La guerra della Propaganda – parte 1 – La tecnologia di manipolazione di massa – MN #181

In questo video, che abbiamo necessariamente diviso in più parti, vedremo in che modo la propaganda può essere utilizzata per scatenare una guerra e poi farla proseguire a oltranza, indipendentemente da chi vinca e chi perda, e da quali siano i reali beneficiari di tale conflitto.

Utilizzeremo l’esempio della guerra in Ucraina che si presta molto bene e cercheremo di dimostrare i principi che seguono:

  1. L’unico vero antidoto alla propaganda consiste nell’evitare in modo completo i mass media ufficiali e sviluppare una propria linea di indagine privata, attraverso canali alternativi, che permetta di arrivare a conclusioni personali di cui la persona è ragionevolmente certa.
  2. È inutile discutere con persone che sono sotto l’effetto della propaganda, perché non è possibile disfare in pochi minuti il lavoro di mesi o anni. È tuttavia possibile trasmettere loro concetti abbastanza basilari con cui possono essere d’accordo, che vanno ripetuti almeno 5 volte in un breve arco di tempo (giorni o settimane) prima che producano alcun effetto, che sarà sempre a scoppio ritardato.
  3. Con pazienza e con perseveranza, è possibile smontare gradualmente gli effetti della propaganda invitando semplicemente l’individuo a guardare la situazione in prima persona.
  4. La propaganda è basata esclusivamente su menzogne e non può fare nulla per impedire l’emergere della verità, alla fine. Niente può fermare la verità, anche se può volerci tempo perché questa possa davvero raggiungere alcune persone che vivono in un mondo tutto loro.
  5. Uno degli scopi primari della propaganda è di oscurare e screditare le fonti valide.

Come già descritto nel video 178, la propaganda è diventata una tecnologia per la costruzione del consenso. La sua definizione è stata enunciata nel primo grande manuale sull’argomento. Il testo, intitolato Propaganda, è stato pubblicato nel 1928 dall’americano Edward Bernays, e la definizione è la seguente:

“Il mondo, informato attraverso le tecniche di pubbliche relazioni, verrà trasformato integralmente in una società che funziona in modo scorrevole dove ciascuno di noi viene guidato nelle nostre vite in modo impercettibile da un élite di manipolatori razionali”.

Bernays spiega anche come la propaganda deve funzionare:

“Siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee ci vengono suggerite in gran parte da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare. Questi ‘governatori invisibili’ sono un’élite eroica, che con sangue freddo mantiene salda la struttura della società ‘organizzando il caos’, come Dio fece al principio. Sono costoro che tirano le fila che controllano la mente del pubblico, che riuniscono le forze sociali e che inventano nuovi modi per unificare e guidare il mondo”.

Bernays, a sua volta si ispira a un altro grande classico della propaganda, “Public Opinion” (Opinione pubblica) scritto da Walter Lippmann nel 1922. Lippmann era stato un propagandista di guerra per gli Stati Uniti e nel suo libro era giunto alla seguente conclusione:

“L’Eldorado democratico non può essere raggiunto nelle attuali società di massa, i cui membri – in gran parte incapaci di un pensiero lucido o di percezioni chiare, guidati dagli istinti del branco e dai meri pregiudizi, e frequentemente disorientati dagli stimoli esterni – non sono equipaggiati per prendere decisioni oppure per intavolare discorsi razionali. Di conseguenza la ‘Democrazia’ richiede un corpo al di sopra del governo composto da professionisti distaccati, che filtrano i dati, ragionano sulle cose, e impediscono che la nazione esploda oppure si fermi con uno schianto.

Benché sia possibile insegnare al genere umano come pensare, tale procedura è lunga e lenta. Nel frattempo, le questioni più importanti devono essere inquadrate e le scelte devono essere fatte da ‘amministratori responsabili’.

