Tecniche di Guerra Psicologica – Parte 1 – Distruzione della cultura – MN #206

Le tecniche di Guerra Psicologica costituiscono uno degli strumenti più utilizzati sin dall’inizio del 1900 per colpire una nazione nemica come pure per influenzare la propria popolazione interna. Sono strettamente collegate con le tecniche di propaganda e disinformazione, ma aggiungono componenti fisiche che tendono a confondere il nemico sia in battaglia sia nella sua stessa nazione, come pure possono essere utilizzate per manipolare l’opinione pubblica a casa propria.

Tutte le principali nazioni del mondo hanno sviluppato e utilizzato tecniche di guerra psicologica, mediante speciali apparati che possono trovarsi all’interno delle proprie agenzie di spionaggio oppure delle forze armate, o entrambi. Le nazioni più attive in tal senso sono Cina, Russia e precedentemente l’Unione Sovietica, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Israele.

I primi a utilizzare ufficialmente questa forma di guerra nei tempi moderni sono stati i britannici durante la Prima Guerra Mondiale, imitati subito dopo da americani e francesi. I tedeschi hanno attribuito la propria sconfitta durante la Prima Guerra Mondiale all’uso della propaganda da parte dei britannici, ma essi stessi la usarono con grande successo in quello stesso periodo per favorire la rivoluzione russa con l’invio di Vladimir Lenin che era a tutti gli effetti un agente dei tedeschi e che fece in modo che la Russia si ritirasse dal conflitto.

Vediamo che quindi l’intero sviluppo del comunismo in Russia è di per sé una gigantesca operazione di guerra psicologica. Dopo aver sperimentato in modo fallimentare il comunismo al proprio interno nel 1800, la Germania decise di usarlo come arma per distruggere l’impero russo e quindi eliminare un nemico primario nel corso della Prima Guerra Mondiale. Il comunismo è una falsa ideologia che produce sofferenza, schiavitù e condizioni economiche disastrose, e che favorisce la nascita di una ristretta cerchia di oligarchi che governano sulla nazione con un sistema dittatoriale.

Le origini delle tecniche di guerra psicologica

Le origini tedesche del comunismo non sono solo giustificate dal lavoro del giornalista tedesco Karl Marx, ma anche dalla psicologia moderna inventata dal medico e neurofisiologo tedesco Wilhelm Wundt che, nel 1879, fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale all’Università di Lipsia dove condusse esperimenti sulle percezioni, sul comportamento umano e sulla relativa manipolazione.

Wundt alterò il significato stesso della parola psicologia, che fino a quel momento significava studio dell’anima, secondo il lungo lavoro di altri studiosi prima di lui, tra cui San Tommaso D’Aquino. Infatti Wundt affermò, che l’Uomo è un animale il cui comportamento dipende unicamente da fattori fisici.

Questo tipo di teoria piaceva al governo prussiano dell’epoca e in particolare al primo ministro Otto von Bismnark, perché gli consentiva di costruire grandi eserciti e mandare i prussiani a morire e ad uccidere altri uomini senza preoccuparsi degli aspetti morali, visto che si trattava, in fondo, solo di animali.

Questa forzatura ha prodotto una nuova disciplina, la cosiddetta psicologia moderna, che ha uno scopo indefinito salvo quello di prestarsi ad applicazioni militari oppure di controllo sociale.

Queste tecniche vennero quindi utilizzate, insieme al sistema economico del comunismo, che i tedeschi avevano già constatato non funzionare, per distruggere la Russia dall’interno, una nazione che Bismark e i suoi successori hanno sempre considerato un nemico temibile. E così è stato, per settanta anni, con risultati distastrosi per i russi come ci racconta il transfuga russo Yuri Bezmenov, che ha lavorato nel servizio propagandistico del KGB, il servizio segreto sovietico.

La propaganda all’interno dell’Unione Sovietica raccontata da un ex-propagandista del KGB

[Yuri Bezmenov]

Mio padre compare a sinistra di questa foto. Era ufficiale dello Stato Maggiore dell’esercito sovietico. Era ispettore delle forze terrestri. Le truppe sovietiche di stanza in paesi come la Mongolia, Cuba, le nazioni dell’Europa orientale. Questa è una foto scattata all’ingresso dell’Istituto di Lingue Orientali che ho frequentato. Fa parte dell’Università Statale di Mosca. Come ogni studente sovietico, ero anche, virgolette, un volontario per la raccolta di grano in Kazakistan. E alla fine della mia formazione scolastica, sono stato reclutato dal KGB. Questa foto è stata scattata quel giorno, e potete vedere di nuovo quanto fossi felice di essere reclutato dal KGB. Prestate particolare attenzione al numero di bottiglie sul tavolo in questa foto. Una delle mie funzioni era quella di mantenere gli ospiti stranieri in uno stato di ebrezza permanente, fin dal momento in cui atterravano all’aeroporto di Mosca. Nel 1967, il KGB mi aveva assegnato a questa rivista chiamata Look Magazine. E un gruppo di dodici persone è arrivato dagli Stati Uniti nell’Unione Sovietica per documentare il 50° anniversario della Rivoluzione Socialista d’Ottobre nel mio paese. La rivista era una massa di bugie dalla prima all’ultima pagina.

