Da notare che Taiwan ha gestito con bravura eccezionale il contagio da COVID-19. Collocata a soli 130 chilometri dalla Cina, avremmo potuto aspettarci che l’isola sarebbe stata colpita duramente.
Invece il governo di Taiwan è intervenuto subito non appena sono cominciate a circolare le prime voci. Hanno limitato prontamente i viaggi in arrivo, sottoponendo a controlli tutti i passeggeri e bloccando chiunque venisse da Wuhan. Dal 23 gennaio hanno poi chiuso l’isola completamente a qualsiasi arrivo.
Hanno immediatamente chiesto alla popolazione di portare le maschere, di lavarsi le mani e di osservare la quarantena in caso di potenziale contagio. La produzione di maschere interna è stata subito moltiplicata con la collaborazione dei militari. Non c’è stato nessun lockdown. Alla fine hanno avuto solo 500 casi confermati e 7 morti su una popolazione di 23 milioni di persone.
Taiwan aveva imparato a proprie spese come rispondere in situazioni di questo tipo nel 2003 dopo essere stata colpita duramente dalla prima epidemia di SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) proveniente sempre dalla Cina.
Oggi, a seguito della continua crescita nella pressione militare da parte della Cina popolare, le forze armate di Taiwan sono in stato di allerta 24 ore su 24, 7 giorni su 7 con esercitazioni che le preparano in caso di tentativo di invasione dalla Cina.
Nel frattempo, il primo ministro giapponese Yoshihide Suga è andato a Washington per assicurarsi che Joe Biden sia pronto a schierarsi a fianco di Taiwan e del Giappone nel prevenire qualsiasi tentativo d’invasione da parte di Pechino e per contrastare la posizione aggressiva cinese nell’area dell’Indo-Pacifico, come confermato in una dichiarazione congiunta. Il fatto che Suga sia stato il primo capo di stato ad incontrare Biden, è uno smacco per Pechino che ha regito con un comunicato critico da parte dell’agenzia di regime Xinhua News Agency.
C’è una sfilza di ex alleati della Cina popolare che stanno prendendo posizione contro le posizioni aggressive di Pechino. Tra questi troviamo il Vietnam,
Nel frattempo il precedente premier cinese Wen Jiabao è stato censurato dal suo stesso governo per aver pubblicato un saggio in memoria della madre morta l’anno scorso. Molti cinesi sono rimasti sorpresi del fatto che l’ex-premier, pur conoscendo molto bene l’auto-censura richiesta dal regime, fosse stato comunque oscurato.
Questo ci mostra che la censura cinese è arrivata ai massimi livelli e il controllo interno della popolazione è sempre più stretto con una crescita del dissenso interno.
Wen Jiabao è stato primo ministro del governo cinese dal 2003 al 2013 e all’epoca era considerato la figura primaria alla guida della politica economica di Pechino.
Nel suo saggio ha ricordato come suo padre fosse stato mantenuto prigioniero nella scuola dove insegnava. E come durante tale prigionia fosse stato interrogato e torturato spesso, per l’intera durata della Rivoluzione Culturale cinese lanciata da Mao Zedong dal 1966 al 1976.
In quel periodo, il regime comunista inviava quasi tutti gli insegnanti, i letterati e gli intellettuali ai lavori forzati nelle campagne, ed era solito umiliarli in pubblico.
Raccontando dei suoi 28 anni come politico di alto profilo del partito dice di aver seguito gli ordini con molta cura, come se stesse camminando sul ghiaccio sottile o sul margine di un abisso oscuro. Era sempre pronto ad essere licenziato fin dal primo giorno.
Conclude il saggio augurandosi che la Cina possa essere una terra di giustizia ed equità, nel rispetto della natura umana e della volontà della gente.
Durante il suo mandato, Wen Jiabao fu definito “il premier della gente” perché, anziché concentrarsi sullo sviluppo economico delle metropoli e delle ricche aree costiere, lavorò per migliorare lo stato dell’agricoltura realizzando importanti progetti infrastrutturali.
