Un popolo semi-lobotomizzato e quasi ritardato – parte 2 – il Pentagono – MN #218

Nello scorso video, il 217, abbiamo parlato di un’intervista concessa da un ex ufficiale specializzato in guerra psicologica e antiterrorismo dell’esercito americano, Scott Bennet, che dice quanto segue: “Tucker [Carlson] doveva essere messo a tacere perché rappresentava una minaccia troppo grande per i poteri forti, le persone in autorità, le istituzioni e le agende che cercano di ottenere una popolazione semi-lobotomizzata e quasi ritardata, che viene mantenuta all’oscuro di tutto e non informata, e che non deve porre domande, o condurre ricerche per conto proprio, che non deve analizzare le informazioni, ma limitarsi a digerire le istruzioni che riceve per poi eseguirle. Tucker Carlson ha anche denunciato i crimini di frode, di riciclaggio del denaro e di crimine organizzato della piattaforma FTX e del Partito Democratico e del governo statunitense in Ucraina. Ha infine smascherato i laboratori biochimici in Ucraina e le loro connessioni con il Partito Democratico, con il presidente Barack Obama, con il vicepresidente Biden, con George Soros, Bill Gates e altre agenzie governative statunitensi e multinazionali farmaceutiche.

Le parole di Tucker Carlson non potevano più essere tollerate dai personaggi corrotti che operano nei media americani e nell’establishment politico americano e, di fatto, la sua uscita da Fox News segna la morte dei media statunitensi”.

Sono parole profetiche perché da quel momento in poi Fox News, il canale televisivo che ha allontanato Tucker Carlson ha seguito una traiettoria in discesa che lo sta portando nella spazzatura dei mass media americani insieme a CNN, MSNBC, ABC, e via dicendo.

Tornando al tema della lobotomia, che abbiamo già discusso nel servizio precedente, vediamo che oltre che sulla popolazione civile, questa tecnica barbara è stata impiegata ampiamente anche sui reduci di guerra, soprattutto quelli della Seconda Guerra Mondiale, presso gli ospedali della Veteran Administration, l’agenzia governativa incaricata di fornire assistenza medica ai militari che non sono più in servizio attivo.

La storia che vi proponiamo si sviluppa nello stato rurale del Wisconsin. Nel corso del video sentiamo parlare anche un propagandista collegato all’Università della Pennsylvania, una delle più antiche negli Stati Uniti, che elenca i grandi vantaggi di trattamenti inumani come l’elettroshock, lo shock insulinico e, naturalmente, la lobotomia.

La triste storia di Roman Tritz, raccontata dal Wall Street Journal

[Giornalista Wall Street Journal]

Per più di 30 anni, Roman Tritz ha mangiato da solo due volte al giorno al King Street Kitchen di Lacrosse, nel Wisconsin. Gli avventori abituali scherzano sul fatto che possono regolare i loro orologi basandosi sulla sua ora di arrivo.

[Cameriera]

Eccola servita. C’è qualcos’altro che posso portarle?

[Giornalista Wall Street Journal]

Per i camerieri e gli altri clienti, sembra un vecchio tranquillo e stravagante che non cambia mai il modo di fare le cose. Quando parla, di solito dice di essere il bersaglio di cospirazioni governative.

[Roman Tritz]

Credo che la principale sia la dannata FBI, che mi controlla mentalmente colpendomi con radiazioni che vengono da apparecchi alimentati a batteria. Le puntano su di me, e mi colpiscono.

[Giornalista Wall Street Journal]

Quello che non sanno è che Roman è stato pilota in numerose missioni di combattimento durante la seconda guerra mondiale. E che, una volta tornato a casa, ha cominciato a soffrire di sintomi psichiatrici che sono peggiorati nel tempo e che, il 1 ° luglio 1953, i medici della Veterans Administration gli hanno somministrato una lobotomia.