[Edward Griffin]

Oggi la nostra conversazione è con il signor Yuri Alexandrovitch Bezmenov. Il Signor Bezmenov è nato nel 1939 in un sobborgo di Mosca. Era figlio di un alto ufficiale dell’esercito sovietico. Fu educato nelle scuole d’élite all’interno dell’Unione Sovietica e divenne un esperto di cultura e lingue indiane. Ha seguito una carriera eccezionale nell’agenzia stampa Novosti, che era ed è tuttora, dovrei dire, il braccio mediatico e l’agenzia di stampa ufficiale dell’Unione Sovietica. Scopriamo, inoltre, che è anche un’organizzazione di copertura per le attività del KGB. Uno dei suoi incarichi interessanti è stato quello di fare il lavaggio del cervello ai diplomatici stranieri quando visitavano Mosca, e ci racconterà in parte come lo hanno fatto, e di come hanno innestato nelle menti di queste persone informazioni, che alla fine sono finite nella stampa del mondo libero. Il signor Bezmenov fuggì in Occidente nel 1970, dopo essere diventato totalmente disgustato dal sistema sovietico. E lo ha fatto con grande rischio per la propria vita. È certamente uno dei maggiori esperti mondiali in materia di propaganda sovietica, disinformazione e misure attive. Signor Bezmenov, vorrei iniziare facendole raccontare alcuni dei suoi ricordi d’infanzia.

[Yuri Bezmenov]

Bene, il ricordo più vivido della mia infanzia è stata la seconda guerra mondiale, o per essere più precisi, la fine della seconda guerra mondiale, quando all’improvviso gli Stati Uniti, da nazione amica che ci aveva aiutato a sconfiggere il nazismo, si sono trasformati da un giorno all’altro in un nemico mortale. È stato molto scioccante perché tutti i giornali sovietici cercavano di presentare un’immagine dell’imperialismo americano, definendolo bellicoso e aggressivo. La maggior parte delle cose che ci sono state insegnate erano che gli Stati Uniti erano una potenza aggressiva che stava per invadere il nostro bellissimo paese libero e socialista. Ci dicevano che la CIA americana stava facendo piovere coleotteri del Colorado sui nostri bellissimi campi di patate, al fine di sopprimere i nostri raccolti. E ogni scolaro aveva una foto di un coleottero del colorado sul retro del proprio quaderno. E ci è stato chiesto di andare in campi collettivi per cercare quei piccoli insetti del Colorado. Naturalmente non siamo riusciti a trovarne nessuno, e non siamo nemmeno riusciti a trovare molte patate. E anche questa mancanza veniva spiegata, ancora una volta, dalle invasioni della decadente potenza imperialista. L’isteria paranoica antiamericana nella propaganda sovietica era tale, che una grande percentuale della popolazione credeva veramente che gli Stati Uniti stessero per invadere la nostra bella patria, e alcuni segretamente speravano che succedesse davvero. Solo i più scettici o testardi non erano convinti.

[Edward Griffin]

È interessante.

[Yuri Bezmenov]

Sì.

[Edward Griffin]

Bene, torniamo alla vita all’interno dell’Unione Sovietica o all’interno dei paesi comunisti in generale. In primo luogo a livello universitario, negli Stati Uniti, leggiamo e sentiamo che il sistema sovietico è diverso dal nostro, ma che non è poi così diverso e che c’è una convergenza che si sta sviluppando tra tutti i sistemi del mondo. E che in realtà non fa molta differenza sotto quale sistema ci si trovi a vivere, perché in ogni sistema c’è comunque corruzione, disonestà, tirannia, e tutto quel genere di cose. Dalla sua esperienza personale, qual è la differenza tra la vita sotto il comunismo e la vita negli Stati Uniti?

[Yuri Bezmenov]

Dunque, la vita è ovviamente molto diversa per la semplice ragione che l’Unione Sovietica è un capitalismo di stato. Economicamente, è un capitalismo di stato, nel quale l’individuo non ha assolutamente nessun diritto e nessun valore. La sua vita non vale nulla. È proprio come un insetto sacrificabile. Negli Stati Uniti, invece, anche il peggior criminale è trattato come un essere umano. Riceve un processo equo e alcuni di loro persino capitalizzano sui propri crimini. Pubblicano le proprie memorie dalla prigione e vengono pagati profumatamente dai vostri folli editori. Ovviamente, le differenze nella vita quotidiana variano molto a seconda di chi stiamo parlando. Nella mia vita privata, non ho mai sofferto di comunismo, semplicemente perché sono cresciuto nella famiglia di ufficiali militari di alto rango. Per me, la maggior parte delle porte erano aperte. La maggior parte delle mie spese erano pagate dal governo, e non ho mai avuto problemi con le autorità o con la polizia. Quindi, in altre parole, direi che ne ho tratto beneficio, oppure ho avuto buone ragioni per godere di tutti i vantaggi del cosiddetto sistema socialista. La mia principale motivazione a disertare non aveva nulla a che fare con la ricchezza. Era principalmente indignazione morale, protesta morale, ribellione contro i metodi disumani del sistema sovietico.

[Edward Griffin]

Bene, nello specifico, a che cosa si è opposto?