E’ stato considerato il leader dell’ala riformista del partito comunista cinese.
L’attuale segretario del partito comunista cinese, Xi Jinping, punta invece ad aumentare il potere del governo centrale e a combattere la corruzione all’interno del partito cinese, il che ha già provocato la dimissione di vari membri di altissimo livello. Nel 2018 ha fatto eliminare la scadenza dei termini per la sua nomina, diventando presidente a vita, e il suo pensiero politico è stato inserito come parte della costituzione cinese.
Alcuni osservatori politici e accademici osservano che, alla pari di Mao Zedong, anche Xi Jinping coltiva il culto della personalità, è un leader autoritario che ha provocato un deterioramento dei diritti umani e ha innescato un’escalation nella censura e nella sorveglianza di massa dei propri cittadini.
La Cina oggi spende nella sorveglianza dei propri cittadini molto di più di quanto spende per l’intero budget militare.
Ogni cinese viene sorvegliato costantemente in tutti i suoi spostamenti e ogni attività viene monitorata e trasformata in punti a favore o sfavore che vanno a definire un credito sociale con cui si determina se la persona possa lavorare e dove, possa avere un’automobile, un conto in banca, una casa e se possa viaggiare da una località all’altra.
I cinesi non possono spostarsi liberamente da una città all’altra se non hanno un permesso.
Le città sulla costa e le grandi metropoli sono enormemente più ricche rispetto alle cittadine e alle province dell’interno. Per tale motivo molti cinesi si spostano abusivamente dalle campagne per andare in città a lavorare, ma sono costretti a vivere in condizioni di semi-clandestinità e devono pagare a caro prezzo gli alloggi, come se fossero immigrati illegali.
Esiste inoltre un enorme divario di guadagno anche tra chi ha un buon lavoro in una città evoluta e i dirigenti che gestiscono le principali attività, che hanno uno stipendio anche di 300 volte più alto rispetto ai loro impiegati.
Non esistono contanti e nemmeno assegni o carte di credito. I soldi vengono resi disponibili dallo stato direttamente sullo smarthphone, che serve anche a tracciare i vari spostamenti e attività della persona.
Chi viene accusato di attività contraria agli interessi del partito, si trova con il conto bloccato.
La Cina sarà probabilmente la prima nazione a passare da una moneta tradizionale a una valuta completamente digitale.
Nel novembre 2012 Xi Jinping ha assunto la carica di segretario del partito, nel 2013 è stato nominato presidente della Repubblica popolare cinese. Quello stesso anno un memorandum segreto è passato di mano in mano in tutto il partito comunista cinese. Si chiama Documento numero 9 e definisce, tra le altre cose, sette valori occidentali che sono considerati pericolosi:
Appare una netta inversione di tendenza rispetto all’apertura verso il libero mercato e l’impresa privata, seppur controllata dallo stato, avviata da Deng Xiaping nel 1984 che si discostava nettamente dai principi del maoismo come pure del marxismo classico.
Il “sogno cinese” lanciato da Xi Jinping intende recuperare le origini antiche della Cina basate sul rispetto della cultura, della famiglia e della natura, il che ci riporta ad alcuni concetti del comunismo primitivo.
Il libro “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato” scritto nel 1884 da Friedrich Engels, basandosi su note di Karl Marx, ci spiega che le radici del comunismo si affondano nel periodo preistorico della razza umana.
Karl Marx e Friedrich Engels sono due filosofi politici ed economici tedeschi a cui viene attribuita la definizione del comunismo moderno, altrimenti chiamato marxismo. La loro visione del comunismo primitivo, come forma naturale di coesistenza senza alcuna classe sociale, si basava a sua volta su un altro testo intitolato “Ancient Society” scritto nel 1877 dal pioniere americano Lewis H. Morgan, un antropologo e avvocato che aveva riportato osservazioni di seconda mano sulla vita di alcune tribù nordamericane.