E’ questa casta che decide per chi dobbiamo votare, che cosa dobbiamo comperare e che cosa va considerato buono oppure cattivo. Si tratta di una sorta di aristocrazia manageriale che ci governa grazie alle sue qualità innate di leadership, alla sua capacità di fornire le idee di cui c’è bisogno e alla sua posizione chiave nella struttura sociale”.

Ricordiamo che la propaganda è una tecnologia per la costruzione del consenso. L’elemento centrale che viene manipolato è l’Opinione Pubblica.

Per capire che cosa sia facciamo riferimento all’omonimo libro di Walter Lippmann che ci dice:

“Le caratteristiche del mondo esterno che riguardano il comportamento degli altri esseri umani, nel momento in cui tale comportamento si incrocia con il nostro, dipende da noi oppure è per noi interessante, prendono il nome generico di affari pubblici. Le immagini che le altre persone costruiscono nella propria testa di sé stessi, degli altri esseri umani, dei loro bisogni, scopi, e relazioni, sono le loro opinioni pubbliche. Quando un gruppo di persone oppure singoli individui agiscono sulla base di tali immagini, parliamo di Opinione Pubblica con la maiuscola”.

Vediamo quindi che la maggior parte delle persone, secondo Lippmann, non percepisce la realtà nella sua crudezza, ma ne costruisce un’immagine che può anche essere molto diversa dal reale, e sulla quale basa le proprie decisioni e azioni.

Nel suo libro, che si basa sui concetti della psicologia e della psicoanalisi moderne, sostiene che

“le azioni che ciascuna persona compie non sono basate su una conoscenza acquisita con certezza e in modo diretto, bensì su immagini che la persona ha costruito da sola oppure che le sono state fornite. Quindi, se il suo atlante dice che la terra è piatta, la persona non andrà ai margini del mondo per paura di cadere”.

Quindi conclude dicendo:

“Che cos’è la propaganda se non lo sforzo di alterare le immagini a cui gli uomini rispondono, al fine di sostituire un modello sociale con un altro”.

Lippmann ci spiega inoltre che

“in certe condizioni le persone rispondono alla finzione con  la stessa forza con cui rispondono alla realtà, e in molti casi esse stesse partecipano alla creazione della finzione a cui rispondono”.

Questo è un concetto importante perché, quando una persona è sottoposto a pressioni eccezionali dall’esterno ed è impaurita a sufficienza, tenderà a rispondere in modo automatico a determinati stimoli esterni che il propagandista ha stabilito essere i più efficaci, spesso mediante tentativi oppure inchieste di opinione.

La tecnica si rifà agli studi di psicologia del tedesco Wilhelm Wundt che studiò la risposta automatica dei cani al dolore e al piacere, e che sviluppò metodi di condizionamento del comportamento degli animali che poi sono stati riportati sugli uomini.

Lippmann infatti ripropone le teorie di Wundt secondo cui la vita sociale consiste nella ricerca del piacere e nella fuga dal dolore. In realtà questi meccanismi funzionano solo su una porzione della popolazione, quella in condizioni peggiori, ma la loro portata può essere ampliata sottoponendo le persone a trattamenti di condizionamento sul lungo periodo, tra cui la privazione della libertà di movimento, come nei lockdown, l’iniezione costante di paura e incertezza, l’uso di droghe farmaceutiche e altri sistemi.

 Lo scopo del propagandista, come spiegato abbondantemente in Public Opinion è di:

“Inserire tra la persona e il suo ambiente uno pseudo-ambiente. La persona agirà quindi in risposta al contenuto dello pseudo-ambiente, ma le conseguenze delle sue azioni si manifesteranno nella realtà”.

Affinché questo possa succedere bisogna prima convincere l’individuo

“che il suo ambiente è assolutamente troppo grande, troppo complesso, e troppo fuggevole affinché lui ne possa acquisire una familiarità diretta”.

Queste tecniche furono sperimentate con successo sulla popolazione britannica e statunitense durante la Prima Guerra Mondiale. L’idea stessa della guerra genera paura e incertezza, inoltre la diffusione dei mass media che acquisivano proprio in quel periodo una diffusione di massa, ha reso possibile ripetere costantemente le stesse bugie per lungo tempo e a basso costo.