[Roman Tritz]

Vedete queste cicatrici qui, vero? Ecco cosa erano. Hanno tagliato il lobo frontale dal cervello o qualcosa del genere. Non so perché. Subito dopo l’operazione è stato terribile. Sembrava che qualcuno mi avesse sparato con un fucile.

[Giornalista Wall Street Journal]

La mitologia della seconda guerra mondiale dice che i soldati americani sono tornati a casa vittoriosi, hanno sposato le loro ragazze e si sono lasciati la guerra alle spalle. Roman Tritz è la prova che non è sempre stato così. Scavando nei registri governativi e intervistando le famiglie, il Wall Street Journal ha scoperto che la Veterans Administration ha lobotomizzato centinaia di veterani della seconda guerra mondiale, che erano tornati con gravi condizioni psichiatriche.

[Roman Tritz]

Sembra una vecchia favola dei fratelli Grim. Solo che non è una favola. È una storia vera.

[Giornalista Wall Street Journal]

Il Dipartimento degli affari dei veterani afferma di non avere alcuna registrazione del suo programma di lobotomia. Ma i documenti ammuffiti scoperti dal Wall Street Journal e dagli Archivi Nazionali mostrano che tra il 1 ° aprile 1947 e il 30 settembre 1950, i medici militari hanno lobotomizzato 1464 veterani. Le registrazioni mostrano anche altre 466 lobotomie eseguite al di fuori di tale periodo. Ed è probabile che centinaia di altri veterani abbiano ricevuto la procedura prima che i farmaci antipsicotici arrivassero sul mercato, a metà degli anni 50, rivoluzionando le cure per la salute mentale. Roman Tritz è uno dei pochissimi ancora in vita capace di raccontare la sua storia. Una voce solitaria, che ci racconta di un momento perduto della storia militare americana.

[Roman Tritz]

Ci davano questa medaglia dopo che avevamo condotto sei missioni aeree. Si tratta di operazioni nel teatro di guerra europeo.

E ti danno anche le mostrine.

[Giornalista Wall Street Journal]

Roman è cresciuto in una fattoria a Portage, nel Wisconsin, sognando di volare mentre aiutava i suoi genitori ad accudire le mucche. Si è arruolato nelle forze aeree dell’esercito, e ha imparato a pilotare un bombardiere B 17 in una base in Inghilterra. Ha volato 34 missioni di combattimento sul territorio nemico, schivando il fuoco antiaereo e gli aerei tedeschi.

[Roman Tritz]

Ho sentito alcuni colpi di mitragliatrice, e mi sono guardato intorno, e ho visto un paio di B 17. Ma uno dei B 17 aveva un caccia tedesco che si avvicinava e che è arrivato a tagliare la coda del B 17 con la propria elica. E, naturalmente, l’aereo è precipitato, e ho visto un ragazzo, sembrava che fosse momentaneamente sospeso a mezz’aria. Era stato scaraventato all’esterno dell’aereo.

[Giornalista Wall Street Journal]

Roman tornò a casa nel Wisconsin alla fine della guerra, con un certificato di ottima salute da parte dell’esercito. Ma alla fine degli anni 40, Roman cominciò a sentire voci e a comportarsi in modo strano. La sua famiglia si spaventò a tal punto che nel 1949 lo fece ricoverare all’ospedale militare di Tomah, nel Wisconsin.

[Sorella di Roman]

Penso che, in parte, il motivo per cui mia madre e mio padre hanno ritenuto che fosse meglio farlo ricoverare, era per garantire la sicurezza della famiglia.

[Giornalista Wall Street Journal]

David Merrill era uno psicologo che stava facendo il praticantato all’ospedale militare di Tomah, in un momento in cui la medicina aveva poche risposte.

[David Merrill]

A quel tempo, non c’era alcun trattamento veramente efficace per i pazienti psicotici. Gli ospedali psichiatrici, che erano ancora affollati dai pazienti rimasti dalla seconda guerra mondiale, erano pieni di persone che erano fuori contatto con la realtà, che vivevano in condizioni molto primitive.