Anche altri antropologi, storici e scrittori ci mostrano che le origini del comunismo sono molto antecedenti a Karl Marx. Possiamo infatti considerarlo la forma di organizzazione politica più antica conosciuta dal genere umano.
La troviamo presente uniformemente nelle comunità preistoriche dell’età della pietra dove tutto veniva condiviso, dal cibo, alla grotta in cui vivere, alle donne e ai figli. Esisteva una forma di proprietà personale che si limitava agli indumenti che la persona indossava e agli utensili oppure alle armi che utilizzava per cacciare e per svolgere le altre attività quotidiane, come accendere un fuoco e cucinare il cibo.
Non esisteva invece il concetto di proprietà privata che deriva dall’accumulare beni in eccesso rispetto alle proprie esigenze immediate di sopravvivenza.
Tutti i membri abili della tribù dovevano dedicarsi alla caccia e alla raccolta del cibo che doveva essere spartito rigorosamente in parti uguali, vista l’estrema scarsità di risorse e la mancanza di conoscenze adeguate per controllare e predire il proprio ambiente.
Chiunque deviasse da questo insieme complicatissimo di regole e non contribuisse con tutto se stesso alla sopravvivenza del gruppo, veniva semplicemente eliminato o allontanato.
In quel periodo, le condizioni di vita erano talmente difficili che era impossibile che un individuo da solo potesse sopravvivere, mentre un gruppo poteva farcela con grande sacrificio dei singoli membri.
Il prezzo per tale sopravvivenza era un completo annullamento dell’individualità del singolo che doveva essere pronto a sacrificarsi per la continuazione della comunità e della specie.
Come ci spiega lo storico e scrittore di origine olandese e poi diventato americano Hendrik Willem van Loon all’inizio del novecento, la vita dei primitivi era regolamentata da una serie di regole molto rigide che univano obblighi e proibizioni assolute, incardinate in un clima di terrore costante nella prospettiva di una morte istantanea e inaspettata.
Contrariamente a quanto si crede comunemente, van Loon ci spiega che l’uomo preistorico aveva un linguaggio molto articolato che permetteva la definizione di regole molto precise e numerose, dominate dalla superstizione.
Infatti l’uomo preistorico, ci spiega van Loon, viveva costantemente in un fitto intreccio di presente, passato e futuro. Tutto il suo passato era sempre al suo fianco nella forma dei suoi antenati che si erano trasformati in divinità, mentre i suoi compagni morti continuavano ad accompagnarlo nella forma di spiriti e stavano al suo fianco ovunque andasse: mangiavano con lui, dormivano con lui e vegliavano sulla porta della sua dimora.
Il suo compito principale consisteva nel conquistare la loro alleanza oppure nel tenerli a distanza sufficiente da non esserne danneggiato. Se falliva in questo intento, veniva punito immediatamente da qualche evento spiacevole.
Poiché non poteva indovinare costantemente i desideri di tutte queste entità che sentiva di avere al seguito, viveva nel costante timore della vendetta che deriva inevitabilmente dall’ira degli dei.
Qualsiasi evento al di fuori dell’ordinario veniva immediatamente attribuito all’interferenza da parte di uno spirito invisibile. Il paleolita non riusciva a comprenderne le vere cause, quindi correva dallo stregone oppure uomo della medicina della tribù per sapere come riconquistare la benevolenza degli dei.
La tribù quindi sviluppava migliaia di regole superstiziose che dovevano essere memorizzate e rispettate alla lettera da tutti i membri al fine di non mettere in pericolo la sopravvivenza della tribù stessa, evento che era considerato il crimine più grande.
Si sviluppava anche un sistema di punizione istantanea per chiunque non rispettasse le regole comuni che venivano considerate emanazione della volontà divina, dove le divinità erano gli antenati oppure anche divinità locali che proteggevano la natura nel suo insieme.