Il convincimento può infatti richiedere lungo tempo e viene attuato propagandando in continuazione un ambiente minaccioso nella scuola, nei giornali, in televisione e in qualsiasi altro canale percettivo che la persona riceve, ripetendo in continuazione le stesse cose, molto spesso false, fino a che per sfinimento la gente comincia a crederci.

È sostanzialmente lo stesso meccanismo utilizzato nella pubblicità: l’efficacia della campagna dipende dalla frequenza con cui il messaggio promozionale viene ripetuto in un breve lasso di tempo, unita alla relativa saturazione dei mezzi di comunicazione che la persona utilizza per costruirsi un’idea.

È un regola classica delle tecniche pubblicitarie che un messaggio debba essere ripetuto almeno 5 o 7 volte nell’arco di giorni o settimane prima che la maggior parte delle persone nemmeno si accorgano che è stato detto. Dopo di che ogni ripetizione aggiuntiva tende a cementarlo nella loro mente.

L’antidoto consiste quindi nel ridurre o meglio eliminare la dipendenza dai mass media e ripetere le informazioni corrette con pazienza un numero sufficiente di volte, almeno 5, affinché arrivino a destinazione.

Una delle tecniche preferite dal propagandista consiste nel cambiare la definizione di parole note. Nel prossimo video vediamo Laura Ingraham che ci fornisce un esempio di come la propaganda possa essere sconfitta dalla verità.

Il crollo dei globalisti

[Laura Ingraham]

Sono Laura Ingraham è questo è l’angolo di Ingraham. Grazie per essere con noi stasera. I globalisti sono in fuga. Questo è il focus della prospettiva di stasera.

Ci hanno detto che sarebbe stato meraviglioso.

[Bill Clinton]

Credo che potremmo rendere la nostra economia ancora più forte e rendere il libero commercio una forza ancora maggiore per la pace e la prosperità nel nuovo secolo.

[George W. Bush]

Mantenere l’America competitiva, ci richiede di aprire ancora più mercati per tutti.

[Barack Obama]

Credo che il processo di globalizzazione sia qui per restare. Ci sono enormi benefici che possiamo ricavare da un’integrazione globale.

[Laura Ingraham]

E malignano l’opposizione populista.

[Intervistato da MSNBC]

Donald Trump è un populista e il populismo può essere uno strumento molto pericoloso

[Tony Blair]

Cavalcano la rabbia, senza dare risposte. Questo è il problema.

[Jennifer Rubin]

Il problema più grande è un movimento razzista, populista, e ignorante che è fondamentalmente incompatibile con la democrazia.

[Laura Ingraham]

Ma questo era solo un pio desiderio. Dagli incubi della catena di approvvigionamento, alla carenza di cibo e carburante, alle guerre inutili, alle massicce crisi dei rifugiati, il treno della globalizzazione sta lentamente uscendo dai binari. Ora i media odiano parlarne, ma una delle grandi storie che si stanno svolgendo nel corso dell’estate è l’ascesa dei movimenti per la libertà. Sto parlando di persone normali, in tutto il mondo, che stanno respingendo l’agenda globalista che ha essenzialmente dominato la nostra politica dal 1990.

Ora, troppo spesso ci viene detto che sono solo gli americani ad essere preoccupati per la globalizzazione e per ciò che essa significa per la nostra cultura, la nostra economia e il nostro modo di vivere. Ma in tutto il mondo, i lavoratori stanno respingendo un sistema che sta arricchendo enormemente un minuscolo frammento della popolazione, danneggiando gli interessi della stragrande maggioranza. Quindi, se vi dicessi, per esempio, che gli agricoltori sono furiosi per i costi elevati e per le normative eccessive, e che stanno marciando contro i fanatici del clima governativi, probabilmente pensereste che stia accadendo da qualche parte nell’America rurale. Ma come abbiamo riferito ieri sera, sta accadendo in Olanda.