[Giornalista Wall Street Journal]

Nel corso di quattro anni, i medici militari hanno sottoposto Roman a dozzine di cicli di terapia con elettroshock. Gli hanno iniettato insulina per metterlo in un coma temporaneo. Lo hanno spruzzato con potenti getti d’acqua.

[Roman Tritz]

Mi hanno dato quella dannata insulina quando sono arrivato lì per la prima volta, e mi hanno sottoposto a una terapia d’urto.

[Propagandista dell’università della Pennsylvania]

Il coma insulinico e il trattamento di shock convulsivo sono riusciti a riportare molti malati in buona salute. Tuttavia, ci sono stati numerosi pazienti che hanno avuto una ricaduta dopo il trattamento con elettroshock. Molti di questi pazienti possono ottenere ulteriori benefici dalla psicochirurgia. Le operazioni possono essere eseguite in anestesia locale se il paziente è sufficientemente collaborativo.

[Giornalista Wall Street Journal]

Nel 1953, un chirurgo militare aprì il cranio di Roman e tagliò le fibre neurali nella parte anteriore del suo cervello. Un’operazione molto simile a quella mostrata in questo filmato del 1941. All’epoca, i medici militari credevano che il trattamento fosse la migliore speranza per i veterani psicologicamente disturbati, come Roman. Il Dr. Merrill è stato tra coloro che hanno raccomandato la lobotomia di Roman, una decisione che ora mette in discussione.

[David Merrill]

Era una di quelle cose che accetti perché dicevano che era l’unica cosa che si poteva fare. Le lobotomie hanno portato sollievo ad alcuni pazienti, ma la chirurgia radicale ha lasciato altri uomini senza speranza e assenti.

[Giornalista Wall Street Journal]

Molti, tra cui Roman, hanno sofferto di convulsioni. La sorella di Roman non ha mai dimenticato l’aspetto di suo fratello.

[Sorella di Roman]

Il giorno dopo l’operazione, io e mia madre siamo andate in ospedale per vedere mio fratello. E riesco ancora a visualizzare l’enorme sofferenza che lo affliggeva. Sembrava che continuasse a contorcersi dal dolore. Ed è stato molto straziante vederlo in quello stato.

[Roman Tritz]

Non avevo mai avuto un mal di testa del genere prima. Le infermiere arrivavano e mi davano pillole antidolorifiche e cose del genere. Non servivano a niente. La cosa non ha mai avuto senso per me. Non riesco a capire in che modo, togliendoti un pezzo di cervello, possano aiutarti.

[Giornalista Wall Street Journal]

Roman trascorse altri cinque anni entrando e uscendo di continuo dall’ospedale. Alla fine si stabilì a Lacrosse, dove lavorò nelle officine meccaniche. Ora, all’età di 90 anni, la sua casa è un appartamento in affitto di una stanza. Vive di previdenza sociale e di una piccola rendita.

[Roman Tritz]

Mi alzo verso un quarto alle nove. Vado a mangiare intorno alle 10 e 30.

[Cameriera]

Benvenuto, Roman.

[Roman Tritz]

Poi leggo il giornale.

[Giornalista Wall Street Journal]

Ma la malattia mentale lo oscura ovunque. Roman immagina cospirazioni dell’FBI ed è turbato da quello che chiama il suo cervello magnetico.

[Roman Tritz]

Intercettano i miei programmi mentali. E vogliono che mi arrenda all’FBI. Ma non mi arrenderò alla dannata FBI.

[Giornalista Wall Street Journal]

Ogni giorno, Roman porta avanti la sua routine trovando un modo per convivere con i danni causati dalla guerra, dalla malattia mentale e forse dalla medicina stessa.