[Yuri Bezmenov]

Innanzi tutto, ho obiettato contro l’oppressione dei dissidenti e degli intellettuali nel mio stesso paese. E questa è stata la cosa più disgustosa a cui ho assistito da giovane studente, cresciuto durante un periodo molto travagliato della nostra storia, da Stalin a Krusciov, dalla totale tirannia e oppressione a una sorta di liberalizzazione. In secondo luogo, quando ho iniziato a lavorare per l’ambasciata sovietica in India, ho scoperto, con mio orrore, che siamo milioni di volte più oppressivi di qualsiasi potenza coloniale o imperialista nella storia dell’umanità. E ho scoperto che il mio paese non porta in India libertà, progresso e amicizia tra le nazioni, ma razzismo, sfruttamento, schiavitù, e, naturalmente, l’inefficienza economica per l’intera nazione. Da quando mi sono innamorato dell’India, ho sviluppato ciò che per gli standard del KGB è una cosa estremamente pericolosa, quella che chiamano doppia lealtà, e che indica la situazione in cui un agente preferisce il paese di assegnazione rispetto alla propria patria. Mi sono letteralmente innamorato di questo bellissimo paese. Un paese di grandi contrasti, ma anche di grande umiltà, grande tolleranza e libertà filosofiche e intellettuali. I miei antenati erano soliti vivere ancora nelle caverne e mangiare carne cruda, quando l’India era già una nazione altamente civilizzata 6000 anni fa. Quindi, ovviamente, la scelta non andava a vantaggio della mia patria. Ho deciso di disertare e di dissociarmi completamente dal regime brutale dell’Unione Sovietica.

[Edward Griffin]

Signor Bezmenov, abbiamo letto molto sui campi di concentramento e sui campi di lavoro per schiavi sotto il regime di Stalin. Ora, l’impressione generale in America è che queste cose facciano parte del passato. Stanno ancora accadendo oggi oppure qual è la situazione?

[Yuri Bezmenov]

Sì non c’è un cambiamento qualitativo nel sistema dei campi di concentramento sovietici. Ci sono cambiamenti nel numero di prigionieri. E, di nuovo, qui abbiamo a che fare con statistiche sovietiche notoriamente inaffidabili. Non sappiamo quanti prigionieri politici ci siano nei campi di concentramento sovietici. Ma sicuramente sappiamo da varie fonti che, in ogni particolare momento, ci sono dai 25 ai 30 milioni di cittadini sovietici che sono praticamente tenuti come schiavi all’interno del sistema dei campi di lavoro forzato. Si tratta di una popolazione di prigionieri che è paragonabile all’intera popolazione di una nazione come il Canada.

[Edward Griffin]

Incredibile.

[Yuri Bezmenov]

Perciò direi che quegli intellettuali che cercano di convincere il pubblico americano che il sistema dei campi di concentramento è una cosa del passato, stanno ingannando l’opinione pubblica oppure non sono persone molto intellettuali. Sono ciechi in modo selettivo

Quando lo dicono, mancano di onestà intellettuale.

[Edward Griffin]

Bene, abbiamo parlato degli intellettuali in questo paese e anche degli intellettuali in Unione Sovietica. Che cosa succede al livello più basso della massa generale della popolazione? Il popolo in generale, i lavoratori, la gente che lavora in l’Unione Sovietica, continua a sostenere il sistema? Lo tollerano? Qual è il loro atteggiamento?

[Yuri Bezmenov]

Dunque, il cittadino sovietico medio, sempre che ovviamente esista un animale del genere, non ama il sistema perché ferisce e uccide. Potrebbe anche non capirne le ragioni. Potrebbe non avere abbastanza informazioni o background educativo per capire quello che succede davvero. Ma dubito molto che ci siano realmente molte persone che sostengono coscienziosamente il sistema sovietico. Quel tipo di individui non esiste in Unione Sovietica. Anche coloro che hanno tutte le ragioni per godere del socialismo. Le persone come me, che facevano parte dell’élite giornalistica, odiano ugualmente il sistema per motivi diversi. Non perché manchino di ricchezza materiale, ma perché non sono liberi di pensare. Vivono nella paura costante, nella doppiezza, e devono mantenere una doppia personalità. Questa, per la mia nazione, è la tragedia più grande.

[Edward Griffin]

Bene, quale pensa che siano le possibilità che il popolo russo possa alla fine avere la meglio sul sistema o lo sostituisca?

[Yuri Bezmenov]

C’è una grande possibilità che il sistema prima o poi venga distrutto dall’interno. C’è un meccanismo autodistruttivo incorporato in qualsiasi sistema socialista, comunista o fascista. Questo perché c’è mancanza di feedback, e il sistema non si basa sulla lealtà della popolazione. Ma fino a quando questa giunta sovietica sarà sostenuta dai cosiddetti imperialisti occidentali, cioè le multinazionali, le istituzioni, e i governi dell’Occidente, oltre che, ammettiamolo, i cosiddetti intellettuali accademici negli Stati Uniti che sono famosi per sostenere il sistema sovietico.

Finché la giunta sovietica continuerà a ricevere crediti, denaro, tecnologia, cereali, grano e riconoscimento politico da parte di tutti questi traditori della democrazia o della libertà, non c’è speranza. Non c’è molta speranza che possano esserci cambiamenti nel mio paese. E il sistema non crollerà da solo, semplicemente perché viene costantemente alimentato dal cosiddetto imperialismo americano. Questo è il più grande paradosso nella storia dell’umanità visto che il mondo capitalista sostiene e nutre attivamente il proprio distruttore.

[Edward Griffin]

Penso che lei stia cercando di dirci qualcosa.

[Yuri Bezmenov]

Sto cercando di dirvi che deve essere fermato. A meno che voi non vogliate finire in un sistema di gulag e godere di tutti i vantaggi dell’uguaglianza socialista. Dove lavorerete gratuitamente, mentre catturerete le pulci sul vostro corpo e dormirete su assi di compensato, solo che questa volta penso che i gulag per gli americani saranno in Alaska. Immagino che sarà quella la loro destinazione. A meno che non si sveglino, naturalmente, e costringano il governo a smettere di aiutare il fascismo sovietico.