Per facilitare il difficile compito d’imporre il rispetto delle regole, l’uomo paleolitico sviluppò nel corso dei secoli la sua invenzione sociale più importante: il taboo. Inizialmente nato in Africa e in Polinesia, il concetto di taboo si è diffuso anche in altri continenti ed è sopravvissuto nei tempi moderni.
I taboo rappresentavano qualcosa da evitare se non si voleva morire. Venivano tramandati nelle comunità preistoriche e applicati con rigore da parte di individui che rinunciavano completamente alla propria iniziativa e indipendenza individuale per affondarla nell’identità comune della comuinità.
La tribù era chiusa su se stessa, come una specie di fortezza mobile che si spostava da un luogo all’altro e che trovava protezione unicamente nel fatto di essere esclusiva.
Tale approccio ben si adattava all’ambiente letale in cui il primitivo viveva e chi gli ha permesso di sopravvivere durante l’età della pietra e quindi le successive età preistoriche fino all’età del rame dove da cacciatore si è trasformato in agricoltore.
In questo genere di società non esistono caste e il concetto di proprietà privata è assente. Troviamo quindi l’essenza stessa del comunismo: l’individuo è niente e non possiede nulla, e il gruppo è tutto e ha il possesso di tutte le cose comuni.
Forse proprio perché costituisce una parte tanto importante nella sopravvivenza della specie, pare che l’uomo tenda a tornare verso il comunismo primitivo in situazioni di estremo pericolo o di estrema confusione.
Il ritorno alle origini comunistiche porta anche alla rinascita di dogmi rigidi basati su concetti pseudoscientifici che non possono essere assolutamente messi in discussione. All’applicazione acritica di tali dogmi si associa una riduzione drastica delle libertà individuali, e la soppressione fisica o morale di qualsiasi dissidente, inoltre è necessaria l’eliminazione di qualsiasi fede religiosa codificata che viene sostituita con un pensiero di gruppo articolato sotto forma di taboo definiti da figure autoritarie.
Tornando all’evoluzione del comunismo primitivo, vediamo che sparì con il miglioramento delle condizioni generali di vita e delle tecniche di coltivazione e allevamento. Potendo accumulare cibo in eccesso rispetto alle necessità immediate della comunità e del singolo individuo, diventava possibile dedicarsi al baratto e al commercio. I ruoli produttivi si sono specializzati il che ha portato un nuovo aumento della produzione visto che ora ciascuno poteva dedicarsi ad attività che conosceva sempre meglio senza dover condividere i medesimi compiti con tutti gli altri membri della comunità.
Quindi l’evoluzione delle civiltà del Mediterraneo ha portato al graduale abbandono del comunismo primitivo nel Medio Oriente, in Europa e Nord Africa. L’ultima presenza mediterranea di tale comunismo risale alla civiltà minoica dell’antica Creta, esistita dal 3000 avanti Cristo fino al 1100 avanti Cristo.
La civiltà minoica, si basava sulla concentrazione dei raccolti nelle mani del governo che fungeva anche da autorità religiosa e che poi ridistribuiva il cibo tra gli abitanti dell’isola. C’era anche una notevole attività artigianale che portava a commerciare all’esterno dell’isola. I cretesi dell’epoca minoica erano anche soldati e navigatori esperti e riuscirono a dominare il Mediterraneo fino al termine dell’età del Bronzo, dopo di che scomparvero completamente e con essi scomparve ogni forma di comunismo primitivo esistente nel Mediterraneo.
Notiamo in ogni caso che il comunismo cretese rappresentava già un’evoluzione rispetto al comunismo primitivo perché prevedeva uno stato governato da una ristretta cerchia di famiglie aristocratiche, un modello di comunismo più moderno che ritroveremo più tardi nella civiltà greca.