[Roman Tritz]

Una volta, ero in un negozio di barbiere da queste parti. E c’era un altro ragazzo che mi ha chiesto, cosa diavolo ti hanno fatto alla testa? E io gliel’ho detto. E lui ne è rimasto disgustato.

Quindi questa non è l’America splendida che si dice. Non secondo la mia stima.

Vediamo quindi che il Pentagono sa bene che cosa sia la lobotomia e quale ne siano gli effetti e ciò nonostante si è reso colpevole di condurre operazioni mediche sperimentali sui suoi militari e veterani. Ma gli esperimenti mentali della CIA e del Pentagono sono continuati ben oltre agli anni 40 e 50 arrivano fino a giorni nostri.

Secondo un articolo pubblicato nel gennaio 2019 da Jerry Bergman, professore di biologia, genetica, chimica, biochimica, antropologia, geologia e microbiologia in diverse università americane, gli esperimenti continuano ancora oggi, sebbene in modalità differenti e con tecniche diverse.

Secondo Bergman, autore di 40 libri di cui tre sugli effetti deleteri del darwinismo sulla morale moderna, la lobotomia ha rappresentato un vero e proprio olocausto nel mondo della salute mentale. Vi propongo una lettura intregrale dell’articolo pubblicato da Beragman c he ci fa capire che le origini profonde della tecnica della lobotomia e ci segnala il fatto che tale tecnica non è stata abbandonata completamente, ma è stata convertita in una nuova forma ancora più pericolosa. Bergman

Lobotomie frontali: un olocausto darwiniano della cura mentale, di Jerry Bergman

La lobotomia frontale era un trattamento psicochirurgico basato sulla convinzione evolutiva darwiniana che, seguendo un’ipotetica evoluzione del cervello umano, le sezioni più nuove si evolvessero sovrapponendosi alle parti più vecchie. La sezione del cervello evolutivamente più antica fu successivamente chiamata “cervello rettile”. La teoria postulava che una lobotomia avrebbe potuto ridurre il comportamento “rettile” indesiderato. Alla fine, oltre sessantasettemila persone furono lobotomizzate, producendo quello che il neurologo Frank Vertosick definì “un olocausto della salute mentale”. Alcuni sono stati ridotti a stati vegetativi, e molti sono morti per emorragia cerebrale o altre complicazioni.

Darwin alle origini della lobotomia

Il chirurgo francese e darwinista convinto, Paul Broca, giunse alla conclusione che i lobi prefrontali erano la parte del cervello che separava gli esseri umani dagli animali inferiori, in termini di evoluzione. Broca, affascinato dalla teoria dell’evoluzione e dalle sue implicazioni per lo studio del cervello, una volta commentò: “Preferirei essere una scimmia trasformata, piuttosto che un figlio degenerato di Adamo”.

Il risultato dell’ipotesi di Broca, fu che i ricercatori di malattie mentali tentarono di separare chirurgicamente le parti del cervello che credevano si fossero evolute più di recente dalle parti che, secondo la teoria, avevamo conservato dai nostri antichi antenati rettiliani. Se Broca, e gli altri personaggi coinvolti in questa storia, avessero creduto nel resoconto della creazione, che insegna che il cervello umano è stato creato perfetto, è improbabile che avrebbero concluso che l’azione di separare le sezioni del cervello avrebbe portato a un trattamento benefico.

Le strutture derivate dalla base del cervello anteriore umano formatasi durante il primo sviluppo fetale, sono state quindi etichettate come complesso cerebrale rettiliano. Il termine deriva dall’idea, che i neuroanatomisti comparativi di una volta, credevano che i cervelli anteriori dei rettili fossero dominati da queste strutture, che controllavano le emozioni più grezze. Si credeva che questo “cervello rettiliano” fosse responsabile dei comportamenti istintuali coinvolti nell’aggressione fisica, nelle esplosioni emotive, nell’agitazione, nella difesa istintiva del territorio e, in breve, nei tratti della personalità che sono simili a quelli dei rettili. La lobotomia è stata persino proposta come un modo per produrre il controllo sociale della popolazione, e come cura per il malcontento politico.