[Edward Griffin]

Bene, un momento fa ci ha detto perché ha lasciato il sistema. Mi piacerebbe sentire i dettagli di come l’ha fatto. Dev’essere stata una cosa molto pericolosa.

[Yuri Bezmenov]

Non era solamente pericoloso. Era pazzesco. Prima di tutto, perché disertare in India è praticamente impossibile, grazie alla fortissima pressione del governo sovietico.

[Edward Griffin]

Mi scusi. Era in India per un incarico?

[Yuri Bezmenov]

A quel tempo, lavoravo per l’ambasciata sovietica di Nuova Dehli come addetto stampa. Ed è quasi impossibile, per un diplomatico sovietico, disertare. È un suicidio, come ho detto, perché la grande amica della Russia, Indira Gandhi, ha fatto approvare una legge dal parlamento indiano che dice, e cito, nessun disertore di nessun paese ha il diritto di asilo politico in qualsiasi ambasciata sul territorio della Repubblica indiana. Il che è un capolavoro di ipocrisia. Non esiste nessun altro tipo di disertore, se non quello sovietico, che possa avere bisogno di asilo politico. Quindi, conoscendo perfettamente questo fatto, ho pianificato il modo più folle possibile per disertare. Ho studiato controcultura in India. C’erano migliaia di giovani ragazzi e ragazze americani senza scarpe, e con i capelli lunghi, che fumavano hashish e marijuana, e che, a volte, studiavano filosofia indiana, oppure semplicemente fingevano di studiare. E questo infastidiva moltissimo la polizia indiana. E tali ragazzi erano gli zimbelli degli indiani perché ovviamente erano studenti buoni a nulla. Ho osservato con attenzione dove si riunivano, quali percorsi seguivano, che lingua parlavano, che cosa fumavano. E un giorno mi sono semplicemente unito a un gruppo di hippy per evitare di essere scoperto dalla polizia indiana. Ero vestito come un tipico hippy con i blue jeans, giacche lunghe di camoscio, con ogni genere di decorazione come ad esempio perline, e con i capelli lunghi.

Ho comprato una parrucca perché per diverse settimane ho dovuto trasformarmi da diplomatico sovietico conservatore in un hippy americano molto progressista.

Questo era l’unico modo in cui potevo evitare di essere scoperto. È stata un’esperienza molto interessante. Ma era necessaria perché, dalle mie conoscenze come membro del personale dell’ambasciata sovietica, sapevo che c’erano molti casi in cui i disertori sovietici erano stati traditi dalla polizia indiana, e anche alcune ambasciate occidentali avevano giocato un ruolo molto sporco nel tradire i disertori sovietici. Secondo le nostre informazioni, c’erano alcune persone, che non definirei agenti che facevano il doppio gioco, ma semplicemente individui amorali che lavoravano per l’ambasciata degli Stati Uniti. Se mi fossi affidato a uno di questi personaggi sarebbe stato un suicidio. Quindi ho dovuto stare estremamente attento. Non potevo fidarmi di nessuno. E questa è stata la ragione per la quale ho escogitato un modo tanto folle per disertare.

[Edward Griffin]

Bene, nel caso l’avessero colta nell’atto di cercare di scappare, che cosa le sarebbe successo?

[Yuri Bezmenov]

Molto probabilmente sarei finito in un campo di concentramento oppure, a seconda della situazione, forse anche giustiziato, se qualche burocrate del KGB avesse deciso così, perché quel giorno aveva la luna storta. Si tratta di una prassi normale e la cosa sarebbe avvenuta naturalmente di nascosto, non pubblicamente, ma quella sarebbe stata ovviamente la fine della mia defezione.

[Edward Griffin]

Bene, quando è arrivato finalmente negli Stati Uniti?

[Yuri Bezmenov]

Nel 1970, dopo circa sei mesi di debriefing ad Atene, condotto da parte della CIA, e, presumo, anche dell’FBI. Dapprima mi hanno consentito di andare in Germania, poi in Canada. Quella è stata una mia decisione. Ho dovuto cambiare la mia identità per proteggere la mia famiglia e i miei amici nell’Unione Sovietica. E anche io ero un po’ paranoico sapendo che sia il KGB sovietico sia probabilmente alcuni agenti doppi all’interno del sistema americano, avrebbero probabilmente cercato di darmi la caccia. Quindi volevo sistemarmi il più lontano possibile. Ho chiesto alla CIA di darmi una sorta di nuova identità e di lasciarmi andare da solo. E mi sono stabilito in Canada come studente. Ho dovuto fare tanti mestieri, dal bracciante agricolo, all’autista di camion per una lavanderia, all’istruttore di lingua, al giornalista radiofonico per la Canadian Broadcasting Corporation di Montreal.

[Edward Griffin]

Ha mai ricevuto minacce di morte oppure si è trovato in condizioni spiacevoli in questi cinque anni?