Ma i principi del comunismo primitivo sono continuati in altre parti del mondo. Li troviamo in altre forme di civiltà come quella dei pellerossa nordamericani che alcuni antropologi ritengono siano originari della Polinesia e che siano approdati sul continente nordamericano dopo aver navigato attraverso l’oceano pacifico su imbarcazioni rudimentali. I pellerossa vivevano una vita comunitaria che condivideva i risultati della caccia e che prevedeva rituali elaborati che tenevano conto sia degli spiriti degli antenati sia dello spirito della terra. Ritenevano che la terra non appartenesse a nessuno, ma fosse un bene da condividere. Avevano anche a una rigida divisione in tribù indipendenti.
Lo troviamo infine anche nell’antica cultura cinese attraverso la tradizione popolare che pone particolare importanza nella venerazione degli antenati. Si chiama religione patriarcale ed è la più antica e durevole forma religiosa in Cina. E’ imperniata sull’adorazione rituale degli antenati morti e delle divinità che proteggono la famiglia. Gli antenati, benché nella forma di spiriti, continuano a vivere nella famiglia e sono considerati parte della vita di tutti i giorni.
Parte della tradizione cinese consiste anche nel condividere il proprio cibo con gli altri così da compensare l’enorme povertà delle campagne.
Le usanze cinesi hanno anche incorporato per secoli numerose forme di superstizione che persistono ancora oggi nonostante il passaggio al comunismo. La religione patriarcale cinese non ha una propria ideologia e perciò non interferisce particolarmente con gli obiettivi del governo comunista cinese che la tollera perché comunque crea un senso di appartenenza nazionale e una continuità con la tradizione.
Nei secoli passati, il complemento ideologico a questa religione molto elementare è stato fornito dal Confucianesimo e dal Taoismo, le due religioni ufficiali delle diverse dinastie d’imperatori. Dopo la rivoluzione cinese, entrambe erano state bandite, ma ora il partito comunista ne sta favorendo un revival, in particolare del Confucianesimo.
Quest’ultimo di fatto può essere considerato una sorta di religione laica. Fornisce regole di buona condotta e di buon governo, sottolinea le virtù morali e il rispetto della vita comunitaria. Richiede anche il rispetto della famiglia e degli antenati, ma non ha un clero e non prevede nessuna divinità particolare.
Viene tramandato da semplici insegnanti, si allinea perfettamente alla tradizione della religione patriarcale e a una vita comunitaria di condivisione. E’ quindi ben allineato per conferire uno spessore culturale tanto necessario al comunismo cinese moderno e uno strumento per combattere la corruzione dilagante nel partito comunista cinese.
E’ curioso che negli anni della sua gioventù lo stesso Xi Jimping abbia vissuto per anni in una grotta dopo che il padre, responsabile della propaganda del partito dopo la rivoluzione, era stato purgato dalla sua carica e condannato a lavorare in fabbrica e infine imprigionato dopo che il partito era riuscito a costringere la moglie a testimoniare contro di lui.
Come testimoniato da Yukon Huang, precedente direttore della Banca Mondiale per la Cina, la svolta di Deng Xiaoping ha permesso alla Cina di sollevarsi da una condizione di povertà uniforme per tutti a una condizione di grande sviluppo con enormi diseguaglianze sociali e massiccia corruzione.
La corruzione è stata il motore dello sviluppo e le azioni di Ji Ximping tese a sradicarla porteranno a una diminuzione della crescita.
Quindi mi piacerebbe affrontare un po’ qui l’intersezione tra politica, linea di governo ed economia. In realtà, penso che sia uno dei grandi punti di forza del suo libro. Una cosa che mi incuriosisce è il ruolo della corruzione, che credo che se parli con l’americano medio, probabilmente ti direbbe che la Cina è una società molto corrotta. Sappiamo tutti che la Cina è nel mezzo di una grande campagna anti-corruzione di Xi Jinping, che è stata una delle principali caratteristiche della politica interna cinese per almeno gli ultimi tre anni.