[Agricoltore olandese]

Gli agricoltori vogliono un futuro normale e stabile. Comprano la fattoria e sono finiti.

[Giornalista]

Mi ha detto prima che non hanno futuro e che si stavano impiccando. È qualcosa di cui le persone sono consapevoli? È una vera e propria crisi in questo momento?

[Agricoltore olandese]

Sì, questa è una crisi. Sì.

[Laura Ingraham]

L’attacco all’agricoltura e agli agricoltori è terrificante. E segue punto per punto il manuale dei globalisti. E in Francia, gli elettori hanno respinto l’agenda globalista di Emmanuel Macron, dando più potere ai partiti di sinistra e di destra. Il sostegno di Macron alla guerra in Ucraina è stato citato ripetutamente da entrambi i candidati dell’opposizione.

Hanno preso il tema dell’inflazione a livello record per ritrarre Macron come un leader che ha prestato più attenzione al suo ruolo sulla scena diplomatica che agli elettori che lottano per sbarcare il lunario.

E in Germania, dove c’è un’agenda verde che è stata per lungo tempo un fiore all’occhiello che i globalisti hanno potuto sfoggiare in tutto il mondo, devono ora ammettere, essenzialmente, che l’intera faccenda è un fallimento, e che ha posto l’intero paese in una crisi energetica autoinflitta. Quindi cosa stanno facendo ora? Stanno facendo marcia indietro, ritornando all’uso del carbone. E in Gran Bretagna, Boris Johnson, è salito al potere perché era uno dei pochi politici che avrebbero attuato la Brexit che i globalisti odiavano. Ma Johnson è stato anch’egli assorbito dalle preoccupazioni globaliste. E, nonostante si fosse presentato come il politico che si sarebbe concentrato sulla gente comune, si è innamorato della Cina e della guerra in Ucraina.

[Boris Johnson]

È molto importante che comprendiamo che la Cina è un grande paese. Sarà un fattore gigantesco dell’economia mondiale per molto tempo a venire. E permettetemi di dire ora al popolo ucraino, che sono certo che noi nel Regno Unito continueremo a sostenere la vostra lotta per la libertà, per tutto il tempo necessario.

[Laura Ingraham]

I globalisti sostengono abitualmente che chiunque metta in discussione l’idea dei mercati aperti e delle frontiere aperte, è colpevole di destabilizzare il sistema globale. Ma in verità, è la globalizzazione stessa che sta destabilizzando e indebolendo le grandi nazioni occidentali che sono esistite per secoli. E parliamo concretamente. A questo punto, quasi tutti noi sappiamo chi è il vero vincitore nel gioco della globalizzazione. Naturalmente, egli difende aggressivamente il sistema contro qualsiasi critica.

[Xi Jinping]

È vero che la globalizzazione economica ha creato nuovi problemi, ma questa non è una giustificazione per cancellare del tutto la globalizzazione economica.

Piuttosto, dovremmo adattarci e guidare la globalizzazione economica.

[Laura Ingraham]

Ora, ironicamente e naturalmente, Xi Jinping è il più convinto e il più grande nazionalista di tutti, e minaccia chiunque o qualsiasi paese che si metta sulla sua strada, come la Cina ha fatto di recente con l’Australia quando la aviazione australiana stava semplicemente conducendo missioni di routine sulle acque internazionali. E, naturalmente, quando si arriva al dunque su quasi tutte le questioni, l’establishment politico, imprenditoriale e mediatico negli Stati Uniti è pienamente allineato al Partito Comunista Cinese, praticamente in ogni fase del percorso. In realtà, non sono solo d’accordo con i cinesi, ma addirittura li premiano.