[Yuri Bezmenov]

Il KGB, alla fine, ha scoperto che sto lavorando per la Canadian Broadcasting Corporation. Ho commesso un gravissimo errore. Ho iniziato a lavorare per il servizio estero della Canadian Broadcasting Corporation, che assomiglia a Voice of America, però in lingua russa. E, naturalmente, il servizio di monitoraggio in Unione Sovietica intercetta ogni nuova voce, ogni nuovo annunciatore. Dopo di che non si danno tregua fino a che non hanno scoperto di chi si tratta. E in cinque anni, in modo lento, ma inesorabile, hanno scoperto che non sono Thomas Schumann, ma che sono Yuri Alexandrovich Bezmenov e che sto lavorando per la Canadian Broadcasting Corporation. E che sto minando il bellissimo riavvicinamento tra Canada e Unione Sovietica, tanto che l’ambasciatore sovietico Alexander Yakovliff ha intrapreso uno sforzo personale per screditarmi. Si è lamentato con Pierre Trudeau, che è noto per avere un debole per il socialismo. E la direzione della Canadian Broadcasting Corporation si è comportata in modo molto strano, direi molto codardo, e disdicevole per i rappresentanti di un paese indipendente come il Canada. Hanno ascoltato ogni suggerimento che l’ambasciatore sovietico ha dato loro, e hanno iniziato un’indagine vergognosa, analizzando il contenuto della mia trasmissione destinata all’Unione Sovietica. E com’era previsto, hanno scoperto che alcune delle mie affermazioni erano probabilmente offensive nei confronti del Politburo sovietico così ho dovuto lasciare il mio lavoro e, naturalmente, mi hanno fatto arrivare sottili intimidazioni, come ad esempio per favore attraversa la strada con attenzione perché il traffico è molto intenso in Quebec.

Fortunatamente, conosco la psicologia e la logica delle attività del KGB e non mi sono mai lasciato intimidire. Questa è la cosa peggiore. Ed è ciò che si aspettano, vogliono che un transfuga sia intimidito. Una volta che notano che hai paura, continuano a premere in quella direzione e poi, alla fine devi arrenderti del tutto e lavorare per loro oppure ti neutralizzano. Avrebbero sicuramente bloccato ogni tipo di attività politica. Cosa che, nel mio caso, non sono riusciti a fare perché lavoravo in modo stabile per la Canadian Broadcasting Corporation, e, in risposta alle loro intimidazioni, ho detto semplicemente: guardate che questo è un paese libero e io sono libero come voi, e posso anche guidare molto velocemente, inoltre, in Canada, è ancora possibile portare armi per uso personale. Tengo un paio di buoni fucili nel mio seminterrato. E siete i benvenuti se volete venirmi a trovare con i vostri Kalashnikov. Quindi era chiaro che la loro intimidazione non aveva funzionato. Quindi hanno provato un approccio diverso e, come ho descritto, si sono rivolti al più alto livello della burocrazia canadese, e qui hanno avuto successo. Avevano fallito completamente a livello individuale, ma hanno avuto successo con la burocrazia.

[Edward Griffin]

Il signor Bezmenov ha portato con sé una serie di diapositive scattate in Unione Sovietica, e penso che questo sia un buon momento per dare un’occhiata a quelle fotografie, in modo che gli spettatori siano in grado di vederle mentre ne parliamo.

[Yuri Bezmenov]

Sì, questa è una raccolta di diapositive. Alcune di esse sono istantanee prese dal mio album di famiglia. Altre sono documenti che ho contrabbandato dall’ambasciata sovietica, e alcune sono riproduzioni dai mass media locali. Di solito le mostro per confermare la mia credibilità come transfuga. Questa è una foto della mia città natale, Maticia, a circa 30 chilometri a nord di Mosca. Com’è tipico, c’è una statua del compagno Lenin nella piazza centrale.

Questo sono io all’età di sette anni. Fotografato, com’era usanza, sotto la statua del compagno Stalin che tende la sua mano amica ai popoli del mondo. A quell’età, naturalmente, ero ancora un giovane comunista pieno di ideali, e ancora credevo che prima o poi le cose sarebbero migliorate. Ma poi mi sono reso conto che il sistema è marcio, che c’è qualcosa di losco, e che l’ideologia è falsa. E che la propaganda sulla grande modernità dell’agricoltura sovietica semplicemente non soddisfaceva i criteri della realtà. Se parlano di abbondanza di cibo, e al tempo stesso i negozi ne sono privi, ci dev’essere qualcosa che non quadra.

Mio padre compare a sinistra di questa foto. Era ufficiale dello Stato Maggiore dell’esercito sovietico. Era ispettore delle forze terrestri. Le truppe sovietiche di stanza in paesi come la Mongolia, Cuba, le nazioni dell’Europa orientale. Se fosse vivo, oggi, molto probabilmente avrebbe ispezionato le truppe sovietiche in Nicaragua, Angola, e in molte altre parti del mondo. Fortunatamente, è morto e non ha visto la disgrazia in cui è caduta la Russia, perché, nel profondo, era un patriota russo. Non gli piaceva l’idea di espandere la potenza militare sovietica, specialmente nelle aree in cui non eravamo affatto i benvenuti. A differenza di molti altri ufficiali militari, riferiva direttamente al Ministero della Difesa scavalcando il KGB e il servizio diplomatico. In altre parole, era un professionista militare di fiducia. E ho maturato la mia impressione che questo tipo di persone siano molto meno aggressive e avventuriste dei burocrati di partito al Cremlino. Quando i mass media americani descrivevano l’esercito sovietico come una controparte potenzialmente pericolosa per il Pentagono, ho semplicemente riso perché so bene come stanno le cose. So che la parte più pericolosa delle strutture di potere sovietiche non sono affatto i militari. Molto probabilmente, se salissero al potere nel mio paese, avremmo negoziatori più ragionevoli sui temi del disarmo nucleare e del ritiro delle truppe sovietiche da molte parti del mondo.

[Edward Griffin]

Ma se qualcuno della struttura del partito o del KGB impartisse ordini all’esercito, cosa succederebbe?