Mi piacerebbe che parlasse di questo, perché lei, di nuovo, ha una visione contraria anche su questo.
Qual è la saggezza convenzionale sulla corruzione? Noi insegniamo a tutti che più sei corrotto come Paese, più lentamente cresci, e questo è particolarmente rilevante per i Paesi in via di sviluppo. Così si guarda l’Egitto o l’Indonesia e l’India o il Medio Oriente o qualsiasi altra cosa, si vedono situazioni molto corrotte, in America Latina.
E si vede che sembra causare un rallentamento del Paese, inibisce gli investimenti, se non si investe, non si cresce. Questa è la prima saggezza convenzionale. La seconda saggezza convenzionale che abbiamo tutti è che più sei ricco come Paese, meno è probabile che tu sia corrotto. Così l’Europa, gli Stati Uniti, i Paesi ricchi sono meno corrotti dei Paesi in via di sviluppo. Questa è saggezza convenzionale. Quindi cosa dico io. È sbagliato, per la Cina.
Sono scioccato.
OK, perché la corruzione in Cina ha direttamente contribuito o permesso alla Cina di crescere più rapidamente del normale? Perché più diventa ricca, più diventa corrotta? Contravviene direttamente a questi due principi. Tuttavia, la saggezza convenzionale generale che si applica agli altri Paesi è corretta. Allora cos’è che rende la Cina diversa dall’India o dall’Indonesia o dall’Egitto o dall’Argentina o dall’Ucraina? E la risposta nel mio libro è: questa è un’economia mista.
Lo Stato controlla la proprietà di tutte le risorse chiave, ma il settore privato è in grado di generare rendimenti più alti se può utilizzare queste risorse.
Così, quando Deng Xiaoping ha affrontato questo problema, il problema dello stato che controllava tutto, e questo è uno stato socialista e non si può privatizzare. Andrebbe contro l’ideologia. Ma ti rendi conto che per ottenere rendimenti migliori, devi metterlo nelle mani di imprenditori privati. Ma politicamente, non si potrebbe privatizzare questi beni.
Quindi la corruzione è il mezzo con cui queste risorse, l’uso di queste risorse sono trasferite dalla proprietà statale per essere utilizzate dal settore privato. E poi la domanda è: che succede ai funzionari governativi del partito? Sono favorevoli a questo? E la risposta è sì, perché quando trasferiscono l’uso, partecipano ai benefici. E più il Paese cresce velocemente, più si deve condividere. Ora, questo è diverso da altri Paesi.
Se sei in India, queste risorse sono già nel settore privato. Il settore privato vuole fare qualcosa. Ciò di cui ha bisogno è il permesso di un funzionario del governo o di qualcuno. OK? E allora qual è l’incentivo per il funzionario governativo? L’incentivo per il funzionario governativo è: “Accidenti, come faccio a fare un po’ di soldi con questo? Beh, ho bisogno di una tangente, ma blocco qualcosa e più lo blocco più lui mi pagherà.
Quindi, in pratica, otterrò una tangente fermando qualcosa.
La corruzione impedisce la crescita. In Cina, il funzionario è motivato a partecipare al trasferimento e a incoraggiare una maggiore produzione. E il risultato è migliorativo.
Questo è veramente unico in Cina, ma questo è anche un problema perché Xi Jinping, come lei ha detto, vuole frenare la corruzione. Perché vuole frenare la corruzione? Perché la corruzione portata all’estremo diventa insostenibile, moralmente inaccettabile. Si creano disuguaglianze. Quindi sta dando un giro di vite su questo.
Ma c’è un problema. Se è stata una forza primaria per guidare la crescita più veloce. E si frena questo, con cosa lo si sostituisce? E questo torna al suo punto, ci sono implicazioni per la liberalizzazione politica, lo stato di diritto, la natura delle istituzioni in Cina che non sono state ancora affrontate. Quindi questo è nel mio libro evidenziare è un grande, grande problema che deve essere affrontato nei prossimi anni.