Nasce la teoria del cervello uno e trino

Il concetto di “cervello uno e trino”, allora popolare tra i darwinisti, propone che “il cervello anteriore comprenda tre sistemi cognitivi separatamente evoluti, e in una certa misura funzionanti in modo indipendente”, come disse Carl Sagan nel 1977, dimostrando che la visione darwiniana di Broca, era continuata incontrastata per tutti gli anni ’70.

Sagan ha proposto che i tre livelli cerebrali siano i seguenti: il cervello più interno vale a dire il cervello rettiliano, il complesso paleo-mammifero (anche denominato sistema limbico), e infine, la presunta neocorteccia più evoluta, il cervello di livello superiore. Secondo Sagan, esistevano “tre menti abbastanza diverse”, ciascuna dotata della propria memoria, delle proprie capacità motorie, e del controllo delle proprie emozioni, corrispondenti ciascuna a un importante passo evolutivo separato. (Tra l’altro potete vedere Carl Sagan che insegna questa teoria, come se fosse un fatto accertato, in un episodio della serie televisiva Cosmos.)

Sempre secondo Sagan, la parte più primitiva è costituita dal midollo spinale, dal cervello posteriore e dal mesencefalo che contiene il meccanismo di base per far funzionare la fisiologia del corpo. Il cervello del rettile è circondato dal sistema limbico, il centro teorizzato delle emozioni. Infine, c’è la neocorteccia, l’accrescimento evolutivo più recente secondo la teoria dell’evoluzione darwinista.  Inoltre, Sagan disse che “sarebbe sorprendente se i componenti cerebrali al di sotto della neocorteccia non funzionassero ancora in misura significativa, come nei nostri remoti antenati”.

Sagan ha concluso che il concetto di cervello uno e trino “è in notevole accordo con le conclusioni tratte indipendentemente” dagli studi sul cervello. Non è inaspettato che il lobotomista abbia attinto a questa idea per sostenere e giustificare la pratica della lobotomia. Anche nel nostro linguaggio quotidiano, ormai siamo soliti far riferimento al cervello rettiliano, come ad esempio nell’espressione comune, “un assassino a sangue freddo”. Sagan ha concluso la sua discussione sul cervello uno e trino aggiungendo che, sebbene la sua fosse una teoria metaforica, “avrebbe potuto rivelarsi una metafora di grande utilità e profondità”.

Una delle prime persone a tentare di applicare la teoria del cervello rettiliano agli esseri umani, fu il professor Gottlieb Burchardt. La sperimentò su sei pazienti affetti da schizofrenia rinchiusi nel manicomio di Neuchâtel, in Svizzera. Dei sei, la cui condizione era ritenuta incurabile, Burchardt dichiarò che i quattro sopravvissuti erano notevolmente migliorati, addirittura guariti. Il suo rapporto sui risultati, presentato a una conferenza medica di Berlino del 1889, fu così favorevole che influenzò altri a tentare di replicare la sua procedura.

Una persona che replicò il lavoro di Burchardt, fu Egas Moniz (1874-1955), professore clinico di neurologia all’Università di Lisbona. Moniz giunse a determinare che il primitivo “cervello rettiliano” includesse anche il talamo. Pertanto, tentò d’interrompere la connessione tra il cervello del rettile e la parte più nuova, l’area frontale. Moniz utilizzò per la prima volta la tecnica su una paziente di sesso femminile. Praticò alcuni fori nella testa della donna, e quindi versò alcol in tali fori al fine di distruggere le fibre bianche che collegano i lobi frontali, al resto del cervello.