[Yuri Bezmenov]

Essi dovrebbero obbedire. Sono militari professionali. Ma vedete, il triangolo del potere e dell’odio nell’Unione Sovietica vede il partito al vertice, vale a dire l’élite, gli oligarchi del partito. Sotto il partito vengono i militari e, infine, in fondo, il KGB. I tre componenti si odiano a vicenda. E l’angolo più odiato del triangolo sono i burocrati del Partito Comunista. Sono i megalòmani senili più avventuristi. Sono loro che potrebbero iniziare una guerra. Non ne sarei sorpreso. Ma non i militari. Sanno cos’è la guerra. Almeno mio padre lo sapeva. Questa è la foto scattata all’ingresso dell’Istituto di Lingue Orientali. Fa parte dell’Università Statale di Mosca. Mi sono laureato nel 1963.

[Edward Griffin]

Mi scusi, dov’è nella foto?

[Yuri Bezmenov]

Sono sulla destra. E a sinistra c’è il mio compagno di scuola, Vadim Srnov, che in seguito divenne apparatchik nel Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

[Edward Griffin]

Cos’è un apparatchik?

[Yuri Bezmenov]

È una funzione che assomiglia al servizio civile nell’Impero Britannico. Qualcuno che non viene mai licenziato dal servizio. Rimane internamente in quella posizione. Potrebbe non essere promosso molto in alto, ma è un burocrate affidabile, che rimarrà per sempre.

Ho studiato non solo lingue, ma anche storia, letteratura, persino musica. In questa foto sto cercando d’imparare a suonare uno strumento musicale indiano. Ho anche provato ad assumere le sembianze di un indiano quando ero al secondo anno.

[Edward Griffin]

Non male, vero?

[Yuri Bezmenov]

Sì. In realtà fui fortemente incoraggiato dagli istruttori perché i diplomati della mia scuola sono stati in seguito impiegati come diplomatici, giornalisti stranieri o spie.

Come ogni studente sovietico, sono stato, virgolette, volontario nella raccolta di grano in Kazakistan. Questo è stato il più grande errore agricolo del governo sovietico. Ma non avevo molta scelta, naturalmente, perché il motto comunista, preso in prestito dalla Bibbia, dice che chi non lavora, non mangia. E qui si vede che stavo mangiando. Di conseguenza stavo lavorando e potete vedere quanto ne fossi felice. Ho seguito un addestramento fisico e militare molto esteso, compresi i giochi militari nelle aree suburbane di Mosca. Qui, ad esempio, siamo in un tour nella zona di Arhangbinsk. E alla fine della mia formazione scolastica, fui reclutato dal KGB. Questa foto è stata scattata quel giorno. Potete vedere, di nuovo, quanto sia gravoso essere reclutati dal KGB.

[Edward Griffin]

La nostra conversazione con Yuri Alexandrovitch Bezmenov, che è un disertore dell’Unione Sovietica, un ex agente di propaganda per i novizi e il KGB continuerà dopo questa pausa.

Le origini della guerra psicologica del comunismo sovietico

Come ci spiega chiaramente Bezmenov, le attività di propaganda sovietiche comprendevano diverse aree. Si comincia con quello che lui definisce un lavaggio del cervello di alcuni membri della stampa occidentale, utilizzati per diffodere le false informazioni sovietiche sui media negli  Stati Uniti e in Europa.

Venivano anche utilizzate misure attive, vale a dire omicidi, ricatti e altre forme più corcetive di guerra psicologica, ma il grosso del lavoro consisteva nel creare una falsa immagine all’estero e al tempo stesso dipingere gli Stati Uniti e l’Occidente come un nemico che era responsabile di tutti i fallimenti del sistema economico ed agricolo sovietico.

Questa formula del creare un nemico a cui addossare le proprie colpe viene utilizzata ancora oggi da numerosi governi occidentali. Il nemico può essere sia esterno, nella forma di una nazione considerata ostile e che viene accusata di ogni genere di malvagità, oppure può essere interno con la creazione di diverse classi di cittadini in lotta tra loro, come avveniva anche in Unone Sovietica.

Alla pari di quel che accade oggi in Occidente, le scuole e università sovietiche erano la principale fonte d’intrinamento della popolazione che iniziava fin da piccoli. Spingevano un’ottica globalista, che mirava a distruggere l’identità nazionale e la cultura russa, sostituendola con la falsa ideologia dell’internazionale comunista che veniva utilizzata come un moderno sistema per imporre alle nazioni più povere, ma ricche di risorse, una forma di colonialismo che era di gran lunga peggiore di quello imposto dalle nazioni europee nel 1700 e nel 1800.

A tal fine il regime sovietico opprimeva sistematicamente tutti gli intellettuali russi che non si allineavano, mentre i giornalisti e intellettuali allineati non erano liberi di pensare, ma dovevano condurre una doppia vita. Privatamente probabilmente maledicevano il sistema come gli altri cittadini russi, ma pubblicamente lo sostenevano.

Il sistema propagandistico sovietico impediva ai propri cittadini di avere informazioni su quello che accadeva veramente, ma li sottoponeva costantemente a falsa propaganda attraverso i mezzi di comunicazione che controllava interamente.

Mancando la collaborazione della gente comune e l’afflusso di informazioni attendibili, la pianificazione centrale dell’apparato sovietico non faceva altro che peggiorare la situazione portando a quello che sarebbe stato un collasso generato dall’interno.

In effetti, l’Unione Sovietica sarebbe crollata molto prima, fin dagli Anni Sessanta, se gli Stati Uniti e altre nazioni cosiddette imperialiste, non l’avessero sostenuta costantemente con denaro e con la fornitura di alimenti su vasta scala, per sopperire all’incapacità del modello produttivo sovietico.