Abbiamo uno sviluppo scioccante su questo fronte che coinvolge Hunter Biden, di cui vi parleremo tra pochi istanti. Nella visione del mondo globalista, è del tutto logico criticare e punire stati come la Florida e il Mississippi, quando, secondo le élite, non sono all’altezza delle norme moderne in tema di aborto, di diritti dei trans, eccetera. Però, ai globalisti, non importa nulla di ciò che accade all’interno della Cina. Non gli importa degli Uiguri torturati, dei dissidenti imprigionati, degli abusi nel lavoro minorile, e della distruzione della libertà di Hong Kong. Di certo non gli importa dei lockdown che tanto amano e che hanno visto cittadini cinesi letteralmente bloccati nei propri appartamenti con le porte saldate da un fabbro.

Diversi personaggi di alto livello nel mondo degli affari e della politica, hanno appena firmato una lettera che esorta il presidente Biden a cercare più cooperazione con la Cina, di puntare a un accomodamento. Ovviamente, nessuno di loro deve preoccuparsi del fatto che i propri posti di lavoro vengano trasferiti all’estero, oppure di vedere i propri quartieri inondati di fèntanil. Ma per gentile concessione della globalizzazione, la Cina ha il potere, il denaro e il prestigio per prevaricare gli Stati Uniti quando questi sono gestiti da un gruppo incompetente e corrotto come l’amministrazione Biden.

E, in risposta, tale amministrazione dice fondamentalmente: grazie, continuate così. Biden è prossimo a togliere le tariffe imposte da Trump sulle merci di provenienza cinese. E questa settimana Janet Yellen si incontra con la propria controparte cinese, e lo stesso vale per Blinken. Non ne uscirà nulla di buono. E a proposito, il folle di John Kerry, pensa ancora che la Cina sarà un alleato chiave nella lotta al cambiamento climatico. Il che è esilarante.

Naturalmente, la Cina sta procedendo alla massima velocità nell’uso del carbone e nello sviluppo delle proprie capacità di raffinazione, che stanno diventando enormi. Quindi le cose vanno così male, e l’America è talmente indebolita, che un funzionario del Dipartimento di Stato, in realtà, oggi ha detto che l’America dovrebbe essenzialmente abbandonare l’Asia alla Cina, e che è pericoloso per Washington scoraggiare un attacco cinese contro Taiwan.

Stando alle sue parole, dobbiamo investire di più nell’impegno economico, affrontando i cambiamenti climatici, che richiederanno la cooperazione con la Cina. Quindi, a chi importa di Taiwan? L’intera questione di Taiwan è sopravvalutata, continuiamo invece a versare miliardi di dollari in Ucraina, all’infinito. Guardate, vinceremo questo dibattito. Lo stiamo già vincendo. E nel 2024, il popolo americano vorrà sapere che sopra ogni altra cosa, il presidente americano, questa volta, come aveva già fatto nel 2016, metterà i nostri interessi al primo posto, e lo stesso farà il suo intero gabinetto dei ministri. Biden e il suo team chiaramente non lo stanno facendo e non lo faranno.

E questa è la mia prospettiva.

La distruzione della democrazia

Da questo video vediamo che la verità tende a emergere nonostante il continuo e massacrante martellamento dei mass media e dei politici in favore della globalizzazione. Inoltre vediamo che la propaganda può unire forze politiche tra loro all’apparenza opposte.

Lippmann infatti scrive:

“Sostengo che un governo rappresentativo, sia in quella che ordinariamente viene chiamata politica, sia nell’industria, non può avere successo, qualunque siano le basi su cui è stato eletto, a meno che ci sia un’organizzazione esperta e indipendente che sia in grado di rendere intelligibili a chi deve prendere le decisioni i fatti che altrimenti non sarebbero visibili”.

Quindi, innanzi tutto, il propagandista si assicura di manipolare i decisori in ambito politico e industriale in modo da raggiungere gli obiettivi che sono stati stabiliti dai cosiddetti esperti, che esperti non sono mai, e che non sono stati eletti. Diventa quindi necessario sottoporre i propri leader a scrutinio continuo affinché non imbocchino strade pericolose e denunciarli pubblicamente quando lo fanno.

Concludiamo qui questa prima parte dedicata alla propaganda come strumento di controllo. Nel prossimo video vedremo in che modo porta alla guerra.

Roberto Mazzoni

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