Nelle parole di Graeme Donald, autore del libro intitolato “Quando la terra era piatta: tutte le idee scientifiche che si sono rivelate sbagliate”, Moniz era abile nel “presentare ciò che sarebbe stato altrimenti ripugnante, in modo da renderlo attraente”, e Donald si riferisce all’opera di Moniz con le parole di “macelleria presentata come psicochirurgia”. Moniz cominciò a utilizzare la sua grezza procedura chirurgica su una varietà di malati mentali, i quali lo stesso Moniz, dichiarò che erano tutti migliorati, senza mai condurre uno studio scientifico adeguato di verifica post-operatoria su tali pazienti.

Ben presto, il dottor Walter Freeman, laureato a Yale e professore alla George Washington University, venne a conoscenza dei presunti risultati miracolosi prodotti da Moniz, e si avviò su un percorso che avrebbe definito il lavoro di tutta una vita. La sua prima vittima fu Alice Hammatt, che venne operata nel 1936. Le fu data la possibilità di essere rinchiusa in un manicomio per il resto della sua vita oppure di essere lobotomizzata, e la donna scelse l’operazione.

Freeman sperimentò presto un metodo più veloce per lobotomizzare, che consisteva nell’usare pochi colpi di martello su un punteruolo rompighiaccio, al fine di sfondare la parte superiore dell’orbita oculare. Una volta inserito il punteruolo, lo muoveva a ventaglio per interrompere la connessione tra la corteccia frontale e il resto del cervello. Il vantaggio era che non doveva praticare un foro attraverso le spesse ossa del cranio, ma bastava invece praticare un piccolo foro dietro il bulbo oculare, dove il cranio è molto sottile. A beneficio degli estimatori di questa procedura, una lobotomia con il punteruolo rompighiaccio poteva essere eseguita da chiunque avesse avuto uno stomaco forte, e poteva essere eseguita ovunque. Quindi questa economica procedura con il punteruolo rompighiaccio divenne la scelta psicochirurgica primaria negli ospedali statali di tutto il paese, come ci riferisce Frank Vertosick, in un suo articolo sulla lobotomia, pubblicato sulla rivista Discover nel 1997.

Il caso più famoso di Freeman fu quello di Rosemary Kennedy, 23 anni, sorella maggiore dell’ex presidente americano, John Kennedy. Le praticarono una lobotomia prefrontale nel tentativo di controllare le sue esplosioni emotive, a volte estreme. Dopo l’intervento, Rosemary rimase con la capacità mentale di un bambino piccolo, incapace di camminare o anche solo di eseguire semplici comandi. Non si è mai ripresa.

Il numero totale di persone lobotomizzate dal solo Freeman arrivò vicino a 3.500. Durante gli anni ’40 e ’50, furono eseguite lobotomie su quasi 50.000 pazienti negli Stati Uniti, circa 17.000 nell’Europa occidentale, e 4.500 solo in Svezia.

La maggior parte erano donne, e alcuni erano bambini di appena quattro anni. Non si sa quanti di questi siano morti prematuramente a causa dell’operazione, ma il numero è significativo, stimato almeno fino al sei per cento. I problemi più comuni includevano gravi emorragie, convulsioni cerebrali, perdita del controllo motorio, paralisi parziale, enormi aumenti di peso e disfunzioni intellettuali ed emotive. Se un grosso vaso sanguigno viene danneggiato o reciso, può causare la morte, come è avvenuto in quasi il 5% dei pazienti trattati. La lobotomia era usata per curare non solo i malati di mente, ma anche i pazzi criminali. Veniva persino usata per “curare” anche i dissidenti politici.

Ben presto divennero ampiamente disponibili nuovi farmaci antipsicotici, come la clorpromazina. Tali farmaci erano molto più efficaci della psicochirurgia, e potevano sempre essere interrotti se gli effetti collaterali fossero stati problematici. La psicochirurgia, invece, non era reversibile, quindi il metodo di trattamento chirurgico fu presto sostituito dal trattamento chimico.