Questo dimostra ancora di più che il regime comunista non fosse liberamente scelto dai russi, che invece lo subivano. Il regime era stato innestato dall’esterno, per opera di una nazione ostile, la Germania, e finanziato da altre nazioni ostili tra cui gli Stati Uniti.

In effetti, il cosiddetto capitalismo finanziario occidentale è stato il principale sostenitore del sistema sovietico perché in esso vedeva la realizzazione del proprio sogno: la creazione di un capitalismo di stato dove l’imposizione del monopolio fosse automatica e totale, con il monopolista che si trasformava in un commissario del popolo e rendeva il popolo completamente schiavo con la scusa di liberarlo dai vincoli economici del capitalismo convenzionale.

Nel libro “Wall Street and the Bolshevik Revolution”, Wall Street e la rivoluzione bolscevica, scritto nel 1974 da Antony Sutton, si descrive in ampio dettaglio il ruolo dei banchieri americani nel trasportare negli Stati Uniti l’oro rubato in Russia dai bolscevichi, nel facilitare il viaggio a Mosca del rivoluzionario marxista Leon Trotsky, che ebbe un ruolo determinante nella rivoluzione bolscevica, e nello sponsorizzare la diffusione del comunismo sin dai primissimi tempi.

Il libro è basato su documenti ufficiali del Dipartimento di Stato americano e sulle biografie, i documenti personali e le storie raccontate da alcuni dei personaggi coinvolti.

Nel 1911, l’illustratore americano Robert Minor pubblicò su un quotidiano di Saint Louis un’illustrazione caricaturale che ritraeva Karl Marx a Wall Street con libro intitolato “Socialismo” sotto il braccio mentre veniva acclamato dalla folla e congratulato da una serie di personaggi chiave dell’epoca: il banchiere JP Morgan, rappresentante della famiglia Rotschild negli Stati Uniti, John D. Rockefeller, capostipite della famosa famiglia che ha regnato sugli Stati Uniti per generazioni, John D. Ryan banchiere della National City Bank e Theodore Roosevelt, che era stato presidente pochi anni prima e che aveva avviato, per primo, una serie di guerre coloniali di conquista esterna per gli Stati Uniti.

Questa semplice illustrazione mette a nudo una delle operazioni di guerra psicologica fondamentali che ci accompagnano ancora ai nostri giorni. Sutton la descrive con le seguenti parole: “Le contraddizioni suggerite dall’illustrazione di Minor sono state spazzate sotto il tappeto della storia perché non si adattano alla concezione accettata dello spettro politico diviso tra destra e sinistra. I Bolscevichi sono a sinistra e i finanzieri di Wall Street sono a destra; di conseguenza, ragioniamo implicitamente che i due gruppi non hanno nulla in comune e che qualsiasi alleanza tra i due sarebbe assurda. Qualsiasi fattore che sia contrario rispetto a questa netta sistemazione concettuale viene respinto come osservazione bizzarra oppure come uno sfortunato errore. La storia moderna incorpora questa dualità e, nel caso troppi fatti scomodi fossero stati spazzati sotto il tappeto, sarebbe una storia inaccurata.

D’altro canto, possiamo osservare che sia l’estrema destra sia l’estrema sinistra dello spettro politico convenzionale nutrono idee assolutamente collettiviste. Il nazional socialista, per esempio il fascista, e l’internazionale socialista, ad esempio il comunista, raccomandando entrambi sistemi politico-economici totalitari basati su potere illimitato e palese e sulla coercizione individuale. Entrambi i sistemi richiedono un monopolio sul controllo della società. Laddove il controllo dei monopoli industriali è stato l’obiettivo di J. P. Morgan e John D. Rockefeller, il nucleo primario di Wall Street ha capito, alla fine del 1800, che il modo più efficiente di costruire un monopolio consisteva nell’occuparsi di politica e fare in modo che la società stessa lavorasse a favore dei monopoli – sotto l’etichetta di curare l’interesse e il bene comune. Questa strategia è già stata dettagliata nel 1906 da Frederic C. Howe nel suo libro “Confessioni di un Monopolista”. Howe tra l’altro copre un ruolo specifico nella storia della Rivoluzione Bolscevica.

Di conseguenza, un modo alternativo di raggruppare le idee politiche e i sistemo politico-economici consisterebbe nel valutare in quale misura garantiscono la libertà dell’individuo rispetto al controllo politico centralizzato. Secondo tale sistema di catalogazione, lo stato basato sul corporate welfare e il socialismo si trovano dalla stessa parte dello spettro. Di conseguenza vediamo che diversi tentativi d’imporre un controllo monopolistico sulla società possono avere etichette differenti, ma caratteristiche comuni.

Quindi, la nozione che i capitalisti siano nemici mortali dei Marxisti e dei socialisti costituisce una barriera alla reale comprensione. Questa idea erronea proviene da Karl Marx e sicuramente ha servito agli scopi di quest’ultimo. Ma di fatto è una sciocchezza. C’è stata un’alleanza continua, benché nascosta, tra i capitalisti politici internazionali e i rivoluzionari socialisti internazionali – a beneficio reciproco. Tale alleanza è passata inosservata soprattutto perché gli storici – con poche eccezioni di rilievo – hanno assunto preconcetti marxisti e di conseguenza sono costretti a negare l’esistenza di tale alleanza.

Il lettore di larghe vedute dovrebbe tenere a mente due cose: i capitalisti monopolisti sono nemici acerrimi degli imprenditori del libero mercato e, date le debolezze della pianificazione centrale socialista, uno stato totalitario socialista diventa la preda perfetta per i capitalisti monopolisti se questi ultimi riescono a formare un’alleanza con gli uomini al potere del regime socialista”.