Siete preoccupati per la stabilità sociale, specialmente dal punto di vista della disparità di reddito? Beh, il coefficiente Gini della Cina, il coefficiente Gini è una misura della disuguaglianza.
Giusto.
Quindi un coefficiente di uno significa che una persona possiede tutto.
Un coefficiente di Gini pari a zero significa che il reddito di tutti è esattamente uguale. Quindi un buon numero è qualcosa come 0,4. Quando arriva a 0,5 o 0,6, diventa molto alto. Così, l’indicatore di disuguaglianza della Cina, quando ha iniziato Deng Xiaoping era 0,25, molto basso. Economia sociale molto uguale. È salito a 0,45, vicino a 0,5. È diventato molto disuguale, molto simile ai numeri dell’America Latina, molto disuguale.
Ma è esattamente lo stesso dell’America, comunque. È lo stesso di quello di Singapore. Lo stesso della Malesia. Non è insolito. Quello che è insolito in Cina è che la distribuzione della ricchezza è molto disuguale. Il possesso di beni e le persone che hanno proprietà, ma anche questo è un po’ strano perché le persone che sono miliardarie o quelle che in qualche modo sono entrate nella proprietà in qualche modo. Questo è vero negli Stati Uniti, ma non così tanto.
Negli Stati Uniti penso che sia Internet. È il commercio elettronico. È lì che si trova la vera ricchezza. In Cina è la proprietà. Ma la cosa interessante in Cina sulla proprietà e quel tipo di ricchezza, a differenza dell’America, è che il 90, 90, forse 95 per cento dei cinesi possiede la propria casa.
OK? E questo perché alla fine degli anni ’90, lo stato ha dato i diritti alle case o a tutti, sia nelle zone rurali che in quelle urbane, si poteva comprare la propria proprietà dallo stato per un importo abbastanza nominale.
Quindi avete una situazione molto interessante in Cina, un numero molto grande di quelle che io chiamo persone medie hanno un patrimonio netto accumulato. Che gli americani non hanno, a meno che tu non sia fortunato negli Stati Uniti ad avere la tua casa, loro ce l’hanno. Quindi c’è un accumulo di ricchezza che è piuttosto ampio, ma c’è anche una concentrazione di ricchezza costruita da coloro che hanno un accesso molto maggiore alla proprietà.
L’intervista rilasciata da Yukon Huang nel 2017 è tutt’ora attuale e mostra quanto sia delicato il passaggio innescato da Xi Jinping. Yukon è stato anche direttore della Banca Mondiale per la Russia e per le precedenti repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Conosce molto bene la realtà asiatica dal punto di vista delle élite finanziarie.
Il passaggio a un’economia più restrittiva sotto Xi Jinping può forse essere possibile solo assorbendo la ricchissima Taiwan che è una delle principali fonti d’investimento privato nella Cina continentale.
Di certo le mire espansionistiche militari della Cina stanno creando tensione anche tra vari ex-alleati come il Vietnam e
Roberto Mazzoni
Altre fonti:
https://en.wikipedia.org/wiki/Wen_Jiabao
https://en.wikipedia.org/wiki/Xi_Jinping
https://en.wikipedia.org/wiki/Document_Number_Nine
https://en.wikipedia.org/wiki/Chinese_Dream
https://en.wikipedia.org/wiki/Socialism_with_Chinese_characteristics
https://www.theepochtimes.com/chinas-former-premier-wen-jiabao-gets-censored_3782821.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Chinese_Civil_War#Reasons_for_the_Communist_victory
https://worldpopulationreview.com/country-rankings/countries-that-recognize-taiwan
https://www.cnn.com/2020/09/21/asia/taiwan-model-coronavirus-hnk-intl/index.html
https://www.cnn.com/2020/09/21/asia/taiwan-model-coronavirus-hnk-intl/index.html