L’uso delle lobotomie iniziò a diminuire tra la metà e la fine degli anni ’50, ma fu ancora praticato occasionalmente fino agli anni ’80. L’opposizione alla fine divenne feroce, a causa dei numerosi fallimenti e dei risultati contrastanti. Di conseguenza, “A parte il medico nazista Josef Mengele, Walter Freeman è considerato il medico più disprezzato del ventesimo secolo”.

Sorprendentemente, il premio Nobel per la fisiologia e per la medicina del 1949, fu assegnato proprio ad Egas Moniz, con la dedica seguente: “per la sua scoperta del valore terapeutico della leucotomia in alcune psicosi”. Il trattamento veniva allora considerato, e riportiamo le esatte parole, “una delle scoperte più importanti mai fatte nella terapia psichiatrica”.  Il premio costituisce un’ulteriore prova del fatto che, nel suo periodo di massimo splendore, la lobotomia non era “un evento aberrante, ma era bensì molto presente nella corrente di opinione principale della psichiatria”, sostenuta acriticamente ed eseguita con entusiasmo nei principali ospedali universitari dei paesi di tutto il mondo.

Come dice Eliot Valenstein, nel suo libro: “Grandi cure della disperazione: la crescita e il declino della psicochirurgia”, la moda della lobotomia “è stata di fatto creata dai medici, in molti casi uomini capaci che avevano contribuito in modo significativo alla medicina all’inizio della loro carriera”. Freeman riuscì persino a pubblicare un libretto sulla sua tecnica della lobotomia con uno dei più prestigiosi editori scientifici di allora e di oggi, Oxford Press. Questo nonostante il fatto che, come nota Valenstein, la procedura fosse basata “sulla più debole delle teorie che fossero mai state concepite e su prove del tutto inadeguate”.  Il sostegno della stampa fu di fatto fondamentale per favorirne la diffusione su vasta scala.

Quindi in aggiunta a quanto fatto dalla stessa professione medica, la lobotomia fu promossa dalla stampa popolare. Riviste e giornali, i cui lettori erano milioni, hanno reso popolare ogni nuova “cura miracolosa” con entusiasmo acritico, mentre al contempo ne trascuravano le carenze e i pericoli. Questi articoli della stampa popolare crearono un enorme interesse verso la lobotomia tra i pazienti e i loro parenti, molti dei quali avevano abbandonato ogni speranza di cura. Costoro andarono alla ricerca dei medici menzionati negli articoli, con la disperazione di una persona che sta annegando e che è disposta ad accettare qualsiasi cosa, pur di restare a galla.

Alla luce del diffuso consenso all’utilizzo della procedura, l’attribuzione di un Nobel è meno ironica di quanto sembri a prima vista, ma crea comunque problemi di credibilità per la scienza e per la medicina. Solo gli umani hanno grandi lobi prefrontali. E il darwinismo sostiene che gli umani si siano evoluti da qualche creatura simile a una scimmia, che aveva invece lobi frontali piuttosto piccoli. La soluzione della malattia mentale, quindi, doveva trovarsi, secondo loro, in tale differenza. Dal momento che non sembrava importare molto dove venissero praticati i tagli nel cervello, tale prova appariva incoerente rispetto al concetto evolutivo di “cervello uno e trino”, che aveva giustificato la lobotomia in primo luogo.

Come ci racconta Valenstein, i ricercatori hanno anche scoperto che gli effetti positivi del trattamento erano spesso solo temporanei e che la maggior parte dei pazienti tornava, nel tempo, ai sintomi originali. Hanno quindi ipotizzato che il danno causato dal trattamento fosse in fase di riparazione oppure che altre parti del cervello stessero assumendo le funzioni perse a causa dell’operazione.