La bolscevizzazione di Wall Street era ben conosciuta dai ben informati già nel 1919. Il giornalista finanziario Barron propone la trascrizione di una conversazione con il magnate del petrolio in cui si nominano specificamente tre finanzieri di primo piano. Clarence W. Barron riporta la seguente frase: “I peggiori Bolscevichi negli Stati Uniti non sono solo i professori universitari, di cui fa parte anche il presidente Woodrow Wilson, ma i capitalisti e le mogli dei capitalisti”.

Lo stesso Woodrow Wilson ebbe un ruolo centrale nella rivoluzione, poiché procurò con intervento personale diretto il passaporto con cui Leon Trotsky potè tornare in Russia e dare il via alla rivolta insieme a Lenin che era arrivato su un treno speciale transitato dalla Germania insieme ad altri 32 rivoluzionari, quasi tutti Bolscevichi. Il passaporto americano permise a Trotsky di evitare la polizia britannica che gli stava dando la caccia e di arrivare in Russia attraverso il confine finlandese. Trotsky ricevette anche $ 10.000 provenienti da fonti tedesche. Infatti anche Trotsky aveva relazioni molto strette con il governo tedesco.

Sulla stessa nave insieme a Trotsky c’erano diversi altri rivoluzionari e uomini di affari americani che andavano in Russia per assistere alla rivoluzione. Uno di questi era a, vice-presidente della Crane Company e sostenitore del Partito Democratico negli Stati Uniti e del presidente Woodrow Wilson. Crane aveva creata la sede della Westinghouse Company in Russia dove fece almeno 23 viaggi dal 1890 al 1930. Secondo William Dodd, all’epoca ambasciatore americano in Germania: “Crane aveva fatto molto per scatenare la rivoluzione di Kerensky che avrebbe aperto le porte al Comunismo”. Dai colloqui sulla nave, che coinvolgevano anche Crane, registrati nel diario di uno dei passeggeri si legge: “sono tutti concordi che la rivoluzione sia solo nella prima fase e che debba crescere. Crane e i radicali russi pensano di poter arrivare a Pietroburgo in tempo per la rivoluzione Bolscevica”.

Crane quindi aveva partecipato sia alla prima rivoluzione, organizzata dai Menscevichi nel febbraio del 1917 che aveva portato al governo Alexander Kerensky, il leader più importante della fazione dei Menscevichi, e poi era ritornato insieme a Trotsky per facilitare la seconda e definitiva rivoluzione, quella dei Bolscevichi di Lenin, che avrebbero costruito l’Unione Sovietica. Kerensky fu destituito da Lenin e mandato in esilio, mentre il controllo della nazione finiva nelle mani dei Bolscevichi, una parola che significa maggioranza, mentre la parola Menscevichi significa “minoranza” e rappresentava una fazione minoritaria moderata del partito socialista russo dell’epoca.

Stati Uniti e Germania ebbero quindi un’importanza determinante nella destituzione dello zar con la prima rivoluzione e nella formazione di una nazione completamente comunista, con la seconda. Una nazione funzionale agli interessi finanziari dei monopoli occidentali che volevano creare una falsa alternativa al capitalismo monopolista per consolidare ancora di più il proprio monopolio e bloccare la crescita della nazione russa che, con le sue ricchezze naturali, avrebbe potuto competere con il loro nascente dominio colonialista.

Questa operazione fu condotta da Woodrow Wilson e da una serie di uomini di affari americani in modo nascosto rispetto al resto del governo statunitense, visto il coinvolgimento della Germania che era un nemico sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale nella quale gli Stati Uniti erano entrati nell’aprile del 1917.

Infatti, all’inizio del 1918, Edgar Sisson, il rappresentante a Pietroburgo del Comitato sull’Informazione Pubblica, un’agenzia di propaganda creata dal governo di Woodrow Wilson, produsse una serie di documenti in cui voleva dimostrare che Trotsky, Lenin e gli altri rivoluzionari Bolscevichi non solo venivano pagati dal governo tedesco, ma erano di fatto agenti del servizio segreto tedesco.

Il 3 dicembre 1917, Richard von Kühlmann, ministro tedesco degli affari esteri dell’epoca scrisse al kaiser quanto segue: “Solo dopo che i Bolscevichi hanno ricevuto un flusso costante di denaro da parte nostra attraverso vari canali e sotto diverse etichette sono finalmente stati in grado di costruire il loro principale organo di stampa, la Pravda, con cui condurre un’energica campagna propagandistica per allargare in modo apprezzabile la base originariamente ristretta del loro partito”.

Vediamo quindi che il regime sovietico è stato costruito dalla Germania e dagli interessi monopolistici statunitensi per sottomettere il popolo russo e distruggere la Russia come nazione e come cultura, e che questo è stato possibile attraverso una massiccia operazione di guerra psicologica che ha creato la falsa contrapposizione tra comunismo e capitalismo e che ha sviluppato tecniche propagandistiche con cui espandere il capitalismo di stato sovietico in tutto il mondo con l’obiettivo di portarlo infine anche negli Stati Uniti e nel resto dell’Europa.

E’ una guerra psicologica tutt’ora in corso che fa leva sulle teorie del tedesco Wilhelm Wundt e, successivamente, del medico russo Ivan Pavlov e le sue ricerche sul riflesso condizionato che hanno avuto ampio spazio di diffusione nella moderna psicologia e psichiatria. Tanto Wundt quando Pavlov hanno identificato l’uomo come animale, una teoria che si sposava perfettamente con il materialismo comunista.

Roberto Mazzoni

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