Le teorie del cervello trino e del cervello rettiliano hanno perso il favore della maggior parte dei neuroscienziati nell’era post-2000. Le ragioni includono il fatto che non si sono mai concretizzati i risultati originariamente sperati della psicochirurgia. Ma i presupposti della teoria dell’evoluzione sono stati comunque mantenuti validi, spostando l’obiettivo del trattamento verso un miglioramento della salute generale di coloro che soffrono di malattie mentali. Nel frattempo, il danno arrecato a innumerevoli pazienti prima che la procedura fosse definitivamente abbandonata, fu profondo.

Oggi, la storia della lobotomia e il danno che ha causato vengono ampiamente ignorate negli annali della psicologia e della psichiatria.

Dopo che i suoi privilegi chirurgici furono rimossi, Freeman trasferì le sue scartoffie su un furgone e iniziò a viaggiare attraverso gli Stati Uniti a proprie spese, con trasferte che duravano fino a sei mesi, per continuare nelle sue operazioni, per esaminare ex pazienti, e per presentare documenti a riunioni professionali. Affermò di aver seguito la lobotomia su diverse migliaia di pazienti. Vertosick afferma che le valutazioni di Freeman sui risultati della sua tecnica “si sono rivelate vaghe e poco convincenti”.  Alcune persone erano soddisfatte dei risultati, o affermavano di esserlo, ma troppe non lo erano.

I principali scienziati coinvolti nello sviluppo della procedura della lobotomia hanno accettato le teorie dell’evoluzione darwiniana. Hanno fatto appello a prove sperimentali che sembravano dimostrare che una parte del cervello fosse importante nell’espressione delle cosiddette emozioni “primitive”. Di conseguenza, la loro visione evolutiva del mondo li ha predisposti a concludere che l’interruzione di certe connessioni avrebbe prodotto una riduzione drastica di tali comportamenti primitivi. La lobotomia è ora una parte molto imbarazzante nella storia della medicina, a cui possiamo guardare chiedendoci come e perché sia ​​mai stata così ampiamente accettata da scienziati e medici.

Ma l’approccio darwiniano è ora risorto. Una procedura più nuova e più raffinata, che utilizza tecniche avanzate, chiamata cingulotomia, usa elettrodi per distruggere un’area delle dimensioni di una moneta nei lobi frontali. Tale area prende il nome di corteccia cingolata anteriore. La ricerca di uno studio della Harvard Medical School su 34 pazienti con grave ansia e depressione, totalmente intrattabili, e causate da una varietà di fattori non schizofrenici, mostra un miglioramento di solo circa un terzo, dopo il trattamento.

Per sapere se questa procedura si dimostrerà mai efficace nel trattamento della malattia mentale, dovremo attendere esami nel lungo periodo. L’ironia della sorte è che la procedura si basa su una teoria che ci dice che la corteccia cingolata anteriore, vale a dire un “nastro di tessuto cerebrale, che crea un condotto tra la regione limbica e i lobi frontali, possa essere colpita, interrompendo il collegamento tra l’area primitiva del cervello, che ci dicono sia coinvolta nel comportamento emotivo, e i lobi frontali, che la teoria evolutiva considera la parte più avanzata del cervello. Di conseguenza, “l’interruzione della corteccia cingolata anteriore può far risalire la propria eredità intellettuale agli scimpanzé Beckey e Lucy” e persino allo stesso Freeman.

La nuova lobotomia elettronica

La cingulotomia bilaterale realizza mediante scariche elettriche risultati simili a quelli prodotti da Freeman con la sua lobotomia chirurgica. Si allinea all’uso mai soppresso dell’elettroshock ed è stata proposta per la prima volta nel 1947 dal fisiologo americano John Farquhar Fulton come alternativa alla lobotomia. Oggi viene usata soprattutto per trattare la depressione e il cosiddetto disturbo ossessivo-compulsivo.

Nel prossimo video vedremo come questa tecnica si sta evolvendo ulteriormente utilizzando tecniche di manipolazioni genetiche.

Roberto Mazzoni

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